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Apnee notturne o sindromi da apnea del sonno

Apnee notturne o sindromi da apnea del sonno 01Viene definita sindrome da apnea notturna, o più precisamente sindrome da apnea del sonno (OSAS // Obstructive Sleep Apnea Syndrome), un’interruzione della respirazione, in episodi singoli o ripetuti, per periodi che variano da 10 a 180 secondi (3 minuti), catalogata come una vera e propria disfunzione respiratoria, nel periodo di minima coscienza, ovvero durante le ore di sonno.

Va subito fatta una distinzione tra apnea e ipopnea, le quali si differenziano in maniera netta, tra una sospensione della respirazione (apnea) e una riduzione del respiro (ipopnea).

Questa distinzione è importante da sottolineare, oltre che per una cultura sull’argomento, anche per la definizione della sindrome secondo i canoni ufficiali della medicina internazionale.

In entrambi i casi il paziente va incontro ad una riduzione variabile di ossigeno nel sangue e con essa un calo della saturazione di emoglobina, inducendo nel soggetto un’eccessiva sonnolenza durante le ore diurne.

Apnee notturne o sindromi da apnea del sonno 02I pazienti affetti dalla sindrome da apnea del sonno, manifestano una serie di disturbi, oltre all’eccessiva sonnolenza nelle ore diurne, quali: colpi di sonno, cefalee mattutine, risvegli improvvisi con sensazione di soffocamento, sudorazione notturna, affaticamento fisico e mentale con cali di concentrazione, difficoltà a mantenere la concentrazione in maniera continuativa  per un lungo periodo, riduzione della capacità mnemonica, affaticabilità fisica prematura rispetto allo sforzo richiesto, riduzione della resistenza fisica, aumento abnorme del ritmo cardiaco durante le attività fisiche intense, disturbi fisici nella sessualità.

Va precisato che i soggetti maggiormente interessi dalle apnee notturne sono gli uomini, in una fascia di età che si registra dai 40 anni in su, per una percentuale che addirittura può sfiorare il 50%.

Le donne che ne sono interessate, vedono l’insorgere della sindrome maggiormente dopo la menopausa.

Apnee notturne o sindromi da apnea del sonno 03E’ importante dire che le percentuali epidemiologiche non variano solamente in base all’età, ma sono relazionabili a fattori sociali e sanitari quali: disturbi metabolici, il sovrappeso, l’ipotiroidismo, l’ipertensione arteriosa, disturbi ostruttivi della respirazione soprattutto a carico delle vie aeree superiori, l’uso di psicofarmaci, l’alcolismo, l’uso di droghe con effetto depressivo sul sistema nervoso centrale.

La sindrome da apnea del sonno, viene definita tale, se si manifestano almeno 5 episodi di apnea e/o di ipoapnea per ora di sonno in un soggetto adulto, mentre nel bambino ne sono sufficienti 1 episodio per ora di sonno.

Nella diagnosi è fondamentale la storia anamnestica del paziente ed eventualmente del partner che condivide le ore notturne di riposo, associandola ai sintomi riferiti.

Apnee notturne o sindromi da apnea del sonno 04Per accertare la presenza della sindrome può essere fatta richiesta di esami strumentali quali la polissonnografia, la poligrafia respiratoria, l’elettromiografia e l’elettroencefalogramma.

La polisonnografia misura il flusso aereo, la frequenza cardiaca, la saturimetria e l’attività cerebrale nelle ore di sonno notturne.

La poligrafia respiratoria monitora i principali segnali cardiaci e respiratori, durante le ore di sonno.

L’elettroencefalogramma serve a misurare l’attività elettrica del cervello.

L’elettromiografia ha il compito di valutare la funzione muscolare rispetto all’innervazione della placca motrice.

Le apnee notturne sono catalogate in 2 canali: di tipo centrale e di tipo ostruttivo.

Apnee notturne o sindromi da apnea del sonno 05Le apnee di tipo centrale vengono innescate da una perdita momentanea dello stimolo neurologico indirizzato alla muscolatura respiratoria durante le ore del sonno.

Le apnee di tipo ostruttive sono dovute alla riduzione del lume delle vie aeree superiori (naso, bocca, gola).

Il paziente che rientra nella categoria delle apnee ostruttive, russa in maniera evidente da quando si addormenta, aumentando il proprio russare in maniera progressiva, fino a quando interrompe il proprio respiro per qualche secondo, per poi ricominciare a respirare in maniera improvvisa.

E’ stata coniata la sigla RERA (Respiratory Effort Related Arousal) quando è presente una limitazione della respirazione, che comporta un aumento dello sforzo respiratorio, seguito da un repentino sblocco.

Ci sono anche situazioni dove la distinzione tra le categorie di appartenenza si associano tra di loro, con un mix di causa effetto.

Il trattamento è per alcuni versi un parallelismo della prevenzione, come il perdere peso in caso il paziente tenda all’obesità, evitare l’assunzione serale e ovviamente l’abuso di bevande alcoliche, prendere l’abitudine di dormire sul fianco piuttosto che in posizione supina, tenere libere le vie aeree superiori.

Nei casi di apnee notturne maggiormente strutturate e invalidanti, si può far ricorso all’uso di farmaci che tengano a bada le problematiche delle vie aree superiori e di quelle a carico del sistema nervoso centrale.

Apnee notturne o sindromi da apnea del sonno 06E’ diffuso anche l’utilizzo della Cpap (Continuous positive air way pressure,) una maschera naso buccale che forza il passaggio di aria aumentando la funzione respirazione non controllata.

La chirurgia è un campo applicativo che trova riscontro qualora ci sia la necessità di correggere ostruzioni delle vie aeree superiori, come ad esempio la deviazione del setto nasale, l’ipertrofia dei turbinati, o l’ipertrofia delle tonsille.

Concludendo…….la sindrome da apnea del sonno è una disfunzione all’apparenza non grave ma che può avere ripercussioni, alle volte anche molto importanti, sopratutto se pensate nelle relazioni sociali, lavorative e familiari, pertanto non sottovalutiamola e cerchiamo di corre ai ripari cosi come abbiamo viso sia possibile fare.

La salute passa attraverso la conoscenza e con l’articolo di oggi abbiamo la possibilità di aggiungere un tassello al nostro benessere.

Acufene

L’acufene non è catalogato come una patologia vera e propria ma come un disturbo dell’udito.

Orecchio e acufene

L’orecchio percepisce dei rumori che in realtà non sono presenti nell’ambiente esterno o interno nel momento in cui vengono avvertiti, pertanto è una percezione acustica non organizzata, non realmente prodotta da alcuna sorgente sonora, né all’interno né all’esterno del nostro corpo.

Solitamente il paziente riferisce di sentire ronzii, fischi, fruscii, pulsazioni e queste alterazioni uditive influiscono, in maniera maggiore o minore, sulla qualità della vita dell’individuo.

L’acufene è estremamente soggettivo e quindi è difficile creare una scala di valori a cui fare riferimento.

Proprio per questo si stabilisce che un acufene è lieve o grave a seconda di quanto possa interferire con le attività di vita quotidiane e con il riposo, ovvero con il sonno.

Tale disturbo, può coinvolgere l’assetto psicologico ed emozionale del paziente, la sua vita di relazione socio-affettiva, il ritmo sonno-veglia, le capacità lavorative, la soglia di attenzione e di concentrazione, talune volte inducendo o potenziando stati ansioso-depressivi preesistenti.

In poche parole l’acufene può interferire sulla qualità della vita.

Le cause scatenanti

Si possono riscontrare varie cause scatenanti, vediamo quali possono essere:Acufene 01

  • infezioni dell’orecchio
  • danni anatomici dell’orecchio
  • danni e patologie neurologiche
  • alterazione delle sostanze neuromodulatrici e neurotrasmettitrici
  • accumulo di cerume
  • diminuzione o perdita dell’udito
  • idrope cocleare, ovvero un accumulo di liquidi (endolinfa e/o perilinfa) nel sistema cocleare ed il relativo cattivo drenaggio
  • deterioramento ossidativo
  • aumento della pressione dell’orecchio interno
  • disturbi della cervicale
  • disturbi dell’articolazione tempero mandibolare
  • esposizione prolungata a suoni o rumori di alto volume
  • patologie delle vie respiratorie superiori
  • sinusiti
  • stress
  • effetti collaterali di alcuni farmaci

Acufene 02Ovviamente riuscire a trovare una o più cause che abbiano instaurato l’acufene, permetterà di adattare una cura mirata, volta a migliorare la situazione sintomatologica.

La diagnosi dell’acufene

La diagnosi deve focalizzarsi sull’orecchio interno, sulla coclea, sulla via uditiva, sul nervo acustico e sull’area cerebrale per l’elaborazione dei suoni, valutandone l’eventuale danno primario o il danno secondario alle cause sopra elencate.

La focalizzazione della diagnosi sui sistemi anatomici indicati è la conseguenza del fatto che gli acufeni possono essere prodotti solo all’interno delle vie uditive neurosensoriali, la cui stazione di partenza è l’orecchio interno e il cui arrivo è la corteccia acustica cerebrale.

Nel caso non si riesca a trovare il rapporto causa effetto, si ricorre spesso all’aiuto della psicoterapia per imparare ad affrontare il problema piuttosto che curarlo.

Gli acufeni vengono classificati in due gruppi:

  1. acufeni audiogeni (o endogeni)
    • il danno origina all’interno dell’apparato uditivo
  2. acufeni non audiogeni (o esogeni)
    • il danno origina fuori dell’apparato uditivo, ma percepiti dall’orecchio

Questa classificazione perde di importanza nel momento in cui, proprio per la definizione

di acufene (che non è un vero rumore), stabiliamo che la classificazione non audiogeni o esogeni, non sono dei veri acufeni.

Le terapie

Le terapie di vario genere e natura, vedono la possibilità di gestire gli acufeni

migliorandone la sintomatologia e stabilizzando i benefici, ma per fare questo si ha la necessità di stabilirne la causa ed intervenire su di essa in maniera diretta.

I trattamenti che spesso trovano utilizzo e riscontro sono quelli che intervengono sull’idrope, avvalendosi di farmaci specifici, bevendo molta acqua, facendomun’alimentazione che favorisca la diuresi e riducendo lo stress, tutti fattori che influenzano l’ormone antidiuretico.

Acufene 03In alcuni casi vengono utilizzati per brevi periodi, farmaci che agiscono a livello del sistema nervoso centrale e in particola modo sui neurotrasmettitori.

Molto utile risulta la TRT (tinnitus retraining therapy) ovvero una terapia di riabilitazione dall’acufene, che non cura realmente la causa del disturbo, ma riesce a modificare la reazione della persona alla presenza di acufeni, aumentandone la tollerabilità.

Richiede circa 3 mesi per ottenere un beneficio significativo e circa 18 mesi per stabilizzarne i benefici.

Sempre nell’ambito del trattamento, può risultare utile eseguire delle terapie mirate a migliorare le funzioni del segmento cervicale, della zona toracica alta e dell’articolazione temporo-mandibolare, se alla mobilizzazione di queste strutture anatomiche, si associa la comparsa di acufeni.

La psicoterapia è un’altra strada utilizzata per mettere il paziente nella condizione di gestire i disturbi che si manifestano, rendendolo capace di conviverci durante le attività di vita quotidiana e nei momenti di riposo.

Gli acufeni possono regredire, cronicizzare o addirittura sparire spontaneamente, come possono ripresentarsi a distanza di anni, la cosa importane è che già dalle prime manifestazioni le si affrontino facendo una diagnosi il più possibile attenta e dettagliata, elaborando una cura in grado di affrontarli con efficacia.

Non lasciamo che questo disturbo possa minare la qualità della nostra vita.

La salute passa attraverso la conoscenza e con l’articolo di oggi, abbiamo la possibilità di aggiungere un tassello al nostro benessere.