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Calcoli renali

Calcoli renali 01I calcoli renali, denominati in medicina anche con il nome di NEFROLITIASI o LITIASI RENALE, sono degli agglomerati di precipitati dei sali minerali come il calcio, ossalati, fosfati, acidi urici, raggruppati in formazioni solide, che si depositano nei reni.

Inizialmente abbiamo la formazione di microcristalli, i quali aumentando il loro volume, diventano dei veri e propri sassetti e quindi dei calcoli, con delle misure che possono variare da alcuni millimetri ad alcuni centimetri.

Le conformazione dei calcoli renali può diversificarsi in contorni lisci o irregolari ed in grandezza diversa, mostrandosi piccoli come granelli di sabbia, fino ad essere grandi come delle biglie, creando condizioni più o meno difficili e più o meno dolorose, nella loro espulsione.

I calcoli una volta formatisi, possono rimanere depositati nella sede renale di raccolta per un tempo non definito, per poi dislocarsi lungo il percorso delle vie urinarie, percorrendo gli ureteri, scendendo nello scavo pelvico e quindi nella vescica, fino ad essere espulsi, seguendo l’uretra attraverso la minzione.

I sintomi che il paziente può lamentare sono variabili a seconda della dimensione del calcolo, dell’irritazione che arreca nel tragitto verso l’espulsione e se associato o meno ad uno stato infettivo delle vie urinarie.

Calcoli renali 02Pertanto alcuni soggetti saranno totalmente asintomatici, mentre altri lamenteranno un dolore sordo, profondo, nella zona lombare medio-alta e nello regione della fossa iliaca, fino a poter riferire delle vere e proprie coliche renali, caratterizzate da un dolore acuto e violento nel territorio lombo / addominale prima descritto.

Quali sono le cause che possono dare il via alla formazione dei calcoli renali?

Iniziamo con il dire che la predisposizione genetica è un fattore favorente la formazione dei calcoli renali, ma ci sono delle associazioni di fattori che aumentano in maniera esponenziale la possibilità della loro comparsa:

  • riduzione dell’apporto di liquidi in particolare dell’acqua
  • il tipo di acqua che viene bevuta
  • una dieta squilibrata
  • la disidratazione
  • processi infiammatori
  • rallentamento del fulso urinario
  • aumento della concentrazione di composti insolubili favorenti i calcoli renali
  • alterazione del ph urinario inferiore a 5
  • carenza di acido citrico
  • disfunzione ormonale in eccesso legata alla tiroide e alla paratiroidi
  • abuso di integratori quali sali minerali e vitamine
  • infezioni batteriche delle vie urinarie.

A seconda delle innumerevoli cause che possono portare alla formazione di calcoli, abbiamo delle classificazioni identificative diverse.

Calcoli renali 03La loro classificazione è importante per poter ottimizzare la cura del paziente, mirata sia a ridurre la concentrazione dei sali coinvolti nella precipitazione, sia ad aumentare le sostanze che inibiscono la precipitazione stessa.

La classificazione è divisa in:

  • calcica (ossalto di calcio // fosfato di calcio // ossalto di calcio e fosfato di calcio)
  • urica (acido urico // urato di calcio)
  • mista (ossalto di calcio // fosfato di calcio // acido urico)
  • infettiva.

Ma qual’è l’iter diagnostico dei calcoli renali?

Calcoli renali 04Si può procedere in vari modi:

  • esami ematochimici per valutare i fattori di tossicità del rene e la presenza di eventuali infezioni sistemiche
  • esami delle urine per studiare l’eventuale presenza di tracce ematiche, di batteri, o cristalli calcifici
  • analisi del calcolo renale nel momento in cui ci si accorga della sua espulsione attraverso la minzione
  • esame ecografico per studiare lo stato anatomico del rene e delle vie urinarie, avendo modo di valutare la presenza dei calcoli nella loro grandezza e nel loro alloggiamento
  • l’urografia endovenosa, un esame a raggi x, che utilizza il mezzo di contrasto per evidenziare le vie urinarie
  • l’esame tc con mezzo di contrasto (uro-tc), richiesto nei casi in cui si decida di valutare in maniera minuziosa la condizione anatomo-patologica di reni, ureteri e vescica, con la possibilità di analizzarne la funzione, nell’espulsione del mezzo di contrasto, attraverso le vie urinarie.

Calcoli renali 05Una volta elaborata una diagnosi corretta e completa, non solo sulla presenza di calcoli renali, ma anche sul tipo di formazioni litiasiche e sullo stato in essere dei reni, delle vie urinarie e della vescica, in merito all’eventuale presenza di stenosi, infezioni ed infiammazioni, si potrà procedere con una cura mirata alla risoluzione del patologia.

Il trattamento prevede numerosi approcci, diversi per metodica e interazione con il paziente.

Qualora i calcoli siano piccoli tanto da poter essere eliminati attraverso la minzione, la cura sarà prettamente farmacologica, in supporto al paziente durante la fase di espulsione del calcolo, somministrando farmaci antinfiammatori, antidolorifici, antispastici e antibiotici nel caso ci sia associata un’infezione batterica delle vie urinarie.

Calcoli renali 06Nelle situazioni in cui i calcoli siano vicini al centimetro o di dimensioni superiori, bisogna intervenire con metodiche mirate a distruggere o asportare il calcolo… vediamo di cosa si tratta.

  • Litotripsia extracorporea ad onde d’urto

Utilizza onde ad ultrasuono che colpiscono il calcolo, frantumandolo e consentendone l’espulsione a posteriori, attraverso la minzione.

Dato che il trattamento può risultare alquanto fastidioso, può essere supportato da antinfiammatori e antidolorifici.

Nel caso in cui i calcoli siano grandi, può essere richiesto più di una seduta.

  • Nefrolitotomia percutanea

Viene utilizzata in quei casi in cui la litotripsia extracorporea ad onde d’urto non possa essere praticabile, come ad esempio nei pazienti obesi.

Viene effettuata una piccola incisione percutanea per introdurre il nefroscopio, fino a raggiungere il rene, frantumando il calcolo per mezzo laser e avendo così modo di asportandolo direttamente.

  • Ureteroscopia

E’ una metodica che vede l’utilizzo dell’uretroscopio, in tutte quelle situazioni dove il calcolo rimanga bloccato nell’uretere, senza possibilità di proseguire il suo tragitto.

Il chirurgo una volta raggiunto il calcolo, può provare ad asportarlo o nel caso non ci riesca, provvederà a frantumarlo attraverso il laser.

In alcuni casi si rende necessario l’utilizzo di uno stent, per facilitare il passaggio dei frammenti del calcolo in vescica.

  • Chirurgia a cielo aperto

chirurgiaSi utilizza solamente in quei pazienti ove il calcolo sia eccessivamente grande e dalla forma irregolare.

In questo caso viene fatto un accesso chirurgico retroperitoneale, con l’intento di asportare in maniera diretta il calcolo dalla sede che lo ospita.

Essendo un intervento non privo di complicanze secondarie, il suo utilizzo è estremamente razionalizzato a quei pazienti che non hanno la possibilità di utilizzare strade alternative.

Una volta riusciti ad eliminare il calcolo, il paziente dovrà essere informato sul tipo di litiasi, per procedere con una dieta adeguata a contrastare la formazione futura di calcoli simili.

Sarà altrettanto importante bere un quantitativo di acqua sufficiente ad evitare la precipitazione dei sali minerali e ad ottimizzare il flusso delle urine nella minzione.

Altra raccomandazione sarà quella di effettuare ecografie renali preventive, per monitorare l’eventuale neoformazione di calcoli renali.

I calcoli renali sono subdoli e possono arrecare problemi di salute non indifferenti.

L’alimentazione sana, un corretto stile di vita e la prevenzione, possono aiutarci a prevenirli o a gestirli nella maniera migliore, evitandoci brutte sorprese.

La salute passa attraverso la conoscenza e con l’articolo di oggi abbiamo la possibilità di aggiungere un tassello al nostro benessere.

 

Onde d’urto

Iniziamo l’articolo dando una definizione fisica di cosa siano le onde d’urto.

Le onde d’urto sono delle onde acustiche ad alta energia, che generano impulsi pressori (circa 500 bar, numero con un discreto margine di variabilità), con valori tra loro diversi per picco di salita e per tempo di durata nel rimanere al loro massimo valore.

ONDE_D_URTO_02La salita e la discesa avvengono in 10 miliardiesimi di secondo.

La durata di permanenza è mediamente di 3,5 milionesimi di secondo.

I tempi di durata complessivi del ciclo d’onda sono meno di 10 millesimi di secondo.

Sviluppa una forza meccanica che viene sfruttata per trasferire energia di movimento ai tessuti corporei con l’intento di migliorare o addirittura guarire condizioni patologie ortopediche e non, soprattutto di tipo cronico.

Le onde d’urto possono trasmettere energia a lunga distanza e per questo sono in grado di penetrare in profondità.

La propagazione nei tessuti deve tener conto della trasmissione, della riflessione e dell’assorbimento, che risentono delle differenze di densità e di impedenza acustica della cute, del grasso, dei muscoli, delle ossa.

Per impedenza acustica si intende la misura dell’opposizione che un materiale presenta al flusso acustico risultante da una pressione acustica applicata al sistema.

ONDE_D_URTO_03In fisica la riflessione è il fenomeno per cui un’onda che si propaga lungo l’interfaccia tra differenti mezzi, cambia direzione a causa di un impatto con un materiale riflettente.

Assorbimento, riflessione, trasmissione, sono i fenomeni che avvengono quando l’energia radiante incide su un corpo; una parte viene assorbita, una parte viene riflessa, una parte viene trasmessa.

Va ricordato che la somma della quantità di energia assorbita, riflessa e trasmessa è uguale alla quantità di energia incidente.

ONDE_D_URTO_04Gli apparecchi che generano onde d’urto sono diversi tra di loro, ma devono avere tutte le stesse caratteristiche minime di emissione dell’onda.

Come agiscano le onde d’urto sullo stato di salute del corpo umano non è del tutto chiaro, si sfrutta la loro potenza per colpire e bersagliare un tessuto, riducendo le fibrosità, le calcificazioni e interferendo anche con i segnali nocicettivi trasmessi dal corpo.

Si ritiene che sia in grado di avere effetti biologici riparativi e rigenerativi, probabilmente per lo stimolo che il tessuto riceve, subendo queste forti pressioni sonore dirette e mirate.

ONDE_D_URTO_05E’ chiaro che le onde d’urto agiscono in maniera diversa a seconda del tessuto bersaglio con cui devono interagire (ossa, muscoli, tendini, legamenti etc etc), a seconda di come vengono emesse, ovvero se a bassa, media ed alta energia e a seconda se il fascio dell’onda d’urto sia focalizzata su una piccola area, o se sia radiale, diffondendosi in modo sferico su una porzione di tessuto più ampia.

Proprio perché non ci sono linee guida ben precise, ci possono essere delle variazioni da terapeuta a terapeuta, nell’approcciare la stessa patologia e queste differenze si basano sostanzialmente sulle caratteristiche del macchinario (elettroidrauliche, piezoelettriche, elettromagnetiche), variando il numero di onde d’urto emesse nella seduta terapeutica e sul numero di trattamenti da eseguire.

ONDE_D_URTO_06Le onde d’urto trovano applicazione in ortopedia nelle tendiniti, nelle fasciti, nelle rigidità articolari con perdita macroscopica di movimento sui piani articolari, calcificazioni, miositi ossificanti, ossificazioni, edemi organizzati, calcificazione di legamenti e capsule articolari, fratture da stress, neuroalgodistrofia, ritardi ci consolidamento delle fratture e pseudoartrosi.

Il campo applicativo si estende dall’ortopedia anche ad altre branche come l’urologia, per l’eliminazione tramite disgregazione dei calcoli, cosi come in campo chirurgico per i calcoli biliari e in altre branche dove ci sia la necessità di avere uno stimolo sul metabolismo tessutale.

Vanno anche indicate le situazioni e i tessuti anatomici dov’è controindicato applicare le onde d’urto, per la presenza di patologie refrattarie al trattamento e per la delicatezza dei tessuti anatomici esistenti.

Le onde d’urto vanno evitate nelle infezioni acute dei tessuti ossei e di quelli molli, patologie a carico della coagulazione sanguigna, epifisiolisi, portatori di pacemaker.

I tessuti biologici che vanno evitati di essere bersagliati in un trattamento diretto sono:

  • strutture neurologiche centrali e periferiche
  • cranio
  • midollo spinale
  • plessi e tronchi nervosi

Vanno evitate le costole per la loro delicatezza strutturale, va evitato il tessuto polmonare.

Le onde d’urto possono essere un’arma in più nella cura delle patologie, risultano altamente integranti con terapie associate di tipo farmacologico, con protocolli fisioterapici per il recupero delle patologie ortopediche di cui sopra abbiamo accennato, o con tecniche osteopatiche mirate.

La differenza nel curare una paziente e la sua patologia è nel mettere insieme tutte le conoscenze e le metodiche per ottenere il miglio risultato in maniera veloce e stabile nel tempo.