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Stipsi o stitichezza

Stipsi o stitichezzaCon il termine stipsi o stitichezza, si definisce una difficoltà nell’evacuazione delle feci, sottolineandone la frequenza in un numero inferiore a 3 nell’arco della settimana.

Classificazione

Va subito detto che esistono 2 tipi di stipsi, la più comune è quella data dal rallentamento del transito intestinale, mentre l’altra è causata dall’incapacità parziale o totale di evacuare.

La prima è chiamata stipsi da propulsione, mentre la seconda è detta stipsi da espulsione.

Parlando di stitichezza non possiamo relegare questa definizione solamente al numero degli svuotamenti intestinali e quindi dell’ampolla rettale nell’arco della settimana, ma dobbiamo porre l’attenzione anche allo sforzo necessario per ottenere lo svuotamento, alla sensazione di incompleta liberazione e alla consistenza delle feci, generalmente dure e frammentate (caprine).

Non dobbiamo farci ingannare dalle alterazioni occasionali della frequenza intestinale, può succedere infatti che il cambiamento delle proprie abitudini, del luogo (ad esempio in un posto di vacanza), dell’alimentazione o della salute psico-fisica, possa causare una modificazione della regolarità intestinale.

Non dobbiamo neanche farci ingannare dalle avvisaglie di blandi dolori nella pre-evacuazione e/o nel post-evacuazione, così come dalla necessità di compiere piccoli sforzi per svuotare l’ampolla rettale…….queste situazioni rientrano in un quadro di normalità, finché non eccedono in maniera esponenziale nei loro segni e nei loro sintomi.

Stipsi o stitichezzaIl paziente stitico è tale nel momento in cui la sua difficolta nell’evacuazione è costante, sia nella prassi della vita quotidiana, sia nei cambiamenti saltuari.

I sintomi della stipsi o stitichezza

I sintomi della stipsi aggiunti all’incapacità nell’evacuazione e alla netta riduzione della sua frequenza, si caratterizzano per una digestione lenta e difficoltosa, per una sensazione di gonfiore addominale e di pesantezza, che può sfogare addirittura in crampi e dolori addominali.

Il paziente può lamentare dolori da sforzo e dolori anali durante l’evacuazione, con una difficoltà nello svuotare completamente l’ampolla rettale.

La stipsi può generalizzare il quadro sintomatologico, fino ad arrivare ad una condizione di malessere generale.

Le cause

Le cause della stipsi sono veramente molte pertanto è necessario inquadrare  gli aspetti che generano il problema a tutto tondo…….vediamoli insieme.

Nelle prime congetture eziologiche, si può pensare alla diminuzione del transito intestinale, sia per aspetti meccanici, come la riduzione del lume intestinale, o per la presenza di un dolicocolon, o per dei cattivi rapporti anatomici come in un addome ptosico, dove addirittura può cambiare il corretto assetto delle valvole intestinali, tra cui la primaria in questo caso è la valvola ileocecale.

Stipsi o stitichezzaAltra causa importante da considerare è l’alterazione dell’equilibrio orto e parasimpatico del sistema nervoso autonomo e il tilt del sistema nervoso enterico, il quale può deficitare della sinergia dei neurotrasmettitori, in particolar modo della serotonina, deputata anche al funzionamento della muscolatura del colon.

Il sistema di drenaggio addominale, sia vascolare che linfatico, può mettere il paziente nella condizione di sviluppare una stipsi, perché è deputato al riassorbimento dei liquidi del bolo fecale nel colon e quindi compartecipante alla consistenza delle feci stesse.

Non va dimenticato l’importanza dell’alimentazione che deve essere equilibrata nell’assunzione di fibre e di liquidi, rispetto alla proporzione nell’ingerenza del resto dell’approvvigionamento di carboidrati e proteine, così come dev’essere in equilibrio nell’assunzione dei pasti durante la giornata, evitando di alternare grosse pause di digiuno a pasti regolari.

Il fattore emotivo e il ciclo sonno-veglia, possono essere delle concause nell’alterazione della funzionalità intestinale, per cui uno stato di stress, o una riduzione del fisiologico riposo, possono causare un’alterazione dell’equilibrio neurovegetativo, andando a causarne una stipsi.

Per la regolarità intestinale è fondamentale l’attività fisica e il movimento in generale, perché sono in grado di favorire il transito intestinale anche in maniera indiretta; non sono pochi i casi in cui il paziente allettato, si ritrova a dover far fronte a periodi associati di stitichezza.

Il coordinamento sinergico della muscolatura diaframmatica, addominale e del pavimento pelvico, è importante per garantire una mobilità del transito intestinale indotto e un corretto svuotamento dell’ampolla rettale.

Anche la presenza di virus e batteri intestinali, possono alterare la regolarità del transito intestinale, alternando periodi di diarrea a periodi di stipsi.

Spesso i pazienti che soffrono di stitichezza ricorrono all’utilizzo di farmaci o di composti naturali, che stimolano lo svuotamento intestinale, ma nel lungo periodo, l’utilizzo costante di questi rimedi, può creare una dipendenza sia organica che psicologica, portando il paziente all’incapacità di assolvere autonomamente a questa necessità.

Non va assolutamente dimenticato che alcuni tipi di farmaci, assunti per altri motivi di salute, possono avere come controindicazione la riduzione della motilità intestinale e favorire la stipsi.

Gli antidepressivi, i neurolettici, i farmaci a base di morfina ed altri ancora, concorrono a determinare un rallentamento della funzionalità intestinale.

La diagnosi della stipsi o stitichezza

anamnesiPer effettuare una diagnosi di stipsi è necessario eseguire un’attenta anamnesi, dove verranno indagate la frequenza della defecazione, la dolorabilità nell’evacuazione, la presenza di gonfiore addominale, lo studio dell’alimentazione e le abitudini del paziente nel perseguire un’attività fisica giornaliera, cosi come la regolarità del ciclo sonno-veglia.

Bisogna indagare lo stato psico-emotivo, lo stato di benessere generale e l’eventuale presenza di affezioni batterico-virali.

L’esame obiettivo sarà mirato in primis alla palpazione dell’addome, monitorandone un’eventuale stato di rigidità e di dolenzia, per poi sincerarsi della capacità del soggetto alla corretta funzionalità della muscolatura diaframmatica, addominale e del pavimento pelvico.

Gli accertamenti strumentali possono aiutare nella diagnosi, attraverso molteplici esami:

  • studio radiografico della motilità intestinale attraverso l’assunzione di marcatori radiopachi
  • manometria ano-rettale (un catetere sonda che stimola la parete del retto, valutandone la contrazione delle pareti)
  • cinedefecografia (studio radiografico con mezzo di contrasto dell’ampolla rettale durante la defecazione)
  • colonscopia ed esame bioptico, per valutare sia il lume intestinale, che lo stato di salute delle sue pareti.

Nella biopsia può essere anche prelevato e studiato un campione delle fibre neurologiche che trasmettono l’impulso di motilità e contrazione del colon-retto.

  • analisi delle feci mirate a valutare l’eventuale presenza di sangue, di virus o di batteri.

Come trattare la stipsi o stitichezza

Stipsi o stitichezzaIl trattamento della stipsi diventa un’attività terapeutica vera e propria solamente nel caso in cui la stitichezza sia cronica e conclamata.

Il primo approccio alla problematica è quello di modificare le abitudini alimentari, aumentando l’apporto di liquidi fino a 2/3 litri al giorno e l’apporto di fibre naturali, che possono essere aumentate con integratori di fibre idrosolubili e probiotici.

Va assolutamente ricordato e raccomandato di non aumentare la quantità di fibre, se non viene integrata l’assunzione di liquidi, altrimenti si può ottenere l’effetto contrario a quello desiderato.

Insieme alla correzione della dieta alimentare è assolutamente necessario incrementare l’attività fisica, volta ad aumentare il metabolismo e a rafforzare la tonicità, almeno della parete addominale e della zona pelvica.

Non sono rare le indicazioni di ginnastiche propriocettive del pavimento pelvico, per allenare il paziente nella spinta necessaria allo svuotamento dell’ampolla rettale.

Stipsi o stitichezzaLa fisioterapia e l’osteopatia, possono aiutare il paziente intervenendo con delle manovre mirate a favorire il transito addominale e ad ottimizzare le pressioni addomino-pelviche, così come possono essere favorevoli nella gestione della ptosi viscerale e di quello che ne consegue, sia sulla valvola ileocecale, che sugli angoli colici, cosi come nel tratto distale del sigma-retto.

Inutile dire che va assolutamente cercato di tenere sotto controllo l’equilibrio psico-fisico e il ciclo sonno veglia, evitando il più possibile forti periodi di stress e carenze di sonno prolungate.

E’ importante aiutare il paziente nella gestione dei farmaci, cercando di evitare l’uso costante dei lassativi, per scongiurare l’induzione del silenzio intestinale al naturale stimolo della defecazione.

Per quanto riguarda invece l’utilizzo dei farmaci che hanno come controindicazione le manifestazioni di stitichezza, va stimolato il paziente ad ottimizzare tanto l’alimentazione quanto l’introduzione di una regolare attività fisica.

Nei casi ostinati di stipsi si può ricorrere all’utilizzo di farmaci che aiutino ad aumentare la motilità intestinale, ma sempre coadiuvati dalle strategie fino a qui illustrate.

La stipsi è un problema che affligge una grossa fetta della popolazione e in una percentuale maggiore la sfera femminile, creando disagio nella vita quotidiana, fino ad arrivare ad un malessere generalizzato.

Conoscere la stitichezza nelle sue innumerevoli sfaccettature, ci consente di affrontarla meglio e con più successo.

La salute passa attraverso la conoscenza e con l’articolo di oggi abbiamo la possibilità di aggiungere un tassello al nostro benessere.

Sarcopenia

Sarcopenia_hq_01Con questo termine si definisce la perdita di massa muscolare e conseguentemente della forza, con la comparsa di atrofia e una diminuzione della qualità biologica del tessuto stesso.

Nella sarcopenia si ha una progressiva perdita di fibre muscolari sostituite da tessuto adiposo di riempimento, che di conseguenza porta ad una degenerazione della giunzione neuromuscolare (ovvero della porzione neurologica dedicata, che sotto stimolo attiva il muscolo) e conseguentemente ad una atrofia muscolare con manifesta riduzione del volume.

Sarcopenia_hq_02Il muscolo e quindi le fibre muscolari, diventano più fragili e soggette, con frequenza aumentata, a danni anatomici da elongazione e lacerazione per eccesso di carico e stiramento eccentrico.

Si manifesta con:

  • la comparsa di debolezza
  • minor resistenza allo sforzo prolungato
  • deficit nello sforzo massimale
  • diminuzione dell’equilibrio causato dalle alterazioni delle sinergie muscolari
  • deambulazione rallentata
  • riduzione dei movimenti fini e coordinati.

Sarcopenia_hq_03Il tutto evolve verso una riduzione delle normali attività di vita quotidiana.

La perdita progressiva di funzione porta ad un aumento di sedentarietà e cambiamenti del tono dell’umore, condizioni per le quali non viene favorito l’allenamento muscolare quotidiano e costante.

La perdita di massa muscolare crea un danno diretto alla struttura scheletrica perchè viene a mancare il sostegno attivo, aumentando i carichi diretti sui tessuti osteoarticolari e cartilaginei, creando carichi eccessivi anche alle strutture legamentose.

Si perde l’equilibrio tra i gruppi muscolari agonisti e antagonisti a svantaggio delle sinergie necessarie durante le attività motorie.

La perdita di massa muscolare riduce anche l’integrazione con il ricambio biologico del tessuto osseo favorendone l’osteoporosi.

Le contratture muscolari possono comparire con maggior facilità, le tensioni capsulo legamentose e gli impingment articolari sono maggiori.

La sarcopenia può incominciare a manifestare le prime avvisaglie in maniera lenta nel decennio tra i 40 e i 50 anni, per poi proseguire con un aumento di sviluppo dopo i 60 anni in maniera esponenziale, rapportandosi all’età del soggetto, alla qualità biologica dei tessuti dello stesso, al tipo di massa muscolare basale e al tipo di alimentazione che conduce.

Sarcopenia_hq_04La riduzione della massa muscolare può avere come concause la riduzione dell’equilibrio ormonale, così come l’ accumulo in eccesso di proteine ossidate e le modificazioni cellulari del tessuto stesso.

La sarcopenia fa pare del progressivo invecchiamento della persona per il trascorrere del tempo, non si può evitare ne tantomeno fermare, però è vero che ci sono delle attività e delle abitudini che la possono favorire e velocizzare, come la sedentarietà, la cattiva alimentazione, l’incostanza e la pigrizia nella gestione quotidiana della macchina umana.

L’unico fattore ad oggi registrato e concomitante nello sviluppo della sarcopenia nel tempo è il minor peso corporeo alla nascita.

Mediamente la sarcopenia vede una perdita di massa muscolare del 5% ogni 10 anni, che detto tra noi non sono per nulla pochi.

Come fare una diagnosi di sarcopenia?

Il primo elemento necessario è la raccolta di dati riferiti dal paziente in modo da poter avviare un’anamnesi dettagliata.

È necessario fare un esame obiettivo per valutare le capacità funzionale del paziente e i deficit presenti.

Sarcopenia_hq_05La precisione nella diagnosi può essere ottenuta con un’indagine diagnostica chiamata DEXA (assorbimetria a raggi X a doppia energia), vale a dire un esame che valuta varianti tra di loro diverse e che nella sarcopenia studia il peso corporeo in relazione alla massa magra e alla massa grassa del soggetto.

La DEXA può essere anche utilizzata per lo studio della massa ossea nella patologia specifica dell’osteoporosi.

Sarcopenia_hq_06La dose di radiazioni utilizzata in questo tipo di esame è discretamente bassa ed è per questo che si può ripetere l’esame anche a breve distanza.

Lo studio DEXA però deve essere associato ad un test di velocità di camminata per valutare la resistenza muscolare allo sforzo.

Il test e l’esame DEXA darà una valutazione specifica della sarcopenia e la percentuale di massa muscolare persa.

Sarcopenia_hq_07E quali sono i valori specifici di riferimento per stabilire l’effettiva presenza di sarcopenia?

  • riduzione della massa muscolare di almeno due unità sotto il valore medio riscontrato nei giovani adulti
  • velocità di camminata inferiore ai 2,8 metri al secondo
  • la forza nella presa della mano inferiore ai 30kg nell’uomo e a 20kg nella donna.

La terapia per questa patologia non prevede un grosso impegno farmacologico, perché al momento non ci sono cure definite e concordate degne di nota.

Si valutano terapie di tipo ormonali ma non sono ancora considerati protocolli condivisi.

Sarcopenia_hq_08Molto più valutati sono i rimedi naturali basati sull’esercizio fisico e sulla corretta alimentazione.

L’esercizio fisico deve esser fatto con costanza dalle 2 alle 3 volte a settimana cercando di impostare il lavoro sul recupero della forza e sull’aumento della resistenza allo sforzo.

L’attività muscolare deve essere completa almeno per quanto riguarda i gruppi maggiori sia di sostegno che dinamici.

Sarcopenia_hq_09L’alimentazione vede una dieta ricca di proteine e minerali e ridotta nell’apporto di grassi e zuccheri.

La fisioterapia ha la possibilità e la capacità di recuperare la miglior postura e di ritrovare gli equilibri muscolari rendendo economico l’uso dell’apparato locomotore.

L’osteopatia ha il compito di stabilire il miglior assetto vertebrale, la miglior integrazione tra i cingoli pelvici e scapolari, riducendone al minimo lo sforzo muscolare da dover compiere nelle attività minime.

Sarcopenia_hq_10L’osteopatia ha la possibilità di migliorare la funzione viscerale del tratto digerente per ottimizzare l’assorbimento e il metabolismo.

La sarcopenia purtroppo non è evitabile ma può essere invece evitabile lo sviluppo delle complicanze da essa scaturite .

Non trascuriamoci e rimarremo più giovani rispetto a quello che la nostra anagrafe dice.