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Spondilolisi – Spondilolistesi

La spondilolistesi è una patologia vertebrale caratterizzata dallo scivolamento di una vertebra rispetto ad un’altra.

Spondilolisi_08Le due vertebre interessate sono inquadrate all’interno di un sistema chiamato unità vertebrale.

L’ unità vertebrale è costituita da una vertebra, un disco intervertebrale e una vertebra di appoggio.

Nella spondilolistesi viene considerato lo spostamento della vertebra disassiata rispetto alla vertebra sottostante di appoggio.

Le listesi possono essere di diverso posizionamento e in base a questo avranno una denominazione e una casistica differente:

  • Anterolistesi, la vertebra scivola in avanti rispetto alla vertebra sottostante
  • Retrolistesi, la vertebra scivola indietro rispetto alla sottostante
  • Laterolistesi, la vertebra scivola lateralmente rispetto alla sottostante

Spondilolisi_07Lo scivolamento vertebrale viene catalogato oltre che per la posizione, anche per il grado di spostamento che ha e se è stabile o instabile rispetto al movimento del segmento vertebrale di cui fa parte.

Generalmente le vertebre interessate sono le ultime due del gruppo lombare, ovvero L4 oppure L5, ma non è escluso che possano trovarsi ovunque in caso di forti degenerazioni anatomiche, traumi od eventi fratturativi.

La spondilolistesi per essere presente deve associarsi ad una spondilolisi, ovvero la perdita di rapporto anatomico (rottura) dell’istmo.

L’istmo è la zona di giunzione tra le superfici articolari superiori e inferiori di una vertebra, le articolazioni servono a guidare una parte consistente del movimento vertebrale.

I casi in cui non c’è rottura dell’istmo sono legati al cambiamento del piano articolare delle articolazioni e della loro massa ossea che sarà, in questo caso, aumentata rispetto al normale dimensionamento.

Spondilolisi_06La spondilolisi esiste quando c’è una lesione totale dell’istmo, situazione che si manifesta generalmente per un’ alterazione dei nuclei di ossificazione durante il periodo di crescita e sviluppo, pertanto la vertebra risulta integra ma più debole e soggetta a distacco nel momento in cui sia sottoposta a un’ ipersollecitazione ripetuta.

Non è da escludere che l’istmo possa distaccarsi anche per fratture da trauma o da stress.

Al momento del distacco le vertebre possono continuare a mantenere il loro corretto rapporto anatomico, ma se verranno concentrati carichi dinamici o posturali, le vertebre potranno scivolare tra di loro in maniera più o meno evidente creando la spondilolistesi.

Generalmente la spondilolisi è asintomatica e se manifesta dolore non è per la perdita di rapporto dell’istmo ma per le comuni cause rappresentate in una lombalgia oppure, se di interesse radicolare, a carico del disco e/ o della radice nervosa.

Le cause della spondilolistesi sono molteplici, vediamole insieme:

  • congenita
  • traumatica diretta
  • traumatica ripetuta
  • ipersollecitazioni
  • frattura cruenta
  • frattura da stress
  • alterazioni del massiccio articolare
  • alterazione dei piani articolari

Spondilolisi_05La sintomatologia varia per tipologia, intensità e perdita delle funzioni basilari.

  • dolore discale per compressione disidratazione e trazione del disco stesso, rispetto a i due piatti vertebrali disallineati tra di loro.
    I corpi vertebrali, a causa del loro spostamento e della perdita di asse, non sono più in grado di ridistribuire correttamente i carichi sul disco intervertebrale, andando a creare una discopatia
  • Spondilolisi_04si può generare una protusione per la lacerazione dell’anulus fibroso, che se evolverà in ernia discale con compressione della radice nervosa, scatenerà una lombosciatalgia.
  • il restringimento del forame di coniugazione porterà la comparsa di radicolite di tipo irritativa o vascolare
  • la riduzione del canale midollare per ghigliottinamento, spesso associata ad ispessimento dei legamenti gialli, è causa di stenosi con una sintomatologia manifesta ad entrambi gli arti inferiori che associano parestesie, perdita di forza e riduzione dell’autonomia maggiormente durante la deambulazione.
  • lombalgia a carico delle faccette articolari per compressione e/o trazione delle componenti legamentose e capsulari.

La diagnosi in questa patologia vede come protagonista l’ indagine radiografica.

Una RX lombare in proiezione laterale e obliqua è in grado di evidenziare sia la presenza di sopoindilolistesi, con il suo grado di manifestazione e sia la lesione dell’istmo con il famoso segno del collare canino.

Spondilolisi_03Nel caso di presenza della patologia, un’ulteriore step diagnostico è dato dall’ esecuzione delle RX dinamiche lombari in massima flessione e in massima estensione per valutare se la spondilolistesi tenda ad essere stabile o mobile nei suoi movimenti limite.

Molto utile è anche la RM che studia la vita della patologia vertebrale in relazione al disco intervertebrale, al canale midollare e agli spazi ospitanti le radici nervose.

Può essere inclusa anche la TC nel pacchetto degli esami diagnostici, ma non è un esame di prima scelta a meno che il paziente non si presenti in ospedale per un pronto soccorso da trauma importante o incidente subito e serva un esame urgente.

Spondilolisi_02Lo studio della postura e della sintomatologia legata agli esami clinico diagnostici sono molto importanti, perché possono accendere la spia della presenza di spondilolistesi e consigliare la strada diagnostica per immagini di controllo.

La cura che approccia la patologia si sceglie in base al grado con sui si presenta lo scivolamento vertebrale.

Tendenzialmente è conservativa e mira alla gestione della vertebra nel contesto della postura e della sua funzione nella dinamica quotidiana, ma se il grado di slittamento è eccessivamente importante e si associano segni neurologici periferici pericolosi, si prospetta la stabilizzazione vertebrale chirurgica, dove si impianteranno nella colonna dei mezzi di sintesi di contenimento e spaziatura.

Spondilolisi_01Tornando alla terapia conservativa è importante far capire e insegnare al paziente come gestire la propria colonna, quali sono i movimenti da evitare e quali quelli da favorire, far mantenere un buon tono muscolare di base con uno slancio maggiore verso i gruppi antagonisti allo scivolamento vertebrale stesso.

La spondilolistesi va recuperata nella sua funzione rispetto a tutta la colonna vertebrale ma anche rispetto al bacino e alle anche, per sopperire all’interno del gruppo osteoarticolare, la mancanza di stabilità e di controllo del movimento della singola vertebra patologica.

Chiaramente diventa fondamentale cercare di prevenire le complicanze future che la spondilolistesi predispone per le sue caratteristiche, bisogna controllare ed evitare i danni discali, radicolari e morfologici sia dei piani articolari, soprattutto delle vertebre di appoggio, che dei corpi vertebrali.

La spondilolistesi equivale ad avere una frattura vertebrale che non si ripara, ma se ben gestita e curata permette di avere una vita comune senza eccessive rinunce fisiche.

Le ernie del disco rientrano?

Le ernie del disco rientrano 01Dottore mi hanno detto che le ernie del disco rientrano, ma è vero?

Questa è una domanda che spesso i miei pazienti fanno, sulla base di informazioni di dubbia provenienza da non si sa quale fonte.

Vediamo di fare chiarezza sull’argomento.

Le ernie del disco non rientrano!!! Ma sarebbe una risposta che vale la pena analizzare cercando di sviscerare l’argomento in maniera semplice ma dettagliata.

Il disco intervertebrale, posto come struttura di mezzo tra una vertebra e l’altra, è composto dal nucleo polposo e dall’anulus fibroso di contenimento.

L’anulus fibroso circonda completamente il nucleo polposo.

Le ernie del disco rientrano 02Il nucleo polposo è costituto da mucopolisaccaridi, formando una massa di tipo gelatinosa di cui l’85% della sua composizione è di acqua e per la restante parte di proteoglicani; ha la principale funzione di ammortizzatore naturale vertebrale.

L’anulus fibroso è formato da un tessuto pluristratificato, composto principalmente da collagene di tipo 1 e 2 ed ha la principale funzione di trattenere il nucleo polposo, consentendone lo spostamento controllato all’interno del disco intervertebrale, per poi imprimergli una spinta di ricentraggio nella posizione di neutralità, alla fine del movimento stesso.

Le ernie del disco rientrano 03I dischi intervertebrali hanno un’irrorazione ematica solamente nei primi anni di vita, che tende a scomparire verso i 25 anni, affidando la propria vitalità biologica al principio dell’osmosi, sfruttata per contiguità con i letti capillari vascolari dei piatti discali vertebrali, attivata tramite il movimento vertebrale stesso e i cambi di pressione.

Le ernie del disco rientrano 04I dischi intervertebrali hanno un’altezza che si differenzia a seconda del livello dove sono alloggiati.

Nel tratto cervicale l’altezza varia tra i 5 e i 6 mm, in quello dorsale tra i 3 e i 6 mm, mentre a livello lombare si aggira tra i 10 e i 15 mm.

Sia a livello cervicale che lombare, i dischi sono più alti anteriormente e meno posteriormente, mentre nel tratto dorsale tendono ad avere un’egual conformazione antero-posteriore.

Il disco intervertebrale ha una forma biconvessa e si adatta perfettamente alla superficie di alloggiamento dei corpi vertebrali.

E’ un vero e proprio ammortizzatore naturale, un antishock, che riduce le pressioni esercitate dal movimento, aumenta la capacità di mobilità vertebrale, dissipando i carichi prodotti dalla forza di gravità e dallo stesso peso corporeo.

L’ernia del disco si forma per una degenerazione del disco intervertebrale, nel momento in cui si crea una lacerazione delle fibre dell’anulus fibroso, diminuendo la capacità contenitiva del nucleo polposo, favorendone la migrazione verso la periferia.

Le ernie del disco rientrano 05Le cause più comuni della degenerazione discale sono:

  • microtraumi
  • sovraccarichi
  • alterazioni posturali
  • modificazioni biologiche.

Più fibre dell’anulus fibroso si lacerano e più il nucleo tenderà a dislocarsi verso la periferia.

Le ernie non sono tutte uguali e di distinguono tra di loro, sia per la posizione in cui si collocano e sia per le caratteristiche biologiche dell’ernia stessa.

Ma cosa sta a significare quest’ultima affermazione?

Significa che la prima valutazione che va fatta è se le ernie sono idratate o disidratate, perché in base a questo parametro, si può avere una mobilità maggiore o ridotta della porzione del nucleo polposo erniato.

Le ernie del disco rientrano 06La seconda valutazione è sulla posizione dell’ernia stessa, che si può collocare in zone diverse del canale vertebrale midollare, andando ad occupare uno spazio mediano, una porzione paramediana o affacciarsi nel frame di coniugazione.

In altre circostanze l’ernia può anche distaccarsi dalla porzione discale del nucleo polposo, abbandonando la sua collocazione intervertebrale, per migrare all’interno del canale vertebrale stesso.

Tutte queste condizioni fanno si che l’ernia, una volta decentrata dallo spazio interdiscale e collocatasi nel canale vertebrale midollare, con una migrazione generalmente progressiva, possa rimanere incarcerata nella propria posizione, perdendo di mobilità, ma ancora capace di cambiare il proprio volume.

Abbiamo capito quindi che l’ernia ha la possibilità di mobilizzarsi e la sua capacità è proporzionale rispetto a tre parametri principali:

  • il suo volume
  • la sua idratazione
  • gli effetti compressivi che subisce, ma il percorso che fa è sempre di tipo dislocativo.

Anche se volessimo, come alcuni pazienti fanno, fare un paragone con la classica ernia inguinale, dove per un indebolimento della parete addominale, il contenuto viscerale (generalmente una porzione dell’intestino) si affaccia nel canale inguinale, uscendo e rientrando a seconda degli sforzi compiuti, nel caso dell’ernia discale questo non avviene, perché la mobilità del nucleo polposo erniato è ben diversa, la consistenza del nucleo polposo erniato è ben diversa, perché i carichi e le sollecitazioni della colonna vertebrale sono ben diversi e perché lo spazio dove si colloca il nucleo polposo erniato è ben diverso.

Nel punto dove l’ernia discale trova una zona di minor resistenza, il tessuto dell’anulus fibroso si è rovinato, fino ad arrivare alla lacerazione; quella porzione di tessuto rimarrà leso per caratteristiche biologiche, per l’assenza di vascolarizzazione, per la permanenza di sollecitazioni, lasciando una strada aperta al dislocamento dell’ernia.

Concludendo……..abbiamo capito le differenze di struttura tra l’anulus fibroso e il nucleo polposo, abbiamo capito che il dislocamento dell’ernia discale è periferico, abbiamo capito che il posizionamento dell’ernia nel canale vertebrale midollare e le sue caratteristiche idratative sono importanti per definire la mobilità del nucleo erniato, abbiamo capito che le fibre dell’anulus fibroso lesionate non hanno la possibilità di rigenerarsi in maniera naturale………per tutto questo possiamo quindi dire che le ernie del disco possono stabilizzarsi o modificarsi ma non rientrano!!!

La salute passa attraverso la conoscenza e con l’articolo di oggi abbiamo la possibilità di aggiungere un tassello al nostro benessere.

Instabilità vertebrale

Parliamo oggi dell’instabilità vertebrale. Leggiamo insieme cos’è e come si può trattare.

Cos’è l’ instabilità vertebrale?

Dolore schienaL’instabilità vertebrale è una perdita di congruenza articolare tra la vertebra interessata e quella di appoggio sottostante, causata da molteplici fattori, ognuno dei quali crea un’ ipermobilità rispetto a quanto le sarebbe richiesto nei movimenti anche minimi, su uno o più piani dello spazio.

L’eccesso patologico di movimento può presentarsi sia con un corretto assetto vertebrale, oppure associarsi ad un male allineamento, alle volte tanto nella posizione statica (posturale) che dinamica.

Uno degli esempi più noti di instabilità vertebrale è la spondilolistesi, argomento da me già trattato in precedenza ( https://ambrogioperetti.it/spondilolisi-spondilolistesi/ ).

L’ipermobilità può esse distinta in due macro sistemi:

  • micro instabilità vertebrale, dove la vertebra è correttamente allineata nella posizione statica, ma sviluppa dei micromovimenti che si sommano al normale range articolare di cui è capace.
  • macro instabilità vertebrale, la vertebra non è più correttamente allineata, ma risulta slittata rispetto alla sottostante di appoggio.

Lo scivolamento generalmente avviene anteriormente e in percentuale ridotta posteriormente.

La traslazione vertebrale viene catalogata in gradi, a seconda della percentuale di spostamento con cui si mostra

  1. Grado 1: da 0 a 25%
  2. Grado 2: dal 25 al 50%
  3. Grado 3: dal 50 al 75%
  4. Grado 4: oltre il 75%

Il dolore

DoloreL’instabilità vertebrale provoca mal di schiena generalizzato nell’area dove l’ipermobilità è presente, associata o meno ad una nevralgia periferica, nel qual caso la radice nervosa venga irritata dal cambiamento di posizione e dall’eccessiva trazione della vertebra e dei suoi tessuti molli inerenti.

Può manifestarsi sia durante il movimento che nella postura eretta, semplicemente per resistere al carico del peso del paziente in concomitanza con la forza di gravità.

Si riscontra una rigidità muscolare dovuta alla presenza di contratture riflesse, una limitazione articolare nei fulcri vertebrali limitrofi, ed una riduzione delle capacità funzionali nelle attività di vita quotidiana.

I sintomi dell’ instabilità vertebrale

Nelle fasi iniziali i sintomi sono lievi, ma di natura poco chiara, ovvero il paziente si ritrova ad affrontare il mal di schiena o addirittura blocchi articolari acuti, senza cause apparenti, vale a dire senza sforzi eccessivi o senza assumere posture errate, ma per semplici e banali movimenti, il più delle volte di tipo abitudinario.

La sintomatologia algica tende ad aumentare nel tempo in maniera progressiva, con manifestazioni dolorose sempre più intense ed a intervalli via via più frequenti, fino a rendere complicato eseguire anche i movimenti più banali, come piegarsi in avanti, estendersi, ruotare il busto, inclinarsi lateralmente, mantenere le posizioni erette e/o sedute per più tempo consecutivamente.

Le cause

Instabilità vertebrale 03Le cause variano su 3 fronti principali:

  • degenerativo, per alterazioni di consistenza, idratazione, volume ed altezza del disco intervertebrale e/o per degenerazione artrosica o artritica delle faccette articolari
  • congenito per dimorfismo delle cartilagini di accrescimento come nel caso della spondilolisi  e spondilolistesi e/o per alterazione del tessuto connettivo delle capsule articolari e dei legamenti intervertebrali e/o per modificazioni anatomo-funzionali della muscolatura vertebrale.
  • traumatico per danno lesivo fratturativo vertebrale, nelle aree di ancoraggio alle zone articolari.

Instabilità vertebrale 04

Queste 3 cause possono presentarsi singolarmente o associarsi tra di loro, amplificando la gravità dell’instabilità vertebrale.

La diagnosi

Nella diagnosi la raccolta dei dati anamnestici è importante, consente di capire quali siano i sintomi riferiti dal paziente, quali siano gli eventi associabili e avere un primo canale di classificazione della patologia in essere.

Nel proseguo della denominazione della patologia, l’esame obiettivo si rende assolutamente necessario per valutare la comparsa di sintomi algici nel mantenere le diverse posture, sul piano sagittale e frontale, in stazione eretta, seduta e semiflessa, associandola alla contrazione-rilasciamento della muscolatura inerente.

E’ importante analizzare la meccanica vertebrale, cercando di cogliere la presenza o meno di ipermobilità anomala, valutando lo stato del tono e del trofismo muscolare e la presenza o meno di radicoliti irritative periferiche.

Di grandissimo aiuto saranno le indagini diagnostiche per immagini:

  • RX
  • RM
  • TC

le quali consentiranno di valutare lo stato in essere delle strutture vertebrali nel loro insieme discale, osteoarticolare, capsulare, legamentoso, muscolare.

Negli studi da imaging, dove sia necessario valutare ogni minimo dettaglio, si possono utilizzare RX ed RM in carico e/o dinamiche, che scandiranno la presenza o meno di ipermobilità vertebrali nelle varie condizioni.

Il trattamento dell’ instabilità vertebrale

Instabilità vertebrale 06Negli stadi iniziali il trattamento è di tipo conservativo, adoperando farmaci che riducano il dolore, l’infiammazione, la tensione muscolare riflessa e l’ eventuale comparsa di radicoliti irritative.

La fisioterapia e l’osteopatia hanno il compito di ristabilire, il corretto funzionamento vertebrale, migrando la meccanica articolare verso i fulcri associati che coadiuvano i movimenti nei tre piani dello spazio, ridistribuendo in maniera corretta, tanto i carichi statici quanto quelli dinamici e ottimizzando le sinergie muscolari che danno equilibrio e stabilità alla colonna vertebrale.

Può essere di aiuto l’utilizzo di busti elastici con supporti in stecche, da utilizzare per poche ore al giorno e in quelle attività che mettono in crisi il paziente .

Instabilità vertebrale 07Qualora i trattamenti sopra indicati siano di poca efficacia e il paziente non riesca a trovare un giovamento duraturo nel tempo, sarà necessario ricorrere alla chirurgia vertebrale, stabilizzando la parte ipermobile, tramite l’applicazione di barre e viti, per fissare la vertebra interessata ai segmenti superiori ed inferiori, riportando una solidità articolare per ancoraggio limitrofo.

Nei casi in cui sia presente anche una radicolite irritativa resistente, la stabilizzazione vertebrale viene integrata dall’applicazione di uno spaziatore (cage) e nei casi più violenti con segni di danno neurologico, anche da una laminectomia decompressiva.

Questi tipi di interventi chirurgici permettono al paziente un recupero dello stato di salute e una remissione della sintomatologia abbastanza veloce, ma prevedono un percorso riabilitativo per integrare al meglio l’impianto, recuperando l’abilità funzionale, il corretto assetto posturale statico e dinamico, in sinergia con l’equilibrio delle catene muscolari.

L’instabilità vertebrale porta il paziente ad uno stato di malessere che può essere progressivo ed invalidante, ma la corretta diagnosi, meglio ancora se precoce, permette di adoperare varie soluzioni di cura, per affrontare la patologia e avere una remissione dei sintomi, recuperando uno stato ottimale di funzione e resistenza alle attività di vita quotidiana.

La salute passa attraverso la conoscenza e con l’articolo di oggi, abbiamo la possibilità di aggiungere un tassello al nostro benessere.

Vertebroplastica

Parliamo oggi di vertebroplastica.

Cos’è la vertebroplastica?

vertebroplastica 01La vertebroplastica è una tecnica terapeutica mini-invasiva, facente parte della branca della radiologia interventistica, per mezzo della quale vengono trattate le fratture / lesioni vertebrali dolorose.

Il trattamento prevede l’iniezione di un cemento biologico e quindi biocompatibile, all’interno del corpo vertebrale della vertebra fratturata.

Questa procedura può essere applicata sia su pazienti giovani, come anche su soggetti anziani.

E’ un trattamento alternativo a lunghi periodi di immobilità in busto, 30-60 giorni, tempo necessario per far stabilizzare e riparare la frattura, associando quasi sempre cure farmacologiche per alleviare i dolori.

Con la tecnica di cui parliamo oggi, la sintomatologia algica migliora in maniera netta nelle prime 2 settimane e alle volte il dolore si riduce o sparisce già nei primissimi giorni.

La vertebroplastica viene eseguita in anestesia locale sotto guida TC, in sala operatoria angiografica dedicata.

Viene introdotto attraverso un foro mirato, uno speciale ago metallico della grandezza variabile di pochi millimetri, all’interno del corpo vertebrale del segmento interessato e da qui si hanno due modalità di procedere:

  • mettere uno o più stent, generalmente in titanio, all’interno del corpo vertebrale e a seguire riempire lo spazio con il cemento biologico
  • iniettare direttamente il cemento biologico nello spazio vertebrale di interesse

Il cemento solidificherà in tempi brevissimi, stabilizzando la vertebra e levando la causa del dolore associato.

Quando viene utilizzata la vertebroplastica?

vertebroplastica 02Viene utilizzata nei casi sotto indicati se associati a dolore e resistenti alle terapie farmacologiche convenzionali del caso specifico.

Vediamo quindi quali sono le lesioni ossee in questione:

  • fratture osteoporotiche recenti
  • lesioni tumorali primitive o secondarie
  • angiomi

Nel caso delle fratture vertebrali da osteoporosi, la scelta si basa sia sulla forma che queste presentano all’esame radiografico e sia per la presenza di edema intraspongioso all’esame di Risonanza Magnetica, il quale edema testimonia la frattura come recente.

I reperti radiografici e di RM devono poi essere associati alla sede precisa della sintomatologia riferita dal paziente e per questo è necessario la ricerca del dolore provocato dalla digitopressione mirata.

Nei casi delle fratture vertebrali da osteoporosi può essere trattata una sola vertebra o più vertebre generalmente per un massimo di 3 nello stessa seduta di intervento.

La vertebroplastica è invece sconsigliata nei casi di:

  • fratture instabili
  • fratture di vecchia data
  • fratture o lesioni ossee stabilizzate e asintomatiche
  • discontinuità lesiva del muro posteriore vertebrale, a maggior ragione se occupa una porzione del canale midollare
  • infezioni
  • discrasie ematiche emorragiche

Eventuali complicanze

Si possono verificare delle complicanze durante l’intervento:

  • stravaso di cemento all’esterno del corpo vertebrale
  • stravaso di cemento all’interno del canale vertebrale, con la possibilità di una compressione del midollo spinale o della sua cauda equina (a seconda del livello vertebrale di interesse)
  • stravaso di cemento nella zona foraminale radicolare, con la possibilità di manifestare radicoliti compressive irritative
  • embolia polmonare per la migrazione del cemento nei vasi polmonari

vertebroplastica 03Viene da se capire che queste complicanze possono essere ridotte al minimo, tramite l’affermata esperienza dell’operatore interventista e dei buoni macchinari radiografici, necessari per essere guidati nell’intervento.

Possiamo dire che la vertebroplastica è un valido aiuto, nei casi in cui sia possibile farne uso, per sopperire a periodi di lunga immobilità in busto o tutore, recuperando in maniera veloce sia la stabilità vertebrale, sia lo stato di funzione della vertebra stessa, riducendo in maniera netta il dolore e con esso lo stato di inefficienza associata.

E’ doveroso dire che la tecnica di cui abbiamo parlato oggi è terapeutica e di supporto per un problema strutturale vertebrale di varia natura, ma non è curativa per la causa della patologia lesiva stessa, pertanto andranno continuate le terapie mirate ad affrontare le cause che hanno portato al danno vertebrale.

La salute passa attraverso la conoscenza e con l’articolo di oggi, abbiamo la possibilità di aggiungere un tassello al nostro benessere.

Protrusioni ed ernie discali…quali sono le differenze e cosa comportano

La protrusione e l’ernia discale sono entrambe delle patologie che colpiscono la struttura del disco intervertebrale, alterandone la forma, le caratteristiche biologiche e le funzioni.

ernia_discale_01La protusione è l’anticamera dell’ernia discale ed entrambe sono l’evoluzione patologica di un disco intervertebrale che subisce forze di compressione, di trazione, di torsione e di sovraccarico, tanto da rovinarne la struttura, portandola oltre la normale degenerazione e quindi ad un danno patologico.

È vero che possono insorgere anche per eventi traumatici, ma la percentuale di danno da cattivo utilizzo rispetto ad eventi violenti, gioca nettamente in favore del primo.

Entriamo adesso nello specifico.

ernia_discale_02Il disco intervertebrale è una struttura fibrocartilaginea con una porzione centrale chiamata nucleo polposo e una porzione di contenimento chiamata anulus fibroso.

Il nucleo polposo trattiene una altissima concentrazione di liquido acquoso, più dell’80%, ed è una massa di tipo gelatinosa costituita da mucopolissacaridi.

L’ anulus fibroso deve contenere il nucleo polposo, fungere da punto di unione tra la vertebra soprastante e quella sottostante, mitigare le forze di trazione e torsione nei tre piani dello spazio ed è costituita da fibre proteiche con alta percentuale di collagene 1 / 2 e di condrociti.

Il disco intervertebrale, oltre ad avere il compito di ammortizzare i carichi della colonna vertebrale, assolve anche alla funzione di movimento, formando degli assi attorno ai quali potersi muovere in sinergia con la biomeccanica delle articolazioni vertebrali.

Ma il danno al disco intervertebrale come avviene al di fuori di un violento evento traumatico?

ernia_discale_03Il cambiamento delle normali curve vertebrali di cifosi e lordosi, l’aumento dell’effetto compressivo, l’aumento esagerato di peso corporeo e il sovraccarico di movimenti che si spostano per percentuale dalle strutture articolari al disco intervertebrale, porta questa struttura a fissurarsi, ovvero a rompere le fibre dell’ anulus fibroso, favorendo una strada di migrazione del nucleo dal centro verso la periferia.

La protusione è la condizione in cui il nucleo migra dalla porzione centrale del disco intervertebrale, verso l’ esterno, utilizzando la strada aperta dalla fissurazione delle fibre dell’ anulus stesso, ma rimane ancora frenata dalla periferia estrema del disco intervertebrale.

L’ernia discale è l’ evoluzione della protusione del disco e si affaccia fuori dalla linea di limitazione discale.

L’ernia del disco è catalogata in molti modi a seconda del suo stato e della sua posizione, pertanto può essere:

  • mediana
  • paramediana
  • laterale (intraforaminale)
  • contenuta
  • migrata
  • idratata
  • disidratata
  • sovra radicolare
  • sotto radicolare.

Tutte queste differenze di forma, di posizione e di consistenza vanno prese in considerazione per poter applicare la cura al meglio.

I dischi intersomatici protrusi o erniati hanno la stessa sintomatologia?

Assolutamente no.

Le protusioni discali generalmente sono asintomatiche perché per la loro condizione di alterazione anatomica, non sono in grado di attivare il sistema nocicettivo, né sul piano radicolare né strutturale, ma le condizioni che portano il disco a protrudere, possono essere esse stesse la causa di dolore con impingement e compressione delle faccette articolari, sfaldamento delle cartilagini articolari, formazione di stravaso di liquidi nel piatto vertebrale di appoggio, riduzione del lume di passaggio dei forami di coniugazione e delle loro radici nervose di competenza.

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L’ernia discale invece è tutta un’altra storia.

La fuoriuscita del nucleo dal limite periferico massimo discale, fa sì che essa si possa andare a posizionare nell’aria interna del canale midollare o nel forame di coniugazione, appoggiandosi e comprimendo la radice nervosa.

Nei casi più fortunati l’ernia è mediana, ovvero centrale rispetto a canale midollare e non tocca nessuna delle due radici, ma può creare un danno da stiramento del legamento longitudinale posteriore che passa tra le vertebre e i dischi, nella porzione posteriore dei corpi vertebrali.

La sintomatologia

ernia_discale_05La sintomatologia più comune è quella della radicolite compressiva irritativa, che siamo comunemente portati a conoscere nella sua forma di lombo-sciatalgia, lombo-cruralgia e cervicobrachialgia.

L’ernia discale è particolarmente acuta nella sintomatologia radicolare se si posiziona nel forame di coniugazione (intraforaminale), perché la sua posizione riduce di molto la possibilità di movimento della radice nervosa, arrecandone un’ irritazione importante.

ernia_discale_06Da una problematica radicolare ci si può spostare ad una stenosi molle del canale, nel momento in cui un’ernia voluminosa riduca il lume del canale midollare stesso creando una patologia compressiva sul midollo o sulla cauda equina, a seconda del livello vertebrale di cui stiamo parlando. In quel caso spesso la ritroviamo migrata rispetto all’ area discale di appartenenza.

Ultima classificazione che può dare valore alla sintomatologia è l’idratazione o la disidratazione della porzione del nucleo erniato, perché questo determina la rigidità dell’ernia stessa e la possibilità di spostarsi ulteriormente aumentando il suo volume.

La diagnosi

Importante sarà fare una diagnosi clinica scrupolosa, utilizzando testi clinici per lo studio delle articolazioni e dei dischi intervertebrali, in parallelo con la valutazione neurologica dei segmenti coinvolti nelle ernie e nelle problematiche associate delle protusioni discali.

ernia_discale_07Fondamentale è l’esame di risonanza magnetica che fotografa lo stato dei tessuti discali nei confronti dei piatti vertebrali, del canale midollare, dei forami di coniugazione e ovviamente delle radici nervose.

La radiografia può solo dare un’idea dello spazio tra una vertebra e l’altra facendo immaginare la condizione discale di intermezzo, ma non è un esame diagnostico specifico per il disco intervertebrale.

La tc può essere richiesta al posto della risonanza magnetica nel caso in cui il paziente abbia delle controindicazioni ad eseguirla (pacemaker, mezzi di sintesi incompatibili, schegge metalliche, etc.), o nel caso si voglia vedere con minuziosità il rapporto del disco rispetto alle strutture osteo/articolari, piuttosto che rispetto alle strutture neurologiche perimetriche.

La cura

ernia_discale_08L’approccio terapeutico per la protusione si basa sulla fisioterapia, sull’osteopatia e sulla ginnastica, per mantenere un buon equilibrio delle curve posturali tra lordosi e cifosi con un tono muscolare capace di sostenere le articolazioni tanto nella statica quanto nella dinamica.

Bisogna ripristinare e mantenere gli equilibri tra le catene muscolari anteriori, posteriori e rotatorie.

E’ importante mantenere elastici i legamenti che stabilizzano le vertebre tra di loro e in generale le articolazioni cardine dei cingoli pelvici e scapolari.

Nell’ernia discale la terapia sì basa sulla gravità dell’ernia nei rapporti con le radici nervose o con il midollo / cauda equina.

Si passa dalle terapie mirate a ricreare spazio tra le articolazioni e i forami di coniugazione vertebrali, a quelle di mobilizzazione del nervo interessato nel suo percorso, al drenaggio dei tessuti peri locali, al cambiamento di assetto vertebrale per scaricare la zona colpita, all’utilizzo di busti di scarico per la zona lombare o collari morbidi o semi rigidi cervicali.

ernia_discale_09Nei casi più gravi si può arrivare all’intervento chirurgico per asportare il nucleo erniato non più gestibile nella fisiologia del paziente.

In ogni situazione diventa fondamentale stare attenti allo stile di vita e alle norme di buon utilizzo della propria colonna nei movimenti quotidiani e durante il riposo.

La terapia farmacologica è sempre di supporto a stati acuti e vede l’utilizzo di antinfiammatori, miorilassanti e o antidolorifici.

Può essere molto efficace, se utilizzata insieme alle altre terapia precedentemente descritte, l’ozonoterapia per migliorare il trofismo biologico e ridurre lo stato infiammatorio basale locale.

ernia_discale_10Adesso che abbiamo capito le differenze tra protusione ed ernia discale, dobbiamo solamente stare attenti a prevenirle e nel caso siano comparse, a gestirle al meglio per mantenere uno stato di efficienza nella vita di tutti i giorni.

Lombosciatalgia

La lombosciatalgia è un’ affezione dolorosa che prende il nervo sciatico causando una nevrite che si irradia sul territorio specifico dell’arto inferiore.

Lombosciatalgia_01Il nervo sciatico è un nervo formato da varie radici nervose del midollo spinale, più precisamente dalla cauda equina e fuoriescono dalla colonna vertebrale tramite i forami di coniugazione.

I forami di coniugazione si creano dall’unione di due vertebre creando uno spazio dove il nervo può passare per poi dislocarsi lungo il corpo umano.

Lo sciatico è formato da ben 5 radici nervose L4-5-S1-2-3, dove L ed S stanno ad indicare i segmenti lombari e sacrali, pertanto 2 radici escono dalla zona lombare e 3 dalla zona sacrale.

Ogni radice ha un territorio specifico dove porterà sensibilità e motricità, partendo dalla zona lombare o sacrale, passando per la zona glutea, scendendo sulla coscia e sulla gamba, fino ad arrivare al piede.

Un attacco acuto sciatalgico può essere molto doloroso manifestandosi con alterazioni della sensibilità, riduzione della forza specifica e alterazione dei riflessi osteo-tendinei, inoltre può causare una difesa antalgica portando la colonna e l’arto inferiore a creare degli schemi di compensi totalmente alterati, che assoceranno uno stato di contrattura resistente alla risoluzione autonoma.

Lombosciatalgia_01Come ho già accennato prima, il territorio di sviluppo patologico è esteso e ben distinto, ma spesso viene confuso nella diagnosi, con patologie di tipo vertebrale che danno una manifestazione similare ma che si estendono con un irradiazione molto più breve, colpendo ad esempio solamente il gluteo o la coscia spesso nella porzione posteriore.

In questo caso diventa sbagliato parlare di sciatalgia e le cure che verranno applicate nel piano terapeutico sciatalgico potranno risultare inefficaci.

Diventa fondamentale essere precisi nel diagnosticare la sciatalgia vera e ancora più importante capire quale sia la radice coinvolta e la causa che la innesca.

Vediamo di capire quali siano le possibili cause della lombosciatalgia.

Lombosciatalgia_03Comunemente si associa questa patologia ad un’ernia discale, nel momento in cui il nucleo erniato va a comprimere la radice nervosa inducendone un’irritazione e un’ infiammazione.

Sarebbe però riduttivo accusare l’ernia del disco come unico evento scatenante e allora vediamo di fare chiarezza su ogni possibile causa:

  • schiacciamento vertebrale con riduzione di altezza dei forami di coniugazione
  • chiusura dei forami di coniugazione dato da un’inclinazione atipica del segmento vertebrale
  • edema con aumento della pressione all’interno del forame di coniugazione
  • Lombosciatalgia_04ipossia o anossia per riduzione della portata arteriosa inerente alla radice nervosa
  • osteofita canalare, ovvero un’escrescenza ossea a livello articolare che si espande verso la radice nervosa irritandola
  • batterico o virale

Omettiamo tutte le cause traumatiche fratturative o tumorali perché meriterebbero un articolo a se spiegandone la complessità.

Le cause sopra elencate possono essere cumulabili in discali, meccaniche, vascolari e infettivobatteriche; sono tutte diverse tra di loro ma danno come risultato finale la stessa sintomatologia dolorosa e di impotenza funzionale.

Lombosciatalgia_05È chiaro che a seconda della categoria della causa scatenante, sarà diverso il piano terapeutico e il tempo di recupero per tornare ad uno stato di salute effettivo ed efficiente.

Capite da voi quanto sia importante essere precisi nella diagnosi.

Sbagliare diagnosi potrebbe mettere in ulteriore difficoltà il paziente che vive l’affezione patologica.

E allora come si fa ad essere precisi nel dare il giusto nome e cognome al fattore scatenante la lombosciatalgia?

Si inizia come sempre con una raccolta dati e quindi un’anamnesi, che vada a centrare i sintomi del paziente rispetto a quello che potrebbero causarli, si indaga ogni possibile perturbazione presente e passata che possano aver influenzato lo stato di salute del soggetto e non per ultimo si cercano di escludere le possibili diagnosi differenziali che per similitudine sintomatologica ci potrebbero portare fuori strada.

Lombosciatalgia_06Nell’utilizzo della diagnostica per immagini o di quella strumentale, è fondamentale l’utilizzo di RM lombo-sacrale, per studiare lo stato anatomico delle strutture discali e radicolari, sia nel passaggio del canale midollare e sia in quello del forame di coniugazione.

Nel caso di alterazioni osteoarticolari, che possano essere di tipo osteofitico, da alterazione morfologica della vertebra, oppure da stenosi dura, l’esame più appropriato risulta essere la TC che ha la capacità di studiare in maniera eccellente il tessuto osseo e calcifico nei sui più intimi particolari.

In caso di infezioni come fonte della sciatalgia, può essere necessario ricorrere ad esami di laboratorio per studiarne la presenza nel sangue.

In circostanze sciatalgiche tanto acute quanto croniche, con importanti manifestazioni motorie, può essere necessario lo studio della conduzione nervosa rispetto alla placca motrice e quindi lo stato di salute del nervo stesso e la sua efficienza, utilizzando l’esame elettromiografico; non è raro riscontrarne una sofferenza o addirittura una denervazione.

La sciatalgia può regredire in maniera totale e le strade da percorrere sono molteplici:

La farmacologia vede l’impegno di antinfiammatori non steroidei o cortisonici, sia in maniera singola e sia associati a miorilassanti, in maniera da ottenere tanto la riduzione dell’infiammazione quanto del tono muscolare e delle contratture antalgiche.

Si possono utilizzare anche farmaci antidolorifici nel caso il dolore sia talmente acuto da non riuscire a rompere il ciclo di rinforzo dell’ipertono locale muscolare.

L’ozono terapia applicata localmente, può ridurre la componete infiammatoria in maniera naturale, andando a riequilibrare il PH perturbato dal processo infiammatorio e attenuando la sintomatologia.

La fisioterapia gioca un ruolo fondamentale nella riduzione del dolore e nella mobilizzazione del nervo nei suoi punti critici di passaggio, mobilizzandolo e ricercando lo spazio di scorrimento adeguato per alleviarne l’ irritazione .

Ha la capacità di drenare il tessuto vascolare venoso, nel caso sia lui il responsabile dell’aumento della pressione nella zona del passaggio del forame di coniugazione.

Riduce lo stato di tensione muscolare e risolve le contratture muscolari.

Riequilibra le catene muscolari cercando la migliore sinergia tra gruppi anteriori e posteriori riportandole ad un rapporto di sinergia.

Lombosciatalgia_08L’osteopatia mette in libertà le strutture articolari bloccate, liberando i forami di coniugazione da restrizioni che, se mantenute, avrebbero solamente rinforzato lo stato patologico.

Toglie trazione alla radice nervosa agendo sulla mobilizzazione del tubo neurale.

Diminuisce le zone di tensione addominale agendo sulle pressioni e sulle aree muscolari inerenti.

Influenza il tessuto connettivo di sostegno del nervo sciatico lungo tutto il suo percorso, disimbrigliandolo e dandogli modo di poter lavorare senza resistenze.

Migliora il drenaggio dei cataboliti infiammatori, agendo sul sistema viscerale, in particolar modo sugli organi emuntori per espellerne le tossine.

Lombosciatalgia_09Nel caso la sciatalgia di natura discale erniaria, resistente ad ogni tipo di trattamento per grandezza o posizione, si può intervenire con la chirurgia eliminando il tessuto che comprime la radice nervosa, ripulendo la zona da eventuali aderenze create dal nucleo discale espulso, decongestionando la radice nervosa.

Va ricordato che un intervento chirurgico di ernia del disco, elimina la causa ma non modifica lo stato degenerativo in essere del segmento vertebrale, pertanto sarà necessario prendersi cura della propria colonna in maniera costante con esercizi mirati, fisioterapia e osteopatia preventiva.

Vogliamoci bene, prendiamoci cura della nostra schiena!

Lombalgia

Quante volte abbiamo avuto a che fare con la lombalgia? Conosciamola mglio

È un dolore della zona lombare che genera un cattivo funzionamento della persona nelle attività quotidiane e nel riposo stesso.

image2Si manifesta per l’ alterazioni della normale anatomia vertebrale, per un cambiamento posturale, per la
modificazione del corretto funzionamento della zona interessata, per una degenerazione naturale o patologica dei tessuti inerenti, per traumi minimi ma ripetuti o singoli ma importanti.

Il funzionamento del movimento articolare vertebrale è così importante che alle volte la sua semplice modificazione, anche senza traumi o degenerazioni associate ed apparenti, possono dare vita a un dolore lombare e quindi ad una lombalgia.

image1La sintomatologia si presenta in maniera puntiforme o a fascia nel territorio lombare ma può anche irradiarsi sul gluteo, sulla coscia, sulla regione addominale bassa.

La mappa del dolore è dovuta a una o più strutture neurologiche periferiche che vivono a stretto contatto con le vertebre e con il canale midollare.

Oltre allo stimolo doloroso, che il nostro cervello recepisce ed elabora, si possono manifestare anche alterazione della sensibilità, della forza e della resistenza muscolare.

La centralina che gestisce l’equilibrio tra dolore, motricità e tono muscolare si trova nei recettori muscolari, tendinei e capsulo-articolari, capaci di influenzarsi tra di loro, per poi scambiarsi informazioni e relazioni con una parte del nostro cervello.

image3Si ha difficoltà a fare i movimenti più semplici, c’è sensazione di rigidità, di impotenza funzionale e di perdita dell’asse corporeo.

Fortunatamente nella maggior parte dei casi, le alterazioni anatomiche che si creano per il trascorrere del tempo, per attitudini lavorative, per microtraumi ripetuti o per predisposizione, concedono ancora un recupero, almeno parziale, di funzione capace di spegnere il problema della lombalgia.

Il recupero della corretta movimento ci permetterà lo svolgimento di una vita normale con l’accortezza di prestare attenzione a come utilizzare le nostra colonna e come mantenerla sempre perfettamente funzionante sia nelle posture statiche che in quelle dinamiche.