Il dolore

Il dolore è sinonimo di sofferenza ed ha lo scopo di segnalare un danno del tessuto in atto o potenziale.

Cos’è il dolore?

Il dolore è un meccanismo fisiologico fondamentale per salvaguardare la persona dalla potenzialità lesiva che si sta manifestando in un momento specifico, proveniente sia dall’ambiente esterno che da quello interno, rispetto ad un evento fuori dal comune per il normale stato di salute.

Se il dolore si mantiene nel tempo, invece di essere un sistema di difesa per il corpo umano, si tramuta in una patologia definita sindrome dolorosa, che scatena delle reazioni multisistemiche di circostanza.

Gli stimoli del dolore possibili che attivano i nocicettori, possono essere di varia natura:

  • meccanici
  • chimici
  • termici.

Il sistema nocicettivo è un insieme di terminazioni neurologiche sensoriali, presenti in quasi tutti tessuti corporei:

Il dolore 01

  • cute
  • muscoli
  • articolazioni
  • mucose
  • tendini
  • legamenti
  • tessuto connettivo di giunzione
  • visceri.

I nocicettori hanno delle caratteristiche diverse tra di loro per specializzarsi nella conduzione di stimoli diversi:

  • dolore acuto ben localizzabile
  • dolore rapido (compare entro un decimo di secondo dallo stimolo dolorifico), generalmente non percepito dai tessuti profondi
  • dolore cronico mal definito e più diffuso (meno localizzabile)
  • dolore lento (compare entro e oltre un secondo dallo stimolo del dolore), perdura a lungo.

La classificazione

Il dolore viene classificato in maniera specifica, ovvero somatico, neuropatico, viscerale, idiopatico (senza causa apparente) ed ha delle caratteristiche di identificazione diverse:

  • transitorio
  • prolungato
  • recidivo
  • superficiale
  • profondo
  • crampiforme
  • pungente
  • urente
  • sordo
  • compressivo
  • pulsante
  • pruriginoso
  • tirante

il dolore 02Il dolore vede un’intreccio di componenti percettive ed esperenziali.

La componente percettiva è innescata dal sistema nocicettivo che mette in moto la componente sensoriale, per il trasporto del messaggio dolorifico verso il sistema nervoso centrale.

La componente esperenziale, è innescata dalla psiche che associa uno o più eventi, ad una sensazione spiacevole che viene legata all’esperienza del dolore e alla condizione psichica.

Pertanto possiamo affermare che il dolore è un’esperienza totalmente personale, soggettiva, difficilmente quantizzabile in maniera standard, ciò sta a dire che anche le scale di valutazione del dolore rimangono misurabili in maniera del tutto personale.

Le persone che hanno una percezione alterata del dolore tendente all’assenza, ovvero che non avvertono il dolore se non nelle soglie più alte, corrono il rischio di incappare in situazioni lesive pericolose per lo stato di salute.

L’elaborazione del cervello

Il dolore viene recepito dalla periferia ed è elaborato dal cervello; il messaggio del dolore viene quindi captato dai nocicettori, condotto nel midollo spinale e da qui trasportato fino al sistema nervoso centrale, dove verrà elaborato ed immagazzinato come esperienza vissuta nell’immediato e come ricordo nel tempo che verrà, modulandolo e controllandolo con delle reazioni locali e/o a distanza di tipo specifico o sistemico.

il dolore 03Pertanto avremo un un sistema afferente che conduce gli impulsi nocicettivi dalla periferia verso i centri superiori.

Un sistema di riconoscimento che elabora l’informazione, valutandone la dannosità, la pericolosità e mettendo in campo delle risposte motorie, neurovegetative, endocrine e psico-emotive.

Un sistema di modulazione e controllo, che invia impulsi inibitori al midollo spinale, per diminuire la forza dei segnali nocicettivi che ne transitano.

Le vie che conducono il messaggio dolorifico dal midollo spinale alla corteccia cerebrale sono due:

  1. la VIA NEOSPINOTALAMICA che arriva in maniera diretta al talamo e a seguire alla corteccia cerebrale.
    • E’ una via veloce che fa poche sinapsi.
    • E’ la strada che trasporta il messaggio del dolore acuto, dove il vissuto esperenziale e mnemonico hanno poca influenza.
    • Le informazioni nocicettive trasportate da questa via, saranno ben precise e ben individuate a livello anatomico.
  2. la VIA PALEOSPINOTALAMICA che arriva alla corteccia cerebrale e alla struttura limbica, facendo numerose sinapsi nella sostanza reticolata.

il dolore 04L’impulso viene notevolmente rimodulato, maturando una percezione più diffusa e mal definita.

I centri di elaborazione del dolore come abbiamo accennato sono vari:

  • talamo
  • sostanza reticolare
  • sistema libico
  • corteccia cerebrale
  • ipofisi/ipotalamo
  • midollo allungato.

Tutte queste strutture lavorano in armonia tra di loro per distribuire i segnali nocicettivi alle aree cerebrali, percepire lo stimolo come doloroso, influenzarne la coscienza, stimolare  delle risposte neurovegetative (cardiache, vascolari, respiratorie, viscerali, endocrine ed ormonali), coscientizzare l’esperienza dolorifica, regolarne le reazioni emotive e la soglia del dolore stesso.

Le reazioni che il corpo umano mette in atto in risposta al dolore, creano inevitabilmente uno stato di alterazione locale o diffuso, dello stato di tensione muscolare, portando ad un’alterazione della postura segmentare e/o distrettuale e/o globale.

La valutazione del dolore

Per valutare il dolore bisogna tener conto della tipologia nocicettiva, dov’è localizzato, la sua durata, come si manifesta nel tempo, l’intensità, le interazioni nelle attività di vita quotidiane all’interno del contesto personale sociale e le eventuali terapie che riescono a modularne le caratteristiche.

Quando il paziente viene visitato, bisogna investigare il dolore cercando di capire il tipo di sintomo, per tradurlo in una maniera descrivibile e misurabile.

E’ pertanto necessario l’utilizzo di scale e di strumenti di valutazione.

Le scale di valutazione più frequentemente utilizzate e validate sono:

  • la VAS (Visual Analogue Scale)
  • la VRS (Verbal Rating Scale)
  • la NRS (Numerical Rating Scale).

Può essere affrontato in modi differenti, coprendo vari aspetti della percezione e della gestione dell’evento.

il dolore 05

I farmaci e la chirurgia

farmaciLa farmacologia ha un ruolo primario, utilizzando varie componenti quali:

  • antinfiammatori non steroidei
  • cortisonici
  • miorilassanti
  • antispastici
  • antidolorifici
  • terapie sostitutive ormonali.

A seconda del tipo di dolore, si può ricorrere alla fisioterapia per curare le cause delle affezioni che attivano il sistema nocicettivo.

Anche la chirurgia ha la sua importanza per ridurre la causa scatenante.

Le cure alternative

In alcune situazioni si utilizzano cure alternative, come lo yoga e l’agopuntura, con buoni risultati.

Nei casi in cui non sia possibile rimuovere la causa scatenante del dolore, si può ricorrere al supporto della psicoterapia, per gestirlo al meglio, sia nella percezione, sia nella attività individuali, che nel contesto sociale.

Il dolore é una condizione che modifica la nostra vita sotto ogni punto di vista.

Abbiamo la possibilità di individuarlo e di contestualizzarlo in maniera efficace.

Non facciamoci sopraffare, alle volte dobbiamo avere pazienza ed essere coscienti che ci sono sufficienti strategie per affrontarlo, gestirlo e in molti casi eliminarlo.

La salute passa attraverso la conoscenza e con l’articolo di oggi, abbiamo la possibilità di aggiungere un tassello al nostro benessere.

 

Cisti artrogene del polso e della mano

Le cisti artrogene del polso, definite anche “cisti gangliari o gangli”, sono delle tumefazioni tondeggianti contenenti liquido, che si manifestano nella zona dorsale del polso, più raramente nelle aree interfalangee e/o sul palmo della mano.

Le cisti artrogene si formano nella rima articolare, tra due capi ossei, dov’è presente la capsula articolare, la quale, per merito del liquido sinoviale secreto, protegge, nutre l’articolazione e la preserva dagli attriti che si formano durante il movimento.

Il tessuto della capsula articolare può cedere e creare una lassità tessutale, formando un’erniazione su un’area più o meno estesa.

cisti artrogene 02Nel punto di erniazione, il liquido sinoviale può trovare una strada dove infiltrarsi, tanto da creare la cisti artogena nel momento in cui venga prodotto una quantità maggiore di liquido.

Il volume delle cisti può cambiare nel tempo, a seconda delle condizioni di utilizzo articolare del paziente e dell’eventuale stato infiammatorio associato, pertanto la tumefazione può rimanere stabile, così come può aumentare o diminuire.

C’è da dire che difficilmente le cisti artogene diminuiranno nel tempo, perchè  il loro volume aumentato e mantenuto tale, crea una lassità della capsula articolare sempre maggiore, predisponendole sempre di più ad un aumento di volume.

Le donne sono maggiormente colpite, e l’insorgere della patologia può presentarsi sin dall’età adolescenziale, cosi come non ne è esclusa l’età adulta.

I fattori predisponenti sono simili nelle diverse fasce di età anche se da anziani, l’artrosi può essere una causa aggiunta.

Le cisti artrogene, non sono sempre sintomatiche.

Il paziente può notare un rigonfiamento nella zona del polso, o della mano, ma senza avvertire ne dolore, ne limitazione funzionale durante il movimento, ne una riduzione di forza nella muscolatura della mano e dell’avambraccio.

cisti artrogene 03Nei casi sintomatici, la persona interessata alla patologia, riferirà dolore sia alla palpazione, sia al movimento libero della mano, soprattutto durante la flessione e l’estensione massima, per esacerbarsi nei movimenti di forza, di presa e di controresistenza.

Il dolore per effetto riflesso, può ridurre la forza del segmento, creando un disequilibrio delle catene muscolari e una discinesia compensatoria del poso, dell’avambraccio, fino ad arrivare alla spalla nei casi più gravi.

Nei casi dove la cisti abbia un volume particolarmente importante e a seconda della zona dove si sviluppa, si potranno manifestare delle tendiniti da sfregamento e delle neuropatie da compressione.

Le cause che sviluppano i gangli, sono corrisposte maggiorente in una predisposizione di lassità capsulare, ma non solo, perché alcuni tipi di traumi, soprattutto distrattivi, possono portare ad un’alterazione della capsula articolare, che causano un’elongazione delle sue fibre fino a manifestare un’erniazione, nel momento in cui si associ ad un’infiammazione ed un aumento consistente di produzione del liquido sinoviale.

tennisI microtraumi ripetuti, gli sforzi prolungati, sempre nei soggetti predisposti, o già affetti dalla patologia, portano alla manifestazione della tumefazione o ad un aumento di volume della cisti.

Le patologie artritiche maggiormente e in minor misura quelle artrosiche, sono compartecipanti allo sviluppo dei gangli articolari.

Nella diagnosi la raccolta dei dati anamnestici è importante, consente di capire quali siano i sintomi riferiti dal paziente, quali siano gli eventi associabili e avere un primo canale di classificazione della malattia.

palpazioneNel proseguo della denominazione della patologia, l’esame visivo ci permette di rilevare delle tumefazioni tondeggianti che aumentano durante il movimento articolare massimo.

La palpazione ci permetterà di valutarne la consistenza, l’aumento di temperatura e la mobilità del tessuto.

L’esame obiettivo darà la possibilità di testare la mobilità articolare, la forza muscolare segmentale e distrettuale, la resistenza allo sforzo e soprattutto la comparsa del dolore durante le prove a cui il paziente viene sottoposto.

ecografiaQuasi sempre si rende necessario eseguire un esame ecografico, per avere un’immagine precisa della cisti e del suo contenuto, per capirne l’effettiva dimensione e il coinvolgimento articolare.

Nei casi in cui l’ecografia non sia sufficiente, per dissipare i dubbi diagnostici, si ricorrerà ad una risonanza magnetica, che stabilirà con maggior precisone lo stato in essere del ganglio.

Il trattamento prevede la gestione nella fase acuta e nella fase cronica.


cisti artrogene 07Nella fase acuta, quando si evidenzia per la prima volta la presenza della cisti artrogena, dovuta ad un trauma distrattivo o da sforzo, bisogna intervenire il prima possibile, applicando un bendaggio elastico compressivo, che riesca a mantenere l’articolazione limitata nei movimenti e in posizione neutra di riposo, per dare la possibilità di recuperare biologicamente al danno capsulare subito, limitando un aggravamento lassivo dei tessuti.

Nei primi giorni sarà necessario anche l’assunzione di farmaci antinfiammatori non steroidei, per limitare l’infiammazione accesa durante il trauma.

L’utilizzo del ghiaccio sarà molto utile come supporto naturale alla riduzione dell’infiammazione.

cisti artrogene 08Nella fase cronica invece, è necessario prevenire il rigonfiamento della ciste in seguito a sforzi massimali o ripetuti di breve intensità, utilizzando un tutore che stabilizzi l’articolazione e ne riesca a limitare gli sforzi durante le attività richieste.

E’ utile applicare del ghiaccio alla fine dello sforzo massimale richiesto al polso o alla mano, soprattutto nei casi in cui si faccia attività fisica sportiva, o lavori manuali, che ne prevedano un uso intenso e ripetuto.

Sempre per i casi cronici si rende necessario fare della buona fisioterapia per ottenere il massimo dell’articolarità consentita nella mano, nel polso e nel gomito, guadagnando la miglior funzionalità delle catene muscolari sia flessorie che estensorie, cosi come di quelle pronatorie e supinatorie.

Dare degli esercizi specifici al paziente per mantenere al meglio l’elasticità dei tessuti articolari, legamentosi, tendinei e muscolari, sarà molto utile nella gestione della patologia e del dolore.

chirurgiaNei casi in cui non si riesca a far fronte in nessun modo alla ciste artrogena, e li dove il paziente riferisca dolore intenso e limitazione nelle attività di vita quotidiana, si può intervenire chirurgicamente, asportando il ganglio in maniera radicale.

Nei pazienti che subiscono l’intervento chirurgico di rimozione della cisti, va sempre suggerito un periodo di riabilitazione mirata, per recuperare l’articolarità e ricondizionare i tessuti molli nell’esecuzione sia dei gesti quotidiani, che dei movimenti estremi richiesti durante gli sforzi.

E’ da dire che le cisti asportate chirurgicamente, nel tempo possono ripresentarsi, manifestando sintomi simili se non addirittura uguali.

Le cisti artrogene sono patologie sicuramente non gravi, ma se trascurate possono condizionare la nostra quotidianità, per questo vanno affrontate prima che il loro sviluppo diventi eccessivo e mal tollerato.

La salute passa attraverso la conoscenza e con l’articolo di oggi, abbiamo la possibilità di aggiungere un tassello al nostro benessere.

Coccigodinia

La coccigodinia è una manifestazione dolorosa della zona coccigea, localizzata nella porzione infero-mediana del bacino.


Anatomia

coccigeIl coccige è la parte terminale della colonna vertebrale, composta da un numero di segmenti variabili da 3 a 5 unità, fusi tra di loro, ad eccezione del primo metamero che si articola con l’osso sacro.

Il tratto coccigeo ha una convessità rivolta posteriormente e una faccia anteriore concava, pertanto possiamo dire che la punta è rivolta in avanti verso la zona pubica.

Al coccige si ancora una parte della muscolatura glutea, così come una parte della muscolatura pelvica e i loro tessuti connettivi inerenti di giunzione.

coccigodinia 02Possiamo pertanto affermare che il coccige sia un equilibratore del pavimento pelvico, entrando attivamente nella gestione dei carichi di linee pressorie, nel gioco della dissipazione delle forze di compressione e di trazione del piccolo bacino.

Vanno anche considerati i rapporti viscerali che il coccige ha in maniera semidiretta con il retto.


La manifestazione del dolore nella coccigodinia

Il dolore può essere dovuto sia ad un’infiammazione della zona inerente, sia ad uno stato di tensione anomala dei tessuti molli di competenza.

La coccigodinia si può presentare indipendentemente dal sesso e dall’età, anche se ci sono dei fattori predisponenti maggiori, come la gravidanza, il parto, la lassità dei tessuti molli, che mettono la donna in una condizione di maggior interesse.

Il dolore si manifesta nella parte terminale della colonna vertebrale, internamente alla zona bassa interglutea, identificato dal paziente in maniera puntiforme, posizionando il dito proprio nella zona apicale del coccige.

Il dolore può avere un’intensità mutevole, che varia da un fastidio ad un’incapacità di sedersi, di chinarsi in avanti, di mantenere la posizione eretta, di adoperarsi nei cambi di postura o addirittura di camminare per lunghi tratti.


I sintomi

I sintomi possono esser persistenti o intermittenti a seconda della gravità della situazione.

Il dolore può irradiarsi alla zona interglutea, ai fianchi, fino a scendere sulla zona prossimale-mediale posteriore delle cosce.

Durante i rapporti sessuali il sintomo può esacerbarsi, così come può essere presente nella costipazione o prima dell’evacuazione, per poi ridursi dopo la defecazione.

Anche il periodo del ciclo mestruale può aumentarne la sensibilità.


Le cause della coccigodinia

La causa diretta spesso è ricondotta ad una caduta sul sedere, dove l’effetto traumatico può addirittura causare una lesione fratturativa o una lussazione del segmento.

Molte altre cause sono associabili alla patologia, alcune delle quali sono legate alla cattiva mobilità del coccige e delle strutture muscolo-tendine, fibrose e viscerali ad esso legate.

Le lesioni da sforzo ripetitivo, possono essere un’altra causa della coccigodinia, dove in questo caso difficilmente si svilupperà un’ infiammazione, ma bensì si manifesterà un aumento della fibrosità e una tensione anomala dei tessuti molli connessi.

Alcuni sport, come il ciclismo, possono creare uno sfregamento ripetuto della zona, capace di innescare un’infiammazione della zona, alle volte con edema superficiale o profondo associato.

sedutaNon è da sottovalutare la cattiva postura che il paziente mantiene nelle posizioni sedute, dove lo scarico del peso corporeo si sposta dalla zona ischiatica, scivolando nella parte posteriore coccigea.

La gravidanza e il parto stesso, possono causare una tensione e una deviazione del coccige, per l’aumento del volume e della pressione nella zona infero posteriore del bacino.

Tra le cause possiamo anche includere le patologie infettive, soprattutto nel momento in cui sfoghino in ascessi, particolarmente debilitanti, per la loro persistenza e per la difficile risoluzione in maniera veloce.


La diagnosi

Nella diagnosi la raccolta dei dati anamnestici è importante, consente di capire quali siano i sintomi riferiti dal paziente, quali siano gli eventi associabili e avere un primo canale di classificazione della patologia in essere.

Nel proseguo della denominazione dell’affezione, l’esame obiettivo si rende assolutamente necessario per valutare la postura del paziente, sia sul piano sagittale che sul piano frontale, per analizzare le capacità di movimento del bacino, lo stato di tensione muscolare, dei tessuti connettivi di collegamento e la reazione del paziente all’evocazione del dolore durante la palpazione.

coccigodinia 05L’esame radiografico si rende assolutamente necessario per esaminare lo stato anatomico del segmento coccigeo e rilevarne eventuali fratture, lussazioni, o modificazioni anatomiche quali esostosi o calcificazioni.

Può ritenersi necessario integrare l’Rx, come esami di risonanza magnetica o Tc, che hanno la capacitò di analizzare con maggior scrupolo tanto la struttura ossea, quanto i tessuti molli associati.

Nel caso sia presente un ascesso di tipo infettivo, può essere utile, se non addirittura necessario, richiedere degli esami di laboratorio per valutare lo stato biologico dei fattori patologici nel contesto della persona.


Il trattamento della coccigodinia

L’utilizzo di farmaci antinfiammatori vede un’ampia gamma di possibilità terapeutiche quali:

  • antinfiammatori non steroidi
  • cortisonici
  • miorilassanti
  • antidolorifici.

Possono rivelarsi utili le applicazioni infiltrative locali, per aumentare l’efficacia della somministrazione farmacologica.

In molti casi si rende necessario l’utilizzo di un cuscino vuoto nella sua porzione centrale, comunemente chiamato ciambella, per scaricare il peso corporeo e la frizione nella zona coccigea nelle posture sedute del paziente.

fisioterapiaLa fisioterapia, così come le tecniche manipolative osteopatiche, si rivelano ottime per il riequilibrio del coccige all’interno del sistema del piccolo bacino, per la correzione dell’articolazione sacro-coccigea, per la diminuzione della tensione muscolare associata e per ridare elasticità ai tessuti connettivi-legamentosi di relazione.

La chirurgia può ritenersi una strada valutabile solo ed esclusivamente nei casi in cui abbiano fallito tutte le terapie sopra indicate e il paziente non riesca a risolvere il dolore, dovendo affrontare una diminuzione drastica della qualità di vita nelle attività quotidiane minime.

La coccigodinia è una patologia fastidiosa, ma ha talmente tante variabili evolutive che ci permette di approcciarla con varie soluzioni terapeutiche, risolvendo il problema in maniera efficace e definitiva.

La salute passa attraverso la conoscenza e con l’articolo di oggi, abbiamo la possibilità di aggiungere un tassello al nostro benessere.

Malattia di Scheuermann

La malattia di Scheuermann fa parte della famiglia delle osteocondrosi.

Malattia di Scheuermann 01Conosciamo meglio la malattia di Scheuermann

Nelle osteocondrosi si sviluppa un processo di degenerazione necrotica a lesione osteocartilaginea, con uno sviluppo in 4 stadi:

  1. piccolo appiattimento dell’osso nel punto di lesione
  2. il frammento diviene distinguibile cominciandone ad apprezzare una piccola rima di lesione sotto di esso
  3. la rima di lesione si fa più marcata e il frammento è quasi del tutto staccato
  4. il frammento osteocartilagineo si è staccato dal restante osso.

Il paziente sviluppa un dorso curvo non di origine posturale ma bensì strutturale, con un tipico atteggiamento di spalle chiuse in avanti e l’accentuazione della lordosi lombare.

Spesso l’atteggiamento di iperlordosi lombare è di tipo compensativo, ma può accadere che anche questo segmento sia strutturato per malformazione vertebrale.

Il dimorfismo vertebrale può causare anche l’evoluzione di una scoliosi.

Malattia di Scheuermann 02La malattia di Scheuermann è quindi originata da una malformazione vertebrale che vede una deformazione a cuneo dei corpi vertebrali ≥  di 5° su un numero di 3 o più vertebre.

Le vertebre interessate sono generalmente appartenenti al gruppo dorsale medio basso e con meno frequenza, alle vertebre lombari superiori.

Nei casi di patologia avanzata i piatti discali vertebrali mostrano una superficie irregolare, con sclerosi del tessuto osseo e riduzione degli spazi interdiscali.

Il decorso generalmente è lento, può durare anni e alla fine del processo patologico le malformazioni possono risultare ormai stabili.

L’età colpita è l’adolescenza e quindi l’età evolutiva, con un interessamento maggiore del sesso maschile.


La sintomatologia

I sintomi che generalmente si associano alla malattia di Scheuermann sono:

  • dorsalgia acuta associata a contrattura muscolare riflessa e impotenza funzionale
  • dorsalgia cronica con limitazione ai movimenti di flesso-estensione, rotazione ed inclinazione laterale
  • lombalgie acute nel caso siano interessate le vertebre del segmento lombare alto nello sviluppo della malattia
  • lombalgie croniche nel caso di una iperlordosi di compenso posturale
  • riduzione delle capacità ventilatorie polmonari
  • favorisce la comparsa del reflusso gastroesofageo.

Le cause dello sviluppo della patologia non sono certe, si pensa che ci possano essere delle alterazioni genetiche ereditarie e che, come accennavamo all’inizio dell’articolo, l’osteocondrite sia la strada seguita nell’evoluzione della malattia, peggiorata da eventuali microtraumi ripetuti.


La diagnosi della malattia di Scheuermann

Malattia di Scheuermann 03Nella diagnosi la raccolta dei dati anamnestici è importante, consente di capire quali siano i sintomi riferiti dal paziente, quali siano gli eventi associabili e avere un primo canale di classificazione della patologia in essere.

Nel proseguo della denominazione della patologia, l’esame obiettivo si rende assolutamente necessario per valutare la postura del paziente, sia sul piano sagittale che sul piano frontale, per analizzare le capacità di movimento vertebrale, lo stato di tensione muscolare e la reazione del paziente all’evocazione del dolore.

Di fondamentale aiuto sarà l’esame radiografico che permetterà di valutare lo stato di salute vertebrale, la postura scheletrica del paziente e il numero di segmenti ossei interessanti dalla patologia.

TC colonnaL’esame tc potrebbe essere utilizzato per approfondire la valutazione vertebrale, non solo nella sua conformazione periferica, ma anche nella visione più intima del canale vertebrale.

La rm sarà consigliata se il paziente presenterà dei sintomi neurologici periferici e per valutare lo stato in essere dei dischi intervertebrali.


Il trattamento

Il trattamento prevede l’utilizzo di antinfiammatori associati ed eventuali miorilassanti per gestire la fase del dolore acuto o cronico associato ad eventuale contrattura muscolare antalgica riflessa.

Nei casi di evoluzione rapida della patologia, può essere consigliato l’utilizzo di un busto di scarico vertebrale, da indossare per un numero variabile di ore nell’arco della giornata, a seconda del tipo di attività fisica del paziente e delle posture che maggiormente è costretto a mantenere nelle sue attività di vita quotidiane.

Sarebbe utile controllare il peso corporeo per evitare inutili sovraccarichi vertebrali.

E’ importante favorire il tonotrofismo della muscolatura antigravitaria, per dare il maggior sostegno possibile alla colonna vertebrale, contrastando la tendenza all’anteriorizzazione del paziente.

E’ importate astenersi da attività fisiche intense e prolungate nel tempo.

Sarebbe consigliabile riposare su un letto duro in posizione supina, durante le ore di sonno notturne.

FisioterapiaLa fisioterapia è fondamentale per evitare l’instaurasi di rigidità vertebrali, per migliorare gli equilibri muscolari posturali, per mantenere elastiche le strutture toraciche e allenata la funzione respiratoria.

Nei casi patologici più gravi, dove la malformazione vertebrale rischi di aumentare la pressione sugli organi interni, compromettendone le loro funzioni, si può pensare di ricorrere ad interventi di stabilizzazione vertebrale, per fissare i segmenti vertebrali patologici tra di loro e mantenere in correzione la curva vertebrale.


La malattia di Scheuermann è una patologia che necessita di un’attenta diagnosi precoce, per evitare danni strutturali, che se tralasciati, non saranno recuperabili.

La salute passa attraverso la conoscenza e con l’articolo di oggi, abbiamo la possibilità di aggiungere un tassello al nostro benessere.

Dermatomiosite e polimiosite

La dermatomiosite e la polimiosite sono le forme più comuni delle patologie che appartengono alla famiglia delle miositi.

Sono patologie autoimmunitarie che possono insorgere in maniera spontanea, oppure attivate da eventi esterni, come ad esempio le infezioni.

Dermatomiosite e polimiosite 01

Cosa sono le miositi?

Le miositi sono un gruppo di malattie muscolari che sviluppano un’infiammazione del tessuto muscolare striato e rientrano nella più ampia categoria delle connettiviti.

Nella dermatomiosite e polimiosite sono maggiormente colpiti i cingoli pelvici e i cingoli scapolari.

Nei casi più gravi ed avanzati si può arrivare ad avere complicanze nella deglutizione, nella respirazione e cardiache.

I sintomi della dermatomiosite e della polimiosite

Dermatomiosite e polimiosite 02Hanno delle sintomatologie del tutto simili ma anche delle differenze, che si evidenziano maggiormente nella dermatomiosite, con la presenza di segni cutanei tipici, quali:

  • eruzioni violacee attorno agli occhi, sul mento e nelle pieghe nasolabiali (rash eliotropo)
  • edema duro attorno agli occhi
  • capillari superficiali ingrossati (teleangectasie), che si possono associare a piccoli edemi emorragici tondeggianti (petecchie) nella zona attorno alla lamina ungueale delle dita delle mani
  • placche violacee squamose ed eritematose nella zona metacarpale e interfalangea delle mani (papule di Grotton)
  • sclerodermia.

Fatta eccezione per questi segni caratteristici della dermatomiosite, i sintomi che caratterizzano le miositi di cui parliamo oggi, sono sovrapponibili tra di loro:

  • debolezza
  • dolori muscolari
  • dolori articolari
  • dolore diffuso
  • atrofia
  • fibrosi delle fibre muscolari
  • edema
  • impotenza funzionale

Quali le cause?

Le cause ad oggi sono associate ad alterazioni del sistema immunitario che portano ad un attacco lesivo delle fibre muscolari striate, causandone un processo infiammatorio degenerativo.

L’attivazione sbagliata del sistema immunitario contro il nostro stesso organismo, può essere causata da uno stress infettivo, patologico, emotivo, farmacologico, etc.

La diagnosi

Nella diagnosi la raccolta dei dati anamnestici è importante, consente di capire quali siano i sintomi riferiti dal paziente, quali siano gli eventi associabili e avere un primo canale di classificazione della patologia in essere.

esami laboratorioNel proseguo della denominazione della patologia, l’esame obiettivo si rende assolutamente necessario per valutare l’aspetto del paziente, la comparsa di teleangectasie, di papule, di edemi nella zona del viso e delle mani.

Vanno indagate le zone di interessamento dei dolori articolari e muscolari, la risposta al dolore evocato, la capacità di attivazione muscolare e la sua resistenza allo sforzo, valutandone conseguentemente il tono e il trofismo.

La dermatomiosite e la polimiosite vengono diagnosticate tramite indagini di laboratorio che evidenziano aumenti di valori degli indici infiammatori, delle cpk (creatinfosfochinasi) e positività agli anticorpi specifici.

L’elettromiografia è un esame che permette di studiare lo stato di funzione muscolare e dei nervi periferici ad esso connessi e può essere utilizzato per lo studio diagnostico delle miositi.

Dermatomiosite e polimiosite 04La biopsia muscolare e la biopsia cutanea, (quest’ultima nel caso specifico della dermatomiosite), hanno un ruolo fondamentale nella diagnosi, perché permette, tramite il prelievo di alcune cellule sospette, di analizzarle sia in laboratorio che al microscopio, traendone informazioni certe sul loro stato di salute.

Anche la risonanza magnetica può risultare utile per avere un quadro sufficientemente dettagliato dei muscoli nelle zone di interesse.

Il trattamento della dermatomiosite e della polimiosite

Il trattamento prevede un importante impatto farmacologico, utilizzando sia dei cortisonici, per limitare l’infiammazione in maniera diretta, sia farmaci immunosoppressori, per limitare la risposta immunitaria e quindi l’attacco alle proprie cellule.

FisioterapiaImportante sarà il sostegno della fisioterapia per mantenere il tono e il trismo muscolare, per ridurre lo stato di dolenzia, per massimizzare la capacità articolare residua, per riequilibrare le catene posturali e per ottimizzare le funzioni respiratorie diaframmatiche-intercostali

La dermatomiosite e la polimiosite sono malattie che condiziono la vita del paziente, ma possono essere sufficientemente gestite per mantenere una capacità più che discreta nelle attività di vita quotidiane.

La prevenzione gioca un ruolo fondamentale, perché prima si potrà diagnosticare la malattia in essere, meno danni il paziente subirà.

La salute passa attraverso la conoscenza e con l’articolo di oggi, abbiamo la possibilità di aggiungere un tassello al nostro benessere.