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Carbossiterapia nel contesto della salute

La  carbossiterapia è una tecnica utilizzata nel campo medico sin dal 1932, che sfrutta la somministrazione di anidride carbonica a livello gassoso per via sottocutanea, con l’intento primario di far fronte alle arteriopatie in un  percorso di recupero funzionale.

Carbossiterapia 01 Carbossiterapia e flusso ematico

La carbossiterapia per effetto dell’inoculazione dell’anidride carbonica, riesce ad incrementare il flusso ematico locale, aumentando la contrattilità e di conseguenza il rilascio, della tonaca muscolare delle pareti arteriose in quanto tali e delle porzioni arteriose precapillari (metarteriole), incrementando la spinta ematica della circolazione e della microcircolazione locale, il tutto ottimizzato anche dall’effetto dell’anidride carbonica sul rilassamento delle cellule muscolari lisce negli sfinteri precapillari.

La carbossiterapia viene somministrata con infiltrazioni sottocutanee, tramite aghi molto sottili, collegati con dei tubicini, ad un apparecchio dotato di un  serbatoio che eroga gas di anidride carbonica, regolandone la somministrazione nella quantità e nella velocità, per mezzo di un flussometro.

Carbossiterapia 02Altro effetto importante dell’inoculazione di anidride carbonica è la risposta dell’emoglobina nel rilascio di molecole di ossigeno, come reazione ad un aumento dell’acidità del ph, conseguente all’incremento della concentrazione di anidride carbonica nel tessuto perilocale.

Gli effetti a cascata portano come ulteriore riflesso fisiologico, la stimolazione della lipasi intradipocitaria e quindi della lipolisi.

Nel contesto degli effetti fisiologici fin qui illustrati la carbossiterapia riesce ad affrontare differenti situazioni.

Campi di applicazione della carbossiterapia

Lasciando da parte il capitolo della medicina estetica, argomento non contemplato nel contesto dei miei articoli sanitari, i suoi effetti trovano importanti benefici nelle:


Carbossiterapia 03

  • patologie vascolari arterio-venose con specificità maggiore nell’affrontare i problemi del microcircolo
  • nella sindrome di Raynaud
  • nelle patologie dermatologiche che necessitano di riparazione e rigenerazione cellulare come ad esempio nelle ulcere cutanee, piaghe e simili
  • nel trattamento dei cheloidi e delle aderenze pericicatriziali.

La carbossiterapia deve essere effettuata con dei cicli che possono variare nel numero delle somministrazioni, in relazione all’importanza della patologia e alla cronicità che la caratterizza, con una media che si aggira da un numero di 3 a un numero di 20 sedute circa.

Sempre nel contesto della gestione della cronicità patologica, i cicli terapeutici devono essere ripetuti a distanza di tempo, con una indicazione stabilita nel contesto dello stato di salute del paziente.

La carbossiterapia è da sempre considerata una terapia sicura, dai pochi e minimi effetti collaterali nel periodo annesso alla somministrazione (edemi della zona trattata, perturbazione della sensibilità locale).

Controindicazioni

anamnesiMa parlando di controindicazioni, ci sono delle situazioni limite dove la carbossiterapia non è consigliata?

Dato che l’anidride carbonica iniettata viene eliminata dall’organismo attraverso gli organi emuntori e gli organi metabolizzanti, va salvaguardato il paziente che soffre di alcune patologie primarie quali:

  • insufficienza renale
  • insufficienza epatica
  • insufficienza respiratoria
  • insufficienza cardiaca
  • anemia
  • diabete.

Altro aspetto da tener presente è la gravidanza, dove la somministrazione di anidride carbonica è sconsigliata nell’ottica di tutelare un equilibrio biologico fetale.

Abbiamo imparato che la carbossiterapia può essere un valido aiuto nella gestione della salute su aspetti mirati alla vascolarizzazione del microcircolo e alla lipolisi.

Abbiamo imparato anche che è una terapia sufficientemente sicura, ma che può nascondere delle insidie se ci sono delle patologie primarie associate, motivo per cui bisogna essere accorti e farsi indirizzare da un professionista sanitario dedicato.

La salute passa attraverso la conoscenza e con l’articolo di oggi abbiamo la possibilità di aggiungere un tassello al nostro benessere.

Perché trascuriamo la prevenzione?

prevenzione 01Iniziamo subito con il dire che procrastinare o peggio, essere inadempienti verso la prevenzione nel campo della salute, fa male e può essere molto pericoloso.

La prevenzione riduce il rischio

Applicare i protocolli o semplicemente le strategie preventive, può ridurre drasticamente il rischio di sviluppare patologie oltre misura, dando la possibilità ai pazienti di correre ai ripari prima che sia troppo tardi, ovvero prima che la malata abbia sviluppato alterazioni anatomiche e funzionali tali, da mettere a repentaglio la salute del soggetto stesso.

Ancora oggi la migliore gestione delle più importanti malattie è proprio la prevenzione, perché previene o si accorge della presenza di una patologia nelle primissime fasi, ottimizzando al massimo le possibilità di interazione e di guarigione della malattia.

Ma allora perché ancora oggi il tasto della prevenzione viene da molti sottovalutato se non del tutto ignorato?

Sicuramente alla base c’è una carenza culturale sulle strade preventive da percorrere a seconda dell’età del paziente, del sesso maschile o femminile e dei diversi organi che compongono l’insieme del nostro corpo.

Alle volte diventa complice anche la pigrizia.

prevenzione 02Ma è sempre e solo così?

Oggi affermiamo che alla base dell’inadempienza preventiva, ci possono essere anche altri fattori di interazione.

L’ansia e la depressione sono 2 aspetti differenti tra di loro, ma che possono portare il paziente ad abbandonare il percorso dei controlli di routine, utilizzando delle strade totalmente diverse, ma altrettanto deleterie per la conservazione della salute.

L’ansia si sposa ad un’eccesso di tensione psicofisica, che se protratta nel tempo e se presente in maniera costante, porta il soggetto ad uno stato di inquietudine e preoccupazione che può sfociare nella paura.

La depressione azzera energie e spirito di iniziativa.

Ansia e prevenzione

prevenzione 03Numerosi studi in passato e altri di recente pubblicazione, come ad esempio il lavoro svedese proposto nella rivista JAVA NETW OPEN nel primo trimestre del 2023, approfondiscono proprio l’aspetto psico emotivo nella gestione del comportamento di relazione con il procrastinare gli impegni primari.

“-JAMA Netw Open

-2023 Jan

-Associations Between Procrastination and Subsequent Health Outcomes Among University Students in Sweden

-Fred Johansson  1 , Alexander Rozental  2   3 , Klara Edlund  1   4 , Pierre Côté  5 , Tobias Sundberg  1 , Clara Onell  1 , Ann Rudman  3   6 , Eva Skillgate  1   4

Affiliations  expand

-PMID: 36598789  PMCID: PMC9857662  DOI: 10.1001/jamanetworkopen.2022.49346”

In questo studio sono stati reclutati 3.525 studenti in età universitaria, mettendo in parallelo la loro tendenza a procrastinare gli impegni e i loro stati di salute, monitorandone l’evoluzione ogni 3 mesi per un intero anno.

prevenzione 04È stato notato che gli studenti che avevano una maggiore propensione a procrastinare gli impegni, ha poi sviluppato a distanza di qualche mese (9 mesi circa) segni e sintomi legati allo stress, all’ansia e/o alla depressione.

Lo studio riportato non sta assolutamente a dire che chi tende a tralasciare i propri compiti e doveri, debba sviluppare per forza di cose una patologia psico-fisica, ma ci mette in guardia dal fatto che la tendenza a ritardare o ad eliminare un’attività preventiva, non è sempre e solamente legato ad un’aspetto culturale, ma può essere associato ad uno stato di fragile emotività, fino addirittura a sviluppare una forma depressiva.

In tal caso l’autovalutazione ci permette di coscientizzare la nostra salute ed eventualmente di correre ai ripari, sia per quanto riguarda il prospetto preventivo e di cura delle strutture biologiche umane, sia nella sfera psico emotiva, adottando strategie cognitive comportamentali in grado di ottimizzare gli impegni programmati, diluendone di conseguenza l’aspetto ansioso e stressante, tanto dei carichi emotivi quanto di quelli realizzativi.

Ad oggi ribadiamo l’importanza del processo preventivo, sappiamo che l’inadempienza può non essere solo legata ad un fatto di pigrizia o di carenza culturale, ma può essere associato anche d uno stato psico-emotivo di fragilità in relazione a fattori ansiogeni, di stress o peggio ancora depressivi.

Non lasciamoci sopraffare dalle situazioni esterne alla nostra volontà, ma guidiamo noi il nostro volere e prendiamoci cura della nostra salute.

La salute passa attraverso la conoscenza e con l’articolo di oggi abbiamo la possibilità di aggiungere un tassello al nostro benessere.

Salute, Cura, Sport, Prevenzione

Salute Cura Sport Prevenzione 01Come si mantiene un corpo in salute? La patologia che ci colpisce in che modo può essere curata?

Lo sport può curare una malattia? Curare è meglio di prevenire o la prevenzione è la miglior cura?

Lo sport può avere un ruolo nella multidisciplinarieta della prevenzione?

Salute Cura Sport Prevenzione 02Iniziamo con il dire che il corpo umano è una macchina perfetta che nasce e sviluppa la sua struttura e le sue funzioni in maniera coordinata e continua.

Nel momento in cui la persona conclude la fase di sviluppo, parte il rafforzamento in ogni suo aspetto: scheletrico, muscolare, cardiaco, polmonare, cognitivo, intestinale, immunitario etc etc.

Quando anche la fase di rinforzo termina si ha un periodo di stabilità dove si gode dello stato di efficienza guadagnato, questo periodo durerà per anni e sarà più o meno lungo a seconda della condizione in cui ci si arriva.

Salute Cura Sport Prevenzione 03Come in tutte le cose belle purtroppo c’è anche qui un risvolto meno piacevole, il corpo incomincia a perdere capacità, resistenza e inizia il lento decadimento.

La macchina umana è progettata per avere un inizio così come una fine, è il naturale corso delle cose e non può essere cambiato.

La patologia quindi è l’altra faccia della salute, ma non per questo dobbiamo farci scoraggiare.

Salute Cura Sport Prevenzione 04Proprio perché siamo coscienti di questo dualismo dobbiamo sfruttare la conoscenza e il sapere in nostro possesso per aumentare il ciclo della vita nella sua durata e soprattutto nella sua qualità.

La patologia è una perdita della normale anatomia e del suo funzionamento al punto tale da creare delle disarmonie complesse che rompono l’equilibrio dello schema di funzionamento e del mantenimento del miglior stato di salute.

La patologia la possiamo affrontare in vari modi:

  • cercare di recuperare l’anatomia originaria, confidando nella capacità di rigenerazione (li ove sia possibile) o di cambiamento autonomo rispetto a stimoli costanti e prolungati
  • modificando l’anatomia in maniera da eliminare il fattore patologico ma lasciando la capacità di avere una funzione consona alla struttura che era in origine
  • sostituendo l’anatomia malandata con un artificio studiato dalla scienza, simile ma mai del tutto uguale, il tutto per mezzo della chirurgia e nei casi estremi della protesizzazione
  • recuperare la funzione di ciò che sta lavorando male o ha smesso di funzionare del tutto, tramite macchinari, farmaci, terapie manuali di tipo fisioterapiche o osteopatiche.

Salute Cura Sport Prevenzione 05

Lo specialista sanitario, per curare un paziente, deve essere competente e capace di fare una raccolta dati (anamnesi) con la quale idealizzare la causa del problema, attuare un insieme di test clinici e dove sia necessario affiancarli con indagini diagnostiche e di laboratorio in modo da dare un nome e cognome (diagnosi) alla patologia che affligge il soggetto, scartando le varie ed eventuali diagnosi secondarie.

Salute Cura Sport Prevenzione 06

Una volta individuata la patologia in essere, bisogna applicare una cura che sia mirata al recupero dell’anatomia ove sia possibile e della funzione in maniera totale o almeno parziale, in modo da ritrovare lo stato di salute.

La prognosi, ovvero la previsione sull’evoluzione della condizione in essere, sarà proporzionale al grado di danno con cui il paziente si presenta, in base al tipo di patologia diagnosticata, se acuta, cronica o degenerativa e in base ai mezzi che si hanno a disposizione, terapie farmacologiche, terapie manuali, terapie chirurgiche.

Lo sport che ruolo ha?

Sicuramente non può essere una cura, perché come abbiamo capito, per guarire una persona bisogna lavorare con accortezza e attenzione alle condizioni modificate che si avventano sull’equilibrio dell’individuo.

Salute Cura Sport Prevenzione 07Lo sport ha però il compito di mantenere attivo una macchina umana su vari distretti, cardiaco, polmonare, metabolico, muscolare, articolare, psicologico, etc.

Lo sport è quella attività che è necessaria per non far decadere il corpo e per mantenere attivo lo stato di benessere.

Lo sport è fondamentale nel periodo della crescita e nel periodo dell’anzianità, ancor di più che nei decenni intermedi, perché nelle prima e ultima fase della vita il corpo ha una necessità di svilupparsi con vigore per poi mantenersi nelle sue molteplici funzioni.

Attenzione però a non esagerare.

Salute Cura Sport Prevenzione 08Lo sport così com’ è fruttuoso e nobile può essere logorante se portato al limite, classico è vederne la differenza tra uno di tipo ludico e uno agonistico, dove l’estremizzazione porta ad usura e alla predisposizioni a danni immediati e/o futuri.

Nel caso in cui lo sport sia estremizzato diventa lui stesso una causa di patologie soprattutto di tipo ortopedico, ma può coinvolgere anche campi ben diversi come quello cardiaco, vascolare, polmonare, etc.

Lo sport deve essere il nostro compagno di vita ma tenendo presente che non può in nessun caso sostituirsi alla cura sanitaria; deve essere di supporto allo stato di mantenimento e miglioramento della vita quotidiana, senza esasperarla, altrimenti esso stesso diverrà un fattore scatenante per alcune patologie.

Lo sport se fatto con costanza e moderazione può essere fruttuoso e virtuoso anche come partner della prevenzione.

Salute Cura Sport Prevenzione 09

La prevenzione è un canale che comprende il campo sanitario,

il quale programma una serie di controlli generali in condizione di normalità e specifici nel caso non cui il soggetto sia stato colpito da patologia o li dove ci sia una predisposizione a sviluppare o evolvere una malattia.

La prevenzione è fatta anche di buone abitudini quotidiane, come l’alimentazione, il riposo, la gestione dello stress, etc. etc.

Lo sport rientra nel concetto di prevenzione perché proprio per il movimento che fa compiere alla macchina umana, riduce i fattori di rischio legati all’alimentazione, mantiene più reattiva la muscolatura dando sostegno allo scheletro umano, migliora le capacita cardio polmonari, interagisce con il processo digestivo, stimola il sistema vascolare e linfatico, aiuta il ciclo sonno veglia e in alcune situazioni alza la soglia del dolore percepito.

Per concludere, le patologie meritano l’attenzione dello specialista sanitario, per diagnosticare, per curare e per indicare la strada della salute.

Lo sport fatto con regolarità e non esasperato ha un ruolo attivo nel mantenimento della salute e nella prevenzione e pertanto…….

buono sport a tutti!!!

 

L’acqua

L’acqua è un elemento fondamentale per la vita.

E fondamentale per l’esistenza della vita sulla terra e lo è ancora di più per la sopravvivenza dell’essere umano in un contesto di equilibrio biochimico.

acqua 02Il nostro corpo è composto di acqua per un percentuale di circa il 60-65 % del peso corporeo nei maschi adulti, 50-55% nelle donne, con una percentuale variabile in eccesso nei bambini (fino al 75%) e in difetto negli anziani.

L’acqua è coinvolta nella quasi totalità delle funzioni che l’organismo necessità per il suo corretto funzionamento.

Le sue proprietà nel contesto biochimico umano, variano su molteplici fronti:

  • è un solvente sia per i composti organici che quelli inorganici
  • dissocia gli elettroliti
  • ha capacità termoregolatrici
  • coadiuva le funzioni metaboliche
  • coadiuva le reazioni chimiche cellulari.

L’acqua svolge dei ruoli primari nelle funzioni organiche e nel mantenimento dell’equlibrio omeostatico.

  • è la principale molecola del sangue, pertanto è di fondamentale importanza per il trasporto dei nutrienti e dell’ossigeno, così come è assolutamente necessaria per il drenaggio dei cataboliti e quindi delle scorie, seguendo le vie ematiche venose e linfatiche, per poi essere espulsi attraverso gli organi emuntori
  • è un termoregolatore che agisce nella gestione della temperatura corporea, sia in un rapporto endogeno che esogeno
  • è necessaria per la corretta digestione, partendo dall’assimilazione, fino ad arrivare alla formazione delle feci
  • è un elemento di equilibrio nel sistema articolare, muscolare, fasciale, ma allo stesso tempo è anche un garante dell’ottimizzazione delle funzioni ammortizzanti, elastiche e di scorrimento del sistema muscolo-scheletrico
  • è la componente fondamento nel mantenere il corretto equilibrio pressorio all’interno dei singoli organi, aiutandoli a mantenere la forma e la consistenza della propria struttura e mitigando le forze deformanti e compressive.

acqua 03Appare subito chiaro di quanto sia importante mantenere un equilibrio nel rapporto tra acqua introdotta e quella eliminata……il rapporto a perdere si chiama disidratazione.

La disidratazione può essere acuta, dovuta ad eventi alimentari e fisici particolari e combinati, come per esempio un trekking faticoso di molte ore in una giornata calda e afosa, oppure cronica, per una carenza alimentare distratta nell’assunzione di acqua……ci sono dei pazienti che addirittura dimenticano di bere nell’arco della giornata, o che assumono acqua per meno di mezzo litro al giorno.

acqua 04Il bilanciamento idrico perde il suo equilibrio già da una percentuale di diminuzione del 2%.

Questo sta a significare he i rapporti tra liquidi assunti e quelli consumati, necessita di una stabilità compensatoria in pareggio pressoché costante.

La perdita del rapporto idrico tra il 2 e il 5% porta degli scompensanti quali:

  • maggiore stanchezza,
  • perdita di concentrazione
  • mal di testa alle volte associato a senso di nausea e vertigini
  • tachicardia
  • affaticamento del muscolo cardiaco
  • cambiamento peggiorativo del tono dell’umore
  • crampi muscolari
  • stitichezza
  • secchezza delle fauci
  • secchezza oculare
  • secchezza cutanea
  • calcoli renali
  • possibilità di aumento delle infezioni locali o sistemiche
  • disturbi dell’apparato osteo-articolare

Se la disidratazione arriva ad una soglia del 7% il soggetto può addirittura avere delle allucinazioni, mentre nei casi di grave disidratazione, con una perdita di liquidi pari al 10%, il soggetto rischia il coma.

I segnali della disidratazione possono comparire in maniera soggettiva e con delle avvisaglie sfumate già in un rapporto negativo dello 0,5%.

L’essere umano ha dei segnali che indicato l’entrata in riserva di acqua.

acqua 05La sete è ovviamente l’allert più diretto, ma non bisogna fidarsi di questo unico messaggio, perché molte persone hanno un senso della sete ridotto, ovvero non sentono il bisogno di bere.

La secchezza della bocca e delle labbra è un segnale forte di richiesta di idratazione, mentre un segnale certo della richiesta di idratazione è dato dal colore delle urine.

Proprio il colore delle urine ci indica se i reni passano da un rapporto normale di pre-filtrato a quello di filtrato e quindi di escrezione, oppure se sta cercando di trattenere liquidi per metterli a disposizione dell’intera macchina umana.

In base a queste considerazioni, il colore delle urine devono essere maggiormente trasparenti o al massimo giallo paglierino (ovvero urine chiare), viceversa se le urine sono scure, di un colore intenso, alle volte addirittura simili al colore del tè, vuol dire che stiamo in netta riserva idrica e abbiamo assolutamente bisogno di reintegrare liquidi.

acqua 06Ma quanta acqua dobbiamo bere?

Non c’è uno standard valido per tutte le persone, anche se la media si posiziona sui 2 litri di acqua al giorno, ma i rapporti necessari di liquidi variano a seconda della struttura della persona, dal tipo di alimentazione che fa, dell’attività fisica che compie durate la giornata, del rapporto di funzione degli organi emuntori, della temperatura basale del proprio corpo e via dicendo.

 

Secondo l’Autorità Europea per la Sicurezza Alimentare (European Food Safety Authority, EFSA) le percentuali di acqua necessaria sono riassunte in questa tabella:

neonati sino a sei mesi di vita:

100 mL/kg al giorno

per i bambini:

  • tra 6 mesi e un anno di età: 800-1000 mL/giorno,
  • tra 1 e 3 anni di vita: 1100-1300 mL/giorno,
  • tra i 4 e gli 8 anni di età: 1600 mL/giorno;
  • tra 9-13 anni: 2100 mL/giorno per i bambini e 1900 mL/giorno per le bambine

adolescenti, adulti e anziani:

  • femmine 2 L/giorno
  • maschi 2,5 L/giorno.

Il fabbisogno giornaliero di acqua può subire un range di variabilità addirittura del doppio dei valori indicati, se si manifestano le condizioni di maggior consumo e dispersione di liquidi.

I fattori che richiedono una maggiore integrazione di acqua sono:

  • l’alimentazione molto saporita, perché l’acqua aiuta ad eliminare i sali in eccesso
  • l’attività fisica intensa che comporta una sudorazione eccessiva, richiede un’integrazione di liquidi proporzionale alla dispersione dei liquidi stessi
  • l’aumento della temperatura corporea comporta una dispersione di liquidi direttamente proporzionale, cosa che accade anche con l’aumento della temperatura esterna
  • vomito e diarrea.

In conclusione, dobbiamo prendere coscienza di quanto sia importante l’acqua per il nostro organismo.

L’idratazione, coerente con le caratteristiche della nostra struttura fisica, della nostra età, delle attività che svolgiamo, dell’ambente in cui viviamo, è la garanzia di uno stato di buona salute.

Attenzione però a non confondere la necessità di integrare acqua con l’assunzione di liquidi in generale.

acqua 09L’acqua ha delle caratteristiche proprie che aiutano le attività biochimiche e fisiologiche di cui abbiamo parlato, mentre per liquidi in generale si intende qualunque tipo di bevande, dai succhi di frutta, alle bevande gassate, a quelle alcoliche, tutti liquidi che contengono o addirittura non contengono percentuali di acqua e che hanno bisogno di essere metabolizzati.

Pertanto quando si parla di rapporto idrico e della necessità di integrare, dobbiamo pensare che abbiamo bisogno di bere acqua.

L’acqua aiuta la nostra salute e ci fa stare meglio.

La salute passa attraverso la conoscenza e con l’articolo di oggi abbiamo la possibilità di aggiungere un tassello al nostro benessere.

 

 

Camminare fa bene alla schiena?

Sono molti i pazienti che mi chiedono se camminare fa bene alla schiena.

Partiamo dalla domanda

E’ una domanda frequente che scaturisce dal fatto che sempre più persone utilizzano la camminata veloce per attivare il metabolismo, bruciare calorie, riattivare il proprio corpo e mantenersi in forma, rompendo la routine quotidiana fatta da ore e ore di sedentarietà, passata dietro una scrivania, oppure davanti al pc o alla televisione.

Iniziamo con il dire che qualunque attività rimetta in movimento il nostro corpo è benvenuta.

Continuiamo dicendo che più il corpo umano aumenta la propria età biologica e più ha bisogno di movimento.

Sottolineiamo il fatto che il movimento è vita.

Insistiamo sul concetto che la macchina umana ha bisogno di attivare le articolazioni e di stimolare la produzione di liquido sinoviale, di mantenere un buon tono-trofismo muscolare, di stimolare la circolazione passiva venosa e linfatica, di eliminare le tossine del catabolismo.

Ma allora camminare fa bene alla colonna vertebrale?

No camminare non ha effetto sulla salute della colonna vertebrale o almeno non in maniera diretta.

Ma questa affermazione è tanto vera quanto non esattamente corretta.

SchienaVediamo di spiegare il perché.

La colonna vertebrale è fatta di molteplici metameri chiamati vertebre, diversi per conformazione, a seconda del segmento esaminato; non a caso la colonna è stata divisa in una porzione cervicale, una dorsale e una lombare, avendo come limiti periferici la base occipitale e l’osso sacro.

Le vertebre hanno un’architettura biomeccanica che da una specificità di movimento propria nei tre piani dello spazio.

Sono mantenute da un sistema capsulare e legamentoso che danno congruenza ai rapporti articolari, consentendone sia la stabilità che la mobilità.

La muscolatura coinvolta

La muscolatura della colonna vertebrale è organizzata in un sistema dritto ed obliquo, superficiale e profondo, che serve sia a mantenere un’assetto posturale antigravitario bilanciato e sia a creare una dinamica sinergica nei movimenti adattativi e dinamici.

Pertanto la colonna vertebrale ha bisogno di un movimento mirato e preciso che possa esaudire le necessità di elasticità, di articolarità e di trofismo, sia ad un livello specifico che nei segmenti di gruppo.

Camminare fa bene alla schienaE’ allo stesso modo vero che, la colonna vertebrale è legata al cingolo scapolare e pelvico e che tali cingoli collaborano in maniera attiva allo schema del passo per bilanciare la propulsione e la spinta, mantenendo il baricentro ottimale del soggetto, in maniera tale da sviluppare un lavoro sinergico tra le catene muscolari, soprattutto del piano sagittale e orizzontale, con degli adattamenti mirati che si sviluppano sul piano frontale.

Quindi camminare mette in movimento oltre che l’arto inferiore, anche il cingolo pelvico e in controadattamento il cingolo scapolare, attivando nel mezzo l’intera colonna vertebrale per portare il movimento dal bacino alle scapole e quindi alle braccia.

Questo tipo di meccanismo si accentua maggiormente se si allunga la falcata, sviluppando un passo lungo e non necessariamente veloce.

L’allenamento

L’allenamento alla deambulazione inoltre è uno stimolo importante per mantenere attivo il tono muscolare della cerniera dorso-lombare, lombo-sacrale, e della cintura pelvica, stimolando in maniera particolare la muscolatura tonica antigravitaria.

GinnasticaE’ quindi vero che se voglio ottenere un allenamento che abbia degli effetti mirati alla colonna vertebrale, devo impegnarmi ad eseguire dei movimenti specifici vertebrali, con lo scopo di aumentarne l’articolarità, di ottenere uno stretching della muscolatura ed una potenziamento dei muscoli inerenti.

E’ vero che la camminata veloce ha un effetto ottimo per attivare il metabolismo, bruciare calorie, riattivare il proprio corpo.

E’ vero che il camminare con un passo lungo, ha comunque un’influenza parziale ma buona sul benessere della colonna vertebrale, per mezzo dell’attivazione del cingolo pelvico e scapolare.

Quindi la colonna vertebrale è una struttura complessa che necessità di un’attenzione specifica, ma essendo l’albero strutturale dell’apparato locomotore, vive di influenze dirette e semidirette in quasi ogni attività della nostra quotidianità.

Sarebbe un ottimo proposito riuscire a dedicarsi del tempo ogni giorno, ma i ritmi serrati delle nostre vite ci remano spesso contro, pertanto sapere cosa ci fa bene e cosa ha più effetto per le nostre esigenze, permette di ottimizzare gli sforzi nel poco tempo a disposizione.

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Quanto potrebbe vivere l’essere umano?

Una delle domande ricorrenti in ambito clinico è “Quanto potrebbe vivere l’essere umano?”

Un pò di amarcord…

Mi rimase impressa una lezione all’università nel mio percorso di studi, dove il prof. di clinica medica dell’epoca, parlò delle aspettative di vita nell’essere umano se avesse avuto una atteggiamento sano, se non ci fossero state alterazioni genetiche che predisponessero a malattie gravi e se il soggetto non avesse subito traumi che avessero alterato il suo stato di benessere fisico.

L’ipotesi che faceva e che ricordo come se fosse oggi, è che il soggetto avrebbe potuto avere un’aspettativa di vita di 120-130 anni circa.

All’epoca stavo frequentando il secondo anno di università, era il lontano 1996 e neanche mi ero posto la domanda da quale fonte scientifica avesse attinto le informazioni per fare un proclamo simile……..ero solamente affascinato da questa ipotesi, che spostava nettamente l’asticella della resistenza umana nel confine tra la vita e la morte.

…e delle interessanti letture

In questa settimana, facendo zapping tra le mie letture, un interessante articolo di FOCUS, di cui vi allego il link (https://www.focus.it/scienza/salute/quanto-puo-vivere-al-massimo-un-essere-umano) ha catturato la mia attenzione riportandomi piacevolmente indietro nel tempo.

Viene riportato un lavoro scientifico pubblicato il 25 maggio del 2021 su Nature Communications (https://www.nature.com/articles/s41467-021-23014-1), dove parlano di un limite biologico umano possibile, compreso tra i 120 e i 150 anni.

I valori presi in considerazione sono delle analisi del sangue, dove vengono monitorati i globuli bianchi e i globuli rossi su 500.000 mila casi circa, di soggetti che hanno avuto una longevità di vita diversa, valutandone la loro risposta rispetto alle malattie vissute e alla loro capacità di far fronte al processo di guarigione.

Con il passare degli anni diventa percentualmente sempre più arduo trovare un equilibrio funzionale tra l’evento patologico e il recupero dello stato di salute, arrivando ad un punto di non ritorno che processa la fine dell’esistenza biologica del soggetto.

In questo articolo si arriva alla conclusione che il corpo umano abbia quasi una data di scadenza inevitabile, ma la riflessione che ci porta a fare è che la persona ha una grande capacità di resistenza agli eventi che fanno da contorno alla nostra quotidianità.

Cosa dice la statistica?

Pertanto se pensiamo che la speranza di vita alla nascita per le donne è di 85,3 anni, mentre è di 81 anni per gli uomini, dato questo rivelato dall’Istat nel report sugli indicatori demografici del 2019, possiamo presupporre che il nostro corpo potrebbe fare ancora di meglio e che la possibilità di vivere più a lungo è anche in relazione a come noi lo sfruttiamo, lo curiamo e lo manteniamo.

QUANTO POTREBBE VIVERE L’ESSERE UMANO 03E’ assolutamente vero che non sempre la predisposizione genetica ci sorride, com’è altrettanto vero che gli eventi traumatici possono cambiare irreparabilmente il corso della nostra salute, ma se escludiamo queste due condizioni, ci rimane da pensare che dobbiamo prestare più attenzione allo stile di vita che conduciamo, migliorando la nostra alimentazione, le ore di sonno, l’attività fisica, la resistenza cardio respiratoria, la modalità con cui svolgiamo il nostro lavoro.

Poche semplici regole per cominciare

Inoltre vanno assolutamente ridotti i fattori di stress psico-fisici che intaccano la risposta delle nostre difese immunitarie e dobbiamo ragionare sull’importanza della prevenzione per ridurre al massimo lo sviluppo delle malattie oltre il limite di cure ad oggi conosciute e fruibili.

L’essere umano ha delle enormi capacità di resistenza e quindi di vita, cerchiamo di sfruttarle al massimo, volendo bene a noi stessi per amare al meglio il dono dell’esistenza.

La salute passa attraverso la conoscenza e con l’articolo di oggi, abbiamo la possibilità di aggiungere un tassello al nostro benessere.