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Dermatomiosite e polimiosite

La dermatomiosite e la polimiosite sono le forme più comuni delle patologie che appartengono alla famiglia delle miositi.

Sono patologie autoimmunitarie che possono insorgere in maniera spontanea, oppure attivate da eventi esterni, come ad esempio le infezioni.

Dermatomiosite e polimiosite 01

Cosa sono le miositi?

Le miositi sono un gruppo di malattie muscolari che sviluppano un’infiammazione del tessuto muscolare striato e rientrano nella più ampia categoria delle connettiviti.

Nella dermatomiosite e polimiosite sono maggiormente colpiti i cingoli pelvici e i cingoli scapolari.

Nei casi più gravi ed avanzati si può arrivare ad avere complicanze nella deglutizione, nella respirazione e cardiache.

I sintomi della dermatomiosite e della polimiosite

Dermatomiosite e polimiosite 02Hanno delle sintomatologie del tutto simili ma anche delle differenze, che si evidenziano maggiormente nella dermatomiosite, con la presenza di segni cutanei tipici, quali:

  • eruzioni violacee attorno agli occhi, sul mento e nelle pieghe nasolabiali (rash eliotropo)
  • edema duro attorno agli occhi
  • capillari superficiali ingrossati (teleangectasie), che si possono associare a piccoli edemi emorragici tondeggianti (petecchie) nella zona attorno alla lamina ungueale delle dita delle mani
  • placche violacee squamose ed eritematose nella zona metacarpale e interfalangea delle mani (papule di Grotton)
  • sclerodermia.

Fatta eccezione per questi segni caratteristici della dermatomiosite, i sintomi che caratterizzano le miositi di cui parliamo oggi, sono sovrapponibili tra di loro:

  • debolezza
  • dolori muscolari
  • dolori articolari
  • dolore diffuso
  • atrofia
  • fibrosi delle fibre muscolari
  • edema
  • impotenza funzionale

Quali le cause?

Le cause ad oggi sono associate ad alterazioni del sistema immunitario che portano ad un attacco lesivo delle fibre muscolari striate, causandone un processo infiammatorio degenerativo.

L’attivazione sbagliata del sistema immunitario contro il nostro stesso organismo, può essere causata da uno stress infettivo, patologico, emotivo, farmacologico, etc.

La diagnosi

Nella diagnosi la raccolta dei dati anamnestici è importante, consente di capire quali siano i sintomi riferiti dal paziente, quali siano gli eventi associabili e avere un primo canale di classificazione della patologia in essere.

esami laboratorioNel proseguo della denominazione della patologia, l’esame obiettivo si rende assolutamente necessario per valutare l’aspetto del paziente, la comparsa di teleangectasie, di papule, di edemi nella zona del viso e delle mani.

Vanno indagate le zone di interessamento dei dolori articolari e muscolari, la risposta al dolore evocato, la capacità di attivazione muscolare e la sua resistenza allo sforzo, valutandone conseguentemente il tono e il trofismo.

La dermatomiosite e la polimiosite vengono diagnosticate tramite indagini di laboratorio che evidenziano aumenti di valori degli indici infiammatori, delle cpk (creatinfosfochinasi) e positività agli anticorpi specifici.

L’elettromiografia è un esame che permette di studiare lo stato di funzione muscolare e dei nervi periferici ad esso connessi e può essere utilizzato per lo studio diagnostico delle miositi.

Dermatomiosite e polimiosite 04La biopsia muscolare e la biopsia cutanea, (quest’ultima nel caso specifico della dermatomiosite), hanno un ruolo fondamentale nella diagnosi, perché permette, tramite il prelievo di alcune cellule sospette, di analizzarle sia in laboratorio che al microscopio, traendone informazioni certe sul loro stato di salute.

Anche la risonanza magnetica può risultare utile per avere un quadro sufficientemente dettagliato dei muscoli nelle zone di interesse.

Il trattamento della dermatomiosite e della polimiosite

Il trattamento prevede un importante impatto farmacologico, utilizzando sia dei cortisonici, per limitare l’infiammazione in maniera diretta, sia farmaci immunosoppressori, per limitare la risposta immunitaria e quindi l’attacco alle proprie cellule.

FisioterapiaImportante sarà il sostegno della fisioterapia per mantenere il tono e il trismo muscolare, per ridurre lo stato di dolenzia, per massimizzare la capacità articolare residua, per riequilibrare le catene posturali e per ottimizzare le funzioni respiratorie diaframmatiche-intercostali

La dermatomiosite e la polimiosite sono malattie che condiziono la vita del paziente, ma possono essere sufficientemente gestite per mantenere una capacità più che discreta nelle attività di vita quotidiane.

La prevenzione gioca un ruolo fondamentale, perché prima si potrà diagnosticare la malattia in essere, meno danni il paziente subirà.

La salute passa attraverso la conoscenza e con l’articolo di oggi, abbiamo la possibilità di aggiungere un tassello al nostro benessere.

Siringomielia

siringomielia 01La siringomielia è una patologia neurologica che vede la presenza di un’alterazione del midollo spinale, con la formazione di una o più cisti liquide in uno o più distretti del colonna vertebrale.

Conosciamo la siringomielia

Le cisti della siringomielia sono anche chiamate siringi o fistole, sono delle cavità dalle dimensioni variabili nel tempo, per grandezza e velocità di espansione; sono ripiene di liquido cefalorachideo.

L’aumento di volume delle siringi possono creare un’effetto compressivo sul midollo stesso, danneggiandone sia il tessuto biologico, sia la funzione di trasmissione dei segnali neurologici e di aggiustamento riflesso.

La gravità della patologia dipenderà dal distretto midollare che ne è interessato, da quanti segmenti sono coinvolti, dall’estensione della lesione cistica.

I sintomi

siringomielia 02A causa della varianti con cui la siringomielia si presenta in ogni singolo paziente, i sintomi potranno variare da soggetto a soggetto.

La siringomielia vede la sua insorgenza in un’età che va all’incirca dalla seconda alla quarta decade, il che non vuol dire che si presenti da subito in maniera sintomatica, anzi la sua evoluzione è generalmente lenta.

Come accennato in precedenza, i sintomi sono variabili da paziente a paziente, ma possono essere racchiusi in un’elenco, dove non tutti quanti devono essere per forza presenti contemporaneamente, mostrando delle variabili di intensità totalmente personali.

L’esordio della malattia vedrà una sintomatologia sfumata e contenuta per poi ampliare il quadro con l’evolversi nel tempo della siringomielia:

  • parestesie
  • ipoestesie
  • riduzione o perdita dei riflessi
  • dolori vertebrali
  • rigidità articolari
  • rigidità nel movimento
  • contratture muscolari associate
  • vertigini
  • nistagmo
  • disturbi della fonazione
  • disfagia
  • astenia
  • fascicolazioni muscolari
  • riduzione della funzionalità viscerale
  • difficoltà nel controllo degli sfinteri
  • alterazione della funzione neurovegetativa ortosimpatica
  • paraplegia
  • tetraplegia

La siringomielia può essere di tipo congenita (presente fin dalla nascita), oppure acquisita (insorta come conseguenza di un evento o di uno stato patologico associato).

siringomielia 03La forma congenita, vede spesso la compresenza di una patologia associata chiamata SINDROME di ARNOLD-CHIARI, una malformazione cerebellare che si manifesta con un’erniazione del cervelletto all’interno del foro occipitale e quindi nel canale midollare, creando una perturbazione del circolo liquorale.

Le cause della siringomielia

Nella forma acquisita le cause sono molte e di natura diversa tra di loro…..vediamole insieme:

  • infiammazione di tipo batterico o virale delle meningi encefalo-spinali
  • ematomielia (sanguinamento all’interno del midollo spinale)
  • traumi midollari, associati o meno a fratture vertebrali
  • sindrome della colonna rigida (si possono creare aderenze tra la colonna vertebrale e il midollo spinale diminuendone la capacità di scorrimento tra il contenuto e il contenente).

Quando non si riesce ad associare una forma congenita, oppure una forma acquisita, alla siringomielia, si classifica la presenza patologica come forma idiopatica, ovvero senza causa apparente.

Va sottolineato che in tutte queste condizioni, benché ci sia una differenza eziologica, la compressione midollare esercitata dalla presenza delle cisti, sia la causa del danno neurologico tessutale e che la cattiva circolazione liquorale, sia uno starter importante per la formazione delle siringi.

La diagnosi

siringomielia 04Nella diagnosi la raccolta dei dati anamnestici è importante, consente di capire quali siano i sintomi riferiti dal paziente, quali siano gli eventi associabili e avere un primo canale di classificazione della patologia in essere.

Nel proseguo della denominazione della patologia, l’esame obiettivo si rende assolutamente necessario per valutare lo stato di funzione neurologico (sensibilità, motricità, riflessi evocati, equilibrio), la condizione di mobilità vertebrale, la ricerca

del dolore, lo stato di tensione muscolare, la resistenza allo sforzo.

Saranno fondamentali gli esami strumentali, quali:

  • RM
  • TC

che potranno essere richiesti in maniera semplice o associati a mezzo di contrasto, per valutare lo stato anatomico della corda midollare all’interno del canale vertebrale.

Non è assolutamente da escludere la necessità di effettuare un prelievo liquorale per mezzo di una puntura lombare, in maniera da analizzare lo stato biologico del liquido cefalo-rachideo, in rapporto alla presenza o meno di agenti patogeni.

Il trattamento della siringomielia

Il trattamento prevede l’utilizzo congiunto di farmaci, soprattutto antidolorifici, capaci di tenere a bada il dolore neuropatico, osteoarticolare, muscolare.

fisioterapiaDi enorme aiuto sarà la fisioterapia per migliorare lo stato di tensione muscolare, per ridurre la rigidità articolre, per mantenere la mobilità vertebrale, per recuperare o stabilizzare i danni da compressione midollare causati dalla pressione delle siringi.

La chirurgia sarà necessaria nel momento in cui la patologia siringomielica, porterà ad una perdita dello stato di salute non più controllabile.

L’intervento diretto prevede una decompressione vertebrale degli spazi in rapporto alla cisti liquorale compressiva, oppure un’incisione sulla dura madre spinale, in entrambi i casi l’intento è quello di aumentare lo spazio, per limitare la pressione e i suoi effetti dannosi, migliorando la circolazione liquorale e favorendo lo svuotamento delle siringi.

chirurgiaLa chirurgia prevede come possibilità di intervento, anche l’applicazione di uno shunt siringo-peritoneale, applicando un tubicino di drenaggio che svuoti la cisti midollare direttamente nella cavita addominale.

Nel caso la siringomielia sia causata da aderenze tra la colonna vertebrale e il midollo spinale, il chirurgo si concentrerà ad eliminare i punti di trazione intracanalari, disimbrigliando il midollo spinale stesso.

La siringomielia è una patologia grave che va curata sempre cercando di anticipare i danni nell’evoluzione clinica.

E’ una malattia che condiziona la vita nelle attività quotidiane, ma non per questo deve demoralizzare il paziente nella ricerca del miglior stato di salute possibile.

In questo caso la prevenzione gioca un ruolo fondamentale.

La salute passa attraverso la conoscenza e con l’articolo di oggi, abbiamo la possibilità di aggiungere un tassello al nostro benessere.

Lupus Eritematoso Sistemico (LES)

Il Lupus Eritematoso Sistemico (LES) viene definita come una patologia infiammatoria cronica del tessuto connettivo di origine autoimmune.

I suoi danni possono riportarsi ad innumerevoli organi e tessuti anatomici ben distinti tra di loro:

  • articolazioni
  • cute
  • sistema nervoso
  • sistema linfatico
  • sistema ematico
  • reni
  • tratto gastrointestinale
  • polmoni
  • cuore
  • etc.

LUPUS ERITEMATOSO SISTEMICO 01E’ una patologia che interessa una fetta di popolazione ad ampio spettro, neonati, bambini adulti ed anziani, ovviamente con percentuali diverse, dove la casistica maggiore riguarda le donne in età fertile.

Può avere un’insorgenza acuta, oppure graduale nel tempo di mesi se non addirittura di anni, con sintomi che alternano la loro presenza / assenza, passando da manifestazioni importanti a minime.

Esistono delle varianti del LES, che differiscono per le manifestazioni e per il coinvolgimento di tessuti ed organi

LUPUS ERITEMATOSO DISCOIDE (LED)

colpisce solamente la cute con manifestazioni tondeggianti, a grappolo nelle zone esposte alla luce, rosse, in rilievo, con danni lesivi della cute stessa, ai suoi bulbi piliferi e conseguente cicatrizzazione.

Può manifestarsi in qualunque area cutanea, testa inclusa.

In una percentuale ridotta può attivare il lupus eritematoso sistemico

LUPUS ERITEMATOSO CUTANEO SUBACUTO (LECS)

Colpisce essenzialmente la cute delle braccia, del viso e del torace.

Si manifesta con delle eruzioni cutanee diffuse che possono peggiorare esponendole al sole.

Non creano lesioni cutanee e quindi neanche processi cicatriziali.

Si possono associare dolori articolari, mentre gli organi interni vengono risparmiati dall’evoluzione patologica della malattia.

SINTOMI

Nel sistema osteoarticoalre si presenta con frequenza, un’infiammazione delle articolazioni  generalmente intermittente, che si associa a dolore e nei casi più importanti a deformazione dell’articolazione interessata.

LUPUS ERITEMATOSO SISTEMICO 03La cute vede la manifestazione di eruzioni cutanee, eritema, protuberanze in rilievo, assottigliamento della cute, vescicole, ulcere, macchie violacee (petecchie), perdita di peli o di capelli, in maniera generalizzata oppure a chiazze.

I sintomi della cute possono peggiorare con l’esposizione al sole e si possono presentare in qualunque parte del corpo, dalla testa, al tronco, agli arti.

In alcuni casi la sindrome di Raynaud, illustrata nell’articolo della settimana precedente, può essere una conseguenza della presenza del lupus eritematoso sistemico.

Le mucose del palato, delle gengive, delle guance, del naso, possono andare incontro a lesioni ulcerative e a processi cicatriziali di riparazione.

esami sangueA livello ematico ci può essere una riduzione dei globuli rossi, bianchi e delle piastrine, scatenato problemi di emorragie o all’opposto di eccesso di coagulazione, con la formazione a seguire di trombi ed emboli che possono danneggiare gli organi colpiti.

Le vasculiti sono presenti nelle sintomatologie a carico del sistema sanguigno.

Il sistema linfatico presenta un’ingrossamento dei linfonodi e meno frequentemente, della milza.

dolori addominaliA livello gastrointestinale si possono presentare dolori addominali, nausee, diarrea, fino ad arrivare a danni dei tessuti negli organi della digestione e della metabolizzazione.

I reni sono un bersaglio che possono subire un interessamento minimo in assenza di sintomatologia, oppure andare incontro a gravi danni con lo sviluppo di un’insufficienza renale, causando gravi complicanze a livello sistemico.

Il cuore può andare incontro a pericarditi, miocarditi ed endocarditi, con associato dolore al petto di tipo anginoso.

Se l’infiammazione della guaina e del muscolo cardiaco si protrae nel tempo, il paziente potrà andare incontro ad insufficienza cardiaca.

Le coronaropatie che si possono affacciare sono la causa delle vasculiti tipiche del Lupus.

I polmoni possono manifestare una pleurite e meno frequentemente una polmonite, nonostante la vasculite possa creare dei danni parziali che ridurrà la funzione respiratoria.

sistema nervosoIl sistema nervoso può subire condizionamenti manifestando cefalee, disturbi cognitivi e della personalità, convulsioni, ictus, demenza, finanche ad arrivare a manifestazioni patologiche del midollo e delle strutture neurologiche periferiche.


CAUSE

La causa non è nota e può avere origini multifattoriali di condizione diverse per genere e influenza:

  • fattori genetico / ereditari
  • fattori ormonali (estrogeni in particolare modo)
  • fattori ambientali:
    • farmaci
    • virus
    • esposizione al sole e l’utilizzo di lampade abbronzanti
    • carenza di vitamina D
    • stress psico / fisico

DIAGNOSI

diagnosiLa diagnosi prevede un’attenta anamnesi in grado di raccogliere i dati che il paziente riporta, per poi proseguire con un attento esame obiettivo, volto ad indagare i campi sintomatologici multiorganici, che la patologia del Lupus eritematoso sistemico, può coinvolgere.

Le indagini strumentali si avvarranno di tutti gli studi ematochimici, ecografici, elettromiografici, di RM, di TC, ed altro ancora, in grado di esaminare tutti i campi inquadrati nel capitolo della sintomatologia, per vedere se sono presenti almeno 4 dei settori precedentemente citati, con le complicanze ad esse annesse.

CURA

Lo scopo della cura è ridurre e tenere sotto controllo l’infiammazione, in maniera tale che si prevenga l’instaurarsi di danni tessutali organici, tipici del LES.

farmaciLa farmacologia la fa da padrona, con l’utilizzo di medicinali come l’idrossiclorochina (un antimalarico che rientra nei farmaci antireumatici, per la lotta contro l’artrite reumatoide e il lupus eritematoso sistemico), di farmaci cortisonici, che hanno sia un compito antinfiammatorio che immunosoppressorio, o di immunosoppressori specifici, supportati da antinfiammatori non steroidei.

Non sono pochi casi in cui vengano somministrati anticoagulanti per evitare la formazione di trombi.

E’ chiaro che nella cura del Lupus è importantissimo andare ad eliminare o diminuire i fattori ambientali che abbiamo precedentemente nominato, in maniera da ridurre al minimo le possibilità di attivazione e di progressione della patologia.

LUPUS ERITEMATOSO SISTEMICO 02La fisioterapia sarà fondamentale per recuperare i danni di organo che la patologia arrecherà, mantenendone la funzione e reintegrandoli in uno schema adattativo fisiologico.

Pertanto la fisioterapia riuscirà a dare un enorme contributo sia nel segmento ortopedico, che in quello cardio-respiratorio, cosi come in quello vascolare, linfatico e del sistema nervoso periferico, riabilitando il paziente al recupero delle funzioni perse sia nelle fasi acute che in quelle croniche di lunga durata.

Il LUPUS ERITEMATOSO SISTEMICO (LES), non è una patologia da sottovalutare, ma abbiamo tutti i mezzi e le conoscenze per poterlo affrontare e tenere sotto controllo.

Non diamogli modo di avere la meglio su di noi.

La salute passa attraverso la conoscenza e con l’articolo di oggi, abbiamo la possibilità di aggiungere un tassello al nostro benessere.

 

 

 

 

Sindrome di Raynaud

Cos’è la Sindrome di Raynaud?

Sindrome di Raynaud 01La sindrome di RAYNAUD è una patologia principalmente a carico delle mani, che si manifesta con vasospasmo, ovvero una contrazione eccessiva dei vasi arteriosi, in questo caso di medio e piccolo calibro, determinando una riduzione dell’afflusso ematico locale e causando una scarsa irrorazione dei tessuti limitrofi.

Il vasospasmo può essere attivo per un tempo variabile che va da alcuni minuti fino ad alcune ore.

La sua manifestazione è più frequentemente individuata in indice, medio e anulare, a livello medio-distale, raramente nella parte prossimale metacarpo-falangea e le variazioni del colorito sono ben distinguibili.

I soggetti giovani, soprattutto di sesso femminile, ne sono maggiormente interessati.

La patologia di cui parliamo oggi può attivarsi in forma primitiva (senza causa apparente) nell’80% circa dei casi, o in forma secondaria nella restante percentuale.

La forma primitiva generalmente non ha una gravità tale da creare danni permanenti ai tessuti, mentre nelle forme secondarie, nel lungo termine, si possono presentare ulcerazioni o addirittura gangrene.

Nelle forme secondarie, le cause possono essere di vario tipo:

  • esposizione prolungata al freddo
  • stress emotivo
  • patologie arteriose (più in generale patologie ematologiche)
  • alterazioni del sistema nervoso autonomo (iperattività simpaticotonica)
  • irritazioni meccaniche delle pareti vascolari arteriose
  • irritazioni meccaniche dei gangli ortosimpatici di relazione (ganglio stellato in primis)
  • intossicazioni
  • abuso di farmaci vasocostrittori o che agiscano sulla muscolatura liscia in generale
  • malattie endocrine (ipotiroidismo)
  • collagenopatie
  • abuso di nicotina
  • utilizzo di droghe quali la cocaina

I sintomi della sindrome di Raynaud

Sindrome di Raynaud 02Il paziente lamenterà dei sintomi ben distinguibili a una o più dita delle mani:

  • dolore
  • alterazione della sensibilità
  • diminuzione della capacità articolare e dell’esecuzione di movimenti fini
  • alterazioni reversibili del colore cutaneo come cianosi, pallore o una combinazione delle due, su segmenti ben distinti, con alle volte una manifestazione di tipo eritematosa
  • alterazione monofasica cutanea con solo pallore o solo cianosi
  • alterazione bifasica cutanea con cianosi seguita da eritema
  • alterazione trifasica cutanea con pallore, seguita da cianosi per concludere con una manifestazione eritematosa.

Chi soffre della sindrome di Raynaud, tende a sfregare le mani per riattivare la circolazione e diminuire la sintomatologia manifesta al momento.

La diagnosi

DiagnosiLa diagnosi necessità di una raccolta dati anamnestica, in grado da inquadrare il soggetto in una situazione patologica primitiva o secondaria.

L’esame obiettivo sarà importante per capire se ci sono alterazioni anatomiche tessutali momentanee o permanenti e per valutare lo stato psico-fisico del paziente nei campi di associazioni patologiche.

Nella sindrome primitiva generalmente l’età di insorgenza della malattia è attorno i 40 anni, la sintomatologia è di lieve entità, con manifestazioni ad entrambe le mani e senza segni di danno tessutale.

Dall’anamnesi e dai dati clinici, non emergono condizioni di patologie associate rilevanti, per lo sviluppo della sindrome di Raynaud.

Sindrome di Raynaud 04Nella sindrome secondaria generalmente l’età di insorgenza della malattia è attorno ai 30 anni, la sintomatologia è caratterizzata da dolore urente, con manifestazioni che possono essere asimmetriche o unilaterali e spesso si presentano segni di danno tessutale.

Le indagini strumentali e/o di laboratorio del caso, saranno necessarie e consigliate, per escludere o avvalorare, le condizioni di patologie associate tra quelle indicate nelle cause secondarie precedentemente elencate, che possano mettere in allerta lo specialista di competenza, nell’iter del percorso diagnostico.

Il trattamento della sindrome di Raynaud

Il trattamento della patologia, scatenata da cause secondarie, prevede la risoluzione, ove possibile, o la gestione delle malattie e dei loro effetti scatenanti la sindrome di Raynaud.

I trattamenti saranno quindi i più diversi a seconda che si tratti di patologie ematiche, vascolari, ormonali, sistemiche, neurovegetative e via dicendo, intervenendo farmacologicamente sulla causa e dando supporto per via dei vasodilatatori, ad una miglior circolazione sanguigna periferica.

Sarà importante, sia nelle forme primitive che in quelle secondarie, eliminare gli elementi favorenti, come il freddo, il fumo, ovviamente le droghe, lo stress.

TrattamentoRisulta utile utilizzare delle creme che riescano a proteggere la cute dagli sbalzi termici e dai cambiamenti di umidità, mantenendo la temperatura locale il più possibile costante.

Spesso si utilizza il supporto della fisioterapia o dell’osteopatia per migliorare la condizione di funzione dello passaggio cervico-dorsale, sia a livello vertebrale che nelle strutture costali e clavicolari annesse, limitando lo stato di tensione muscolare e cercando di dare la massima mobilità ai tessuti di contenimento legamentosi e fasciali, della zona legata allo stretto toracico superiore.

Sempre in ambito terapeutico manuale, si cercherà di individuare le possibili zone di compressione o di irritazione, nei passaggi critici arteriosi periferici e nei passaggi primari dei sistemi gangliari ortosimpatici.

ChirurgiaA livello chirurgico si può giungere all’intervento, nel momento in cui sia necessario agire sui danni tessutali che portano a gangrene, alterazioni ischemiche e infezioni profonde localizzate.

La sindrome di Raynaud è una patologia che può dare alterazioni funzionali ed estetiche, dolore, fino ad arrivare a danni anatomici superficiali o profondi.

Dobbiamo essere bravi a diagnosticare se sia una forma primitiva o secondaria, ed essere capaci di gestire sia la sintomatologia, sia le cause eventualmente associate.

La salute passa attraverso la conoscenza e con l’articolo di oggi, abbiamo la possibilità di aggiungere un tassello al nostro benessere.

Algodistrofia

algodistrofiaCos’è l’algodistrofia?

L’algodistrofia è una patologia a carico dell’arto superiore o inferiore.

Si manifesta con forte dolore di tipo profondo, urente, costante, con delle curve di intensità importanti.

L’arto può gonfiarsi, cambiare il trofismo cutaneo, alterare la vascolarizzazione, con la parte che diventa rossa e calda oppure cianotica e fredda.

La maggior parte delle volte si ha una perdita di funzionalità, con una riduzione del movimento articolare che diventerà difficoltoso e molto dolente.


algodistrofiaSarà presente uno stato di contrattura antalgica e una riduzione del trofismo di muscoli, tendini, legamenti e capsule articolari.

Nella zona colpita da algodistrofia, si possono manifestare segni di osteoporosi in maniera non uniforme.

Il paziente può segnalare attivazioni muscolari spontanee (fascicolazioni) e riferire un’ alterazione della sensibilità e della propriocezione.

La condizione patologica è talmente importante che può modificare, in maniera evidente, sia lo stato umorale del paziente, sia il ciclo sogno veglia.

algodistrofia 03Le cause dell’algodistrofia

Le cause sono di diverso tipo e ad oggi non sono ancora accertate; tra queste troviamo il tilt di vari sistemi e il danno dei tessuti:

  • sistema nervoso centrale, periferico e autonomo
  • sistema vascolare arterio-venoso
  • sistema immunitario
  • traumi dell’arto
  • ustioni profonde
  • lesioni lacerative o da taglio

algodistrofia_04Sembra che la patologia si possa sviluppare e manifestare per l’alterata elaborazione dei segnali sensitivi che il cervello riceve, o per l’alterazione dei segnali sensitivi che vengono trasmessi tramite il sistema nervoso periferico, o ancora per un cattivo funzionamento del sistema nervoso autonomo ortosimpatico, che utilizza una via ascendente per coadiuvare il messaggio sensitivo nella trasmissione e che gestisce anche per buona parte il tono arterioso, influenzandone il flusso sanguigno.

Anche la comparsa di un’infezione, un danno della parete venosa o la circostanza di una tromboflebite profonda, potrebbe dare inizio ad una perturbazione del tessuto locale, ad un’alterazione delle fibre nervose sensitive, gettando le basi per un’ipotetica manifestazione algodistrofica.

I traumi, le ustioni profonde, le lesioni cutanee, sono tutte condizioni che possono starare il funzionamento neurologico (centrale, periferico, autonomo) e vascolare, alterando l’equilibrio necessario per l’autoregolazione del corpo umano ed eventualmente favorirne l’algodistrofia.

La diagnosi

La diagnosi è difficile perché non essendoci fattori eziologici chiari, non è possibile affidarsi ad un’esame specifico per individuare la presenza della malattia.

Sarà necessario fare un’attenta analisi dei sintomi raccontati dal paziente, fare uno scrupoloso esame obiettivo valutando le condizioni di salute neurologiche, vascolari, articolari, muscolari.

L’ispezione della cute e del suo trofismo è un’altro degli indici di valutazione da annotare.


algodistrofia_05Nell’utilizzo di esami strumentali, verrano richiesti quelli utili a capire lo stato di salute dei sistemi anatomo-fisiologici sopra citati, pertanto potrà essere utile fare:

  • analisi del sangue per vedere l’eventuale presenza di infezioni
  • rm ed rx per valutare lo stato anatomico articolare e dei tessuti molli annessi
  • ecocolordoppler ed angiografia per lo studio dei vasi e del loro flusso sanguigno
  • elettromiografia ed elettroneurografia per lo studio dello stato di salute della conduzione nervosa periferica.

Di questa serie di esami verranno selezionati quelli in grado di sciogliere i dubbi generati nella diagnosi differenziale e permettere di capire quale sistema sia asincrono rispetto agli altri.


La cura

La cura non ha una strada ben definita da seguire, ma prevede approcci multidisciplinari.

A livello farmacologico vengono utilizzati farmacia antinfiammatori prevalentemente non steroidei, che possano limitare gli effetti infiammatori locali causati dai cataboliti.

antidolorificiMolto utili gli antidolorifici per cercare di abbassare la soglia del dolore ed evitare il circolo vizioso ad esso collegato, che vede l’aumento dello stato di contrattura muscolare, la riduzione del movimento e la perturbazione del circolo sanguigno.

Utilizzati anche gli anestetici locali per limitare la trasmissione del dolore alla fonte.

In vari casi vengono proposti farmaci che agiscono sul sistema nervoso centrale (antidepressivi, oppioidi, anticonvulsivanti), per calmare le risposte di rimbalzo al dolore profondo e continuo.

Anche a livello neurologico autonomo ortosimpatico si può agire con farmaci, alle volte anche chirurgicamente, per limitare le trasmissioni gangliari (le stazioni che captano e rilanciano i messaggi in entrata ed uscita, infarcendoli con comandi autonomi per la gestione della macchina umana).


FisioterapiaLa terapia

La fisioterapia e l’osteopatia sono le strade sempre utilizzate per recuperare il movimento articolare, il trofismo muscolare, per ridurre le contratture muscolari, per migliorare la circolazione venosa e ridare slancio alla circolazione linfatica.

Inoltre, per abbassare la soglia del dolore, per riequilibrare il sistema nervoso periferico ed autonomo, per evitare la riduzione netta delle attività fisiche.

E’ importante riuscire ad approcciare la patologia algodistrofica il prima possibile, perché il recupero e il reintegro delle proprie capacità è proporzionale al rapporto acuzia / cronicità.


La salute passa attraverso la conoscenza e con l’articolo di oggi, abbiamo la possibilità di aggiungere un tassello al nostro benessere.

Postura

La postura è la posizione che il corpo assume nei 3 piani dello spazio, sia in posizione statica sia in movimento.

Postura_01Il piano sagittale rispetto al quale ci possiamo piegare in avanti e in dietro, il piano frontale rispetto a al quale ci possiamo inclinare lateralmente e il piano orizzontale rispetto al quale possiamo ruotare.

La postura è la risposta che noi diamo alla costante relazione che viviamo con la forza di gravità, la quale tende a richiamare verso il basso ogni tipo di oggetto, noi compresi.

La forza di gravità è per noi un’ alleata ma di contro tende a schiacciarci verso la sua fonte di attrazione, proprio per questo siamo alla costante ricerca di un compromesso per poterla sfruttare e non per diventarne vittime.

Postura_02La posizione che assumiamo va immaginata come un gioco di equilibrio tra le varie articolazioni, testa, colonna vertebrale, bacino, anche, ginocchia, piedi (elencate in ordine discendente), ma va anche ricordata la relazione tra il cingolo pelvico e quello scapolare.

Ovvero tra il segmento bacino e quello spalle, che permette di avere un accomodamento di relazione tra gli arti superiori e inferiori, utilizzando la colonna vertebrale come giunzione e la testa come timone.

Il punto dove noi scarichiamo il nostro peso è il punto di appoggio ultimo, ovvero il pavimento quando siamo in piedi fermi o camminiamo, la sedia con o senza schienale quando siamo seduti, il letto o peggio il divano quando siamo sdraiati.

Lo scarico del nostro peso rispetto ad una superficie ci da un impulso diretto all’aggiustamento posturale, sarà quindi sempre diverso a seconda di dove scarichiamo i nostri appoggi.

Sono gli stimoli esterni che danno la partenza di accomodamento della nostra posizione nello spazio che occupiamo, ma è anche vero che la postura risponde alla capacità motoria del soggetto stesso.

Ma la capacità motoria è standard per ogni individuo?

Ovviamente no ed è influenzata da moltissimi fattori, i traumi fisici come anche quelli emotivi, il corretto funzionamento dei recettori articolari, muscolari, tendinei e capsulari, la vista, l’udito, l’equilibrio, le medesime posizioni protratte nel tempo, la riduzione del tono muscolare, lo stress, il vissuto (concetto a cui mi allaccerò tra poco), un’ alterata occlusione dentale, la respirazione, l’alimentazione e non ultimo patologie intrinseche sistemiche o non, che possano influenzare la capacità adattativa del corpo.

Postura_03Possiamo dire che l’individuo è in costante adattamento e modificazione, questi cambiamenti vengono registrati ed elaborati dal cervello umano che li registra e in alcuni casi li instaura in maniera permanente, quindi ripetendo in maniera coscia o inconscia dei movimenti e delle posizioni, possono entrare a far parte di un corredo cerebrale automatizzandoli e riproponendoli in maniera automatica ed inconscia, alcuni di essi saranno corretti e fisiologici mentre altri saranno sbagliati (errori posturali) e potenzialmente patologici se prolungati e mantenuti nel tempo.

Postura_04Le patologie che possono instaurasi sono varie per entità e per importanza, segmentali o generalizzate:

  • accorciamenti muscolari con retroazioni delle catene muscolari e disequilibrio tra gruppi agonisti e antagonisti, predisposizione a contratture, stiramenti, strappi muscolari
  • alterazioni articolari con compressione delle stesse e stress cartilagineo, predisposizione alla danno e alla degenerazione delle cartilagini e quindi a seguire, la manifestazione di artrosi, alterazioni degli assi articolari (ginoccchio varo-valgo, iperesteso o in flexum, piede piatto, piede valgo etc)
  • relazioni vertebrali disfunzionali, ipercifosi, iperlordosi, scoliosi, cuneizzazioni vertebrali e queste alterazioni delle curve vertebrali possono arrivare a sviluppare patologie discali, neurologiche periferiche, interfaccettali.

Postura_05La postura va curata sia nelle varie fasi di crescita e sviluppo dell’individuo e sia nel trascorrere della vita della persona stessa, in modo tale da utilizzarla e mantenerla nella sua massima efficienza, prevenendo patologie indesiderate e inaspettate.

Uno specialista del settore sanitario deve controllare la postura del paziente e richiedere se necessario un’ indagine radiografica, coadiuvata da esami di coronamento qualora se ne presentasse la necessità, per fare la miglior diagnosi sulla causa del problema posturale in essere e programmare la miglior cura per il miglioramento e la risoluzione del problema.

Postura_06La fisioterapia è fondamentale per curare la postura, così com’è di grande aiuto l’osteopatia.

Non sono pochi i casi dove sia necessario l’utilizzo di tutori esterni di vario genere e natura, che possano mantenere la postura corretta per alcune ore, o in maniera fissa nei casi più gravi.

Nelle situazione di deviazione vertebrale importante si può arrivare addirittura all’intervento chirurgico di correzione e stabilizzazione vertebrale.

Sarà fondamentale l’impegno del paziente per migliorare e gestire in maniera autonoma la propria postura, con esercizio fisico e mirato al miglioramento delle postazioni di lavoro nell’attività quotidiana.

La postura è importante, è parte attiva della nostra salute, curiamola, dedichiamogli attenzione e i benefici che ne otterremo saranno evidenti.

Cervicobrachialgia

La cervicobrachialgia é una patologia di tipo neurologico/ortopedico che comporta uno stress del plesso nervoso periferico brachiale.

La patologia può portare ad un’infiammazione, un’irritazione, una compressione (spesso si associano tra di loro) delle vie neurologiche, caricando la radice sensitiva, motoria od entrambe.

Il plesso brachiale è una porzione del sistema nervoso periferico che riunisce varie radici nervose, provenienti dal canale vertebrale nella porzione della cervicale medio bassa.

Cervicobrachialgia_02Le radici che formano il plesso brachiale sono C5-6-7-8-T1 e parzialmente C4 e T2, che anastomizzano con le radici di C5 e T1.

Solamente per ricordare: la lettera C sta per indicare cervicale e la T per toracica, il segmento cervicale è formato da 7 vertebre con dischi intervertebrali di interposizione che partono dall’unità vertebrale C2-3 a scendere.

Il plesso brachiale quindi parte dalla cervicale per distendersi sul territorio della spalla, braccio, avambraccio e mano, facendosi carico di trasmettere un messaggio motorio dal centro di comando cerebrale alla periferia e di riportare al comando centrale tutti gli stimoli sensitivi periferici.

Il plesso brachiale si riunisce in tronchi e fasci da cui poi si diramano i vari nervi specifici per territorio e competenza.

Il plesso nervoso di cui stiamo parlando ha delle zone critiche anatomiche di passaggio dove rischia di subire compressione o trazioni irritative che ne minano lo stato di salute.

La cervicobrachialgia può essere a estensione parziale o completa, ovvero si può manifestare in una porzione del territorio che va dalla cervicale, passando per la spalla, fino alla mano oppure, o su tutto il distretto innervato.

Cervicobrachialgia_03Si può presentare una cervicalgia, dolore sulla zona cervicale e limitazione articolare nei movimenti di rotazione, inclinazione laterale e di flessioneestensione.

Si manifestano stati di contrattura muscolare, alle volte anche diffusa e non è raro che il paziente associ sensi di nausea e sbandamenti.

Nel percorso del plesso brachiale che va dalla cervicale, passando per la spalla, per il gomito, fino ad arrivare alla mano, si possono manifestare alterazioni della sensibilità, come formicolii, bruciori, alterazioni della temperatura percepita, e alterazioni della sensibiltà propria, ovvero una diminuzione o un aumento di cosa viene percepito a contatto della nostra pelle.

Si possono presentare alterazioni muscolari, con una perdita di forza, una diminuzione della resistenza, la comparsa di crampi e contratture.

La cervicobrachialgia ha molteplici cause, diverse tra di loro ma con risultatati simili nella sintomatologia e spesso diversi nell’evoluzione.

Cervicobrachialgia_04Vediamole insieme:

  • ernia discale
  • riduzione dei forami di coniugazione
  • riduzione degli spazi intervertebrali
  • artrosi
  • artrite
  • osteofitosi intracanalare
  • stenosi del canale vertebrale
  • alterazioni vascolari arteriose e/o venose
  • restrizione dei punti di passaggio del decorso del plesso brachiale (es. stretto toracico superiore)
  • degenerazione o denervazione del nervo interessato.

Ognuna di queste cause può avere come conseguenze la manifestazione di una neuropatia compressiva, irritativa, congestizia, anossica, su una o più radici del plesso brachiale, tale da far manifestare i sintomi a carico dello porzione motoria, sensitiva o di entrambe, della cervicale e dell’arto superiore.

La ricerca della cura e la prognosi sarà diversa per tempi e per modi a seconda delle cause sopra citate e per questo diventa fondamentale fare una diagnosi accurata e dettagliata sulla patologia e sulla causa che l’ha portata ad esistere.

Cervicobrachialgia_05La diagnosi viene fatta in molteplici sequenze che partono dalla raccolta dati estrapolata dal racconto del paziente, sul manifestarsi della sintomatologia nelle modalità e nei tempi della giornata, sulla nascita della sintomatologia, su tutto quello che può interferire con lo stato di salute e che possa alimentare il malessere in atto.

A questo seguiranno una batteria di test che metteranno in evidenza la condizione della cervicale e del plesso brachiale sia all’uscita del forame di coniugazione che durante il suo tragitto.

Importantissimo è anche lo studio dei riflessi osteotendinei e la valutazione neurologica dello stato di funzionamento muscolare per forza, resistenza, coordinamento e precisione nell’esecuzione.

Cervicobrachialgia_06Alla prima fase di diagnosi é consigliato proseguire con la diagnostica per immagini, che varierà tra una RX cervicale, ad una RM per valutare lo stato anatomico delle strutture discali, radicolari e in generale di tutti i tessuti molli che che vivono nello spazio esaminato dalla RM, oppure ad una TC nel caso si voglia studiare nel dettaglio lo stato osteoarticolare della regione.

Nel caso ci siano delle condizioni particolarmente sfavorevoli all’esame clinico e al diagnostico per immagini, si può rendere necessario proseguire con l’ elettromiografia, capace di valutare lo stato di salute del nervo nell’interazione con la placca motrice e la sua capacità di trasportare il messaggio neurologico.

Spesso il primo approccio a cui si ricorre è quello farmacologico dove sono molte le strade da percorrere.

Cervicobrachialgia_07Si andrà dall’uso di farmaci antinfiammatori non steroidei a quelli steroidei, all’utilizzo associato e non, di farmaci miorilassanti per detendere la muscolatura, all’uso di analgesici e antidolorifici di varie categorie.

Ovviamente l’utilizzo dei farmaci sarà scelto in base alla diagnosi fatta e alla causa individuata nello sviluppo e nel mantenimento della cervicobrachialgia.

La fisioterapia e l’osteopatia hanno un ruolo fondamentale nella cura e nella prevenzione di questa patologia, perché sono in grado di lavorare sull’apertura degli spazi articolari, sulla mobilizzazione delle strutture discali e del sistema nervoso periferico, sulla riduzione di tensione dei punti critici nel passaggio del plesso brachiale, nella capacità di drenare le zone di edema venose e linfatiche che possono aumentare in maniera patologica lo stato di tensione tessutale e articolare, sulla ricerca di mobilità dei fulcri sinergici con il segmento cervicale nel movimento combinato dei 3 piani dello spazio, nella ricerca del miglior assetto posturale statico e dinamico della persona.

Cervicobrachialgia_08Inoltre la fisioterapia e l’osteopatia sono in grado di gestire la salute del paziente con la prevenzione e la gestione dell’anatomia e della fisiologia prima che sviluppi la patologia cervicobrachialgica e l’esplosione della sua sintomatologia.

Nei casi severi dove il danno anatomico e la sua alterazione è talmente grave da non rispondere a cure farmacologiche, a interventi fisioterapici o/e osteopatici, nel momento in cui anche l’esame elettromiografico metta in risalto un danno neurologico rilevante, in quel caso si può ricorrere alla chirurgia, andando a rimuovere la causa e tutelando il segmento vertebrale dall’evoluzione della patologia.

Ovviamente un intervento chirurgico non si fa mai a cuor leggero, ma in alcuni casi è l’unica strada percorribile per ritrovare una buona salute.

La cervicobrachialgia è subdola nella sua evoluzione e aggressiva nella manifestazione della sintomatologia, ha un tempo di guarigione non sempre immediato e può condizionare la vita sociale, lavorativa, affettiva del paziente, ma con la dovuta attenzione nel fare diagnosi, con la precisione nella ricerca della causa, con il giusto programma terapeutico, si riesce a recuperare un’ottima condizione di salute e a prevenirne le ricadute.

Stenosi del canale vertebrale

Stenosi_canale_vertebrale_01Il canale vertebrale è da immaginare come un astuccio contenete il midollo vertebrale per gran parte della sua estensione (fino alla 2° vertebra lombare) e per la restante porzione è occupato dalla cauda equina, ovvero da filamenti nervosi che si diramano dal midollo fino all’uscita di una parte dei forami di coniugazione vertebrali lombari e dai forami sacrali.

La colonna vertebrale, ovvero l’astuccio di cui sopra vi ho accennato, è composta dalla giunzione articolata di 7 vertebre cervicali, 12 vertebre toraciche, 5  e 5 vertebre sacrali (queste ultime sono fuse tra di loro) per un totale di 29 vertebre. Le vertebre coccigee, in questa patologia, non sono considerate perché non contengono nel loro interno strutture neurologiche.

Stenosi_canale_vertebrale_02

Per stenosi del canale midollare si intende una patologia generata dalla restrizione del canale midollare e quindi dell’astuccio, che invece che contenere matite, penne e temperini, ospita una struttura nobile quale il midollo spinale, importantissima per la vita.

Il midollo spinale ha il compito di portare messaggi dal cervello alla periferia di tipo motorio e dalla periferia al cervello di tipo sensitivo, inoltre è parzialmente il responsabile della qualità del coordinamento motorio, della regolazione e gestione delle articolazioni a livello propriocettivo e non per ultimo, ha delle porzioni deputate alla funzione neurovegetativa di tipo ortosimpatico, ovvero alla gestione autonoma di alcune funzioni vitali del corpo umano.

Il restringimento del canale vertebrale può manifestarsi a qualunque livello, ovviamente più il problema si manifesterà in alto sulla scala vertebrale e più il territorio sofferente sarò vasto. A questo punto cerchiamo di capirne le cause!

Cause

Sono molteplici e di varia natura, più o meno importanti, ma con la possibilità per ognuna di creare una perturbazione delle vie di comunicazione neurologiche:

  • Stenosi_canale_vertebrale_03alterazioni artrosiche rilevanti delle articolazioni intervertebrali
  • formazione di osteofiti interni al canale vertebrale
  • ernie discali dure, disidratate e rigide
  • spondilolistesi ( anteriore o posteriore)
  • fibrotizzazione dei legamenti gialli (strutture legamentose intra canalari di copertura e giunzione con soluzione di continuità tra vertebre contigue)
  • malformazioni di tipo traumatiche
  • formazioni cistiche
  • patologie infettive vertebrali (spondilodisciti) soprattutto nelle sue conseguenze post acuzia
  • malformazioni di tipo congenite e tumorali (non tratteremo queste due condizioni nell’articolo perché andrebbero approfondite con calma e precisione)

Avere una formazione, di qualunque natura essa sia, all’interno del canale vertebrale, a contatto con il midollo spinale o con la cauda equina, riduce l’afflusso di informazioni in entrata e in uscita e in più con il trascorrere del tempo può portare ad una degenerazione compressiva e anossicacongestizia, del sistema neurologico locale.

Stenosi_canale_vertebrale_04A seconda della natura della stenosi midollare, l’età di insorgenza varia di gran lunga, se fosse dovuta ad un’ernia discale potrebbe manifestarsi precocemente rispetto ad una di origine artrosica dove l’età di sviluppo sarebbe avanti rispetto alla media.

In caso di spondilolistesi il fattore anagrafico incide relativamente, perché quello che risulta determinante è lo stato di gravità dello scivolamento vertebrale; in merito, una mia giovane paziente (12 anni), ha avuto una stenosi del canale midollare conseguente ad una spondilolistesi grave.

Sintomi

Vediamo i sintomi come si manifestano.

Il restringimento del canale midollare non porta sempre dei disturbi neurologici, semplicemente per il fatto che il midollo ha dello spazio di margine grazie al liquido cerebro spinale che lo circonda e lo protegge.

Stenosi_canale_vertebrale_05Il problema sorge quando la riduzione della sezione canalare diventa così importante da annullare gli spazi e i cuscinetti naturali che proteggono il sistema neurologico midollare.

Si possono presentare:

  • disturbi della sensibilità
  • disturbi della motricità
  • riduzione della forza e della resistenza
  • crampi muscolari
  • stanchezza
  • dolori localizzati sulla zona vertebrale
  • mielopatie compressive
  • modificazione della postura che tenderà a spostarsi in avanti
  • riduzione dell’autonomia nei tempi di esecuzione
  • deficit viscerali

Nella stenosi del canale midollare la sintomatologia non è costante ma si acuisce o diminuisce a seconda della postura che il soggetto adotta.

Stenosi_canale_vertebrale_06

La postura eretta o in iperestensione porta il canale midollare a restringersi e a diminuire il proprio diametro interno, mentre la postura in semiflessione ottiene un aumento di volume dello spazio interno, il tutto è dovuto alla mobilità vertebrale che ne permette la modificazione sia meccanica che anatomica negli spazi di giunzione.

Questo spiega perché i pazienti affetti da stenosi del canale midollare, all’aumento sintomatologico, hanno bisogno di piegarsi in avanti o di sedersi portando il busto in semiflessione, riducendo in maniera diretta la manifestazione dei sintomi.

Diagnosi

La diagnosi viene guidata dalla sintomatologia del paziente e viene strutturata dall’esame clinico dello specialista che valuterà i riflessi osteotendinei, la forza muscolare, la sensibilità, la resistenza e l’insorgenza del dolore provocato.

A questo è fondamentale aggiungere la diagnostica per immagini che vede la risonanza magnetica in grado di studiare la componete stenotica di tipo molle, ernia discale, fibrotizzazione dei legamenti gialli, la presenza di spondilolistesi, la formazione di cisti radicolari o midollari ed inoltre permetterà d intuire la degenerazione artrosica o la formazione di osteofiti.

Stenosi_canale_vertebrale_07L’esame TC permette di studiare nel dettaglio la conformazione ossea interagente con il contenuto del canale vertebrale e l’eventuale presenza di formazioni solide, ad esempio osteofiti ed esostosi.

Cura

La cura vede varie modalità di intervento ma chiaramente il tutto si basa sulla tempestività della diagnosi o dall’avanzamento della patologia e dallo stato di salute del midollo spinale.

Generalmente a livello farmacologico si utilizzano antinfiammatori, associati ad analgesici, per ridurre lo stato infiammatorio legato alla compressioni intramidollare.

La fisioterapia e l’osteopatia diventano fondamentali nel recuperare e nel mantenere la maggior mobilità vertebrale sul segmento o sui segmenti evidenziati dall’insorgenza della patologia, riducendo le zone di pressione toraco-addominali, migliorando la circolazione del liquido cerebrospinale e aumentando la mobilità di scorrimento del midollo insieme alle sue radici all’interno dell’astuccio vertebrale.

Se la patologia è sviluppata dalla presenza di alterazioni dei tessuti molli o dicali si può ridurre il loro ipertrofismo e il volume.

Stenosi_canale_vertebrale_08Quando la stenosi è di tipo duro ovvero da ernie discali calcificate, osteofiti, esostosi o ipertrofia artrosica delle faccette articolari, sarà necessario il consulto neurchirurgico per capire il margine eventuale di migliorabilità o la necessità di intervenire chirurgicamente andando ad aprire lo spazio canalare midollare.

Nel caso di spondilolistesi la strategia di approccio varie in base al grado in essere delle scivolamento vertebrale.

Nei casi gravi sarà necessario intervenire chirurgicamente stabilizzando la vertebra slittata, ancorandola con mezzi di sintesi.

La stenosi midollare è una patologia importante e delicata, non dobbiamo spaventarci, abbiamo tutte le carte per poterla prevenire e curare, bisogna essere però attenti ai sintomi e rivolgersi tempestivamente allo specialista di vostra fiducia.

Cefalee o mal di testa

Cefalee_01E’ un dolore di multifattoriale e di varia entità che colpisce la regione della testa in tutte le sue componenti, muscoli, tendini, membrane intracraniche, tessuto fasciale di congiunzione, organi, strutture vascolari, articolazioni, ad eccezione del tessuto cerebrale in quanto tale perché privo di nocicettori, ovvero di cellule che captano e innescano la sensazione del dolore.

Il mal di testa affligge la quasi totalità della popolazione per almeno una volta l’anno, con rapporto variabile tra uomo e donna a seconda del tipo di cefalea che si manifesta.

Cefalee_02Gli studi per capire questa patologia si perdono nel tempo, ma i primi tentativi di classificazione più conformi a noi si rifanno all seconda metà del 1600, ed è anche per questo che oggi non abbiamo una classificazione unica;

la più diffusa e quella accettata dall’OMS (organizzazione mondiale della sanità) è l’ICHD (international classification of headache disorders).

 

 

Anche di questa classificazione, nel tempo, ci sono state varie revisioni ed aggiornamenti per giungere alla attuale suddivisione in 3 macro gruppi:

  • cefalee primarie
  • cefalee secondarie
  • altri

Essendo l’inquadramento molto complesso e con varie sottoclassificazioni vi rimando all’indirizzo

http://www.ihs-klassifikation.de/it/02_klassifikation/

dove sarà possibile entrare nelle singole elencazioni ed analizzarle nel dettaglio.

Cefalee_03

Le cefalee primarie non presentano una causa organica o strutturale, apparente e ben definita; potremmo dire che non sia ben chiaro il meccanismo di insorgenza e di manifestazione; ci sono alcune teorie su cui vari studi sono stati portati avanti dimostrando delle relazioni intreressanti, come il ruolo attivo della serotonina, ma proprio per la nebulosità eziologica (la causa della malattia) questa classificazione viene definita primaria.

Le cefalee secondarie sono legate ad eventi di varia natura e quindi con una motivazione concreta che spazia su molti fronti:

  • traumiCefalee_04
  • disfunzioni dell’articolazioni temporo-mandibolare e cervicali
  • modificazioni posturali
  • aumento della pressione sanguigna
  • aumento della pressione intracranica del liquido cerebro-spinale
  • aumento della pressione intraoculare
  • alterazione dell’accomodamento visivo e della vista in generale
  • nevralgie dei nervi cranici
  • mastoiditi
  • alterazioni dell’orecchio
  • emorragie cerebrali
  • ischemie cerebrali
  • infezioni batteriche o virali, intracraniche o sistemiche
  • patologie vascolari arteriose o venoseCefalee_05
  • infiammazioni locali e perilocali mono o multi tessutali
  • alterazioni ormonali
  • attività premestruale
  • abuso farmacologico
  • intossicazioni di varia natura e avvelenamento
  • patologie psichiatriche
  • attività fisica
  • colpo di calore
  • neoplasie.

Come inizialmente accennato il dolore associato alla testa è causato dall’attivazione dei nocicettori che sono presenti ovunque tranne nella massa cerebrale, pertanto possono essere attivati per una cattiva funzione, per una patologia inerente o per un evento traumatico.

Cefalee_06Con tale considerazione viene facile applicare un ragionamento causa-effetto-risoluzione sulle cefalee di origine secondaria e meno per le cefalee di tipo primario.

Nelle cefalee di tipo 1 (primarie) si cerca un riscontro di cattivo funzionamento, un’alterazione di tipo congestizio, di ipossia che disturbi l’equilibrio dei tessuti, ma che non sfoghi nel patologico.

Una teoria oggetto di discussione riguarda anche la predisposizione ad una ipereccitabilità dolorifica della corteccia cerebrale, il tutto spesso ritrovato anche come condizione di familiarità.

Cefalee_07Per approcciare una patologia cosi diffusa e complessa, diventa fondamentale fare una buona anamnesi (raccolta di dati clinici fisiologici e patologici sia personali che familiari, a scopo diagnostico), con la quale stabilire una diagnosi il più possibile precisa ed associare la cura migliore per avere una rapida e duratura riduzione delle manifestazioni e dei sintomi.

Come ormai è chiaro, le cefalee hanno varie sfaccettature per tanto è consigliabile, ove le manifestazioni siano frequenti e invalidanti, tenere un diario sul quale appuntare il tipo di dolore, la zona dove si manifesta, i sintomi associati e i fattori aggravanti, per facilitare il compito diagnostico e terapeutico di chi vi tiene in cura.

Cefalee_08Nelle cefalee primarie bisogna trovare il giusto equilibrio tra:

  • l’aiuto farmacologico, per bloccare l’evoluzione del mal di testa e non renderlo invalidante nelle attività di vita quotidiane
  • la terapia manuale che possa migliorare e tenere in equilibrio le funzioni che abbracciano il campo osteoarticolare, muscolare e legamentoso delle strutture che ritroviamo direttamente nella testa e in quelle che con esse convivono direttamente e indirettamente
  • il drenaggio dei liquidi inerenti, che possono influire negativamente sullo stato biologico e tensivo della zona cranica
  • la diminuzione degli stimoli dolorifici e la riduzione della sensibilità all’attivazione dei nocicettori

Cefalee_09Nei casi di cefalee secondarie invece sono spesso prescritti esami appropriati per confermare la causa scatenante, che possa influire sulla comparsa del mal di testa.

Le indagini utilizzate variano dall’emocromo a TC, RM, RX, ecografie e quant’altro sia di supporto all’ipotesi diagnostica dello specialista a cui vi affiderete.

Una volta accertata la causa che scatena la sintomatologia, sarà diretta la cura da seguire e sarà possibile stabilire la prognosi sull’andamento e sull’evoluzione della cefalea.

E’ proprio il caso di dire: MENS SANA IN CORPORE SANO

 

Scoliosi

La scoliosi è un’alterazione della colonna vertebrale che si manifesta su vari piani dello spazio, stabilendo la sua gravità proprio in rapporto ai numeri dei piani impegnati e all’angolazione sviluppata.

La visione frontale è quella che primariamente viene coinvolta dando uno spostamento, verso destra o sinistra della curva vertebrale primaria, rispetto ad un ipotetico filo a piombo che si proietta dalla base del cranio fino a terra, con l’osso sacro come punto intermedio.

Oltre al piano frontale anche quello orizzontale e in alcuni casi il sagittale, vengono a modificarsi con l’aumento della patologia.

Abbiamo tre grosse distinzioni di causa:

  • atteggiamenti scoliotici
  • le scoliosi idiopatiche (ovvero senza motivo apparente)
  • le scoliosi secondarie

Nell’esame bisogna accertarsi se sia una deviazione patologica vera oppure solamente un atteggiamento, se sia idiopatica, oppure secondaria a delle condizioni malformative o patologiche pre esistenti, quali siano le caratteristiche delle malformazioni e che potenziale evolutivo abbiano.

L’atteggiamento scoliotico si differenzia dalla scoliosi vera per la presenza della deviazione di una porzione vertebrale solo sul piano frontale, senza la formazione di gibbi, mentre la scoliosi, alla flessione anteriore, denota un rilievo monolaterale;

le due differenti situazioni prevedono un’attenzione ed una cura ben diversa ed un piano terapeutico adeguato.

 

Le scoliosi vengono denominate in base alla curva primaria vertebrale che da il via alla patologia.

Hanno tutte una loro evoluzione, maggiormente pericolosa nell’età dello sviluppo e quindi della crescita ossea, è però altrettanto vero che il loro cambiamento può continuare anche nell’età adulta quando lo stato di salute generale crea situazioni afisiologiche che diventano condizioni di causa secondaria, alimentando la scoliosi stessa.

Altra condizione di evoluzione è il mancato compenso nel contesto posturale, quindi va cercato, oltre alla miglior correzione possibile, il mantenimento di un ottimale equilibrio posturale per evitare che la scoliosi possa irrigidirsi nel tempo, spostando le curve adattative su altri segmenti.

La gravità della scoliosi diventa maggiore quanto più i suoi gradi angolari salgono di valore; per valori alti la condizione ortopedica si sposta anche ad un contesto viscerale, dove una curva eccessivamente accentuata può generare dei disturbi di funzionamento a quegli organi che vengano compressi dalla deviazione vertebrale.

L’individuare un atteggiamento scoliotico o una scoliosi in fase iniziale, diventa fondamentale per attuare un piano terapeutico efficace ed ottenere il massimo recupero possibile.