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Il piede diabetico

piede diabetico 01Oggi parleremo del piede diabetico

Cos’è il piede diabetico?

Il piede diabetico è una complicanza del diabete, il quale se mal gestito o poco reattivo alle cure mediche e al regime alimentare appropriato, può creare dei danni di natura neurologica periferica (neuropatia) e arteriosa (arteriopatia) all’arto inferiore e in primis al piede.

L’arteriopatia è una condizione pericolosa per lo stato di salute del tessuto biologico interessato, perché si riduce in maniera più o meno importante, l’afflusso di sangue arterioso e con esso l’ossigenazione e il nutrimento cellulare.

La neuropatia comporta un’alterazione della sensibilità, causando parestesie, se non peggio anestesie, delle zone colpite, alterando la soglia del dolore e rendendo il paziente pericolosamente esposto a traumi di cui non ne avvisa in maniera corretta il danno.

Inoltre la neuropatia porta ad un’inefficienza di attivazione della contrazione muscolare, riducendone il tono, la forza e la reattività muscolare, scaturendo una serie di cattivi compensi sia nell’appoggio plantare del piede, che nella fase deambulatoria, con una perturbazione dello schema del passo e dell’adattamento posturale della colonna vertebrale.

piede diabetico 02Ma le conseguenze arteriopatiche e neuropatiche che esiti possono portare ad un paziente?

Il paziente è pericolosamente esposto a traumi, lacerazioni, ustioni, ferite e vesciche, che avranno un tempo di guarigione abnormemente lento, con una maggiore esposizione ad infezioni locali.

La riduzione del tono-trofismo muscolare e la cattiva attivazione della contrazione muscolare, comporta un cattivo appoggio del piede a terra e conseguentemente dello schema del passo, con lo sviluppo di una serie di patologie compressive e deformanti a carico dei metatarsi, delle dita del piede e delle volte plantari.

Sarà quasi una diretta conseguenza, veder evolvere retrazioni delle strutture tendinee e capsulo legamentose, così come della fascia plantare stessa.

Il cattivo apporto vascolare arterioso, rinforzato dalla neuropatia segmentaria, può portare alla comparsa di una claudicatio intermittentis, che il paziente gestirà con il riposo e con la riduzione dello sforzo, sia nel mantenere la postura eretta che nella deambulazione.

La cattiva circolazione sanguigna arteriosa, creerà delle alterazioni cellulari e del sistema linfatico che causeranno delle desquamazioni cutanee, con lesioni ulcerative, andando incontro ad infezioni e ad una cattiva e inefficace cicatrizzazione.

Nei casi più gravi si assisterà alla comparsa di gangrena di una o più porzioni periferiche, che possono causare, se non curate a dovere, un rischio di setticemia, costringendo il paziente a subire un’amputazione del segmento come atto terapeutico estremo.

Qual’è la causa del piede diabetico?

La causa del piede diabetico è il diabete stesso, in qualunque forma si possa manifestare, se mal gestito dal punto di vista farmacologico e se non tutelato da un corretto regime alimentare e da un’attività fisica che riesca a contenere l’accumulo di glucosio nel sangue.

Ci sono dei casi in cui la terapia farmacologica perde di effetto nel tempo e pertanto va costantemente monitorata la relazione farmaco-malattia, andando a limare e ottimizzare l’uso dei diversi famaci e del dosaggio necessario.

piede diabetico 03La diagnosi

La diagnosi di base è quella per ricercare valori alterati di glucosio nel sangue tramite esami ematochimici, valutando la curva glicemica con il carico orale di glucosio e con lo studio dell’emoglobina glicata.

Insieme a questo sarà necessario fare un doppler dei vasi profondi e superficiali dell’arto inferiore e un’elettromiografia periferica per lo studio della conduzione nervosa rispetto alle placche motrici muscolari di riferimento.

L’esame clinico con ispezione della cute, cercando desquamazioni, lesioni, ulcerazioni, alterazioni del colore, della temperatura e la valutazione della sensibilità cutanea e della capacità contrattile muscolare, aiuterà a fare una diagnosi di piede diabetico.

alimentazione farmaciIl trattamento del piede diabetico

Il trattamento vede come terapia primaria, l’assunzione farmacologica, mirata a ridurre i valori glicemici nel sangue, ma come accennavamo in precedenza, sarà importante condurre una vita sana con attività fisica costante e un regime alimentare ad hoc.

Nella prevenzione delle complicanze del piede diabetico, sarà importantissimo evitare la comparsa di infezioni, cercando di correre subito ai ripari nel caso di lacerazioni, e ulcerazioni cutanee.

Sarà utile evitare l’instaurarsi di compensi abnormi e non funzionali nell’appoggio plantare e durante la fase del passo, cosi come risulterà importante lavorare per mantenere un bon tono trofismo dell’arto ed evitare un’irrigidimento dei tessuti molli capsulo-legamentosi-tendinei, scongiurandone l’anchilosi articolare.

terapiaNel caso in cui il paziente dovesse subire un’ amputazione segmentale o totale del piede, risulterà fondamentale curare con la massima attenzione la ferita chirurgica, controllandone la guarigione ed evitando che si possa infettare.

A seguire sarà necessario preparare il paziente all’utilizzo di ortesi di vario genere (a seconda del tipo di amputazione subita), in grado di ricondizionare la funzione del piede nonostante la perdita di un un suo segmento

Il diabete è una patologia subdola che si evolve in maniera spesso silente, pertanto estremamente pericolosa.

Il piede diabetico può essere una conseguenza del diabete, pertanto non va assolutamente sottovalutata la comparsa dei primi sintomi.

La salute passa attraverso la conoscenza e con l’articolo di oggi abbiamo la possibilità di aggiungere un tassello al nostro benessere.

 

 

 

 

 

 

 

Nevrite

La nevrite è un infiammazione dei nervi che causa un alterazione della sensibilità e/o della capacità motoria.

nevrite_01I nervi possono avere dei compiti specifici per una singola funzione oppure avere delle funzioni promiscue, ad esempio i nervi del sistema nervoso periferico possono essere solo sensitivi, solo motori o misti, ovvero che sono capaci in maniera bivalente, di portare informazioni sensoriali dalla periferia al cervello e di trasmettere informazioni motorie dal cervello alla periferia.

A livello sintomatologico si può manifestare dolore che varia per intensità, frequenza e costanza, passando da un’algia continua a una intermittente, da una acuta a una profonda.

Si può avere un’ alterazione della sensibilità tipo scossa elettrica, formicolii, bruciori, sensazioni vibratorie.

Nevrite_02Nel caso il nervo abbia anche un compito motorio oltre che sensitivo, si può manifestare una perdita di forza e di resistenza della muscolatura da esso innervata.

Le cause

Abbiamo compreso che le nevriti (infiammazioni dei nervi) possono scatenare delle nevralgie (dolore dei nervi) ma su un quadro simile nel suo modo di manifestarsi, si nascondono varie cause che le possono innescare e favorire.

Cerchiamo di capirle insieme.

Un nervo può subire un’ irritazione, un attacco e un’ alterazione della sua anatomia e funzione per i motivi più diversi tra di loro:

  • Nevrite_03irritazione da contatto o da compressione per riduzione dello spazio dove il nervo alloggia e scorre. Ad esempio una discopatia vertebrale che porta ad una diminuzione di altezza tra un corpo vertebrale e l’altro, può ridurre il lume del forame di coniugazione da dove esce il nervo. La fibrotizzazione del tunnel carpale può irritare il nervo mediamo facendo perdere forza e sensibilità. La formazione di tessuto fibroso attorno ad un nervo come nel neuroma di Morton ecc. ecc.
  • traumi diretti sul nervo solitamente nei passaggi meno protetti dalle masse corporee
  • fratture, dove i monconi ossei possono danneggiare per compressione, stiramento o lacerazione il nervo con rapporto anatomico diretto
  • alterazioni vascolari arterio-venose, per diminuzione del nutrimento del nervo e per l’ intossicazione che si potrebbe verificare in un caso di cattivo drenaggio e permanenza delle sostanze di scarto
  • Nevrite_05diabete, dove l’eccesso di glicemia porta ad un danno del rivestimento del nervo, ovvero alla guaina mielinica, che protegge e favorisce la conduzione di segnale del nervo stesso
  • infezioni per lo più virali (herpes zoster), che rimangono annidiate nel corpo umano e si ripresentano nel momento di forte stanchezza-stress e di calo delle difese immunitarie
  • carenze alimentari ed in particolar modo carenze vitaminiche del gruppo B, (es. sindrome di BERI BERI)
  • aumento delle tossine, per via esterna (nel caso siano ingerite o inalate) o interna nel caso di catabolismi ad impatto sistemico
  • intossicazioni dai farmaci stessi se utilizzati in maniera impropria per quantità, nelle dosi e nel tempo di somministrazione
  • alterazioni epatiche, che comportano sia la riduzione di metabolizzazione di alcuni alimenti innescando una carenza di tipo alimentare e sia per l’aumento delle tossine circolanti
  • alcolismo
  • malattie autoimmunitarie (es. sindrome di GUILLAN BARRE’)
  • alcune condizioni specifiche oncologiche.

Tutte queste cause scatenanti ci dimostrano che le nevriti possono essere si una condizione di sofferenza ma anche una condizione di allarme per indagare sulle eziologie di partenza più disparate.

La diagnosi

Per diagnosticare la causa precisa della nevrite si ricorre ad una buona raccolta di dati anamnestici che ci aiuteranno ad avvicinarci alla diagnosi esatta.

Gli esami clinici saranno opportuni per escludere le varie possibili concause inerenti la patologia effettiva.
Nevrite_06Le indagini strumentali associate sono di vario tipo:

  • elettromiografia ed elettroneurografia che studiano la funzionalità della conduzione nervosa, ovvero la qualità con la quale il nervo trasmette il suo segnale elettrico, sia rispetto al muscolo innervato e sia rispetto al nervo stesso
  • rx, radiografie per vedere lo stato anatomico della struttura interessata e valutare se sia libera da calcificazioni, processi di riparazione, escrescenze ossee (esostosi), ovvero tutte quelle alterazioni di forma che potrebbero perturbare il passaggio e lo scorrimento del nervo infiammato
  • rm, risonanza magnetica e tc, tomografia computerizzata per poter analizzare il segmento di interesse rispetto anche ai tessuti molli, muscoli, legamenti capsule articolari, ossa, calcificazioni e neoformazioni di interesse per lo studio e la focalizzazione della causa scatenate la nevrite
  • ecografia nel qual caso si sia sufficientemente e ragionevolmente certi che la causa sia scatenata da un’alterazione dei tessuti molli negli spazi di presenza e di scorrimento del nervo coinvolto nella patologia
  • analisi del sangue che attestino lo stato di intossicazione o la carenza di alcuni elementi necessari al corretto mantenimento vitale delle strutture nervose

La cura

La terapia varia in base alla ricerca riscontrata sulla causa di attivazione della nevrite in atto.

Nevrite_07La cura per essere efficace deve eliminare o minimizzare il fattore di innesco della patologia, pertanto si potrà agire in maniera meccanica li dove la causa sia dovuta a un mal posizionamento di strutture osteoarticolari, oppure dove i tessuti molli (muscoli, tendini, legamenti, capsule articolari) per un loro mutamento morfologico, siano restringenti e costringenti il passaggio e la sede del nervo interessato.

Nevrite_08Dove invece l’alterazione anatomica non sia manipolabile con terapie conservative, si può intervenire con la chirurgia ricreando un ambiente favorevole all’alloggiamento del nervo stesso.

Possono essere usate cure farmacologiche che mirano a ridurre l’infiammazione e a regolare la soglia del dolore per via di antinfiammatori e antidolorifici.
Nelle patologie ad innesco virale, nello stadio precoce, possono essere utilizzati farmaci antivirali con buoni risultati, consentendo il decorso decrescente della sintomatologia in maniera più efficace.

Quando la nevrite è data da un tilt del sistema immunitario, il cortisone e in alcuni casi eclatanti, gli immunosoppressori, possono essere considerati efficaci per tenere a bada la patologia.

Nel caso di alcolismo e di intossicazione sistemico dell’organismo, la causa va rimossa in maniera diretta eliminando i fattori di intossicazione, liberando il fisico dalle tossine dannose per caratteristiche e quantità.

Nevrite_09Per carenze alimentari con sottolivellamento vitaminico del gruppo B è buona norma controllare lo stato di attività epatica e integrare con l’alimentazione i fattori mancanti, dove ne sia necessario si può intervenire con integratori ad assunzione diretta.

Nel caso in cui le varie cure siano inefficaci, si può ricorrere all’uso della terapia del dolore utilizzando cocktail farmacologici sotto stretto controllo medico, in grado da minimizzare la sintomatologia di cui il paziente soffre, ma tenendo conto che in questo modo il corpo umano riduce la capacità di allerta attivata proprio dal messaggio nocicettivo.

In conclusione la nevrite è una patologia delicata e invalidante ma che fortunatamente ha talmente tante variabili di causa-effetto, che vede varie soluzioni nella cassetta degli attrezzi dello specialista, tanto da poter permettere, con buona percentuale, una cura efficace e stabile.

Cellule del pancreas riprogrammate contro il diabete

Non è mai troppo tardi per cambiare vita e imparare un nuovo mestiere, anche per le cellule del pancreas.

Sono le cellule che normalmente non producono insulina, infatti, possono essere riprogrammate per farlo, in maniera da rimpiazzare le cellule colpite dal diabete.

Lo dimostra l’esperimento pubblicato sulla rivista Nature dai ricercatori dell’Università svizzera di Ginevra: in una prima assoluta, sono riusciti a convertire cellule pancreatiche umane in ‘fabbriche’ di insulina che, trapiantate nei topi, hanno tenuto a bada il diabete per sei mesi.

“Le cellule umane sono state molto efficienti, i topi non hanno più mostrato i segni della malattia”, afferma il coordinatore dello studio, Pedro Herrera.

Il suo gruppo ha ottenuto questo risultato usando cellule pancreatiche umane di tipo alfa e gamma (che normalmente non producono insulina come fanno invece le cellule di tipo beta): prelevate da donatori sani e diabetici, le cellule sono state riprogrammate ‘accendendo’ due geni chiave (Pdx1 e MafA) per la secrezione di insulina.

In seguito sono state raggruppate (formando strutture simili alle isole di Langerhans in cui si sviluppano le cellule beta) e poi sono state impiantate in topi diabetici.

“Come previsto, quando le cellule umane sono state rimosse, i topi sono tornati a essere diabetici”, spiega Herrera.

“Abbiamo ottenuto – aggiunge – lo stesso risultato usando sia cellule da donatori diabetici che da sani e questo dimostra che la loro plasticità non è intaccata dalla malattia.

Inoltre questo funziona nel lungo periodo: sei mesi dopo il trapianto, le cellule modificate e aggregate in isole hanno continuato a secernere insulina umana in risposta ad alti livelli di glucosio”.

“E’ un risultato molto importante che dimostra la potenziale plasticità di cellule pancreatiche umane, non-beta – commenta Livio Luzi, docente di endocrinologia all’Università Statale di Milano

Occorre però molta cautela nel considerare la possibilità che tali risultati siano traslabili all’uomo nel breve-medio termine”.

“Si tratta di un filone di ricerca entusiasmante, attivo da alcuni anni, e che con questa ricerca compie un passo molto importante in vista di un suo potenziale uso nei pazienti diabetici”, commenta il presidente della Società italiana di diabetologia (Sid) Francesco Purrello.

In questi soggetti, sottolinea, “spesso non solo sono carenti le beta cellule, ma aumenta il numero di alfa cellule, il cui prodotto, l’ormone glucagone, esercita un effetto opposto: aumenta la glicemia.

Avere la possibilità di riprogrammare una corretta massa beta e alfa cellulare, è certamente una prospettiva di grande interesse.

Fonte: ANSA