Osteomalacia

Con il termine di osteomalacia si definisce un processo di demineralizzazione ossea, causato da un dismetabolismo, che le rende suscettibili a malformazioni, fratture e dolori.

L’osteomalacia colpisce in età adulta, pertanto non può essere confusa con il rachitismo che invece si può manifestare nel periodo dell’accrescimento.

Nell’osteomalacia la matrice ossea conserva una struttura del tutto normale, ma non sufficientemente mineralizzata; questa peculiarità la rende del tutto differente dall’osteoporosi, la quale invece si caratterizza per una riduzione della matrice ossea normalmente mineralizzata.

I  sintomi dell’osteomalacia non si manifestano mai precocemente, ovvero l’esordio della malattia non viaggia in parallelo con la manifestazione sintomatica.

I pazienti lamentano in maniera più frequente dolori ossei di tipo sordo, che si possono esacerbare se vengono sottoposte a pressioni spontanee o indotte e all’aumento dei carichi muscolari durante la contrazione e il movimento.

Le strutture ossee generalmente più colpite sono:

  • la colonna vertebrale dorsale medio-bassa
  • le coste medio inferiori
  • la colonna vertebrale lombare
  • il bacino
  • le ossa lunga di coscia e gamba.

Non è assolutamente raro riscontrare delle aree di microfratture spontanee nelle zone ossee maggiormente algiche.

A livello muscolare si può andare incontro ad un’ipotonicità, una riduzione della forza e della resistenza muscolare, con una compromissione della stabilità posturale e dell’attività deambulatoria.

L’osteomalacia ha molteplici cause di innesco, ma dandone un ordine di importanza, dobbiamo annoverare come primo processo eziologico, il dismetabolismo della vitamina D, del calcio e del fosforo.

Al di la di eventuali disordini alimentari, dove l’assunzione di calcio, fosforo e vitamina D, possono risultare insufficienti, diventa più complesso riuscire a scovare e gestire le alterazioni metaboliche dei fattori sopra indicati.

La vitamina D , di cui abbiamo già ampiamente perlato in un articolo antecedente ( https://ambrogioperetti.it/vitamina-d/ ), può risultare insufficiente per una scarsa esposizione al sole, o per problemi inerenti a patologie croniche renali ed epatiche, oltre che ad un’insufficienza pancreatica.

Anche un mal’assorbimento intestinale può essere annoverato tra le cause della carenza nell’assorbimento della vitamina D, come nei soggetti affetti da celiachia, diverticoli e morbo di Chron.

Non sono mai da sottovalutare eventuali postumi di resezioni chirurgiche del tratto intestinale, per patologie primarie specifiche.

Anche il metabolismo del calcio e del fosforo hanno una stretta relazione con la salute di organi quali:

  • reni
  • intestino
  • ghiandole parotidi
  • cute
  • vitamina D, la quale aumenta la capacità di assorbimento di questi minerali.

In ultimo bisogna tener presente che l’assunzione costante e a lungo termine  di alcuni farmaci, può causare un dismetabolismo dei fattori di assorbimento alimentare.

La diagnosi dell’oteomalacia ha una prevalenza strumentale tramite l’uso di radiografie ed indagini di laboratorio, anche se inizialmente la visita dello specialista, può riscontrare ad un esame obiettivo, la comparsa di alterazioni di forma delle componenti ossee, che potranno mettere in evidenza delle deformazioni.

Alle palpazione profonda e decisa delle componenti ossee osteomalaciche, si può esacerbare dolore ed un’associata contrattura antalgica riflessa, con un’alterazione funzionale al carico e alle attività deambulatorie, nelle situazioni ove la patologia sia a carico della colonna vertebrale, del bacino o delle ossa lunghe dell’arto inferiore.

La diagnostica per immagini trova un valido aiuto nell’esame radiografico, che mostra sia le alterazioni della struttura ossea nelle sue caratteristiche di deformazione, sia nel rilevare la presenza di fratture parziali o complete del segmento scheletrico esaminato.

Le indagini di laboratorio, anch’esse di assoluta rilevanza, permettono di studiare le alterazioni metaboliche e le carenze di vitamina D, calcio e fosforo.

Hanno anche il compito di analizzare le funzioni d’organo sia del tubo digerente, sia delle ghiandole associate alla digestione, così come del complesso ormonale associato al metabolismo alimentare.

Verranno pertanto prescritte analisi del sangue, analisi delle urine e analisi delle feci.

Il trattamento dell’osteomalacia vede la necessità di integrare i fattori alimentari carenti e precedentemente individuati, andando ad ottimizzare sia la loro assunzione nei valori di riferimento, sia la loro metabolizzazione a livello intestinale, epatico, pancreatico e renale.

Sindrome di Osgood Schlatter

La sindrome di Osgood Schlatter è una patologia che riguarda i giovani in età pre-adolescenziale e adolescenziale.

Osgood_Schlatter_01Manifestazione della sindrome di Osgood Schlatter

Si manifesta con una degenerazione a livello della tuberosità tibiale, nel punto di aggancio del tendine rotuleo, manifestando dolore e riduzione della capacità funzionale e motoria.

Vediamo di spiegarla in maniera più semplice.

Nell’età dell’accrescimento le strutture ossee sono soggette a modificazioni per permettere lo sviluppo dello scheletro che deve andare di pari passo con quello del resto del corpo.

Osgood_Schlatter_02Le cartilagini di accrescimento guidano la crescita dello scheletro, queste sono dei segmenti specifici dove l’astuccio osseo (periostio) è interrotto e infarcito di cartilagine, per dare la possibilità programmata dalla genetica e dai fattori ambientali, di seguire delle linee precise di sviluppo.

Molte di queste cartilagini di accrescimento ospitano punti di aggancio tendinei, legamentosi o entrambi, subendo forze di trazione o compressione.

Può succedere che le tensioni sviluppate nella zona delle cartilagini di accrescimento siano eccessive, tanto da creare delle perturbazioni nella vitalità del tessuto cellulare generando infiammazione e degenerazione.

Nel morbo di Osgood Schlatter succede esattamente questo, ovvero la tensione sviluppata dal tendine rotuleo, trazionato dal muscolo quadricipite, sull’aggancio della tuberosità tibiale, diventa eccessiva se sottoposta a carichi ripetuti ed e sovradosati, tanto da non essere sopportati dalla resistenza delle cellule periostali e cartilaginee che le devono subire.

Osgood_Schlatter_03Da qui si sviluppa una degenerazione locale associata spesso ad un’infiammazione della giunzione osteo-tendinea.

La struttura ossea prende un aspetto sfrangiato e disomogeneo causando la perdita di compattezza del tessuto stesso.

La tuberosità tibiale pertanto tenterà di reagire modificando la propria consistenza e creando uno spuntone osseo sovra dimensionato, come se volesse avvicinarsi alla zona di origine dei carichi per diminuirne la tensione compensandola.

Soggetti interessati dalla sindrome di Osgood Schlatter

L’epidemiologia vede maggiormente colpiti gli adolescenti in fase di accrescimento con un’età critica tra i 10 e i 15 anni.

La popolazione maschile è maggiormente interessata alla patologia rispetto a quella femminile.

Spesso la patologia si manifesta in maniera bilaterale, quasi mai contemporaneamente.

L’insorgenza del morbo di Osgood Schlatter è favorito sicuramente da una predisposizione genetica, ma anche e soprattutto da attività fisiche che vedono un impegno importante delle masse muscolari quadricipitali, dove le accelerazioni e le decelerazioni facciano parte del corredo di gioco e i saltelli siano li a completare le caratteristiche di allenamento.

Osgood_Schlatter_04La diagnosi

La diagnosi vede l’uso di varie metodiche:

  • rx
  • esame ecografico
  • rm

L’RX ci da la possibilità di valutare le alterazioni della tuberosità tibiale nel momento in cui la patologia ha già fatto il suo effetto sulle cellule ossee modificandone il profilo e la consistenza.

L’esame ecografico ci permette di valutare l’insorgenza della malattia nel momento in cui viene intaccata la cartilagine di accrescimento e quindi di accorgersi dell’insorgenza dello stadio primario dell’alterazione patologica tessutale.

La RM valuta lo stato in essere del tendine rotuleo nel momento in cui ci sia un’infiammazione ed eventualmente un edema associato, nella zona di inserzione ossea.

La diagnostica per immagini ovviamente deve essere di supporto all’ esame clinico e raccolta dati, rispetto alla situazione che ci si propone al momento della visita.

Osgood_Schlatter_05Evoluzione e trattamento della sindrome di Osgood Schlatter

La patologia tende a risolversi spontaneamente con la fine del picco di accrescimento osseo, che orientativamente avviene intorno ai 16 anni nei ragazzi e ai 14 anni nelle ragazze, è vero però che nel frattempo vengono utilizzati approcci mirati a ridurre al minimo la presenza della patologia.

Verrà rispettato un periodo di riposo dall’attività sportiva evitando di mettere in stress il ginocchio tramite la contrazione muscolare esponenziale del quadricipite.

Nei casi maggiormente acuti viene utilizzato lo scarico dell’arto tramite l’ausilio delle stampelle.

L’utilizzo del ghiaccio è proposto come antinfiammatorio naturale ripetendolo più volte al giorno, con l’intento di freddare la parte senza mai arrivare al congelamento, per evitare l’ effetto vascolare opposto.

Il piano terapeutico fisioterapico prevede l’allungamento delle masse muscolari anteriori e il loro riequilibrio rispetto ai gruppi posteriori per migliorare la sinergia contrattile dell’arto inferiore.

Osgood_Schlatter_06Verranno fatti anche esercizi minimi di rinforzo muscolare in isometrica, ovvero senza attivare l’articolarità del ginocchio, per mantenere un tono basale del quadricipite e un trofismo adeguato , in modo tale che nel momento in cui verrà autorizzato la ripresa al pieno carico, il peso e la cinetica deambulatoria non gravi completamente sull’articolazione e sulla tuberosità tibiale.

Il piano terapeutico osteopatico invece verterà sul ricercare il miglior assetto dei fulcri articolari che possano compensare il lavoro del ginocchio, verrà pertanto riequilibrato il bacino, le anche e l’appoggio in scarico dei piedi per garantire un appoggio confortevole richiedendo il minimo sforzo.

Verrà messa in campo una terapia che migliori il metabolismo dei tessuti ed elimini le tossine infiammatorie che infarciscono il tessuto osseo e quello tendineo nel loro punto di giunzione.

Verrà cercato il miglior bilanciamento legamentoso e del tessuto connettivo fasciale, in maniera da ridurre al minimo le forze di tensione che possano condizionare lo stato di tensione muscolare.

Nelle terapie farmacologiche è previsto l’utilizzo di farmaci antinfiammatori e antidolorifici pensando ad una posologia che sia sostenibile da un bambino-adolescente.

Osgood_Schlatter_07Non è da sottovalutare l’utilizzo di un tutore che preservi il tendine rotuleo dai carichi statici e dinamici nel rapporto osseo di inserzione sulla tuberosità tibiale.

Nei casi più gravi e resistenti si può arrivare al trattamento chirurgico, dove la tuberosità tibiale verrà rimodellata e pulita dalle alterazioni ossee sviluppate dall’evoluzione patologica.

Nel momento in cui la patologia venisse sottovalutata e non arginata si potrebbe arrivare alla frattura del terzo superiore della tibia per indebolimento dell’osso stesso.

Il morbo di Osgood Schlatter è sicuramente difficile da vivere in un’età giovanile, perché limita le attività ricreative e mette il soggetto in una condizione di dolore quasi costante, ma se fatta una buona diagnosi precoce e accertato lo stadio evolutivo patologico, può guarire senza lasciare alcuna conseguenza futura.

Lasciamo che i nostri figli vivano questa patologia come una pausa di riposo, dove forzare i tempi di rientro non produce nessun effetto benevolo, anzi rischia di cronicizzare i sintomi già esistenti.

Una pausa imposta può esser sfruttata facendo aumentare il desiderio di rientrare nel proprio mondo di fisicità e sport.

Ernia iatale e reflusso gastro esofageo

Anatomia

L’ ernia iatale è una traslazione di una porzione dello stomaco dalla cavità addominale verso la cavità toracica, il tutto attraversando un punto anatomico ben preciso, che si chiama iato esofageo.

Ernia Iatale_01Lo iato esofageo si posiziona sul diaframma e stabilisce l’unione tra l’esofago e lo stomaco.

Spesso all’ernia iatale si può associare il reflusso gastro esofageo, va sottolineato però che è una probabilità e non una costante causa effetto dell’ernia iatale stessa.

Ernia Iatale_02L’ ernia iatale è classificata principalmente in tre categorie:

  • ernia iatale da scivolamento
  • ernia iatale da rotolamento
  • ernia iatale mista.

Andiamo ad analizzarle insieme.

L’ ernia iatale da scivolamento e sicuramente la più diffusa, non è permanente, risultando in alcuni casi transitoria per posizione e volume.

C’è uno scivolamento della parte alta dello stomaco nel torace e spesso si sposta dall’alto verso il basso e dal basso verso l’alto a seconda del tipo di sforzo compiuto o di posizione che il paziente assume.

Ernia Iatale_03L’ ernia iatale da rotolamento vede la porzione superiore della grande curvatura dello stomaco fare una rotazione e un rotolamento portando la giunzione gastroesofagea, dalla zona addominale verso la cavità toracica, una porzione del fondo dello stomaco quindi passerà nel torace.

E’ un’ernia molto più stabile perché si incarcera passando il diaframma all’interno del torace stesso.

Nell’ernia iatale mista troviamo un’unione delle componenti delle due ernie viste prima, quindi avremo sia il fondo dello stomaco che rotola dalla parte addominale verso la cavità toracica e sia la giunzione gastro esofagea che migra all’interno del torace.

Fattori di rischio

Le cause primarie dell’ernia iatale sono alterazioni di pressione addominale, alterazione dell’equilibrio delle pressioni tra torace e addome, obesità, gravidanze, lassità del tessuto connettivo, scarsità del tessuto collagene , colpi di tosse, sforzi addominali intensi, prolungati o improvvisi, fumo di sigaretta, alterazione del rapporto idratativo, alimenti che aumentano i fattori ossidativi, cure farmacologiche e non che possono alterare la qualità dei tessuti.

Sintomi

L’ ernia iatale può essere asintomatica ma nel momento in cui non lo fosse, i sintomi possono includere vari campi di manifestazione.

Ernia Iatale_04Per un’ernia iatale sintomatica possiamo trovare un reflusso gastro esofageo come prima accennato, può manifestarsi una pirosi ovvero un dolore urente retrosternale, possiamo trovare delle manifestazioni di rigurgito ed eruttazione, delle forme di extrasistole quindi un un battito cardiaco prematuro e possiamo trovare una condizione di disfagia ovvero la sensazione sgradevole durante la deglutizione di passaggio difficoltoso del cibo dalla faringe, condizione definita di bolo faringeo.

Nei casi dove l’ernia iatale sia molto grande, si possono manifestare delle difficoltà respiratorie dovute al cambiamento del movimento diaframmatico nell’atto inspiratorio ed espiratorio.

In alcune casi può comparire l’asma dove la restrizione bronchiale è data dagli acidi gastrici che risalgono nella porzione alta del torace e della gola, venendo poi inalati nelle vie aeree e creando infiammazione bronchiale.

Ci può essere anche un’irritazione della gola e un’ irritazione delle corde vocali con un abbassamento e/o un cambiamento del tono della voce stessa.

Si può verificare una reazione infiammatoria della faringe e della laringe.

Si può presentare una modificazione delle cellule dell’esofago creando delle metaplasie ovvero dei cambiamenti cellulari reversibili denominati epitelio di Barret o esofago di Barret.

Ernia Iatale_05Abbiamo quindi capito che molti di questi sintomi sono causati dal passaggio di acido gastrico nell’esofago per la cattiva continenza dello iato esofageo stesso, per un rapporto anatomico alterato tra il diaframma e i suoi pilastri, lo stomaco, l’esofago e il cattivo rapporto del punto di inversione delle pressioni.

Diagnosi

Per la diagnosi sono varie le strade:

  • Ernia Iatale_06RX con il mezzo di contrasto per lo studio del tratto superiore del tubo digerente.
    Il problema di questa tecnica diagnostica è che non sarà possibile analizzare il cambiamento di cellule ne il prelievo delle stesse, non sarà possibile valutare la tridimensionalità dell’ernia iatale e non ultimo, l’utilizzo del mezzo di contrasto.
  • Ernia Iatale_07Gastroscopia il cui vantaggio è quello di catalogare da subito
    il tipo di ernia iatale individuata.
    Permette di prelevare pezzetti di tessuto per analizzarli nel caso in cui si noti una conformazione atomo biologica modificata e potenzialmente patologica.
    Anche l’utilità di controllare lo stato dell’esofago ed un potenziale danno cellulare prodotto dall’ eventuale presenza di reflusso gastro esofageo.

Trattamento.

Il trattamento si svolge su più fronti:

  • Farmacologico, sono varie le categorie di farmaci che vengono utilizzati per ridurre l’effetto dell’ acidità gastrica.
    Si usano antiacidi di barriera che inibiscono la secrezione gastrica così come si possono utilizzare farmaci che favoriscono lo svuotamento gastrico quindi il passaggio dell’acido gastrico dallo stomaco verso il duodeno.
  • La cura dell’alimentazione mirerà a ridurre le calorie, i grassi, l’alcol e tutte quelle sostanze che aumentano e favoriscono l’acidità dello stomaco.
  • Ernia Iatale_08Postura. Sarà importante durante il riposo nelle ore notturne o più in generale nella posizione sdraiata, mettere un cuneo che vada a rialzare la parte della cervicale e del torace in modo da non favorire il ritorno degli acidi gastrici verso le vie toraciche superiori.
    Le posture, sia in posizione eretta che in quella seduta, devono evitare di volgere verso l’accentuazione della cifosi, perché la chiusura in avanti della colonna vertebrale, favorirà l’ernia iatale nella sua evoluzione.
  • Ernia Iatale_09Trattamenti manipolativi che mirano a migliorare e coordinare il movimento tra il diaframma, il torace e l’addome, aggiustandone tra di loro sia la cinetica che il rapporto di pressione.
    Va da sé che per fare questo bisognerà ottimizzare la postura tra le catene anteriori e le catene posteriori e il meccanismo di equilibrio delle meccaniche respiratorie.
  • Intervento chirurgico. Nei casi dove ci sia pericolo eccessivo e massivo del paziente, li dove nessun altro trattamento mostra un’efficacia nel tempo e nella cura, la chirurgia può essere l’unica alternativa.
    Gli interventi oggi utilizzati sono di vario genere:
    Riportare l’ernia nella cavità addominale, liberare il fondo dello stomaco nei rapporti di contiguità, eseguire una plastica dei pilastri diaframmatici, mettere in opera una plastica antireflusso con varie tecniche adattabili nel migliore dei modi alla conformazione dei pazienti.

 

Epicondilite e epitrocleite

La bella stagione e la ripresa dell’attività sportiva porta spesso con se il riaffacciarsi di fastidi e patologie legate al movimento. Tra queste, per tutti gli amanti del tennis, golf e sempre di più del padel, troviamo l’epicondilite e l’epitrocleite.

Definizione di epicondilite e epitrocleite

L’epicondilite e l’epitrocleite sono patologie ortopediche di tipo infiammatorio, a carico di due gruppi muscolari importanti dell’avambraccio impegnati nel triplice rapporto tra il segmento mano, avambraccio, braccio.

Epicondilite e epitrocleite06Le epicondiliti sono notoriamente conosciute come gomito del tennista e le epitrocleiti come gomito del golfista.

Le patologie infiammatorie sono a carico della struttura tendinea o in relazione alla giunzione muscolare o in relazione alla giunzione ossea, nei casi più gravi addirittura ad entrambe.

Il dolore si manifesta lateralmente al gomito nell’epicondilite e medialmente al gomito nell’ epitrocleite.

Epicondilite e epitrocleite 05Non di rado questi dolori si irradiano distalmente andando verso il polso, nei casi più seri si può associare l’ interessamento di una o più dita della mano ed alterazione della sensibilità e della dolorabilità.

Le cause

Le cause che sviluppano epicondiliti ed epitrocleiti sono molte ma le più frequenti sono dovute ad alterazione della postura dell’arto superiore.

Per postura dell’arto superiore si intende la relazione tra la spalla il gomito il polso e la mano nei tre pani dello spazio, spesso con conflitto dorso-cervicale associato.

La spalla e la scapola devono orientare l’arto superiore, il gomito deve adattare il movimento e il polso e la mano sono effettrici del movimento fine e calibrato.

Il braccio e l’avambraccio devono essere in equilibrio rispetto a un piano di rotazione interno ed esterno.

La postura diventa importante per poter far si che l’equilibrio dei muscoli intrarotatori ed extrarotatori del braccio e pronatori e supinatori dell’avambraccio possano fare un lavoro in sincrono.

Epicondilite e epitrocleite 04Anche la flessione e l’estensione del polso diventa fondamentale per poter utilizzare al meglio la muscolatura e l’articolarità dell’avambraccio e quindi del gomito, senza dimenticare che anche la mano gioca su un equilibrio di archi come fosse il piede con la volta plantare, per poter creare un accomodamento nella presa degli oggetti e nell’adattare la mano e le dita alla presa.

Epicondilite e epitrocleite 03Se solo pensiamo e notiamo la postura mantenuta nel stare seduti ad una scrivania, lavorando con il mouse e la tastiera del computer, noteremo che la posizione del soggetto sarà squilibrata verso la rotazione interna e la flessione.

I muscoli ad inserzione epitrocleidea sono flessori e pronatori, i muscoli ad inserzione epicondiloidea sono estensori e supinatori.

È altresì vero che insieme agli squilibri muscolari statici e dinamici, queste patologie infiammatorie possono essere innescate anche da traumi e microtraumi ripetuti manifesti anche sotto forma di vibrazioni profonde e continue, errori di impugnatura (per grandezza e peso) con associata prensione prolungata.

Non è raro trovare associati segni neurologici periferici sia di tipo parestetico, con alterazione della sensibilità, sia di tipo motorio con riduzione della forza e della resistenza muscolare.

Questo può avvenire dopo tempo dall’insorgenza della patologia ortopedica a causa del condizionamento del tessuto neurologico implicato per rapporto di vicinanza.

La diagnosi dell’ epicondilite e epitrocleite

La diagnosi principale viene fatta con esame ecografico, ma non di rado vengono effettuate radiografie per esaminare eventuali calcificazioni insorte o di risonanze magnetiche per lo studio dei tessuti molli, capsule articolari, legamenti, tendini e muscoli nel dettaglio.

Epicondilite e epitrocleite 02È fondamentale condurre un buon test biomeccanico-clinico per capire dove le strutture siamo squilibrate nel trasferimento del movimento tridimensionale tra la spalla il gomito e la mano.

Il trattamento

La terapia deve mirare a ridurre in tempi rapidi l’infiammazione utilizzando le varianti possibili a disposizione, ghiaccio, riposo, farmaci, infiltrazioni, terapie fisiche.

Epicondilite e epitrocleite 01Passata la fase acuta è importante rimuovere la causa, posture errate, sollecitazioni meccaniche, effetti vibratori esterni, sovraccarichi, costrizioni, cattive impugnature etc.

Nei casi più estremi si può arrivare alla chirurgia con intenti diversi a seconda del tipo di intervento pensato e attuato sul paziente.

Sarà cura dello specialista poi ristabilire il giusto equilibrio delle aree articolari e dei tessuti muscolo-tendinei nella loro corretto rapporto di movimento, elasticità e tonicita.

Non ultimo va indicata la giusta strada per poter prevenire il ripetersi di situazioni simili, mediante esercizi e attenzioni mirate alla giusta gestione del proprio fisico rispetto all’ ambiente di vita quotidiano.

La salute passa attraverso la conoscenza e con l’articolo di oggi abbiamo la possibilità di aggiungere un tassello al nostro benessere.

Contratture, crampi, stiramenti e strappi muscolari

Ne sentiamo parlare molte volte quando si riferiscono ad atleti professionisti. Altre volte ne siamo coinvolti in prima persona ma non sappiamo distinguere tra contratture, crampi, stiramenti e strappi muscolari.

Partiamo dal capire le differenze.

Contrattura

01

La muscolatura volontaria ha una struttura caratterizzata da varie sottoclassi di fibre che hanno la capacita di legarsi e di scorrere tra di loro mediante dei legami proteici e degli attivatori-inibitori.

E’ un equilibrio molto complesso che risente del contesto biologico nel quale è inserito, oltre che alle sollecitazioni esterne applicate nella quotidianità.

02

La contrattura muscolare si presenta quando alcune fibre muscolari si contraggono ma non hanno la possibilità di ritornare ad uno stato di rilascio.

I protagonisti di questa disfunzione sono gli ioni calcio relazionati alla troponina (complesso proteico ad alto peso molecolare) e la migrazione degli ioni stessi nel reticolo sarcoplasmatico (sistema di tubuli che circondano le miofibrille delle fibra muscolare) dopo la contrazione.

03

Le cause di base sono situazioni di ischemia (totale o parziale assenza di afflusso di sangue in un tessuto o in organo) locale e/o di ipossia (in questo caso una carenza di ossigeno localizzata) associata ad una acidificazione del tessuto.

La contrattura cambia di importanza a seconda del numero di fibre che sono coinvolte; il muscolo ha la possibilità di compensare per la restante sua lunghezza anatomica ma si ritrova a perdere una parte di funzione li dove la contrattura persiste, modificando parzialmente il suo asse di movimento e sovraccaricando le rimanenti unità.

Crampo

04

Il muscolo si contrae in maniera involontaria e autonoma, con una intensità e una permanenza della contrazione molto variabile.

Possiamo immaginare l’innesco (motoneurone alfa) del muscolo che viene attivato da un potenziale di azione e dalla permeabilità della sua membrana cellulare, tale membrana diventa instabile e permette una permeabilità fuori contesto che fa scattare la contrazione del muscolo, in questo caso senza un controllo volontario.

Le condizioni sono multifattoriali: alimentazione, sforzo muscolare e quindi eccessivo affaticamento, alterazione del ph tessutale, il clima (variazioni di temperatura e di umidità), intossicazioni da sostanze chimiche e farmacologiche, patologie dismetaboloche, ipossia, ischemia, malattie neurodegenerative.

Il crampo può avvenire sia in condizioni di sforzo che di riposo e ed è ovviamente temporaneo.

Stiramento (elongazione muscolare)

05

Fenomeno che si manifesta quando le fibre muscolari che compongono l’intera struttura del muscolo, unite tra di loro con proteine e capaci di accorciarsi e distendersi, si allungano oltremodo, ovvero oltre la loro normale fisiologia massima.

Normalmente lo stiramento del muscolo viene registrato da una centralina (fuso neuromuscolare)
che risponde all’allungamento con una contrazione muscolare adeguata, ma può capitare che questo feedback non sia ottimale e il muscolo venga sottoposto al pericolo di un allungamento eccessivo.

06

Il dolore percepito è sicuramente acuto con una reazione di difesa del muscolo stesso, il movimento non è impedito del tutto, ma diventa deficitario in proporzione al numero delle fibre coinvolte, mantenendo una parziale funzionalità.

Questo stato si rivela pericoloso nel caso non vengano date le adeguate cure e il riposo, perchè se tralasciato, si può arrivare ad un ulteriore danno che si manifesterà con una lacerazione delle fibre e un danno organico di ben diversa entità.

 

Strappo Muscolare

07

Lacerazione parziale o massivo delle fibre muscolari, l’entità cambia a seconda della quantità delle fibre coinvolte.

Il dolore è molto acuto e c’è la presenza di un edema voluminoso in base alla proporzione del danno organico.

08

Si presenta una zona di depressione, segno caratteristico delle fibre muscolari lacerate, oppure un rigonfiamento nel momento in cui l’edema sia particolarmente copioso.

Lo strappo muscolare ha 3 classificazioni che si stabiliscono a seconda della percentuale di fibre coinvolte, passando da una percentuale minima ad una media per arrivare alla subtotalità e/o alla rottura totale del muscolo.

Concludendo.

Ognuna delle 4 situazioni descritte manifesta dolore, riduzione di forza e alterazioni delle normali funzioni motorie, con intensità nettamente diverse tra loro.

09

Il dolore si manifesta localmente in maniera specifica irradiandosi nei tessuti strettamente vicini, ed è causa diretta del cambiamento funzionale delle catene muscolari parallele o contrapposte che si squilibrano per compensare lo stato di inefficienza del muscolo deficitario.

La contrattura lo stiramento e lo strappo muscolare necessitano di cure specifiche per poter guarire al meglio e non lasciare conseguenze dirette e indirette.

Il crampo vivendo una contestualizzazione multifattoriale va indagato su più fronti: neurologico, vascolare, metabolico (questi i principali).

Lo stato di salute muscolare è fondamentale per il movimento, per la stabilità articolare e per la postura.

Lo stato di salute muscolare è importante per il drenaggio venoso e linfatico.

Lo stato di salute muscolare è un campanello di allerta per la presenza di altre patologie concomitanti nella persona.

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L’ allenamento costante e coerente, rispetto alle nostre capacità e alla nostra età, è capace di dare una longevità alla nostra muscolatura abbassando il rischio di infortuni muscolari.

Troppo spesso sottovalutiamo i nostri muscoli cosi come li sovraccarichiamo senza la giusta attenzione.

La muscolatura va tenuta in perfetta simbiosi con l’apparato osteo-articolare, con l’equilibrio del nostro baricentro, con il sistema neurologico che lo attiva e lo controlla, con il circolo arterio-venoso che veicola al tessuto tutto ciò che gli è necessario per vivere, portando via le sostanze di scarto prodotte e in rapporto al metabolismo che lo nutre e lo fa vivere.

 

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Non dimentichiamolo!!!

Perché trascuriamo la prevenzione?

prevenzione 01Iniziamo subito con il dire che procrastinare o peggio, essere inadempienti verso la prevenzione nel campo della salute, fa male e può essere molto pericoloso.

La prevenzione riduce il rischio

Applicare i protocolli o semplicemente le strategie preventive, può ridurre drasticamente il rischio di sviluppare patologie oltre misura, dando la possibilità ai pazienti di correre ai ripari prima che sia troppo tardi, ovvero prima che la malata abbia sviluppato alterazioni anatomiche e funzionali tali, da mettere a repentaglio la salute del soggetto stesso.

Ancora oggi la migliore gestione delle più importanti malattie è proprio la prevenzione, perché previene o si accorge della presenza di una patologia nelle primissime fasi, ottimizzando al massimo le possibilità di interazione e di guarigione della malattia.

Ma allora perché ancora oggi il tasto della prevenzione viene da molti sottovalutato se non del tutto ignorato?

Sicuramente alla base c’è una carenza culturale sulle strade preventive da percorrere a seconda dell’età del paziente, del sesso maschile o femminile e dei diversi organi che compongono l’insieme del nostro corpo.

Alle volte diventa complice anche la pigrizia.

prevenzione 02Ma è sempre e solo così?

Oggi affermiamo che alla base dell’inadempienza preventiva, ci possono essere anche altri fattori di interazione.

L’ansia e la depressione sono 2 aspetti differenti tra di loro, ma che possono portare il paziente ad abbandonare il percorso dei controlli di routine, utilizzando delle strade totalmente diverse, ma altrettanto deleterie per la conservazione della salute.

L’ansia si sposa ad un’eccesso di tensione psicofisica, che se protratta nel tempo e se presente in maniera costante, porta il soggetto ad uno stato di inquietudine e preoccupazione che può sfociare nella paura.

La depressione azzera energie e spirito di iniziativa.

Ansia e prevenzione

prevenzione 03Numerosi studi in passato e altri di recente pubblicazione, come ad esempio il lavoro svedese proposto nella rivista JAVA NETW OPEN nel primo trimestre del 2023, approfondiscono proprio l’aspetto psico emotivo nella gestione del comportamento di relazione con il procrastinare gli impegni primari.

“-JAMA Netw Open

-2023 Jan

-Associations Between Procrastination and Subsequent Health Outcomes Among University Students in Sweden

-Fred Johansson  1 , Alexander Rozental  2   3 , Klara Edlund  1   4 , Pierre Côté  5 , Tobias Sundberg  1 , Clara Onell  1 , Ann Rudman  3   6 , Eva Skillgate  1   4

Affiliations  expand

-PMID: 36598789  PMCID: PMC9857662  DOI: 10.1001/jamanetworkopen.2022.49346”

In questo studio sono stati reclutati 3.525 studenti in età universitaria, mettendo in parallelo la loro tendenza a procrastinare gli impegni e i loro stati di salute, monitorandone l’evoluzione ogni 3 mesi per un intero anno.

prevenzione 04È stato notato che gli studenti che avevano una maggiore propensione a procrastinare gli impegni, ha poi sviluppato a distanza di qualche mese (9 mesi circa) segni e sintomi legati allo stress, all’ansia e/o alla depressione.

Lo studio riportato non sta assolutamente a dire che chi tende a tralasciare i propri compiti e doveri, debba sviluppare per forza di cose una patologia psico-fisica, ma ci mette in guardia dal fatto che la tendenza a ritardare o ad eliminare un’attività preventiva, non è sempre e solamente legato ad un’aspetto culturale, ma può essere associato ad uno stato di fragile emotività, fino addirittura a sviluppare una forma depressiva.

In tal caso l’autovalutazione ci permette di coscientizzare la nostra salute ed eventualmente di correre ai ripari, sia per quanto riguarda il prospetto preventivo e di cura delle strutture biologiche umane, sia nella sfera psico emotiva, adottando strategie cognitive comportamentali in grado di ottimizzare gli impegni programmati, diluendone di conseguenza l’aspetto ansioso e stressante, tanto dei carichi emotivi quanto di quelli realizzativi.

Ad oggi ribadiamo l’importanza del processo preventivo, sappiamo che l’inadempienza può non essere solo legata ad un fatto di pigrizia o di carenza culturale, ma può essere associato anche d uno stato psico-emotivo di fragilità in relazione a fattori ansiogeni, di stress o peggio ancora depressivi.

Non lasciamoci sopraffare dalle situazioni esterne alla nostra volontà, ma guidiamo noi il nostro volere e prendiamoci cura della nostra salute.

La salute passa attraverso la conoscenza e con l’articolo di oggi abbiamo la possibilità di aggiungere un tassello al nostro benessere.

Lo scroscio articolare

Cos’è lo scroscio articolare?

scroscio articolareO meglio, la domanda che ci poniamo in questo articolo è perché alle volte le articolazioni producono dei rumori associabili ad uno scroscio, descritti dai pazienti come un crepitio, un click, uno scrocchio o un rumore di sabbiolina, in circostanze diverse, con una manifestazione naturale o provocata.

Il capitolo dello scroscio articolare è molto vasto e può comprendere situazioni differenti, relazionate alle superfici articolari, a componenti meniscali, o ai tessuti molli di relazione.

Oltre agli scrosci riferiti dal paziente, associamo a questo argomento, anche quelli indotti nelle terapie manuali, mediante manovre specifiche praticate dai medici, dai fisioterapisti, dagli osteopati, dai chiropratici, per ottimizzare la funzione articolare, sia vertebrale che dei segmenti articolari periferici dell’arto superiore ed inferiore.

Conosciamo i rumori articolari

Facciamo una distinzione dei rumori articolari che si autogenerano durante il movimento, rispetto a quelli indotti da manovre articolari apposite.

scroscio articolare 02I rumori articolari autogenerati, si manifestano per una combinazione di fattori:

  • compressione articolare
  • instabilità articolare capsulo-legamentosa
  • lesione della superficie cartilaginea
  • artrosi
  • artrite
  • dismorfismo delle superfici articolari
  • lesioni meniscali
  • calcificazioni intra e periarticolari.

Queste condizioni possono presentarsi nel paziente solamente associando un rumore innaturale, oppure possono sovrapporre manifestazioni di dolore, di infiammazione, di rigidità articolare, di impotenza funzionale e di contratture antalgiche riflesse.

I sintomi  (e i rumori) dello scroscio articolare

Analizziamo adesso le differenze tra i diversi rumori inizialmente enunciati, per cercare di capire le varianti che possono generarli.

Il rumore di crepitio è un rumore generalmente secco, breve ed insistente, associabile a situazione di modesta artrosi delle superfici articolari di scorrimento, come ad esempio la rotula del ginocchio durante la flessione articolare, accompagnata da una traslazione della patella nella gola intercondiloidea.

La sintomatologia tende ad essere maggiormente insistente, se associata ad una compressione articolare, generata da una cattiva sinergia delle masse muscolari periarticolari funzionali.

Lo stesso crepitio può essere anche una condizione generata dalla presenza di calcificazioni legamentose e dei tessuti molli periarticolari, che producono rumore nel momento del contatto con i capi articolari allo scorrere del movimento.

Anche l’artrite può manifestare un crepitio e tale rumore può essere generato sia per l’alterazione delle superfici articolari, sia per uno stato di infiammazione e degenerazione dei tessuti molli, quali legamenti e capsule articolari.

Il click è un rumore secco, breve, spesso associato ad uno scatto articolare; si accosta generalmente ad un difetto di funzione o ad un’ alterazione anatomica delle strutture meniscali, che hanno la funzione di stabilizzare le articolazioni, aumentandone le superfici di contatto e accompagnandone il movimento.

scroscio articolare 03Tipico è il click che il paziente avverte nell’apertura e nella chiusura della bocca a causa di un difetto di funzione del menisco interposto nell’articolazione temporo-mandibolere, oppure nell’articolazione del ginocchio, per una situazione di meniscosi grave o di lesione dei menischi interposti tra il piatto tibiale e i condili femorali.

Lo scrocchio è un rumore associabile ad un piccolo scoppio che si può manifestare durante un movimento articolare, a causa dell’effetto di cavitazione, nel momento in cui una forza cinematica applicata a due superfici articolari, rivestite da una capsula articolare e contenete un liquido sinoviale, genera un allontanamento tra i loro capi articolari, provocando una riduzione della pressione intrarticolare.

Tale riduzione della pressione endoarticolare, causa una migrazione dei gas naturalmente disciolti all’interno del liquido sinoviale, i quali tendono a spostarsi al di fuori dello stesso liquido seguendo la differenza delle pressioni e generando delle vere e proprie bolle gassose pronte a collassare.

I gas disciolti nel liquido sinoviale, non sono altro che il risultato del catabolismo metabolico del liquido sinoviale stesso.

scroscio articolare 04Lo scrocchio articolare si può manifestare in qualunque articolazione e se spontanea, sta ad indicare una lassità capsulo-legamentosa e quindi articolare, consentendo un movimento in eccesso capace di separarne le superfici articolari quel tanto che basta, per produrre un effetto di cavitazione endoarticolare.

Il rumore di sabbiolina che viene descritto dai pazienti in maniera un po fantasiosa, ma molto efficace nel rendere l’idea, è generalmente un rumore di leggero attrito avvertito nel movimento compiuto, come nel ruotare il capo e quindi la cervicale.

Questa situazione sta comunemente ad indicare una riduzione della viscosità articolare, associata ad una rigidità protratta nel tempo del segmento interessato e delle sue sinovie, spesso accompagnata anche da una condizione di artrosi.

La riduzione della viscosità articolare, aumenta l’attrito dei due capi articolari, provocando il rumore tipico della sabbiolina, cosi come descritto dai pazienti.

Il capitolo dei rumori articolari indotti, ha una spiegazione ben più circoscritta, ed è legata allo scrocchio e all’effetto di cavitazione poc’anzi esplicato.

scroscio articolare ditaPuò essere autoindotto dal paziente stesso, come ad esempio da chi si scroscia le dita della mano o chi la colonna vertebrale, in ogni caso è il soggetto stesso a generare dei movimenti rapidi e dal range articolare massimale, producendo un allontanamento dei capi articolari dalla loro normale congruità e generando una riduzione della pressione intrarticolare, promuovendo di conseguenza la formazione di bolle gassose soggette allo scoppio.

Può essere la conseguenza di manipolazioni articolari specifiche, sempre associate all’effetto di cavitazione, indotte da una mano medica, dal fisioterapista, dall’osteopatia, dal chiropratico, nel tentativo di recuperare un movimento biomeccanico limitato, oppure l’effetto di manovre applicate con lo scopo di ridurre aderenze e fibrosità dei tessuti molli in intimo rapporto articolare.

Nel caso degli scrocchi autoindotti dai pazienti, anche se non c’è un’evidenza scientifica che possa associarli ad una degenerazione precoce delle articolazioni interessate, si cerca di sconsigliarne la pratica, per evitare che diventi un vizio fine a se stesso come nel caso dell’onicofagia (mangiare le proprie unghie delle mani).

manipolazioniNel caso invece degli scrocchi indotti tramite manipolazioni specifiche, va detto che sono una pratica di supporto alla medicina manuale nel campo osteo-articolare, andandosi ad integrare perfettamente sia al mondo della fisioterapia, della riabilitazione e della medicina tradizionale.

Concludendo, abbiamo imparato a distinguere i vari tipi di rumori articolari, attribuendone sia una manifestazione spontanea, che indotta.

Abbiamo capito che nella famiglia dei rumori spontanei, c’è spesso celata una problematica che vale la pena indagare e monitorare.

Ci siamo fatti un’idea chiara dei rumori indotti, sia in maniera autonoma, che per volontà di uno specialista.

Tutto quanto detto, ci aiuterà ad orientarci meglio nella gestione della nostra salute articolare.

La salute passa attraverso la conoscenza e con l’articolo di oggi abbiamo la possibilità di aggiungere un tassello al nostro benessere.

Esercizi per la Dorsalgia

In passato ho parlato della dorsalgia (leggi l’articolo)e per approfondire l’argomento, nell’articolo di oggi, vi metto a disposizione una serie di esercizi utili per migliorare l’articolarità e il tono-trofismo muscolare.

ALCUNI SEMPLICI ESERCIZI PER LA DORSALGIA

Abbiamo capito che la salute della colonna cervicale, lombare e ovviamente dello stesso tratto dorsale, passa inevitabilmente per il buon funzionamento e il buon equilibrio del segmento vertebrale in questione, insieme alla gabbia toracica della quale ne fa parte.

Ma entriamo subito nel vivo dell’argomento dividendo gli esercizi in un capitolo articolare, un capitolo respiratorio toracico e un capitolo muscolare.


CAPITOLO ARTICOLARE


Esercizi_dorsalgia_01Dalla posizione quadrupedica alterno la fase 1, dove curvo la schiena in alto verso il soffitto e abbasso la testa verso le braccia, per poi arrivare alla fase 2 dove inarco la schiena portando la pancia verso il pavimento, spostando la testa in alto e in dietro.

  • 6 movimenti completi delle 2 fasi.

In ogni fase mantengo la posizione massima raggiunta per 10 secondi.Questo esercizio migliora l’articolarità della colonna dorsale in flessione ed estensione


Esercizi_dorsalgia_02Mi posiziono in ginocchio frontalmente ad una parete,

alzo le braccia sopra la testa tenendole vicine tra di loro eposando le mani sul muro.

Il sedere sta sui talloni.

La testa scende in avanti.

Allungo le braccia verso l’alto, facendo strusciare le mani sul piano di appoggio ed estendendo contemporaneamente la schiena il più possibile, come mostrato dalla freccia, mantenendo fisso il contatto tra il sedere e i talloni

  • 5 volte mantenendo la posizione massima raggiunta per 30 secondi

Questo esercizio serve a mobilizzare la colonna dorsale in estensione, evitando il compenso delle scapole e allungando la muscolatura toraco-lombare.


Esercizi_dorsalgia_03Dopo essermi posizionato in ginocchio, in maniera cauta, vado a prendere, prima con una mano e poi con l’altra, entrambi i talloni dei piedi.

Se dovessi avere difficoltà a raggiungere i talloni, posso tenere i piedi a martello poggiando sulle dita e non sul collo del piede.

Quando con le mani mi sono agganciato ai talloni, sollevo la testa ed il mento verso il soffitto.

  • 3 volte mantenendo la posizione massima raggiunta per 25 secondi

Questo esercizio porta ad estendere la colonna dorsale e ad allungare la catena muscolare anteriore.


Esercizi_dorsalgia_04Parto dalla posizione prona con le mani in appoggio vicino al busto.

Nella fase1 prendo aria facendo un atto inspiratorio profondo.

Nella fase 2 trattengo l’aria ed inizio un’estensione del busto, del collo e della testa facendo forza sulle braccia e stando attento a non sollevare il bacino da terra.

  • 3 volte mantenendo la posizione massima raggiunta per 40 secondi

Questo esercizio aiuta a mobilizzare la colonna sui piani articolari antigravitari posteriori, estremizzando il movimento dei tessuti molli della catena anteriore.


Esercizi_dorsalgia_05Parto dalla posizione seduta con le gambe incrociate, sdraiandomi poi lungo la schiena e posizionando bene la nuca sul pavimento, che diventerà insieme ai glutei, i due punti di appoggio per inarcare la schiena verso l’alto, sollevando il mento e arretrando la testa come indicato dalle frecce

  • 3 volte mantenendo la posizione massima raggiunta per 15 secondi

Questo esercizio mi consente di migliorare la mobilità estensoria delle vertebre dorsali alte, allungando la catena fasciale e muscolare anteriore del collo e del torace.


Esercizi_dorsalgia_06Parto dalla stazione eretta con le braccia ben distese in alto, fermate da un bastone o da un asciugamano.

Dalla posizione 1 mi inclino lateralmente chiudendomi sul fianco sinistro e allungando il più possibile il lato destro, fino ad arrivare alla posizione 2.

  • 5 volte inclinandomi a sinistra, mantenendo la posizione massima raggiunta per 30 secondi
  • 5 volte inclinando a destra, mantenendo la posizione massima raggiunta per 30 secondi

Questo esercizio permette di mobilizzare in lateralità la catena vertebrale dorsale e di allungare la muscolatura del torace del lato convesso.


Esercizi_dorsalgia_07Dalla posizione quadrupedica allungo le braccia in avanti mantenendo i femori (le cosce) perpendicolari al suolo, a questo punto la spalla sinistra verrà appoggiata al pavimento e il suo braccio sarà disteso come nella figura, in questo modo otterrò una rotazione ed un allungamento del busto, associata a quella della scapola sul torace.

  • 5 volte con la spalla sinistra mantenendo la posizione per 10 secondi
  • 5 volte con la spalla destra mantenendo la posizione per 10 secondi

Questo esercizio perdette di mobilizzare in rotazione la colonna dorsale mettendo in allungamento la catena muscolare rotatoria vertebrale e la catena muscolare scapolare.


CAPITOLO RESPIRATORIO


Esercizi_dorsalgia_08Nella fase 1 con la schiena ben eretta e la testa che mantiene un unico allineamento rispetto all’appoggio a terra del bacino, faccio un’ispirazione profonda gonfiando il più possibile il torace e soprattutto la pancia.

Nella fase 2 mantenendo la stessa posizione descritta nella fase 1, faccio un’espirazione profonda e prolungata, buttando fuori tutta l’aria che ho, accompagnando contemporaneamente le spalle verso il basso e spingendo la testa verso l’alto (come se qualcuno ci tirasse per i capelli).

Nell’espirazione forzata è importante che i muscoli dell’addome facciano venire la pancia in fuori il più possibile.

  • 10 volte (ognuna completa delle 2 fasi in sequenza).

Questo esercizio permette di svincolare il rapporto del cingolo scapolare rispetto al collo e rispetto alla zona toracica alta.


Esercizi_dorsalgia_09Nella fase 1 devo fare un atto inspiratorio, cercando di prendere più aria possibile, gonfiano oltre al torace anche la pancia.

Nella fase 2 devo fare un’espirazione forzata, andando ad eliminare quanta più aria possibile, facendo lo sforzo di sollevare l’addome verso l’alto e contemporaneamente di abbassare il costato verso le caviglie.

  • 10 volte (ognuna completa delle 2 fasi in sequenza).

Questo esercizio serve ad allungare il più possibile la muscolatura respiratoria primaria e accessoria, la quale collaborando in maniera diretta e indiretta con le spalle e con il dorso ,può essere una chiave importante per ottimizzare il funzionamento meccanico, neurologico, e fluidico (arterioso, venoso, linfatico), migliorando il benessere complessivo.


CAPITOLO MUSCOLARE


Esercizi_dorsalgia_10Sono sdraiato pancia in sotto, posizionando la fronte sul piano di appoggio e tenendo le braccia distese lungo i fianchi.

Sollevo le spalle da terra e mantenendole distaccate dal pavimento, faccio un movimento con le braccia ad arco portandole dai fianchi ad unirsi sopra la testa.

  • 30 movimenti consecutivi, ripetuti per 3 serie

Questo esercizio mi permette di rinforzare la muscolatura delle scapole, dei trapezi e dei paravertebrali, per migliorare il tono-trofismo dei gruppi muscolari antigravitari.


Esercizi_dorsalgia_11Parto dalla posizione quadrupedica, per arrivare a sollevare il braccio sinistro e la gamba destra (braccio e gamba opposti).

Il braccio sinistro sarà ben dritto e allineato con il busto. La gamba destra sarà ben dritta, con il piede a martello e allineata con il busto.

  • 7 volte per incrocio dei due lati, mantenendo la posizione raggiunta per 60 secondi.

Questo esercizio mi permetterà di rinforzare la muscolatura vertebrale crociata di tutta la colonna, in maniera armonica e sincrona.


Esercizi_dorsalgia_12Mi posiziono come nella figura rappresentata, con i gomiti fermi all’altezza delle spalle e i palmi  delle mani poggiate al pavimento.

  • 4 volte mantenendo la posizione per 30 secondi

Questo esercizio mi permette di rafforzare la muscolatura della colonna migliorandone la stabilità e la resistenza.


Esercizi_dorsalgia_13Parto dalla posizione eretta per poi flettere il busto a 90° circa come mostrato nella foto, tenero le gambe ben distese.

Impugno un elastico da esercizio fisico, fissato a terra dai miei piedi.

  • Da questa posizione traziono gli elastici verso la pancia, mantenendo i gomiti stretti al busto.

30 movimento consecutivi ripetuti per 5 serie.

Questo esercizio mi permette di rinforzare i muscoli stabilizzatori della colonna dorso-lombare, di tonificare e allenare i muscoli delle scapole e del tratto medio-superiore vertebro-dorsale.


Esercizi_dorsalgia_14Dalla posizione eretta porto i palmi delle mani a congiungersi dietro la schiena, come mostrato nella foto, esercitando una spinta costante per forza e intensità.

  • 5 volte mantenendo la massima spinta raggiunta per 20 secondi.

Questo esercizio mi permette di stabilizzare la muscolatura delle scapole e favorire l’estensione della colonna vertebrale dorsale.


Oggi abbiamo visto come poter affrontare i problemi di dorsalgia con esercizi specifici e mirati.

Sicuramente ne troverete beneficio, diminuirete di molto i vostri dolori, recuperando forza e migliorando la postura.

Ricordate che l’impegno personale nell’affrontare un percorso di cura è fondamentale e ha bisogno della costanza a lungo termine.

La medicina rigenerativa

La medicina rigenerativaLa domanda dei miei pazienti è sempre più frequente………..”ma possibile che nel 2023 non ci sia modo di recuperare un danno patologico?”

Diciamo che il quesito non è proprio posto in questi termini, ma è il succo di un confronto con i miei assistiti su patologie manifeste, createsi nel tempo e che causano segni e sintomi di cui è difficile trovare una risoluzione definitiva.

Cerchiamo allora di affrontare un tema sempre più attuale sulla medicina rigenerativa, in maniera comprensibile e semplice.

L’obiettivo della medicina rigenerativa

La medicina rigenerativa ha l’obiettivo e l’ambizione di riparare, rigenerare o addirittura sostituire, quei tessuti che sono stati gravemente danneggiati e pertanto resi inefficaci nell’assolvere al loro compito, in un’ottica di un funzionamento isolato o di co-working, rispetto a strutture e organi con cui interagiscono in maniera sinergica.

La medicina rigenerativaIl cambiamento anatomo-patologico, comporta lo sviluppo di malattie, causando delle inefficienze alle volte talmente gravi, da peggiorare la qualità di vita del paziente, fino a poterne causare un’involuzione su larga scala.

I tessuti e gli organi danneggiati possono essere il risultato dell’invecchiamento, di traumi, di malattie e di alterazioni genetiche presenti dalla nascita o sviluppatesi con il passare degli anni.

Un gioco di squadra

La medicina rigenerativa può esistere solo ed esclusivamente in un rapporto di collaborazione con la biologia, la chimica, l’ingegneria, le nanotecnologie, la statistica, oltre che con la medicina stessa, cavalcando di pari passo il progresso scientifico, con l’ambizione di fronteggiare tutte quelle malattie, ove la medicina tradizionale si è dimostrata inefficace nel medio e lungo periodo.

I campi di applicazione sono molteplici, come sono molteplici le strategie utilizzate nelle diverse condizioni.

Le terapie cellulari e le terapie geniche, utilizzano le cellule umane proprie o di donatori, per sostituire le cellule danneggiate e rigenerare porzioni di tessuti, facendo regredire la patologia sviluppatasi dalla modificazione anatomica.

Le terapie cellulari sono studiate ad personam, personalizzando la cura in base alla superficie del danno da riparare, alla via di accesso per raggiungere il tessuto danneggiato e in base al rapporto di vascolarizzazione del segmento bersaglio.

La medicina rigenerativaNella maggior parte dei casi le cellule vengono prelevate dal paziente stesso, oppure da un donatore compatibile e manipolate secondo procedure ad hoc, per poter essere riutilizzate, sia nell’immediato che in periodi successivi, come ad esempio nel trapianto di midollo osseo, nei casi di gravi patologie del sangue quali le leucemie o i linfomi.

Medicina rigenerativa … e non solo

Altri esempi associabili alla medicina rigenerativa, possono essere le staminali muscolari o le cellule staminali cutanee, in grado di colmare e rigenerare i tessuti danneggiati, lacerati o necrotizzati.

La terapia genica imposta la sua cura basandosi sul presupposto di correggere difetti genetici che causano lo sviluppo di malattie, molte delle quali considerate rare.

Nelle cellule del paziente viene inserito una copia del gene sano, andando a stimolare la modificazione riproduttiva genetica congrua e corretta.

Questo processo permette di sviluppare cellule dal corredo genetico sano, che vanno a ridurre e in alcuni casi a bloccare, l’evoluzione della malattia.

L’ingegneria tessutale è un’altro campo in forte sviluppo nel mondo della medicina rigenerativa.

I prodotti dell’ingegneria tessutale sono formati da cellule vitali, associate a matrici sintetiche costituite da materiali biocompatibili.

La medicina rigenerativaLo studio dei materiali biocompatibili è sempre più performante e avanza negli studi dei campi applicativi, con prospettive di impiego sempre maggiori, ciò permette di spaziare dalla riparazione cutanea, alla rigenerazione del tessuto cardiaco, alla ricostruzione di legamenti, fino ad arrivare alla ricostruzione di organi, come ad esempio la vescica e molto altro ancora.

protesiAltro capitolo che non fa parte della medicina rigenerativa, ma lavora in parallelo, è la medicina del trapianto, dove nei casi in cui un organo sia gravemente danneggiato e senza margine di riparazione, può dare una chance di salute, attraverso la sostituzione dell’organo o del segmento malato.

I limiti associati al campo del trapianto, sono la compatibilità del donatore e il rischio di rigetto da parte del soggetto ricevente, pertanto l’ingegneria medica sta sviluppando con sempre maggiori risorse ed impegno, organi totalmente artificiali come ad esempio le valvole cardiache, le protesi come ad esempio quelle articolari e dispositivi medici come ad esempio il pacemaker, in grado di fornire una nuova funzionalità e sconfiggere la malattia del caso.

Cosa ci riserva il prossimo futuro?

Concludendo……..la medicina rigenerativa è sicuramente un futuro importante e dalle larghe prospettive, fondamentale da associare alla medicina tradizionale.

Il suo percorso è interessante, avrà un lungo cammino da perseguire e i suoi sforzi ci consentiranno di combattere delle malattie ad oggi senza grandi prospettive di guarigione o di gestione.

La medicina rigenerativaNel frattempo noi facciamo il nostro dovere, cercando di ottimizzare l’attività della prevenzione, cercando di rispettare il nostro organismo, prestando attenzione ai segni e ai sintomi con cui ci si manifestano le avvisaglie di una possibile malattia e puntando alla gestione della patologia nella sua cura e/o nel suo controllo.

La salute passa attraverso la conoscenza e con l’articolo di oggi abbiamo la possibilità di aggiungere un tassello al nostro benessere.

Sacralizzazione ed emisacralizzazione lombare

La sacralizzazione e l’emisacralizzazione lombare sono  malformazioni vertebrali congenite.

Sacralizzazione 01Si sviluppano per la fusione con la base sacrale di entrambe le apofisi traverse di L5 (SACRALIZZAZIONE), o di una delle due apofisi traverse di L5 (EMISACRALIZZAZIONE), rendendo l’ultima vertebra lombare strutturalmente saldata al segmento sottostante.

L’origine

Entrambe vedono l’origine nella vita intrauterina del bambino, come predisposizione allo sviluppo nella fase della crescita.

La condizione di mutazione può essere attivata da alterazioni genetiche, da intossicazione per abuso di farmaci, droghe, alcool o da infezioni sistemiche soprattutto di tipo virali.


Sacralizzazione 02La vertebra di L5 risulta normo formata nel corpo vertebrale e nel disco intervertebrale, ma con la presenza di megapofisi trasverse che si salderanno al sacro nel periodo dello sviluppo e dell’ossificazione dei nuclei di accrescimento.

La mobilità di L5 si riduce alla sola plasticità dell’osso, il che vuol dire perdere la totalità del movimento fisiologico della singola vertebra in questione.

Come malformazione vertebrale non sembra essere particolarmente invalidante per il paziente nel breve termine, ma nei periodi di vita a seguire porterà a delle patologie secondarie indirette, dovute alla mancanza di mobilità di uno dei più importanti fulcri biomeccanici tra la zona lombare inferiore e il bacino.

La 5° vertebra lombare ha la funzione di scaricare il movimento vertebrale nel cuneo sacrale, il quale deve trasformare la dinamica e la statica della colonna in maniera congrua, per favorire l’appoggio delle anche e il loro moto, passando attraverso il bacino.

I movimenti globali del paziente affetto da sacralizzazione od emi, hanno una capacità complessivamente buona ed il soggetto ha una completa autosufficienza nelle attività di vita quotidiana.

Le conseguenze si manifestano nel tempo sui segmenti contigui, soprattutto vertebrali e sacro iliaci, che si troveranno a supportare il movimento perso della 5° vertebra lombare.


Ma quale movimento si perde con la fusione sacrale di L5?

MovimentiL5 può fare movimenti di inclinazione laterale, di flesso – estensione, è la vertebra con maggior rotazione di tutto il segmento lombare, ed inoltre funge da fulcro di accomodamento e trasmissione delle torsioni sacrali alle vertebre inferiori della colonna.

Adesso è più semplice immaginare che iperlavoro aspetterà alla vertebra di L4, alle articolazioni sacro iliache, alla sinfisi pubica ed alle anche.

Tutti questi singoli segmenti sono deputati a sovraccaricarsi del mancato lavoro di L5

Le patologie associate

Ma quali sono le patologie che si possono manifestare con il tempo?

  • Lombalgia, causata da discopatia degenerativa, da un artrosi precoce delle faccette articolari, da impingment delle articolazioni, da Sacralizzazione 04riduzione del lume del forame di coniugazione con irritazione del ramo meningeo del nervo di competenza.
  • Lombosciatalgia di tipo discale per la formazione di una protusione o di un’ernia da sfaldamento dell’anulus fibroso.
  • Sacroileite irritativa, con infiammazione dei legamenti dell’articolazione, causata da un’esacerbazione biomeccanica
  • Pubalgia, causata da un eccesso di carico rotatorio sulla sinfisi pubica, associata ad un’alterazione muscolare prima e tendinea dopo, per un cambiamento della tensione muscolare.
  • Artrosi precoce dell’anca, dovuto al recupero maggiore dei parametri di flessione ed estensione del busto, che si manifesterà monolateralmente o bilateralmente a seconda del tipo di postura che il soggetto adotta, o per il tipo di attività che svolge.

Cosa si può fare per prevenire queste patologie?

Sacralizzazione 05Non potendo recuperare in nessun modo il movimento della 5° vertebra lombare, si dovrà assolutamente puntare sulla prevenzione, favorendo il compenso delle strutture precedentemente indicate.

Senza mai portarle in sovraccarico, scaricandone il lavoro muscolare, quello legamentoso, bilanciando l’equilibrio tra il loro normale lavoro e quello del compenso a cui sono chiamate ad assolvere.

Sarà importante affidarsi alla cura di fisioterapisti ed osteopati, che siano in grado di fare un attento esame valutativo per capire lo stato di funzionamento delle articolazioni contigue al punto di sacralizzazione, riconoscendone l’affaticamento e le modificazioni.


La diagnosi e la cura farmacologica per la sacralizzazione e l’emisacralizzazione

Sarà necessario far utilizzo di immagini diagnostiche, in particolare modo rx, rm ed ecografie, per esaminare lo stato di avanzamento biologico delle strutture di compenso, apprezzandone immediatamente le alterazioni morfologiche ed avendo la possibilità di un riferimento preciso per le indagini di controllo ripetute nel tempo a venire.

Potrà rendersi necessario utilizzare il supporto farmacologico nei momenti di dolore acuto, soprattutto se associato alla riduzione delle funzioni.

I farmaci maggiormente usati per la sacralizzazione e l’emisacralizzazione saranno antinfiammatori ed analgesici.

Nel momento in cui sarà presente una contrattura antalgica riflessa, potrà rendersi utile il supporto dei miorilassanti.

Come abbiamo visto la sacralizzazione non è un’ affezione grave, ma ha bisogno di attenzioni per evitare che nascano, con il passare degli anni, delle patologie secondarie associate.

La salute passa attraverso la conoscenza e con l’articolo di oggi, abbiamo la possibilità di aggiungere un tassello al nostro benessere.