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Il piede cavo

piede cavo 01Il piede cavo è una conformazione alterata dell’arco plantare, che mostra un eccesso di curva della volta interna, aumentandone l’altezza oltre misura, con uno spostamento dell’equilibrio di appoggio sulla porzione laterale del calcagno e del mesopiede.

Il piede cavo è la conformazione diametralmente opposta al piede piatto (argomento di cui ho parlato in uno dei miei precedenti articoli https://www.ambrogioperetti.it/piede-piatto/).

piede cavo 02Al piede cavo, si associa un’alterazione della biomeccanica statica e dinamica, che comporta una traslazione del calcagno in atteggiamento di varismo, dovuto allo spostamento di carichi nella porzione più laterale e un atteggiamento a griff delle dita dei piedi, che cercano di recuperare un meccanismo di adattamento e di ammortizzazione di competenza della volta plantare interna, oltre che di quella trasversale.

Queste alterazioni di forma e di funzione comportano con il passare del tempo anche un accorciamento o una deviazione di asse dei tendini.

Il tendine d’Achille tende a lavorare non più in asse ma traslato esternamente.

I tendini dei muscoli flessori plantari lunghi delle dita tendono ad accorciarsi, così come i tendini degli estensori dorsali metacarpo-falangei.

piede cavo 03La stessa fascia plantare con il passare del tempo, subisce una fibrotizzazione ed una retrazione, riducendo ancor più il ruolo ammortizzante della volta plantare interna.

Il piede cavo, strutturandosi sempre di più nel tempo, comporta un retrazione della catena muscolare del polpaccio, con uno squilibrio che si trasmetterà alle sinergie muscolari tra catene agoniste e antagoniste dell’intero arto inferiore, per arrivare ad un accomodamento che potrà essere ricercato addirittura nel sistema scheletrico del bacino e della colonna vertebrale.

Il piede cavo generalmente ha una partenza asintomatica, ovvero nella fase di sviluppo del dimorfismo plantare, i tessuti molli muscolo-tendinei e capsulo-legamentosi, sono ancora sufficientemente elastici da adattarsi con facilità alla deviazione dei carichi e alla perdita parziale del sistema di ammortizzamento della volta plantare interna.

piede cavo 04Il paziente diventa sintomatico nel momento in cui la cronicità del piede cavo, si associa ad una degenerazione e/o ad un invecchiamento dei tessuti molli, che fibrotizzando, perdono le loro capacità di compenso, attivando altresì segnali nocicettivi e feedback propriocettivi alterati, instaurando delle contratture antalgiche riflesse.

I sintomi più comuni che il paziente riporta sono:

  • rigidità del piede, delle dita e della caviglia
  • dolore nella zona della fascia plantare
  • fascite planare
  • dolore nella zona calcaneare infero-esterna
  • tallonite
  • dolore nella zona legamentosa del malleolo peroneale
  • sviluppo di dita ad artiglio o a martello, con la presenza di callosità nella zona dorsale interfalangea
  • instabilità della caviglia con tendenza a fare distorsioni esterne
  • aumento della faticabilità nel mantenere a lungo la posizione eretta
  • aumento della faticabilità fino alla comparsa del dolore nelle attività di deambulazione o di corsa, specie se in pendenza
  • tendiniti su uno o più tendini dei compatimenti direttamente coinvolti nella biomeccanica del piede.

causeIl piede cavo ha principalmente 3 categorie eziologiche:

  • congenito
  • adattativo
  • idiopatico

La forma congenita vede insita una familiarità, che trasmette per ereditarietà la conformazione anatomica caratteristica del piede cavo.

La forma idiopatica, è definita tale perché non c’è una causa apparente o riconducibile allo sviluppo di tale dimorfismo.

La forma adattativa è la conseguenza di eventi traumatici o patologici che obbligano il piede a cercare un compenso, anche se in una forma sbagliata.

La forma adattativa può insorgere a seguito di:

  • traumi soprattutto di tipo fratturativi, con deformazioni non recuperabili e/o anchilosi
  • forme artritiche deformanti
  • patologie neurologiche che comportano spasticità muscolare periferica
  • l’utilizzo eccessivo e prolungato di calzature strette e dal tacco alto.

piede cavo 06La diagnosi del piede cavo è ben oggettivatile al semplice esame obiettivo, ma è comunque molto importante fare una più che attenta anamnesi, per capire le condizioni che possono aver portato al cavismo del piede, quando ha iniziato a manifestarsi, quando si è instaurato e quanto va ad inefficiare nella vita del paziente, se valutato all’interno delle attività di vita quotidiana e nelle attività ludico-sportive.

La ricerca di segni e sintomi, è importante per studiare lo stato di gravità della patologia e la facilità di iperattivazione del dolore.

E’ importantissimo osservare anche la stabilità articolare sia nelle zone di passaggio tra retropiede, mesopiede e avampiede, sia la rigidità articolare associata a quella dei tessuti molli di competenza diretta e indiretta.

piede cavo 07Risulta molto utile richiedere un esame baropodometrico, sia statico che dinamico, per analizzare la postura del piede e l’impronta dell’appoggio al suolo, nelle attività congrue alla vita quotidiana.

L’esame radiografico e/o quello di RM, verranno richiesti nel momento in cui è ritenuto importante valutare lo stato di salute del piede, sia dal punto di vista odsteo-articolare, che dei tessuti molli muscolo-tendinei e capsulo-legamentosi.

Esami neurologici specifici potranno essere richiesti, in supporto ad una diagnosi primaria di patologia neurologica, con effetti di spasticità muscolare periferica.

ecografiaAnche l’ecografia può entrare in campo, dal momento in cui sia richiesto un’esame che focalizzi l’attenzione sui tessuti periarticolari e sulla muscolatura nella sua integrità e nello stato di salute.

Il trattamento prevede una serie di approcci, che abbracciano molteplici strategie.

E’ importante ridurre le rigidità articolari del piede, che si instaurano sempre più prepotentemente con il passare degli anni, in maniera tale da mantenere funzionali le articolazioni e la capacità di trasmettere i carichi biomeccanici dal retropiede, al mesopiede, fino all’avampiede.

Allo stesso modo è necessario elasticizzare le strutture tendinee ottimizzando le tensioni muscolari, per equilibrare le catene muscolari agoniste-antagoniste, sia del polpaccio che dell’intero arto inferiore.

Vanno scaricate le zone di tensione legamentose e capsulari-articolari, che per deformazione della posizione anatomica, subiscono dei carichi in elongazioni, rendendo instabile l’articolazione stessa.

E’ di grande aiuto utilizzare un plantare di scarico, per mettere a riposo la muscolatura cavizzante del piede e permettere alla fascia plantare di diminuire la tensione.

Gli esercizi propriocettivi statici e dinamici, permettono di allenare la risposta posturale adattativa, nel meccanismo di reazione muscolare ai carichi dissipati in appoggio.

Nei casi in cui il piede cavo sia dovuto a una o più cause di quelle precedentemente illustrate, è importante cercare di ridurre gli effetti patologici che costringono il piede al dimorfismo in cavismo.

I pazienti che non non trovano nessun giovamento dalle terapie convenzionali, possono essere sottoposti a terapia chirurgica.

Gli interventi di chirurgia hanno strade diverse a seconda dei tessuti o delle strutture che vogliono essere ricondizionate.

  • tessuti molli

Si può intervenire sui tessuti molli, cercando di modificare gli assi tendinei, legamentosi, o stabilizzando le capsule articolari.

Sono della stessa famiglia di intervento, anche gli allungamenti tendinei come quello del tendine d’Achille, o della fascia plantare.

  • osteotomia

L’osteotomia è un intervento che mira alla riduzione di porzioni di tessuto osseo, per creare delle nuove angolazioni anatomiche, capaci di recuperare un forma più congrua rispetto alla normalità.

  • artrodesi

È un’operazione di stabilizzazione articolare, con l’obiettivo di fondere una più articolazioni, per eliminare la possibilità di fare movimento su quei fulcri specifici e trasferire i carichi sulle articolazioni contigue.

La scelta del tipo d’intervento chirurgico sarà valutata dal chirurgo competente, che studierà la deformità, la natura che ne ha caratterizzato l’evoluzione, la cronicizzazione e le disabilità che affligge il paziente.

Ovviamente l’intervento chirurgico di qualunque tipo esso sia, prevede un periodo di recupero riabilitativo, per diminuire i postumi operatori ed ottimizzare i risultati, rispetto ad un quadro di sintomatologia e di recupero delle funzioni articolari, muscolo-tendinee e capsulo-legamentose, inquadrate in un contesto di ottimizzazione dei feedback propriocettivi e nocicettivi.

In questo articolo abbiamo imparato che il piede cavo è una deformazione dell’arco plantare dall’eziologia variabile, che porta sia ad un’alterazione anatomica, che ad un cattivo funzionamento del piede stesso.

La sua conformazione nella maggior parte delle situazioni non è reversibile, pertanto va mantenuto elastico e funzionale sia nella sua struttura, che in rapporto all’intero arto inferiore e all’adattamento della colonna vertebrale, bacino incluso.

La salute passa attraverso la conoscenza e con l’articolo di oggi abbiamo la possibilità di aggiungere un tassello al nostro benessere.

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

Ginocchio valgo, ginocchio varo

Ginocchio_valgo_varo_01Il valgismo ed il verismo del ginocchio sono due alterazioni di posizione dei capi di giunzione articolare, ovvero femore e tibia, che perdono la loro ottimale angolazione di incontro, andando a portare il ginocchio più vicino alla linea centrale del corpo nel caso del valgismo, oppure più lontano alla linea centrale del corpo nel caso del varismo.

Il ginocchio é un’articolazione dove i capi articolari sono appoggiati tra di loro, contenuti da capsule e legamenti, pertanto godono di un equilibrio sempre condizionato da fattori contigui, diverso invece sarebbe se fosse stata un’articolazione ad incastro come ad esempio quella dell’articolazione dell’anca dove la stabilità è molto maggiore.

Ginocchio_valgo_varo_02Il valgismo e il varismo possono essere anche notati per l’allontanamento delle caviglie tra di loro nel valgismo, mentre nel varismo avremo l’ allontanamento delle ginocchia tra di loro.

Il valgismo e il varismo generalmente si manifestano bilateralmente, ma non sono pochi i casi dove la deformazione sia a carico di un solo emilato.

Il ginocchio ha un asse leggermente diverso tra il maschio e la femmina e ciò è la risultante della diversa conformazione del bacino, più stretto nell’uomo e più largo nella donna.

La forma del ginocchio stesso é data dalla dalla risultante delle conformazioni del bacino, della testa del femore, della dialisi femorale, della tibia, della pinza malleolare rispetto all’astragalo e del calcagno.

Ginocchio_valgo_varo_03Adesso diventa chiaro quanto sia delicato l’equilibrio tra le strutture anatomiche della persona e le linee di gravità che comandano la nostra quotidianità biomeccanica statica e dinamica.

Insieme al valgismo e al varismo va considerato che ci sono modificazioni di accomodamento dell’articolazione nei 3 piani delle spazio, quindi insieme alla deviazione sul piano frontale, avremmo degli accomodamenti anche in rotazione (piano orizzontale) e in flesso-estensione (piano sagittale).

Questi compensi verranno mediati in primo luogo dalle strutture articolari mobili quali il perone, la pinza malleolare e la sottoastagalica, il calcagno, ovvero quelle strutture osteo-articolari che hanno una grossa capacità di accomodamento nella distribuzione dei carichi per favorire la mobilità e l’appoggio.

Fatto un quadro generale sul valgismo e sul varismo cerchiamo di capire quali possono essere le cause di queste alterazioni articolari.

Le cause

Le cause sono molte e di natura diversa, legate all’età in cui si manifestano ed evolvono.

  • Ginocchio_valgo_varo_04L’allineamento della testa del femore, della dialisi femorale e della tibia, crea il passaggio dei carichi delle linee di forza fino allo scarico a terra. Un alterazione di questi allineamenti creerà la predisposizione allo sviluppo e al consolidamento del ginocchio in valgismo o in varismo, a seconda se le deviazioni siano spostate verso l’interno o verso l’esterno della linea mediana.
  • Infezioni o traumi che possano aver pregiudicato la normale biologia delle cartilagini di accrescimento (zone ossee predisposte a dare lo starter di crescita all’osso in tutto l’arco di sviluppo), arrecandone un danno che porti ad una calcificazione o ad un’ossificazione prematura sconvolgendone l’equilibrio di sviluppo locale osseo.
  • Debolezza muscolare di una o più muscoli che portino a favorire la deviazione per trazione dei capi articolari rispetto ad un asse di equilibrio naturale. Può essere causato non solo dai gruppi muscolari mediali o laterali, tipici del valgismo o del varismo, ma anche di quei gruppi che, come avevo accennato precedentemente, portano a dei compensi in uno dei tre piani dello spazio e che contribuiscono a favorire il valgismo o il varismo stesso.
  • Traumi fratturativi che si risolvano con un cattivo allineamento dei monconi ossei, tanto da creare una deviazione e un cambiamento di asse permanente con ripercussioni inevitabili sulla normale posizione del ginocchio
  • Traumi distorsivi del ginocchio che comportino un danno parziale o totale delle strutture capsulolegamentose, tanto da non riuscire più a Ginocchio_valgo_varo_05contenere in maniera congrua l’articolazione e da sostenerla e guidarla negli appoggi e/o nella dinamica del movimento, con la conseguenza di una deviazione assiale del ginocchio.
  • Artrosi del ginocchio che porti ad una riduzione delle cartilagini articolari, un assottigliamento dei menischi per meniscosi, con una conseguente riduzione degli spazi articolari che raramente si manifestano in maniera uguale ed equilibrata tra il compartimento articolare esterno ed interno, creando così una deviazione del ginocchio, in diretta relazioni rispetto al compartimento del ginocchio che abbia perso altezza.
  • Non sono da sottovalutare le disfunzioni metaboliche che possano portare a rachitismo o comunque ad un cambiamento, per insufficiente nutrizione delle cellule predisposte all’accrescimento e al mantenimento della salute delle strutture ossee, cartilaginee, muscolari, connettivali.
  • L’ obesità è una delle cause che portano con facilità ad una deviazione del ginocchio, che costretto a sopportare un aumento di peso eccessivo, non oppone sufficiente resistenza alle forze che si concentrano sull’articolazione.

Ma cosa comporta aver un ginocchio valgo o un ginocchio varo?

I problemi si posizionano su livelli posturali, biomeccanici, sintomatologici e patologici.

La postura si altera cercando un adattamento sia sullo scarico a terra e quindi tramite il piede, modificando l’adattamento degli archi plantari e delle testa metatarsali, portando ad alterazioni sulla spinta durante il passo e al trasferimento del movimento dalla zona del retropiede alla zona dell’avampiede.

Il calcagno soffrirà nel cercare un equilibrio posticcio per scaricare il peso del corpo a terra (ricordo che il calcagno scarica da solo l’ 80% del peso corporeo che si presenta al piede).

Ginocchio_valgo_varo_06Le ginocchia stesse e le anche troveranno un adattamento in flesso estensione e in rotazione, tanto da ricreare una sinergia compensatoria tra le catene muscolari.

La postura dell’arto inferiore cercherà di scaricare il più possibile il ruolo adattativo anche sulla cerniera lombo sacrale e sul bacino.

Il movimento che si creerà sarà quindi funzionale ma non armonico portando in stress sia la muscolatura, che andrà incontro a contratture o a predisposizioni allo stiramento e agli strappi, sia le porzioni legamentose contenitive, che saranno soggette a tensione aumentata e quindi predisposte ad eventi distorsivi e ad elongazioni con perdita di stabilità della struttura.

I menischi del ginocchio subiranno un cambiamento di appoggio, di sostegno e di movimento che li porterà a subire una degenerazione precoce, fino alla rottura parziale o totale della zona meniscale che risentirà maggiormente dei cambiamenti descritti fin qui.

Ginocchio_valgo_varo_07Si potrà sviluppare con maggior precocità un’artrosi femoro tibiale e femoro rotulea con un consumo cartilagineo che minerà lo stato di salute articolare e la sua funzione, con un’ instaurarsi di dolori e impotenza muscolare.

La diagnosi

La diagnosi sarà basta su un esame clinico visivo in posizione eretta o supina, dove si valuterà la posizione delle ginocchia e delle caviglie rispetto alla linea mediana.

Nei casi particolarmente evidenti è consigliabile anche un esame radiografico degli arti inferiori e del bacino, per poter valutare la rima articolare delle ginocchia, rispetto all’ angolo coxo-femorale e alla conformazione del bacino, in maniera da avere un quadro sufficientemente preciso sullo stato in essere dei punti chiavi da indagare.

L’esame clinico sarà necessario per indagare se il ginocchio abbia perso di stabilità capsulo legamentosa e per capire se ci sono dei sintomi nascosti, muscolari, tendinei, meniscali, posturali che possano creare delle condizioni di predisposizione patologica immediata o futura.

La terapia

La terapia sarà differente se considerata in età evolutiva o in età adulta.

In età evolutiva sarà mirata a ricondizionare l’assetto del ginocchio in modo da recuperare il giusto posizionamento dei capi articolari.

Sarà fatto monitorizzando le cartilagini di accrescimento e il loro stato di salute, riducendo il peso, nel caso in cui ci sia una tendenza all’obesità oppure un’ obesità conclamata.

Sarà importante studiare anche l’alimentazione e lo stato ormonale in caso ci sia una forma di rachitismo o di riduzione dello sviluppo evolutivo.

Sempre rimanendo sui bambini si cercherà di corregge la postura del ginocchio rispetto al bacino alla zona di passaggio vertebrale tra le curve di cifosi e lordosi, rispetto al l’appoggio dei piedi e agli archi plantari.

Sarà necessario correggere il bilanciamento muscolare tra i gruppi antagonisti ed agonisti in modo da portare in sinergia le forze agenti sull’assetto dell’articolazione del ginocchio.

Ginocchio_valgo_varo_08Negli adulti la situazione diventa più preventiva nei riguardi dello sviluppo di patologie secondarie future, piuttosto che correttiva come nei bambini; gli adulti avendo ormai strutturato la loro deformazione in valgismo o varismo che sia, vanno indirizzati nell’evitare che questa condizione possa creare alterazioni anatomiche di tipo artrosico, meniscali, legamentose e capsulari, con la comparsa di dolori di tipo infiammatori o compressivi-distrattivi, tipici di queste situazioni.

Gli interventi saranno guidati dalla fisioterapia o dal l’osteopatia che correggeranno le disfunzioni articolari, muscolari, dei tessuti connettivi di giunzione e di rinforzo, la postura vertebrale, in maniera da bilanciare l’organismo e di tenero in equilibrio il più possibile.

Non è da sottovalutare l’utilizzo di plantari di sostegno e di tutori articolati contenitivi del ginocchio, per evitare lo stress nei lunghi periodi di attività fisica delle articolazioni protagoniste.

Nei casi dove sarà evidente un’ infiammazione o una sofferenza cartilaginea sarà possibile intervenire farmacologicamente con l’utilizzo di antinfiammatori e acido ialuronico.

Ginocchio_valgo_varo_09La chirurgia ha un suo peso specifico con l’osteotomia devalgizzante o devarizzante, capace di recuperare i gradi necessari a riportare in equilibrio l’articolazione del ginocchio.

È un intervento complesso che può dare dei grandi risultati, ma va effettuato solo nei casi eclatanti di gravi cambiamenti angolari e di forti ripercussioni sullo stato di salute ortopedico del paziente.

Il ginocchio valgo/varo, può esse affrontato, curato o gestito nel trascorrere del tempo, i mezzi ci sono e sono validi, ascoltiamo il nostro corpo, guardiamolo e ne trarremo grandi benefici.