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Cervicobrachialgia

La cervicobrachialgia é una patologia di tipo neurologico/ortopedico che comporta uno stress del plesso nervoso periferico brachiale.

La patologia può portare ad un’infiammazione, un’irritazione, una compressione (spesso si associano tra di loro) delle vie neurologiche, caricando la radice sensitiva, motoria od entrambe.

Il plesso brachiale è una porzione del sistema nervoso periferico che riunisce varie radici nervose, provenienti dal canale vertebrale nella porzione della cervicale medio bassa.

Cervicobrachialgia_02Le radici che formano il plesso brachiale sono C5-6-7-8-T1 e parzialmente C4 e T2, che anastomizzano con le radici di C5 e T1.

Solamente per ricordare: la lettera C sta per indicare cervicale e la T per toracica, il segmento cervicale è formato da 7 vertebre con dischi intervertebrali di interposizione che partono dall’unità vertebrale C2-3 a scendere.

Il plesso brachiale quindi parte dalla cervicale per distendersi sul territorio della spalla, braccio, avambraccio e mano, facendosi carico di trasmettere un messaggio motorio dal centro di comando cerebrale alla periferia e di riportare al comando centrale tutti gli stimoli sensitivi periferici.

Il plesso brachiale si riunisce in tronchi e fasci da cui poi si diramano i vari nervi specifici per territorio e competenza.

Il plesso nervoso di cui stiamo parlando ha delle zone critiche anatomiche di passaggio dove rischia di subire compressione o trazioni irritative che ne minano lo stato di salute.

La cervicobrachialgia può essere a estensione parziale o completa, ovvero si può manifestare in una porzione del territorio che va dalla cervicale, passando per la spalla, fino alla mano oppure, o su tutto il distretto innervato.

Cervicobrachialgia_03Si può presentare una cervicalgia, dolore sulla zona cervicale e limitazione articolare nei movimenti di rotazione, inclinazione laterale e di flessioneestensione.

Si manifestano stati di contrattura muscolare, alle volte anche diffusa e non è raro che il paziente associ sensi di nausea e sbandamenti.

Nel percorso del plesso brachiale che va dalla cervicale, passando per la spalla, per il gomito, fino ad arrivare alla mano, si possono manifestare alterazioni della sensibilità, come formicolii, bruciori, alterazioni della temperatura percepita, e alterazioni della sensibiltà propria, ovvero una diminuzione o un aumento di cosa viene percepito a contatto della nostra pelle.

Si possono presentare alterazioni muscolari, con una perdita di forza, una diminuzione della resistenza, la comparsa di crampi e contratture.

La cervicobrachialgia ha molteplici cause, diverse tra di loro ma con risultatati simili nella sintomatologia e spesso diversi nell’evoluzione.

Cervicobrachialgia_04Vediamole insieme:

  • ernia discale
  • riduzione dei forami di coniugazione
  • riduzione degli spazi intervertebrali
  • artrosi
  • artrite
  • osteofitosi intracanalare
  • stenosi del canale vertebrale
  • alterazioni vascolari arteriose e/o venose
  • restrizione dei punti di passaggio del decorso del plesso brachiale (es. stretto toracico superiore)
  • degenerazione o denervazione del nervo interessato.

Ognuna di queste cause può avere come conseguenze la manifestazione di una neuropatia compressiva, irritativa, congestizia, anossica, su una o più radici del plesso brachiale, tale da far manifestare i sintomi a carico dello porzione motoria, sensitiva o di entrambe, della cervicale e dell’arto superiore.

La ricerca della cura e la prognosi sarà diversa per tempi e per modi a seconda delle cause sopra citate e per questo diventa fondamentale fare una diagnosi accurata e dettagliata sulla patologia e sulla causa che l’ha portata ad esistere.

Cervicobrachialgia_05La diagnosi viene fatta in molteplici sequenze che partono dalla raccolta dati estrapolata dal racconto del paziente, sul manifestarsi della sintomatologia nelle modalità e nei tempi della giornata, sulla nascita della sintomatologia, su tutto quello che può interferire con lo stato di salute e che possa alimentare il malessere in atto.

A questo seguiranno una batteria di test che metteranno in evidenza la condizione della cervicale e del plesso brachiale sia all’uscita del forame di coniugazione che durante il suo tragitto.

Importantissimo è anche lo studio dei riflessi osteotendinei e la valutazione neurologica dello stato di funzionamento muscolare per forza, resistenza, coordinamento e precisione nell’esecuzione.

Cervicobrachialgia_06Alla prima fase di diagnosi é consigliato proseguire con la diagnostica per immagini, che varierà tra una RX cervicale, ad una RM per valutare lo stato anatomico delle strutture discali, radicolari e in generale di tutti i tessuti molli che che vivono nello spazio esaminato dalla RM, oppure ad una TC nel caso si voglia studiare nel dettaglio lo stato osteoarticolare della regione.

Nel caso ci siano delle condizioni particolarmente sfavorevoli all’esame clinico e al diagnostico per immagini, si può rendere necessario proseguire con l’ elettromiografia, capace di valutare lo stato di salute del nervo nell’interazione con la placca motrice e la sua capacità di trasportare il messaggio neurologico.

Spesso il primo approccio a cui si ricorre è quello farmacologico dove sono molte le strade da percorrere.

Cervicobrachialgia_07Si andrà dall’uso di farmaci antinfiammatori non steroidei a quelli steroidei, all’utilizzo associato e non, di farmaci miorilassanti per detendere la muscolatura, all’uso di analgesici e antidolorifici di varie categorie.

Ovviamente l’utilizzo dei farmaci sarà scelto in base alla diagnosi fatta e alla causa individuata nello sviluppo e nel mantenimento della cervicobrachialgia.

La fisioterapia e l’osteopatia hanno un ruolo fondamentale nella cura e nella prevenzione di questa patologia, perché sono in grado di lavorare sull’apertura degli spazi articolari, sulla mobilizzazione delle strutture discali e del sistema nervoso periferico, sulla riduzione di tensione dei punti critici nel passaggio del plesso brachiale, nella capacità di drenare le zone di edema venose e linfatiche che possono aumentare in maniera patologica lo stato di tensione tessutale e articolare, sulla ricerca di mobilità dei fulcri sinergici con il segmento cervicale nel movimento combinato dei 3 piani dello spazio, nella ricerca del miglior assetto posturale statico e dinamico della persona.

Cervicobrachialgia_08Inoltre la fisioterapia e l’osteopatia sono in grado di gestire la salute del paziente con la prevenzione e la gestione dell’anatomia e della fisiologia prima che sviluppi la patologia cervicobrachialgica e l’esplosione della sua sintomatologia.

Nei casi severi dove il danno anatomico e la sua alterazione è talmente grave da non rispondere a cure farmacologiche, a interventi fisioterapici o/e osteopatici, nel momento in cui anche l’esame elettromiografico metta in risalto un danno neurologico rilevante, in quel caso si può ricorrere alla chirurgia, andando a rimuovere la causa e tutelando il segmento vertebrale dall’evoluzione della patologia.

Ovviamente un intervento chirurgico non si fa mai a cuor leggero, ma in alcuni casi è l’unica strada percorribile per ritrovare una buona salute.

La cervicobrachialgia è subdola nella sua evoluzione e aggressiva nella manifestazione della sintomatologia, ha un tempo di guarigione non sempre immediato e può condizionare la vita sociale, lavorativa, affettiva del paziente, ma con la dovuta attenzione nel fare diagnosi, con la precisione nella ricerca della causa, con il giusto programma terapeutico, si riesce a recuperare un’ottima condizione di salute e a prevenirne le ricadute.

Fratture da stress

La frattura da stress è una lesione parziale o totale della struttura ossea, che subisce la perdita di contiguità prima dell’astuccio periostale esterno per poi avanzare nello stato profondo.

Fratture_stress_01Come potrete intuire le fratture non sono tutte uguali, si distinguono per essere parziali o totali, per il tipo di andamento della rima fratturativa e per le posizioni dei loro monconi.

Riassumendo, possiamo avere fratture di tipo:

  • compressivo
  • obliquo
  • a spirale
  • trasversale
  • longitudinale
  • ingranate
  • composte
  • scomposte

Esistono anche le fratture da scoppio ma sono solamente di origine traumatico.

La frattura da stress non si manifesta per traumi diretti violenti, ma compare in maniera subdola nel tempo, dando avvisaglie che inizialmente potrebbero essere ignorate o poco considerate.

Fratture_stress_02Nonostante la causa scatenante sia ben diversa da quello di un evento traumatico diretto, alla comparsa della frattura si avrà un andamento patologico parallelo alla frattura classica.

Cause

Le cause sono dovute a sollecitazioni ripetute sulla stessa area di tessuto osseo, che vedrà da prima la modificazione della consistenza della porzione periostale, la quale si addenserà creando un orletto sclerotico, per poi degenerare e perdere di resistenza ed elasticità fino all’evoluzione fratturativa.

La sclerotizzazione ossea è una reazione del tessuto che vede l’aumento di densità della porzione esterna, la possiamo considerare come un tentativo naturale del corpo di resistere alle maggiori sollecitazioni, ma all’aumentare della densità si manifesta una conseguente diminuzione di elasticità.

L’elasticità dell’osso è fondamentale per poter resistere alle forze di trazione, compressione e torsione, per cui la sua riduzione, predispone alla frattura dell’osso stesso.

Fratture_stress_03Altra causa da non sottovalutare è l’osteoporosi, che al contrario della modificazione dell’astuccio esterno, vede la diradazione delle strutture architettoniche ossee interne per la perdita di materiale cellulare.

I microtraumi sono un’altro capitolo eziologico delle fratture da stress, per cui una ripetizione di shock sulla stessa porzione ossea, causate da vibrazioni, compressioni, torsioni, trazioni, subite in maniera costante o esponenziale, arrivano a danneggiare la struttura fino a causarne la frattura.

Quindi la patologia che vi sto illustrando può essere causata da attività sportive, lavorative, attività di vita quotidiane, indumenti obbligati come ad esempio calzature, imbraghi e quant’altro di costrittivo che solleciti il tessuto osseo e osteo-articolare in maniera continuata e ripetuta nel tempo e nell’intensità.

Fratture_stress_04Sintomi

La sintomatologia ha varie fasi evolutive, cambiano a seconda dello stato di coinvolgimento dell’osso; inizialmente il dolore compare come un grido di disagio quando le sollecitazioni a cui è sottoposto arrivano a stimolare la nocicezione, la quale però sparisce nei momenti seguenti allo stop degli impulsi.

Nell’evolvere della patologia, il dolore si manifesta sia prima che dopo le attività sollecitative, si esacerba nel subire gli imput patologici, ma ancora beneficia del riposo e dello scarico del peso e delle forze compressive, con una diminuzione della sintomatologia.

Nella fase più avanzata il dolore compare sempre, si esaspera nel momento dell’attivazione sollecitativa, a riposo diminuisce ma non sparisce mai del tutto, qualunque cosa entri in contatto o in contrasto con la struttura ossea è causa di un acuto nocicettivo.

Nel momento in cui l’osso arriva alla frattura, abbiamo un dolore persistente sempre, un’impotenza funzionale anche nei movimenti banali e minimi, un gonfiore associato ma senza edema, il riposo non genera benefici se non minimi e momentanei.

Diagnosi

La diagnosi preventiva si fa con l’esame clinico dove già la raccolta dei dati sull’instaurasi della patologia e sulla sua evoluzione, ci può indirizzare verso la condizione di predisposizione alla frattura da stress.

Chiaramente andrà valutata la storia di traumi diretti contusivi mal curati.

Fratture_stress_05L’esame palpatorio è fondamentale perchè la pressione sulla zona interessata può attivare un dolore acuto che si ripropone ai test clinici biomeccanici o alle sollecitazione richieste al paziente in situazione di carico a catena cinetica chiusa.

L’esame radiografico mostra un rimaneggiamento osseo e una sclerotizzazione periostale.

Nel diagnosticare un’effettiva frattura da stress il dolore alla palpazione sarà acuto e più facile da ricercare, ci sarà la presenza di un gonfiore perilocale ma senza segni di edema vascolare associato, si potranno avvertire dei crepitii e una deformazione del profilo osseo, i movimenti saranno limitati e dolenti anche con l’arto in scarico e decompresso.

Fratture_stress_06L’ RX la fa da padrona e individua un’interruzione parziale del periostio quando è presente una frattura subtotale, mentre si vedrà un’ interruzione a tutto spessore nel caso la sezione ossea sia coinvolta nella sua interezza.

L’esame TC, capace di studiare minuziosamente l’osso, può essere richiesto nel momento ci sia una diagnosi dubbia e il paziente abbia un’impotenza funzionale importante per dolore e movimento.

Cura e prevenzione

La cura della frattura da stress è relativamente semplice, bisogna immobilizzare il segmento osseo fratturato in relazione ai monconi liberi e alle strutture articolari che potrebbero farli muovere.

L’immobilità va mantenuta in base al tipo di osso, alla sua vascolarizzazione, all’età del paziente, e allo stato biologico del tessuto.

In alcuni casi il paziente potrà necessitare di intervento chirurgico per tenere uniti i segmenti fratturati che subiscono una deviazione di asse per le interazioni con le masse muscolari o per i carichi di linee di forza.

La guarigione verrà stabilità dal controllo radiografico che deve mostrare un processo di riparazione e di unione delle linee di frattura; quando sarà avvenuta si procederà a recuperare il movimento articolare e a togliere i compensi formatisi antecedentemente per sfuggire al dolore.

Fratture_stress_07Ovviamente il trattamento è previsto e consigliato anche negli step pre-frattura dove è possibile far regredire la patologia:

  • riducendo al minimo gli imput patologici locali
  • aumentando il tono-trofismo muscolare
  • creando delle dinamiche meccaniche di compenso e fuga dalle sollecitazioni quotidiane quasi obbligate
  • migliorando il metabolismo cellulare
  • gestendo il riposo e l’attività
  • diversificando nella giornata i carichi e le sollecitazioni a cui siamo obbligati.

Prevenire le fratture da stress si può se si individuano e si eliminano, o almeno riducono, le cause estrinseche delle sollecitazioni e delle tensioni che possono scaricarsi sulle porzioni ossee.

Ci si può aiutare con ausili che attenuano i sovraccarichi come plantari, tutori, protesi esterne in silicone.

Fratture_stress_08Vanno contrastate le forze di tensione e di carico, rinforzando parametri preventivi come:

  • l’allungamento delle masse muscolari e delle loro inserzioni tendinee
  • la decompressioni delle zone articolari e quindi delle porzioni ossee prearticolari ed articolari
  • la ricerca delle ottimali linee posturali per migliorare lo scarico delle linee di forza.

Può essere utile integrare nell’alimentazioni minerali e vitamine capaci di rinforzare il metabolismo osseo.

Lo studio radiografico diventa fondamentale per valutare la formazione di orletti sclerotici periostali e la rarefazione ossea trabecolare, tutti segni che predispongono ad un step fratturativo seguente.

Le fratture da stress possono essere previste e prevenute, basta solo ascoltare il nostro corpo, prestargli attenzione e farsi aiutare da uno specialista.

Stenosi del canale vertebrale

Stenosi_canale_vertebrale_01Il canale vertebrale è da immaginare come un astuccio contenete il midollo vertebrale per gran parte della sua estensione (fino alla 2° vertebra lombare) e per la restante porzione è occupato dalla cauda equina, ovvero da filamenti nervosi che si diramano dal midollo fino all’uscita di una parte dei forami di coniugazione vertebrali lombari e dai forami sacrali.

La colonna vertebrale, ovvero l’astuccio di cui sopra vi ho accennato, è composta dalla giunzione articolata di 7 vertebre cervicali, 12 vertebre toraciche, 5  e 5 vertebre sacrali (queste ultime sono fuse tra di loro) per un totale di 29 vertebre. Le vertebre coccigee, in questa patologia, non sono considerate perché non contengono nel loro interno strutture neurologiche.

Stenosi_canale_vertebrale_02

Per stenosi del canale midollare si intende una patologia generata dalla restrizione del canale midollare e quindi dell’astuccio, che invece che contenere matite, penne e temperini, ospita una struttura nobile quale il midollo spinale, importantissima per la vita.

Il midollo spinale ha il compito di portare messaggi dal cervello alla periferia di tipo motorio e dalla periferia al cervello di tipo sensitivo, inoltre è parzialmente il responsabile della qualità del coordinamento motorio, della regolazione e gestione delle articolazioni a livello propriocettivo e non per ultimo, ha delle porzioni deputate alla funzione neurovegetativa di tipo ortosimpatico, ovvero alla gestione autonoma di alcune funzioni vitali del corpo umano.

Il restringimento del canale vertebrale può manifestarsi a qualunque livello, ovviamente più il problema si manifesterà in alto sulla scala vertebrale e più il territorio sofferente sarò vasto. A questo punto cerchiamo di capirne le cause!

Cause

Sono molteplici e di varia natura, più o meno importanti, ma con la possibilità per ognuna di creare una perturbazione delle vie di comunicazione neurologiche:

  • Stenosi_canale_vertebrale_03alterazioni artrosiche rilevanti delle articolazioni intervertebrali
  • formazione di osteofiti interni al canale vertebrale
  • ernie discali dure, disidratate e rigide
  • spondilolistesi ( anteriore o posteriore)
  • fibrotizzazione dei legamenti gialli (strutture legamentose intra canalari di copertura e giunzione con soluzione di continuità tra vertebre contigue)
  • malformazioni di tipo traumatiche
  • formazioni cistiche
  • patologie infettive vertebrali (spondilodisciti) soprattutto nelle sue conseguenze post acuzia
  • malformazioni di tipo congenite e tumorali (non tratteremo queste due condizioni nell’articolo perché andrebbero approfondite con calma e precisione)

Avere una formazione, di qualunque natura essa sia, all’interno del canale vertebrale, a contatto con il midollo spinale o con la cauda equina, riduce l’afflusso di informazioni in entrata e in uscita e in più con il trascorrere del tempo può portare ad una degenerazione compressiva e anossicacongestizia, del sistema neurologico locale.

Stenosi_canale_vertebrale_04A seconda della natura della stenosi midollare, l’età di insorgenza varia di gran lunga, se fosse dovuta ad un’ernia discale potrebbe manifestarsi precocemente rispetto ad una di origine artrosica dove l’età di sviluppo sarebbe avanti rispetto alla media.

In caso di spondilolistesi il fattore anagrafico incide relativamente, perché quello che risulta determinante è lo stato di gravità dello scivolamento vertebrale; in merito, una mia giovane paziente (12 anni), ha avuto una stenosi del canale midollare conseguente ad una spondilolistesi grave.

Sintomi

Vediamo i sintomi come si manifestano.

Il restringimento del canale midollare non porta sempre dei disturbi neurologici, semplicemente per il fatto che il midollo ha dello spazio di margine grazie al liquido cerebro spinale che lo circonda e lo protegge.

Stenosi_canale_vertebrale_05Il problema sorge quando la riduzione della sezione canalare diventa così importante da annullare gli spazi e i cuscinetti naturali che proteggono il sistema neurologico midollare.

Si possono presentare:

  • disturbi della sensibilità
  • disturbi della motricità
  • riduzione della forza e della resistenza
  • crampi muscolari
  • stanchezza
  • dolori localizzati sulla zona vertebrale
  • mielopatie compressive
  • modificazione della postura che tenderà a spostarsi in avanti
  • riduzione dell’autonomia nei tempi di esecuzione
  • deficit viscerali

Nella stenosi del canale midollare la sintomatologia non è costante ma si acuisce o diminuisce a seconda della postura che il soggetto adotta.

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La postura eretta o in iperestensione porta il canale midollare a restringersi e a diminuire il proprio diametro interno, mentre la postura in semiflessione ottiene un aumento di volume dello spazio interno, il tutto è dovuto alla mobilità vertebrale che ne permette la modificazione sia meccanica che anatomica negli spazi di giunzione.

Questo spiega perché i pazienti affetti da stenosi del canale midollare, all’aumento sintomatologico, hanno bisogno di piegarsi in avanti o di sedersi portando il busto in semiflessione, riducendo in maniera diretta la manifestazione dei sintomi.

Diagnosi

La diagnosi viene guidata dalla sintomatologia del paziente e viene strutturata dall’esame clinico dello specialista che valuterà i riflessi osteotendinei, la forza muscolare, la sensibilità, la resistenza e l’insorgenza del dolore provocato.

A questo è fondamentale aggiungere la diagnostica per immagini che vede la risonanza magnetica in grado di studiare la componete stenotica di tipo molle, ernia discale, fibrotizzazione dei legamenti gialli, la presenza di spondilolistesi, la formazione di cisti radicolari o midollari ed inoltre permetterà d intuire la degenerazione artrosica o la formazione di osteofiti.

Stenosi_canale_vertebrale_07L’esame TC permette di studiare nel dettaglio la conformazione ossea interagente con il contenuto del canale vertebrale e l’eventuale presenza di formazioni solide, ad esempio osteofiti ed esostosi.

Cura

La cura vede varie modalità di intervento ma chiaramente il tutto si basa sulla tempestività della diagnosi o dall’avanzamento della patologia e dallo stato di salute del midollo spinale.

Generalmente a livello farmacologico si utilizzano antinfiammatori, associati ad analgesici, per ridurre lo stato infiammatorio legato alla compressioni intramidollare.

La fisioterapia e l’osteopatia diventano fondamentali nel recuperare e nel mantenere la maggior mobilità vertebrale sul segmento o sui segmenti evidenziati dall’insorgenza della patologia, riducendo le zone di pressione toraco-addominali, migliorando la circolazione del liquido cerebrospinale e aumentando la mobilità di scorrimento del midollo insieme alle sue radici all’interno dell’astuccio vertebrale.

Se la patologia è sviluppata dalla presenza di alterazioni dei tessuti molli o dicali si può ridurre il loro ipertrofismo e il volume.

Stenosi_canale_vertebrale_08Quando la stenosi è di tipo duro ovvero da ernie discali calcificate, osteofiti, esostosi o ipertrofia artrosica delle faccette articolari, sarà necessario il consulto neurchirurgico per capire il margine eventuale di migliorabilità o la necessità di intervenire chirurgicamente andando ad aprire lo spazio canalare midollare.

Nel caso di spondilolistesi la strategia di approccio varie in base al grado in essere delle scivolamento vertebrale.

Nei casi gravi sarà necessario intervenire chirurgicamente stabilizzando la vertebra slittata, ancorandola con mezzi di sintesi.

La stenosi midollare è una patologia importante e delicata, non dobbiamo spaventarci, abbiamo tutte le carte per poterla prevenire e curare, bisogna essere però attenti ai sintomi e rivolgersi tempestivamente allo specialista di vostra fiducia.

Pubalgia

La pubalgia è un’affezione dolorosa che si estende nella zona pubica, con irradiazioni differenti per posizione ed estensione del territorio coinvolto.

Pubalgia_01La differente posizione della sintomatologia è ricollegabile in parte alla causa e in parte alla modalità con cui si instaura la pubalgia.

Cause

Della manifestazione sintomatologica ne parlerò a breve, prima cerchiamo di capire quali sono le cause scatenanti:

  • microtraumi ripetuti
  • sforzi eccessivi
  • alterazione dei piani articolari della sinfisi pubica e del bacino rispetto agli assi di movimento delle articolazioni coxo-femorali e delle vertebre dorso-lombari
  • cambiamento di tensione dei muscoli adduttori per l’arto inferiore e dei muscoli della parete addominale per il busto
  • alterazione degli equilibri tra catene muscolari agoniste e antagoniste
  • cambio di tensione del tessuto fasciale di contenimento, di giunzione e di contiguità
  • dismetabolismi
  • nevriti
  • ptosi viscerale
  • modificazione della meccanica respiratoria
  • alterazione tensiva del pavimento pelvico.

Pubalgia_02Tutti questi cambiamenti, che come potete intuire, possono essere di natura e di relazione differente, daranno uno sviluppo potenziale della pubalgia.

La mappa del dolore si presenterà maggiormente nella zona inguinale e nel punto di giunzione pubico, mentre l’irradiazione potrà estendersi dalla porzione mediale del femore, all’angolo interno della radice della coscia, fino ad interessare la porzione del pavimento pelvico nella zona anteriore dell’emilato colpito dalla pubalgia, oppure la parta bassa dell’addome nella zona sovra pubica dove si inseriscono i retti addominali.

Pubalgia_03La manifestazione della sintomatologia può assumere delle sfumature differenti a seconda della causa riscontrata in acuto o nel cronico.

Il dolore può manifestarsi la mattina al risveglio, oppure riprendendo il movimento dopo aver mantenuto la stessa postura per parecchie ore, generalmente passa nel giro di pochi minuti per poi rimanere soffuso ma costante.

Può esacerbarsi dopo attività fisica prolungata.

Si fa sentire dopo sforzi repentini e violenti.

La pubalgia si manifesta oltre che con il dolore anche con la perdita di funzionalità, pertanto il paziente avrà una riduzione della mobilità d’anca soprattutto nell’apertura, ovvero nel movimento laterale, nell’estensione e nelle rotazioni.

Nei casi più gravi anche il camminare può creare fastidio, tanto da costringere il soggetto ad accorciare la falcata e a trasferire il peso maggiormente sull’arto controlaterale.

Potrebbe diventare fastidioso persino tossire o defecare con sforzo.

Diagnosi

Non è difficile fare una diagnosi di pubalgia per mezzo dell’esame clinico, quello che risulta complesso è capire il tipo di pubalgia e la causa primaria che la innesca.

Nella diagnosi quindi diventa fondamentale la raccolta dati nell’intervista al paziente, in modo da carpirne il momento e la modalità di insorgenza del dolore pubico, la manifestazione nella quotidianità e negli eccessi, per poi riscontrare con l’esame clinico, il parallellismo dei dolori evocati e delle limitazioni articolari, tramite l’utilizzo di test specifici.

Pubalgia_04Le indagini diagnostiche sono fondamentali e particolarmente utili risultano la radiografie del bacino e l’ecografia del pacchetto muscolare nella zona di inserzione pubica.

È molto utile anche la RM che indaga la porzione dell’anca e del bacino, ma se utilizzata come esame unico di diagnosi, si rischia di perdere la qualità visiva della struttura ossea pubica.

Nella diagnostica per immagini è importante visualizzare l’eventuale presenza di alterazioni anatomiche inerenti la sinfisi pubica, la muscolatura adduttoria, le porzioni tendinee, le articolazioni sacro iliache, la testa del femore e le strutture vertebrali lombari.

A livello muscolare va indagato se ci sia infiammazione, fibrosità, lesioni parcellari e fissurazioni, nel punto di aggancio osteo-tendineo o muscolo-tendineo o sul profilo tessutale non di giunzione.

Cura

Stabilita la causa e l’entità della pubalgia si potrà mettere in atto il piano terapeutico.

Pubalgia_05Sia in fase acuta che cronica, è necessario un periodo di riposo sufficiente a supportare le cure per il ripristino della guarigione.

Farmacologicamente si utilizzeranno prevalentemente antinfiammatori non sterioidei per spegnere l’infiammazione.

Non sono pochi i casi dove ci si aiuta con le infiltrazioni perilocali di ozono terapia, supportando il meccanismo chimico antinfiammatorio.

Pubalgia_06Fondamentale è l’utilizzo di fisioterapia con terapie strumentali mirate a scemare l’infiammazione e a migliorare il trofismo cellulare.

A seconda delle cause associate alla pubalgia, si potrà impostare il lavoro su:

  • mobilizzazione articolare per recuperare i gradi di movimento persi
  • allungamento delle catene muscolari
  • ottimizzazione del trofismo muscolare
  • inibizione muscolare con aumento del tono basale.

L’osteopatia ha un ruolo diretto nel recupero articolare inerente a:

  • sinfisi pubica e il suo centraggio in relazione all’anca
  • articolazioni sacro iliache
  • vertebre lombari
  • segmento vertebrale dorsale
  • sterno

Ha il compito migliorare la mobilità viscerale con rapporto diretto rispetto al grande e piccolo bacino, di riequilibrare la tensione del pavimento pelvico, di migliorare il tessuto fasciale di collegamento e di sostegno.

Inoltre, quello di dinamicizzare il circolo vascolare / linfatico della zona inerente alla pubalgia e di togliere le perturbazioni neurologiche periferiche che possano alterare le vie sensitive e motorie della muscolatura coinvolta nella patologia.

La pubalgia è una patologia che altera la nostra attività quotidiana e la vita sportiva.

Può risultare lunga nel suo percorso di guarigione, ma se capita e diagnosticata nella maniera corretta, guarirà con risultati eccellenti e certi.

 

Lombosciatalgia

La lombosciatalgia è un’ affezione dolorosa che prende il nervo sciatico causando una nevrite che si irradia sul territorio specifico dell’arto inferiore.

Lombosciatalgia_01Il nervo sciatico è un nervo formato da varie radici nervose del midollo spinale, più precisamente dalla cauda equina e fuoriescono dalla colonna vertebrale tramite i forami di coniugazione.

I forami di coniugazione si creano dall’unione di due vertebre creando uno spazio dove il nervo può passare per poi dislocarsi lungo il corpo umano.

Lo sciatico è formato da ben 5 radici nervose L4-5-S1-2-3, dove L ed S stanno ad indicare i segmenti lombari e sacrali, pertanto 2 radici escono dalla zona lombare e 3 dalla zona sacrale.

Ogni radice ha un territorio specifico dove porterà sensibilità e motricità, partendo dalla zona lombare o sacrale, passando per la zona glutea, scendendo sulla coscia e sulla gamba, fino ad arrivare al piede.

Un attacco acuto sciatalgico può essere molto doloroso manifestandosi con alterazioni della sensibilità, riduzione della forza specifica e alterazione dei riflessi osteo-tendinei, inoltre può causare una difesa antalgica portando la colonna e l’arto inferiore a creare degli schemi di compensi totalmente alterati, che assoceranno uno stato di contrattura resistente alla risoluzione autonoma.

Lombosciatalgia_01Come ho già accennato prima, il territorio di sviluppo patologico è esteso e ben distinto, ma spesso viene confuso nella diagnosi, con patologie di tipo vertebrale che danno una manifestazione similare ma che si estendono con un irradiazione molto più breve, colpendo ad esempio solamente il gluteo o la coscia spesso nella porzione posteriore.

In questo caso diventa sbagliato parlare di sciatalgia e le cure che verranno applicate nel piano terapeutico sciatalgico potranno risultare inefficaci.

Diventa fondamentale essere precisi nel diagnosticare la sciatalgia vera e ancora più importante capire quale sia la radice coinvolta e la causa che la innesca.

Vediamo di capire quali siano le possibili cause della lombosciatalgia.

Lombosciatalgia_03Comunemente si associa questa patologia ad un’ernia discale, nel momento in cui il nucleo erniato va a comprimere la radice nervosa inducendone un’irritazione e un’ infiammazione.

Sarebbe però riduttivo accusare l’ernia del disco come unico evento scatenante e allora vediamo di fare chiarezza su ogni possibile causa:

  • schiacciamento vertebrale con riduzione di altezza dei forami di coniugazione
  • chiusura dei forami di coniugazione dato da un’inclinazione atipica del segmento vertebrale
  • edema con aumento della pressione all’interno del forame di coniugazione
  • Lombosciatalgia_04ipossia o anossia per riduzione della portata arteriosa inerente alla radice nervosa
  • osteofita canalare, ovvero un’escrescenza ossea a livello articolare che si espande verso la radice nervosa irritandola
  • batterico o virale

Omettiamo tutte le cause traumatiche fratturative o tumorali perché meriterebbero un articolo a se spiegandone la complessità.

Le cause sopra elencate possono essere cumulabili in discali, meccaniche, vascolari e infettivobatteriche; sono tutte diverse tra di loro ma danno come risultato finale la stessa sintomatologia dolorosa e di impotenza funzionale.

Lombosciatalgia_05È chiaro che a seconda della categoria della causa scatenante, sarà diverso il piano terapeutico e il tempo di recupero per tornare ad uno stato di salute effettivo ed efficiente.

Capite da voi quanto sia importante essere precisi nella diagnosi.

Sbagliare diagnosi potrebbe mettere in ulteriore difficoltà il paziente che vive l’affezione patologica.

E allora come si fa ad essere precisi nel dare il giusto nome e cognome al fattore scatenante la lombosciatalgia?

Si inizia come sempre con una raccolta dati e quindi un’anamnesi, che vada a centrare i sintomi del paziente rispetto a quello che potrebbero causarli, si indaga ogni possibile perturbazione presente e passata che possano aver influenzato lo stato di salute del soggetto e non per ultimo si cercano di escludere le possibili diagnosi differenziali che per similitudine sintomatologica ci potrebbero portare fuori strada.

Lombosciatalgia_06Nell’utilizzo della diagnostica per immagini o di quella strumentale, è fondamentale l’utilizzo di RM lombo-sacrale, per studiare lo stato anatomico delle strutture discali e radicolari, sia nel passaggio del canale midollare e sia in quello del forame di coniugazione.

Nel caso di alterazioni osteoarticolari, che possano essere di tipo osteofitico, da alterazione morfologica della vertebra, oppure da stenosi dura, l’esame più appropriato risulta essere la TC che ha la capacità di studiare in maniera eccellente il tessuto osseo e calcifico nei sui più intimi particolari.

In caso di infezioni come fonte della sciatalgia, può essere necessario ricorrere ad esami di laboratorio per studiarne la presenza nel sangue.

In circostanze sciatalgiche tanto acute quanto croniche, con importanti manifestazioni motorie, può essere necessario lo studio della conduzione nervosa rispetto alla placca motrice e quindi lo stato di salute del nervo stesso e la sua efficienza, utilizzando l’esame elettromiografico; non è raro riscontrarne una sofferenza o addirittura una denervazione.

La sciatalgia può regredire in maniera totale e le strade da percorrere sono molteplici:

La farmacologia vede l’impegno di antinfiammatori non steroidei o cortisonici, sia in maniera singola e sia associati a miorilassanti, in maniera da ottenere tanto la riduzione dell’infiammazione quanto del tono muscolare e delle contratture antalgiche.

Si possono utilizzare anche farmaci antidolorifici nel caso il dolore sia talmente acuto da non riuscire a rompere il ciclo di rinforzo dell’ipertono locale muscolare.

L’ozono terapia applicata localmente, può ridurre la componete infiammatoria in maniera naturale, andando a riequilibrare il PH perturbato dal processo infiammatorio e attenuando la sintomatologia.

La fisioterapia gioca un ruolo fondamentale nella riduzione del dolore e nella mobilizzazione del nervo nei suoi punti critici di passaggio, mobilizzandolo e ricercando lo spazio di scorrimento adeguato per alleviarne l’ irritazione .

Ha la capacità di drenare il tessuto vascolare venoso, nel caso sia lui il responsabile dell’aumento della pressione nella zona del passaggio del forame di coniugazione.

Riduce lo stato di tensione muscolare e risolve le contratture muscolari.

Riequilibra le catene muscolari cercando la migliore sinergia tra gruppi anteriori e posteriori riportandole ad un rapporto di sinergia.

Lombosciatalgia_08L’osteopatia mette in libertà le strutture articolari bloccate, liberando i forami di coniugazione da restrizioni che, se mantenute, avrebbero solamente rinforzato lo stato patologico.

Toglie trazione alla radice nervosa agendo sulla mobilizzazione del tubo neurale.

Diminuisce le zone di tensione addominale agendo sulle pressioni e sulle aree muscolari inerenti.

Influenza il tessuto connettivo di sostegno del nervo sciatico lungo tutto il suo percorso, disimbrigliandolo e dandogli modo di poter lavorare senza resistenze.

Migliora il drenaggio dei cataboliti infiammatori, agendo sul sistema viscerale, in particolar modo sugli organi emuntori per espellerne le tossine.

Lombosciatalgia_09Nel caso la sciatalgia di natura discale erniaria, resistente ad ogni tipo di trattamento per grandezza o posizione, si può intervenire con la chirurgia eliminando il tessuto che comprime la radice nervosa, ripulendo la zona da eventuali aderenze create dal nucleo discale espulso, decongestionando la radice nervosa.

Va ricordato che un intervento chirurgico di ernia del disco, elimina la causa ma non modifica lo stato degenerativo in essere del segmento vertebrale, pertanto sarà necessario prendersi cura della propria colonna in maniera costante con esercizi mirati, fisioterapia e osteopatia preventiva.

Vogliamoci bene, prendiamoci cura della nostra schiena!

Asma

asma_01L’asma è una patologia cronica ostruttiva reversibile delle vie aeree.

I bronchi sono soggetti ad una infiammazione cronica e parallelamente la loro muscolatura liscia (governata dal sistema nervoso autonomo) va in contrazione.

asma_02Queste due condizioni provocano:

  • una iperattività bronchiale
  • un aumento di liquido interstiziale (edema)
  • una produzione eccessiva di muco
  • una riduzione del passaggio del flusso d’aria.

L’asma mantiene un’attività patologica di base ma con un’alternanza di fasi che la vede in alcuni momenti asintomatica e in altri acuta.

asma_03Le via aeree sono simili ai rami di un albero, dove il tronco è la trachea e la chioma sono i polmoni.

Trachea – bronchi principali – bronchi lobari – bronchioli – alveoli polmonari.

Tutto il sistema respiratorio che va dai bronchi agli alveoli è contenuto all’interno dei polmoni.

Gli alveoli sono il punto di interscambio tra il sangue e l’aria, qui il sangue viene liberato dall’anidride carbonica e ricaricato di ossigeno.

asma_04Il paziente asmatico sintomatico ha queste caratteristiche:

  • difficoltà nel respirare, può passare da una condizione di fame d’aria all’incapacità di respirare
  • il respiro è sibilante, si avverte un fischio sia in fase inspiratoria quanto in fase espiratoria
  • senso di affanno e di oppressione toracica
  • tosse stizzosa persistente

asma_05La sintomatologia ha varie sfumature di intensità e di aggressività, pertanto nelle fasi iniziali di insorgenza della malattia, non sempre ci si rende conto di quanto stia accadendo e non sempre il soggetto si preoccupa al punto da farsi visitare.

Il campanello d’allarme va ascoltato quando i sintomi si manifestano anche in maniera lieve, sia che si scatenino in gruppo e sia che si presentino singolarmente, con frequenza multipla mensile e soprattutto deve far riflettere il caso ove rispondano ai farmaci antiasmatici.

La patologia in questione è subdola perché rischia di creare un danno sommatorio ogniqualvolta si acutizza e non si riesce a sopirla in tempi rapidi, in quanto la diminuzione di ossigenazione crea problemi ai tessuti e in più rischia di danneggiare gli alveoli in maniera diretta.

Le cause della patologia sono molte e varie tra di loro:

  • familiarità e predisposizione genetica, la presenza nelle parentela diretta ci deve tenere in allerta sulla possibilità percentuale di sviluppo della malattia
  • allergie, il sistema immunitario si attiva in maniera forte e aggressiva nei confronti di uno o più agenti che rendono patologicamente sensibile il nostro organismo.

Nel caso dell’asma generalmente si associa anche ad altre sintomatologie come rinite, congiuntivite, ma non sarebbe per nulla strano trovare una crisi asmatica isolata rispetto ad una attivazione allergica.

asma_06Le allergie possono essere riferite a qualunque cosa come:

  • pollini, polveri, peli di animali, alimenti, tessuti etc etc etc.
  • ipersensibilità a fattori irritativi che non scatenano nessun tipo di allergia ma mettono in difficoltà il sistema respiratorio creandogli un forte disagio. Il fumo, lo smog, i pollini stessi cosi come gli acari, possono dare il via ad una acuzie asmatica pur non essendo il soggetto allergico
  • virus e batteri, nel momento in cui attaccano il sistema respiratorio causando una patologia diretta, possiamo trovare associata una forma asmatica che in questo caso diventa secondaria ad una infiammazione batterico/virale bronchiale, pertanto le bronchiti e peggio le polmoniti potranno manifestare in maniera secondaria una forma asmatica legata alla durata critica della patologia di innesco
  • esercizio fisico intenso e grosse emozioni come una forte risata, possono affaticare la muscolatura bronchiale e mandarla in spasmo con la riduzione di passaggio d’aria e ipersecrezione di muco
  • gravidanza, nelle donne asmatiche si può avere una incremento delle manifestazioni acute e un aumento dei sintomi manifesti. Tendenzialmente la situazione si ristabilirà nel periodo post partum.

Possiamo riassumere che le cause scatenanti dell’asma possono essere divise in due grosse categorie:

  • AMBIENTALI, ovvero tutto quello che circonda la persona e che accende la manifestazione clinico-sintomatica
  • INDIVIDUALI, vale a dire tutte quelle caratteristiche personali di incompatibilità con lo stato di buona salute del sistema respiratorio e che lo squilibra predisponendolo a una patologia asmatica, manifestandola.

asma_07Una nota a se merita l’asma provocata dal reflusso gastro-esofageo; il passaggio a ritroso di cibo e di succhi gastrici dallo stomaco all’esofago, mette il soggetto nella condizione di respirare una parziale quantità di molecole aeree degli acidi dello stomaco, che irritando i bronchi di un soggetto sensibile, può causare un attacco acuto di asma.

In questo caso la tosse si confonde tra quella causata dal reflusso gastro-esofageo e quella bronchiale per cercare di mobilizzare ed eliminare l’eccesso di muco che si produce.

Anche in questo caso come in ogni approccio diagnostico la raccolta dei dati (anamnesi) è fondamentale, bisogna cercare di capire e di catalogare i sintomi che il paziente racconta, vanno cercate delle relazioni parentali li ove siano presenti, va rappresentato il quadro di sofferenza nel tempo e nelle relazioni personali – ambientali.

Nel momento in cui si riesce ad inquadrare il campo di appartenenza della malattia, va sottoscritta scartando le possibili patologie similari ma non combacianti, tramite la diagnosi differenziale.

asma_08Per la diagnosi di asma un esame diretto di facile utilizzo e di poco impegno è la spirometria, esame per merito del quale si può misurare il cambiamento di volume del sistema respiratorio, utilizzando una inspirazione ed una espirazione massimale lenta.

I volumi polmonari variano in base all’età, al sesso e in rapporto alla stazza del paziente.

L’approccio terapeutico ha una primarietà farmacologica per poter tenere a bada l’evoluzione della malattia e limitare i danni nel tempo.

Dal momento in cui la diagnosi è conclamata, la cura va continuata anche in assenza di sintomi, perché ad ogni nuovo attacco acuto si rischia di arrecare dei danni sempre maggiori.

asma_09Vengono usati dei farmaci di fondo che si assumono in maniera continuativa per tenere sotto controllo la patologia e dei farmaci al bisogno da utilizzare per una reale necessità al momento dell’acutizzazione sintomatica.

Le categorie farmacologiche vanno divise a seconda che agiscano sull’infiammazione o se interagiscano con la muscolatura liscia bronchiale.

Vanno anche divisi e catalogati a seconda che si utilizzino per via inalatoria o per via sistemica.

asma_10Insieme alla cura farmacologica non va dimenticata una terapia manuale adatta, applicata dallo specialista, ad azione diretta e indiretta che possa aumentare la capacità polmonare, che riesca ad aumentare l’elasticità della gabbia toracica, del diaframma e dello stretto toracico superiore.

Il meccanismo respiratorio deve anche tener conto della miglior attività se in coordinamento con la mobilità vertebrale in toto e una buona spinta di ammortizzamento e rilancio del pavimento pelvico.

Inoltre non va dimenticato che la postura alterata può influire negativamente sulla capacità ventilatoria mandando in affaticamento i muscoli accessori della respirazione.

IL RESPIRO DELLA VITA VA PROTETTO E COCCOLATO

Cefalee o mal di testa

Cefalee_01E’ un dolore di multifattoriale e di varia entità che colpisce la regione della testa in tutte le sue componenti, muscoli, tendini, membrane intracraniche, tessuto fasciale di congiunzione, organi, strutture vascolari, articolazioni, ad eccezione del tessuto cerebrale in quanto tale perché privo di nocicettori, ovvero di cellule che captano e innescano la sensazione del dolore.

Il mal di testa affligge la quasi totalità della popolazione per almeno una volta l’anno, con rapporto variabile tra uomo e donna a seconda del tipo di cefalea che si manifesta.

Cefalee_02Gli studi per capire questa patologia si perdono nel tempo, ma i primi tentativi di classificazione più conformi a noi si rifanno all seconda metà del 1600, ed è anche per questo che oggi non abbiamo una classificazione unica;

la più diffusa e quella accettata dall’OMS (organizzazione mondiale della sanità) è l’ICHD (international classification of headache disorders).

 

 

Anche di questa classificazione, nel tempo, ci sono state varie revisioni ed aggiornamenti per giungere alla attuale suddivisione in 3 macro gruppi:

  • cefalee primarie
  • cefalee secondarie
  • altri

Essendo l’inquadramento molto complesso e con varie sottoclassificazioni vi rimando all’indirizzo

http://www.ihs-klassifikation.de/it/02_klassifikation/

dove sarà possibile entrare nelle singole elencazioni ed analizzarle nel dettaglio.

Cefalee_03

Le cefalee primarie non presentano una causa organica o strutturale, apparente e ben definita; potremmo dire che non sia ben chiaro il meccanismo di insorgenza e di manifestazione; ci sono alcune teorie su cui vari studi sono stati portati avanti dimostrando delle relazioni intreressanti, come il ruolo attivo della serotonina, ma proprio per la nebulosità eziologica (la causa della malattia) questa classificazione viene definita primaria.

Le cefalee secondarie sono legate ad eventi di varia natura e quindi con una motivazione concreta che spazia su molti fronti:

  • traumiCefalee_04
  • disfunzioni dell’articolazioni temporo-mandibolare e cervicali
  • modificazioni posturali
  • aumento della pressione sanguigna
  • aumento della pressione intracranica del liquido cerebro-spinale
  • aumento della pressione intraoculare
  • alterazione dell’accomodamento visivo e della vista in generale
  • nevralgie dei nervi cranici
  • mastoiditi
  • alterazioni dell’orecchio
  • emorragie cerebrali
  • ischemie cerebrali
  • infezioni batteriche o virali, intracraniche o sistemiche
  • patologie vascolari arteriose o venoseCefalee_05
  • infiammazioni locali e perilocali mono o multi tessutali
  • alterazioni ormonali
  • attività premestruale
  • abuso farmacologico
  • intossicazioni di varia natura e avvelenamento
  • patologie psichiatriche
  • attività fisica
  • colpo di calore
  • neoplasie.

Come inizialmente accennato il dolore associato alla testa è causato dall’attivazione dei nocicettori che sono presenti ovunque tranne nella massa cerebrale, pertanto possono essere attivati per una cattiva funzione, per una patologia inerente o per un evento traumatico.

Cefalee_06Con tale considerazione viene facile applicare un ragionamento causa-effetto-risoluzione sulle cefalee di origine secondaria e meno per le cefalee di tipo primario.

Nelle cefalee di tipo 1 (primarie) si cerca un riscontro di cattivo funzionamento, un’alterazione di tipo congestizio, di ipossia che disturbi l’equilibrio dei tessuti, ma che non sfoghi nel patologico.

Una teoria oggetto di discussione riguarda anche la predisposizione ad una ipereccitabilità dolorifica della corteccia cerebrale, il tutto spesso ritrovato anche come condizione di familiarità.

Cefalee_07Per approcciare una patologia cosi diffusa e complessa, diventa fondamentale fare una buona anamnesi (raccolta di dati clinici fisiologici e patologici sia personali che familiari, a scopo diagnostico), con la quale stabilire una diagnosi il più possibile precisa ed associare la cura migliore per avere una rapida e duratura riduzione delle manifestazioni e dei sintomi.

Come ormai è chiaro, le cefalee hanno varie sfaccettature per tanto è consigliabile, ove le manifestazioni siano frequenti e invalidanti, tenere un diario sul quale appuntare il tipo di dolore, la zona dove si manifesta, i sintomi associati e i fattori aggravanti, per facilitare il compito diagnostico e terapeutico di chi vi tiene in cura.

Cefalee_08Nelle cefalee primarie bisogna trovare il giusto equilibrio tra:

  • l’aiuto farmacologico, per bloccare l’evoluzione del mal di testa e non renderlo invalidante nelle attività di vita quotidiane
  • la terapia manuale che possa migliorare e tenere in equilibrio le funzioni che abbracciano il campo osteoarticolare, muscolare e legamentoso delle strutture che ritroviamo direttamente nella testa e in quelle che con esse convivono direttamente e indirettamente
  • il drenaggio dei liquidi inerenti, che possono influire negativamente sullo stato biologico e tensivo della zona cranica
  • la diminuzione degli stimoli dolorifici e la riduzione della sensibilità all’attivazione dei nocicettori

Cefalee_09Nei casi di cefalee secondarie invece sono spesso prescritti esami appropriati per confermare la causa scatenante, che possa influire sulla comparsa del mal di testa.

Le indagini utilizzate variano dall’emocromo a TC, RM, RX, ecografie e quant’altro sia di supporto all’ipotesi diagnostica dello specialista a cui vi affiderete.

Una volta accertata la causa che scatena la sintomatologia, sarà diretta la cura da seguire e sarà possibile stabilire la prognosi sull’andamento e sull’evoluzione della cefalea.

E’ proprio il caso di dire: MENS SANA IN CORPORE SANO