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Angioma vertebrale

L’angioma vertebrale viene anche definito emangioma di tipo cavernoso.

Angioma vertebraleL’origine dell’ angioma vertebrale

Origina dalla proliferazione rapida e incontrollata di cellule epiteliali di uno o più vasi sanguigni, destinati ad irrorare la vertebra, portando ad una neoformazione di capillari e vasi di maggior calibro, che ammassandosi tra di loro formano l’angioma.

L’angioma vertebrale è per tanto un tumore BENIGNO, che può svilupparsi su qualsiasi segmento della colonna vertebrale, anche se generalmente, le sedi più interessate sono la zona dorsale e lombare.

L’età adulta, sopra la terza decade, è favorita nello sviluppo dell’emangioma di cui oggi stiamo parlando.

La sintomatologia

Quasi sempre l’angioma vertebrale è asintomatico, ma in una percentuale minima, può avere dei riscontri patologici clinici, legati soprattutto alla grandezza e alla sede dove la proliferazione del groviglio di capillari e vasi si sviluppa.

Nel caso in cui il volume della neoformazione sia eccessivo e risulti adiacente a strutture importanti, tanto da causarne compressione, si potranno sviluppare patologie associate di importanza variabile.

La variabile sintomatica, sarà dovuta ad un’eventuale compressione-irritazione del midollo spinale o delle sue radici nervose, oppure ad un’infiltrazione dell’angioma all’interno del corpo vertebrale stesso, favorendone il collasso; vediamo insieme cosa potrà avvertire il paziente:

  • Angioma vertebraledolori muscolari
  • contratture
  • parestesie degli arti inferiori (raramente degli arti superiori)
  • riduzione della forza e della resistenza
  • cedimento vertebrale con perdita della normale conformazione.

Le cause dell’ angioma vertebrale

Le cause dell’angioma vertebrale non sono note, si pensa che i fattori genetici siano lo starter della modificazione e che la sua trasmissibilità ereditaria sia il proseguo della manifestazione patologica tra le varie generazioni.

Quasi sempre la diagnosi di angioma vertebrale è del tutto casuale, (proprio perché asintomatico nella stragrande maggioranza dei casi), il che vuol dire che viene riscontrato  tramite indagini diagnostiche effettuate per altri motivi.

La diagnosi

Gli esami più appropriati per analizzare un’emangioma osseo sono:

  • RX
  • RM
  • TC
  • angioTC
  • angiografia

Spesso parliamo di anamnesi ed esame obiettivo, ma nel caso in cui un angioma vertebrale sia asintomatico, l’unico campanello di allarme che potrebbe accendersi, sarebbe il racconto di casi in famiglia nella raccolta dati anamnestica.

L’angioma vertebrale viene messo sotto cura solamente se sintomatico, nel caso sia asintomatico va monitorato nel tempo per capirne la sua eventuale evoluzione.

Il trattamento

L’approccio farmacologico sarà utilizzato nei casi sintomatici, per ridurne gli attacchi acuti o la cronicità delle manifestazioni.

I trattamenti sono mirati a diminuirne il volume, il flusso sanguigno irrorativo, ad aumentare lo spazio circostante per annullare l’effetto compressivo, a recuperare le deformazioni vertebrali per danni da cedimento strutturale.

chirurgiaVediamo insieme quai sono le possibili strategie di cura adottate:

  • embolizzazione (impedisce al sangue di affluire nel letto circolatorio dell’angioma)
  • radioterapia (arresta la crescita dell’angioma e ne favorisce la parziale regressione)
  • vertebroplastica (per il recupero parziale o totale, del collasso vertebrale da cedimento strutturale)
  • laminectomia (per ridurre la compressione del midollo spinale)

Nei casi in cui sia necessario asportare del tutto l’angioma vertebrale, si può ricorrere all’intervento di vertebrectomia, dove viene tolta la sede dell’angioma (generalmente il corpo vertebrale) e sostituita tramite innesto di elementi compatibili.

Essendo questo un intervento delicato, lo si prende in considerazione nei casi estremi, in cui sia l’unica soluzione ad una patologia sintomatica dagli effetti importanti.

Angioma vertebraleLa fisioterapia si renderà necessaria la dove la patologia abbia portato uno stato di indebolimento muscolare e una riduzione della funzionalità neurologica, così come sarà importante nel recupero dello stato di salute post intervento chirurgico, che abbia modificato lo stato anatomico vertebrale.

L’angioma vertebrale non è una patologia grave; sono solamente pochi i casi in cui possa generare complicanze per la salute del paziente, pertanto è bene tenerlo sotto controllo, monitorandolo nel tempo.

La salute passa attraverso la conoscenza e con l’articolo di oggi, abbiamo la possibilità di aggiungere un tassello al nostro benessere.

Il busto per il mal di schiena lombare si o no

Il busto per il mal di schiena lombare si o no 01 Ho parlato molte volte del mal di schiena lombare, diverso per eziologia: artrosi, discopatie degenerative, sciatalgie, cruralgie, spondilolistesi, blocchi articolari acuti, instabilità vertebrale.

Ho più volte analizzato come queste diverse condizioni scatenano un percorso patologico con dolori di intensità variabili e in alcuni casi gravemente invalidanti anche nelle più banali attività di vita quotidiana, come camminare, stare in piedi, allacciarsi le scarpe, piegarsi in avanti, fare una torsione.

Non è raro che il dolore sulla zona lombare possa irradiarsi sul gluteo, sulla coscia, alle volte scendendo fino al piede.

Non ho mai argomentato però sull’utilizzo del busto per aiutare la risoluzione di una lombalgia e visto che molti dei miei pazienti ne hanno fatto uso, o me ne chiedono indicazioni, ho deciso di parlarvene cercando di dare dei consigli di massima sulle indicazioni di utilizzo nelle varie circostanze, a seconda delle caratteristiche dei vari modelli.

Affrontiamo l’argomento per ogni singola eziopatogenesi.

artrosiARTROSI

L’artrosi è una patologia degenerativa che riduce la mobilità e la funzionalità di uno o più segmenti vertebrali lombari.

Il dolore peggiora dopo una lunga pausa di riposo e migliora con la ripresa del movimento già dopo alcune decine di minuti.

Questa condizione non riesce ad essere aiutata dall’utilizzo di un busto lombare, perché ne ridurrebbe ulteriormente il movimento, ma ha bisogno di trattamenti fisioterapici mirati ad ottimizzare i metameri vertebrali, in una sinergia di movimento rispetto all’intero compartimento vertebrale e a quello sacro-iliaco.

DISCOPATIE DEGENERATIVE

Le discopatie degenerative si manifestano in varie misure.

Nei casi dove il disco si disidrati, facendo perdere la normale altezza di distanziamento tra una vertebra e l’altra, l’utilizzo di un busto di scarico può essere molto utile.

Il busto in questione dovrà estendersi su tutta la colonna con un doppio scarico che vedrà nelle sue estremità un appoggio sulle creste iliache del bacino e uno sulle spalle a livello del cingolo scapolare, con un supporto semirigido dato dalla presenza di stecche metalliche, per rendere il busto capace di non perdere la forma di scarico ed essere allo stesso sufficientemente malleabile per non bloccare del tutto i movimenti.

Il busto per il mal di schiena lombare si o no 05Questo tipo di busto avrà degli ancoraggi elastici e regolabili, con un stretch capace di aumentarne la rigidità.

Il busto non andrà assolutamente portato tutto il giorno, ma verrà indossato per un’ora sul finire della mattinata e per un’ora e mezza a fine pomeriggio, in maniera da supportare le vertebre, senza far perdere il tono muscolare al paziente.

Devo ricordare che la muscolatura oltre che avere il compito di guidare i movimenti, ha la funzione di sostenere la colonna vertebrale, evitando che collassi su se stessa contrastando la forza di gravità, pertanto è importantissimo non perdere il tono muscolare.


SCIALTALGIE E CRURALGIE DA ERNIE DISCALI

Che si parli di sciatalgia o di cruralgia da ernia discale, il paziente manifesta un dolore irradiato lungo il dermatomero corrispondente alla radice compressa, con un’irritazione associata del nervo.

In questo caso ci troviamo di fronte ad un’infiammazione tanto acuta quanto dolorosa con sintomi parestetici (formicolio, bruciore, etc.) e nei casi più gravi ci sarà un’associazione di segni motori quali la perdita di forza, di tono muscolare o la comparsa di crampi.

In questo caso è importantissimo ridurre l’infiammazione nel minor tempo possibile e mettere a riposo la parte, riducendo la mobilità del segmento lombare.

L’utilizzo del busto è un ottimo ausilio per aiutare la recessione del processo flogistico.

Il busto per il mal di schiena lombare si o no 06Il busto che verrà utilizzato sarà in stecche e stoffa, con un’estensione di area pari all’intero tratto lombare e alla zona alta del bacino, preferendolo con la presenza di cinghie regolabili nella compressione.

In questo caso il busto ha il merito di ridurre la mobilità nei 3 piani dello spazio, con una limitazione che sarà direttamente proporzionale alla compressione voluta dall’azione degli stretch.

Il busto verrà indossato per la metà delle ore mattutine, per la metà delle ore pomeridiane e per le ore serali antecedenti al riposo notturno.

Nelle ore in cui il busto non verrà indossato, il paziente è invitato a non compiere sforzi e movimenti esagerati, mentre le attività maggiormente faticose, potranno essere in parte concesse quando il busto verrà indossato.


BLOCCO ARTICOLARE ACUTO (“IL COLPO DELLA STREGA”)

Il blocco articolare acuto, che molti conoscono con il nome di colpo della strega, è un blocco di uno o più segmenti vertebrali in una posizione squilibrata e assolutamente non neutra, che viene mantenuta dallo stato di forte contrattura muscolare, alimentata dal riflesso del dolore stesso.

Il busto per il mal di schiena lombare si o no 07In questo caso è fondamentale ridurre la tensione muscolare e rimettere in equilibrio statico e dinamico le vertebre in blocco.

L’utilizzo del busto può essere un aiuto efficace, se utilizzato con un criterio ben specifico di supporto alla terapia.

E’ consigliato un busto in stecche e stoffa, con un’estensione di area pari all’intero tratto lombare fino alla zona alta del bacino, che non sia necessariamente dotato di stretch per la compressione graduale.

Lo scopo è di mettere a riposo la muscolatura vertebrale dallo stato di tensione eccessiva, in maniera tale che riducendo l’effetto sulla contrattura, il terapeuta possa mobilizzare con più facilità le vertebre in disfunzione.

Il busto se utilizzato per circa un’ora prima dell’intervento manipolativo e un’ora dopo l’intervento, aiuta a svincolare il paziente dallo stato di eccessivo squilibrio muscolare, tipico del blocco articolare acuto.

Al di la del capitolo manipolativo, il busto descritto può essere usato per massimo un’ora la mattina al risveglio, per poi indossarlo nuovamente a fine mattinata e nuovamente nel finale delle ore pomeridiane, sempre in un slot temporaneo di circa 1 ora, in maniera da alternare il riposo muscolare e la riduzione del dolore, con una ripresa graduale della funzionalità vertebrale.


INSTABILITA’ VERTEBRALE

L’instabilità vertebrale è una condizione articolare-legametosa che non consente una stabilità di posizione e di movimento per una perdita di solidità articolare.

Il paziente può manifestare lombalgie e/o radicoliti irritative che si vanno ad acuire proprio con l’aumento dell’attività fisica.

Il busto per il mal di schiena lombare si o no 08Il busto in questa situazione può essere molto utile se utilizzato durante le attività fisiche e nelle situazioni in cui il paziente sia costretto a mantenere la posizione eretta per lungo tempo.

Il busto che verrà utilizzato sarà in stecche e stoffa, con un’estensione di area pari all’intero tratto lombare fino alla zona medio-alta del bacino e sarà da preferire se con la regolazione della compressione per merito dello stretch sulle doppie cinghie.

Lo scopo è quello di stabilizzare il segmento lombare e sacro-iliaco, aumentando la compressione esterna tramite il busto, sostenendo in parte l’articolazione da quello che è il deficit osteo-legamentoso, evitando di creare dei movimenti eccessivi per la loro natura biomeccanica.

Abbiamo visto come e in quali casi l’utilizzo di un busto può essere di aiuto nella risoluzione di un problema vertebrale.

Non dobbiamo dimenticare che la diagnosi precisa è fondamentale e sarà proprio lei a guidare il percorso terapeutico più appropriato in ogni dettaglio.

La salute passa attraverso la conoscenza e con l’articolo di oggi abbiamo la possibilità di aggiungere un tassello al nostro benessere.

Camminare fa bene alla schiena?

Sono molti i pazienti che mi chiedono se camminare fa bene alla schiena.

Partiamo dalla domanda

E’ una domanda frequente che scaturisce dal fatto che sempre più persone utilizzano la camminata veloce per attivare il metabolismo, bruciare calorie, riattivare il proprio corpo e mantenersi in forma, rompendo la routine quotidiana fatta da ore e ore di sedentarietà, passata dietro una scrivania, oppure davanti al pc o alla televisione.

Iniziamo con il dire che qualunque attività rimetta in movimento il nostro corpo è benvenuta.

Continuiamo dicendo che più il corpo umano aumenta la propria età biologica e più ha bisogno di movimento.

Sottolineiamo il fatto che il movimento è vita.

Insistiamo sul concetto che la macchina umana ha bisogno di attivare le articolazioni e di stimolare la produzione di liquido sinoviale, di mantenere un buon tono-trofismo muscolare, di stimolare la circolazione passiva venosa e linfatica, di eliminare le tossine del catabolismo.

Ma allora camminare fa bene alla colonna vertebrale?

No camminare non ha effetto sulla salute della colonna vertebrale o almeno non in maniera diretta.

Ma questa affermazione è tanto vera quanto non esattamente corretta.

SchienaVediamo di spiegare il perché.

La colonna vertebrale è fatta di molteplici metameri chiamati vertebre, diversi per conformazione, a seconda del segmento esaminato; non a caso la colonna è stata divisa in una porzione cervicale, una dorsale e una lombare, avendo come limiti periferici la base occipitale e l’osso sacro.

Le vertebre hanno un’architettura biomeccanica che da una specificità di movimento propria nei tre piani dello spazio.

Sono mantenute da un sistema capsulare e legamentoso che danno congruenza ai rapporti articolari, consentendone sia la stabilità che la mobilità.

La muscolatura coinvolta

La muscolatura della colonna vertebrale è organizzata in un sistema dritto ed obliquo, superficiale e profondo, che serve sia a mantenere un’assetto posturale antigravitario bilanciato e sia a creare una dinamica sinergica nei movimenti adattativi e dinamici.

Pertanto la colonna vertebrale ha bisogno di un movimento mirato e preciso che possa esaudire le necessità di elasticità, di articolarità e di trofismo, sia ad un livello specifico che nei segmenti di gruppo.

Camminare fa bene alla schienaE’ allo stesso modo vero che, la colonna vertebrale è legata al cingolo scapolare e pelvico e che tali cingoli collaborano in maniera attiva allo schema del passo per bilanciare la propulsione e la spinta, mantenendo il baricentro ottimale del soggetto, in maniera tale da sviluppare un lavoro sinergico tra le catene muscolari, soprattutto del piano sagittale e orizzontale, con degli adattamenti mirati che si sviluppano sul piano frontale.

Quindi camminare mette in movimento oltre che l’arto inferiore, anche il cingolo pelvico e in controadattamento il cingolo scapolare, attivando nel mezzo l’intera colonna vertebrale per portare il movimento dal bacino alle scapole e quindi alle braccia.

Questo tipo di meccanismo si accentua maggiormente se si allunga la falcata, sviluppando un passo lungo e non necessariamente veloce.

L’allenamento

L’allenamento alla deambulazione inoltre è uno stimolo importante per mantenere attivo il tono muscolare della cerniera dorso-lombare, lombo-sacrale, e della cintura pelvica, stimolando in maniera particolare la muscolatura tonica antigravitaria.

GinnasticaE’ quindi vero che se voglio ottenere un allenamento che abbia degli effetti mirati alla colonna vertebrale, devo impegnarmi ad eseguire dei movimenti specifici vertebrali, con lo scopo di aumentarne l’articolarità, di ottenere uno stretching della muscolatura ed una potenziamento dei muscoli inerenti.

E’ vero che la camminata veloce ha un effetto ottimo per attivare il metabolismo, bruciare calorie, riattivare il proprio corpo.

E’ vero che il camminare con un passo lungo, ha comunque un’influenza parziale ma buona sul benessere della colonna vertebrale, per mezzo dell’attivazione del cingolo pelvico e scapolare.

Quindi la colonna vertebrale è una struttura complessa che necessità di un’attenzione specifica, ma essendo l’albero strutturale dell’apparato locomotore, vive di influenze dirette e semidirette in quasi ogni attività della nostra quotidianità.

Sarebbe un ottimo proposito riuscire a dedicarsi del tempo ogni giorno, ma i ritmi serrati delle nostre vite ci remano spesso contro, pertanto sapere cosa ci fa bene e cosa ha più effetto per le nostre esigenze, permette di ottimizzare gli sforzi nel poco tempo a disposizione.

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Rinforzare la muscolatura addominale migliora la postura?

Mi trovo spesso a dover affrontare questo argomento con i miei pazienti.

La domanda è troppo generica per dare una risposta unica e universale.

La muscolatura addominale

Muscolatura addominale 02Partiamo con il dire che un luogo comune, è quello di pensare che la muscolatura addominale sia solamente individuata nei retti addominali.

In realtà per muscolatura addominale va intesa l’intera cintura muscolare che recinta l’addome nella sua interezza.

Quali sono i muscoli dell’addome.

  • muscoli retti addominali
  • muscoli trasversi
  • muscoli obliqui
  • muscolo quadrato dei lombi

Questa quartina muscolare crea una rivestimento muscolare con funzione dinamica e parzialmente posturale della zona addominale, principalmente in relazione alla colonna vertebrale, al bacino e alla zona toracica nei limiti inferiori, apportando degli aggiustamenti anche al contenuto viscerale.

Ma torniamo alla domanda iniziale

RINFORZARE LA MUSCOLATURA ADDOMINALE MIGLIORA LA POSTURA?

Muscolatura addominale 03No, rinforzare la muscolatura addominale non migliora la postura!

Non migliora la postura perché il segmento di diretto interesse, come ho accennato prima, è la zona lombare rispetto alla rampa condrocostale, rispetto alle ultime coste della gabbia toracica e rispetto ai bordi superiori del bacino.

Non migliora la postura perché la curva di lordosi lombare non riesce da sola a dare un’equilibrio dell’intera colonna.

Non migliora la postura perché troppo spesso le 5 vertebre lombari hanno delle modificazioni di curva intersegmentali, incongruenti con la biomeccanica di appoggio discale e con la funzione delle faccette articolari.

Muscolatura addominale 04E allora perché rinforzando la muscolatura addominale spesso si ottengono dei benefici per la risoluzione dei dolori lombari e lombo-sacrali?

Perché aumentare la tonicità e il trofismo dei muscoli prima citati, dà un enorme beneficio in tutti quei casi dove il paziente soffra di instabilità vertebrale causata da artrosi, discopatie degenerative e da patologie vertebrali quali spondilolitesi, argomento già trattato in uno dei miei precedenti articoli ( https://ambrogioperetti.it/instabilita-vertebrale/ ).

L’aumento del tono muscolare addominale, aumenta la pressione addominale, stabilizzando il segmento vertebrale lombare, riducendone gli effetti patologici dell’instabilità vertebrale.

Le patologie

Quindi aumentare la capacità muscolare addominale è una panacea per tutte le patologie vertebrali del segmento lombare?

Purtroppo no.

Il quadro patologico lombare è molto vasto e ci sono delle situazioni dove la compressione di tale segmento è deleterio per lo stato di salute della suddetta zona.

Le ernie intraspongiose, le algodistrofie dei piatti discali, le discoprite degenerative, le ernie discali irritative e sintomatologicamente attive, subiscono un peggioramento se incontrano un aumento di pressione della zona lombare stessa.

Muscolatura addominale 06Aumentare il tono dei muscoli addominali, ha anche un effetto sul contenuto della cavità addominale, che può essere peggiorativo nei casi di diminuzione del transito intestinale e nei casi di stitichezza, inoltre ha un effetto negativo sul drenaggio venoso e linfatico sia del contenuto addominale che dei segmenti vertebrali.

Va però fatta una specifica delle 2 fasi del lavoro muscolare addominale, ovvero quando si fanno gli esercizi e quando si è a riposo con gli effetti dell’aumento del tono muscolare.

Durante l’esecuzione degli esercizi, per effetto attivo, migliora il transito intestinale del momento e quella della circolazione dei liquidi, va prestata però attenzione a come si svolgono gli esercizi stessi, perché la loro esecuzione, se fatta male e fuori controllo, può creare delle disfunzioni vertebrali, incrementando le patologie degenerative.

Allora come posso capire se il rinforzo muscolare della cintura addominale è utile al paziente?

Esami posturali e strumentali

Muscolatura addominale 07E’ necessario fare un esame posturale per inquadrare il segmento lombare, rispetto all’intero sistema vertebrale della colonna, stabilendo se la curva di lordosi è corretta e se è in sinergia per la ricerca del baricentro, per la corretta attivazione biomeccanica vertebrale segmentale e di gruppo.

E importante individuare le eventuali patologie vertebrali e diagnosticarle in base a dimorfismi, a degenerazioni discali, a patologie neurologiche radicolari o del canale vertebrale.

Può ritenersi fondamentale avvalersi di immagini diagnostiche quali rx sui piani sagittali, frontali e nel caso ci sia un sentore di instabilità vertebrale, diventa utile integrarle con rx dinamiche in massima flessione ed estensione.

La RM aiuta invece a studiare lo stato anatomico delle strutture discali, radicolari, dei legamenti longitudinali posteriori, dei legamenti gialli e l’eventuale presenza di algodistrofie dei piatti discali.

L’esame TC sarà utilizzato per verificare la presenza di stenosi dure del canale midollare, causate da dimorfismi delle faccette articolari e/o dalla formazioni di osteofiti o di esostosi perimetrali.

Concludendo, possiamo dire che il rinforzo della muscolatura addominale non risulta fruttuoso per la correzione della postura vertebrale, ma può esser utile per la gestione di una parte delle patologie vertebrali biomeccaniche e degenerative, che possono causare una sintomotalogia che volga alla cronicizzazione.

Muscolatura addominale 08Negli altri casi, è meglio cercare delle strategie terapeutiche differenti per gestire le disfunzioni del paziente, cercando poi di stabilizzarle con un’attività fisica completa, che miri a creare una buona sinergia tra tutte le componenti muscolari che abbiano rapporto con la colonna vertebrale e con i cingoli pelvici e scapolari.

Pertanto generalizzare un concetto di postura e salute, con il semplice rinforzo della muscolatura addominale, diventa eccessivamente banale, lontano dalle necessità di offrire una soluzione stabile per il recupero dello stato di benessere del paziente.

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Siringomielia

siringomielia 01La siringomielia è una patologia neurologica che vede la presenza di un’alterazione del midollo spinale, con la formazione di una o più cisti liquide in uno o più distretti del colonna vertebrale.

Conosciamo la siringomielia

Le cisti della siringomielia sono anche chiamate siringi o fistole, sono delle cavità dalle dimensioni variabili nel tempo, per grandezza e velocità di espansione; sono ripiene di liquido cefalorachideo.

L’aumento di volume delle siringi possono creare un’effetto compressivo sul midollo stesso, danneggiandone sia il tessuto biologico, sia la funzione di trasmissione dei segnali neurologici e di aggiustamento riflesso.

La gravità della patologia dipenderà dal distretto midollare che ne è interessato, da quanti segmenti sono coinvolti, dall’estensione della lesione cistica.

I sintomi

siringomielia 02A causa della varianti con cui la siringomielia si presenta in ogni singolo paziente, i sintomi potranno variare da soggetto a soggetto.

La siringomielia vede la sua insorgenza in un’età che va all’incirca dalla seconda alla quarta decade, il che non vuol dire che si presenti da subito in maniera sintomatica, anzi la sua evoluzione è generalmente lenta.

Come accennato in precedenza, i sintomi sono variabili da paziente a paziente, ma possono essere racchiusi in un’elenco, dove non tutti quanti devono essere per forza presenti contemporaneamente, mostrando delle variabili di intensità totalmente personali.

L’esordio della malattia vedrà una sintomatologia sfumata e contenuta per poi ampliare il quadro con l’evolversi nel tempo della siringomielia:

  • parestesie
  • ipoestesie
  • riduzione o perdita dei riflessi
  • dolori vertebrali
  • rigidità articolari
  • rigidità nel movimento
  • contratture muscolari associate
  • vertigini
  • nistagmo
  • disturbi della fonazione
  • disfagia
  • astenia
  • fascicolazioni muscolari
  • riduzione della funzionalità viscerale
  • difficoltà nel controllo degli sfinteri
  • alterazione della funzione neurovegetativa ortosimpatica
  • paraplegia
  • tetraplegia

La siringomielia può essere di tipo congenita (presente fin dalla nascita), oppure acquisita (insorta come conseguenza di un evento o di uno stato patologico associato).

siringomielia 03La forma congenita, vede spesso la compresenza di una patologia associata chiamata SINDROME di ARNOLD-CHIARI, una malformazione cerebellare che si manifesta con un’erniazione del cervelletto all’interno del foro occipitale e quindi nel canale midollare, creando una perturbazione del circolo liquorale.

Le cause della siringomielia

Nella forma acquisita le cause sono molte e di natura diversa tra di loro…..vediamole insieme:

  • infiammazione di tipo batterico o virale delle meningi encefalo-spinali
  • ematomielia (sanguinamento all’interno del midollo spinale)
  • traumi midollari, associati o meno a fratture vertebrali
  • sindrome della colonna rigida (si possono creare aderenze tra la colonna vertebrale e il midollo spinale diminuendone la capacità di scorrimento tra il contenuto e il contenente).

Quando non si riesce ad associare una forma congenita, oppure una forma acquisita, alla siringomielia, si classifica la presenza patologica come forma idiopatica, ovvero senza causa apparente.

Va sottolineato che in tutte queste condizioni, benché ci sia una differenza eziologica, la compressione midollare esercitata dalla presenza delle cisti, sia la causa del danno neurologico tessutale e che la cattiva circolazione liquorale, sia uno starter importante per la formazione delle siringi.

La diagnosi

siringomielia 04Nella diagnosi la raccolta dei dati anamnestici è importante, consente di capire quali siano i sintomi riferiti dal paziente, quali siano gli eventi associabili e avere un primo canale di classificazione della patologia in essere.

Nel proseguo della denominazione della patologia, l’esame obiettivo si rende assolutamente necessario per valutare lo stato di funzione neurologico (sensibilità, motricità, riflessi evocati, equilibrio), la condizione di mobilità vertebrale, la ricerca

del dolore, lo stato di tensione muscolare, la resistenza allo sforzo.

Saranno fondamentali gli esami strumentali, quali:

  • RM
  • TC

che potranno essere richiesti in maniera semplice o associati a mezzo di contrasto, per valutare lo stato anatomico della corda midollare all’interno del canale vertebrale.

Non è assolutamente da escludere la necessità di effettuare un prelievo liquorale per mezzo di una puntura lombare, in maniera da analizzare lo stato biologico del liquido cefalo-rachideo, in rapporto alla presenza o meno di agenti patogeni.

Il trattamento della siringomielia

Il trattamento prevede l’utilizzo congiunto di farmaci, soprattutto antidolorifici, capaci di tenere a bada il dolore neuropatico, osteoarticolare, muscolare.

fisioterapiaDi enorme aiuto sarà la fisioterapia per migliorare lo stato di tensione muscolare, per ridurre la rigidità articolre, per mantenere la mobilità vertebrale, per recuperare o stabilizzare i danni da compressione midollare causati dalla pressione delle siringi.

La chirurgia sarà necessaria nel momento in cui la patologia siringomielica, porterà ad una perdita dello stato di salute non più controllabile.

L’intervento diretto prevede una decompressione vertebrale degli spazi in rapporto alla cisti liquorale compressiva, oppure un’incisione sulla dura madre spinale, in entrambi i casi l’intento è quello di aumentare lo spazio, per limitare la pressione e i suoi effetti dannosi, migliorando la circolazione liquorale e favorendo lo svuotamento delle siringi.

chirurgiaLa chirurgia prevede come possibilità di intervento, anche l’applicazione di uno shunt siringo-peritoneale, applicando un tubicino di drenaggio che svuoti la cisti midollare direttamente nella cavita addominale.

Nel caso la siringomielia sia causata da aderenze tra la colonna vertebrale e il midollo spinale, il chirurgo si concentrerà ad eliminare i punti di trazione intracanalari, disimbrigliando il midollo spinale stesso.

La siringomielia è una patologia grave che va curata sempre cercando di anticipare i danni nell’evoluzione clinica.

E’ una malattia che condiziona la vita nelle attività quotidiane, ma non per questo deve demoralizzare il paziente nella ricerca del miglior stato di salute possibile.

In questo caso la prevenzione gioca un ruolo fondamentale.

La salute passa attraverso la conoscenza e con l’articolo di oggi, abbiamo la possibilità di aggiungere un tassello al nostro benessere.

Vertebroplastica

Parliamo oggi di vertebroplastica.

Cos’è la vertebroplastica?

vertebroplastica 01La vertebroplastica è una tecnica terapeutica mini-invasiva, facente parte della branca della radiologia interventistica, per mezzo della quale vengono trattate le fratture / lesioni vertebrali dolorose.

Il trattamento prevede l’iniezione di un cemento biologico e quindi biocompatibile, all’interno del corpo vertebrale della vertebra fratturata.

Questa procedura può essere applicata sia su pazienti giovani, come anche su soggetti anziani.

E’ un trattamento alternativo a lunghi periodi di immobilità in busto, 30-60 giorni, tempo necessario per far stabilizzare e riparare la frattura, associando quasi sempre cure farmacologiche per alleviare i dolori.

Con la tecnica di cui parliamo oggi, la sintomatologia algica migliora in maniera netta nelle prime 2 settimane e alle volte il dolore si riduce o sparisce già nei primissimi giorni.

La vertebroplastica viene eseguita in anestesia locale sotto guida TC, in sala operatoria angiografica dedicata.

Viene introdotto attraverso un foro mirato, uno speciale ago metallico della grandezza variabile di pochi millimetri, all’interno del corpo vertebrale del segmento interessato e da qui si hanno due modalità di procedere:

  • mettere uno o più stent, generalmente in titanio, all’interno del corpo vertebrale e a seguire riempire lo spazio con il cemento biologico
  • iniettare direttamente il cemento biologico nello spazio vertebrale di interesse

Il cemento solidificherà in tempi brevissimi, stabilizzando la vertebra e levando la causa del dolore associato.

Quando viene utilizzata la vertebroplastica?

vertebroplastica 02Viene utilizzata nei casi sotto indicati se associati a dolore e resistenti alle terapie farmacologiche convenzionali del caso specifico.

Vediamo quindi quali sono le lesioni ossee in questione:

  • fratture osteoporotiche recenti
  • lesioni tumorali primitive o secondarie
  • angiomi

Nel caso delle fratture vertebrali da osteoporosi, la scelta si basa sia sulla forma che queste presentano all’esame radiografico e sia per la presenza di edema intraspongioso all’esame di Risonanza Magnetica, il quale edema testimonia la frattura come recente.

I reperti radiografici e di RM devono poi essere associati alla sede precisa della sintomatologia riferita dal paziente e per questo è necessario la ricerca del dolore provocato dalla digitopressione mirata.

Nei casi delle fratture vertebrali da osteoporosi può essere trattata una sola vertebra o più vertebre generalmente per un massimo di 3 nello stessa seduta di intervento.

La vertebroplastica è invece sconsigliata nei casi di:

  • fratture instabili
  • fratture di vecchia data
  • fratture o lesioni ossee stabilizzate e asintomatiche
  • discontinuità lesiva del muro posteriore vertebrale, a maggior ragione se occupa una porzione del canale midollare
  • infezioni
  • discrasie ematiche emorragiche

Eventuali complicanze

Si possono verificare delle complicanze durante l’intervento:

  • stravaso di cemento all’esterno del corpo vertebrale
  • stravaso di cemento all’interno del canale vertebrale, con la possibilità di una compressione del midollo spinale o della sua cauda equina (a seconda del livello vertebrale di interesse)
  • stravaso di cemento nella zona foraminale radicolare, con la possibilità di manifestare radicoliti compressive irritative
  • embolia polmonare per la migrazione del cemento nei vasi polmonari

vertebroplastica 03Viene da se capire che queste complicanze possono essere ridotte al minimo, tramite l’affermata esperienza dell’operatore interventista e dei buoni macchinari radiografici, necessari per essere guidati nell’intervento.

Possiamo dire che la vertebroplastica è un valido aiuto, nei casi in cui sia possibile farne uso, per sopperire a periodi di lunga immobilità in busto o tutore, recuperando in maniera veloce sia la stabilità vertebrale, sia lo stato di funzione della vertebra stessa, riducendo in maniera netta il dolore e con esso lo stato di inefficienza associata.

E’ doveroso dire che la tecnica di cui abbiamo parlato oggi è terapeutica e di supporto per un problema strutturale vertebrale di varia natura, ma non è curativa per la causa della patologia lesiva stessa, pertanto andranno continuate le terapie mirate ad affrontare le cause che hanno portato al danno vertebrale.

La salute passa attraverso la conoscenza e con l’articolo di oggi, abbiamo la possibilità di aggiungere un tassello al nostro benessere.

Stenosi del canale vertebrale

Stenosi_canale_vertebrale_01Il canale vertebrale è da immaginare come un astuccio contenete il midollo vertebrale per gran parte della sua estensione (fino alla 2° vertebra lombare) e per la restante porzione è occupato dalla cauda equina, ovvero da filamenti nervosi che si diramano dal midollo fino all’uscita di una parte dei forami di coniugazione vertebrali lombari e dai forami sacrali.

La colonna vertebrale, ovvero l’astuccio di cui sopra vi ho accennato, è composta dalla giunzione articolata di 7 vertebre cervicali, 12 vertebre toraciche, 5  e 5 vertebre sacrali (queste ultime sono fuse tra di loro) per un totale di 29 vertebre. Le vertebre coccigee, in questa patologia, non sono considerate perché non contengono nel loro interno strutture neurologiche.

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Per stenosi del canale midollare si intende una patologia generata dalla restrizione del canale midollare e quindi dell’astuccio, che invece che contenere matite, penne e temperini, ospita una struttura nobile quale il midollo spinale, importantissima per la vita.

Il midollo spinale ha il compito di portare messaggi dal cervello alla periferia di tipo motorio e dalla periferia al cervello di tipo sensitivo, inoltre è parzialmente il responsabile della qualità del coordinamento motorio, della regolazione e gestione delle articolazioni a livello propriocettivo e non per ultimo, ha delle porzioni deputate alla funzione neurovegetativa di tipo ortosimpatico, ovvero alla gestione autonoma di alcune funzioni vitali del corpo umano.

Il restringimento del canale vertebrale può manifestarsi a qualunque livello, ovviamente più il problema si manifesterà in alto sulla scala vertebrale e più il territorio sofferente sarò vasto. A questo punto cerchiamo di capirne le cause!

Cause

Sono molteplici e di varia natura, più o meno importanti, ma con la possibilità per ognuna di creare una perturbazione delle vie di comunicazione neurologiche:

  • Stenosi_canale_vertebrale_03alterazioni artrosiche rilevanti delle articolazioni intervertebrali
  • formazione di osteofiti interni al canale vertebrale
  • ernie discali dure, disidratate e rigide
  • spondilolistesi ( anteriore o posteriore)
  • fibrotizzazione dei legamenti gialli (strutture legamentose intra canalari di copertura e giunzione con soluzione di continuità tra vertebre contigue)
  • malformazioni di tipo traumatiche
  • formazioni cistiche
  • patologie infettive vertebrali (spondilodisciti) soprattutto nelle sue conseguenze post acuzia
  • malformazioni di tipo congenite e tumorali (non tratteremo queste due condizioni nell’articolo perché andrebbero approfondite con calma e precisione)

Avere una formazione, di qualunque natura essa sia, all’interno del canale vertebrale, a contatto con il midollo spinale o con la cauda equina, riduce l’afflusso di informazioni in entrata e in uscita e in più con il trascorrere del tempo può portare ad una degenerazione compressiva e anossicacongestizia, del sistema neurologico locale.

Stenosi_canale_vertebrale_04A seconda della natura della stenosi midollare, l’età di insorgenza varia di gran lunga, se fosse dovuta ad un’ernia discale potrebbe manifestarsi precocemente rispetto ad una di origine artrosica dove l’età di sviluppo sarebbe avanti rispetto alla media.

In caso di spondilolistesi il fattore anagrafico incide relativamente, perché quello che risulta determinante è lo stato di gravità dello scivolamento vertebrale; in merito, una mia giovane paziente (12 anni), ha avuto una stenosi del canale midollare conseguente ad una spondilolistesi grave.

Sintomi

Vediamo i sintomi come si manifestano.

Il restringimento del canale midollare non porta sempre dei disturbi neurologici, semplicemente per il fatto che il midollo ha dello spazio di margine grazie al liquido cerebro spinale che lo circonda e lo protegge.

Stenosi_canale_vertebrale_05Il problema sorge quando la riduzione della sezione canalare diventa così importante da annullare gli spazi e i cuscinetti naturali che proteggono il sistema neurologico midollare.

Si possono presentare:

  • disturbi della sensibilità
  • disturbi della motricità
  • riduzione della forza e della resistenza
  • crampi muscolari
  • stanchezza
  • dolori localizzati sulla zona vertebrale
  • mielopatie compressive
  • modificazione della postura che tenderà a spostarsi in avanti
  • riduzione dell’autonomia nei tempi di esecuzione
  • deficit viscerali

Nella stenosi del canale midollare la sintomatologia non è costante ma si acuisce o diminuisce a seconda della postura che il soggetto adotta.

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La postura eretta o in iperestensione porta il canale midollare a restringersi e a diminuire il proprio diametro interno, mentre la postura in semiflessione ottiene un aumento di volume dello spazio interno, il tutto è dovuto alla mobilità vertebrale che ne permette la modificazione sia meccanica che anatomica negli spazi di giunzione.

Questo spiega perché i pazienti affetti da stenosi del canale midollare, all’aumento sintomatologico, hanno bisogno di piegarsi in avanti o di sedersi portando il busto in semiflessione, riducendo in maniera diretta la manifestazione dei sintomi.

Diagnosi

La diagnosi viene guidata dalla sintomatologia del paziente e viene strutturata dall’esame clinico dello specialista che valuterà i riflessi osteotendinei, la forza muscolare, la sensibilità, la resistenza e l’insorgenza del dolore provocato.

A questo è fondamentale aggiungere la diagnostica per immagini che vede la risonanza magnetica in grado di studiare la componete stenotica di tipo molle, ernia discale, fibrotizzazione dei legamenti gialli, la presenza di spondilolistesi, la formazione di cisti radicolari o midollari ed inoltre permetterà d intuire la degenerazione artrosica o la formazione di osteofiti.

Stenosi_canale_vertebrale_07L’esame TC permette di studiare nel dettaglio la conformazione ossea interagente con il contenuto del canale vertebrale e l’eventuale presenza di formazioni solide, ad esempio osteofiti ed esostosi.

Cura

La cura vede varie modalità di intervento ma chiaramente il tutto si basa sulla tempestività della diagnosi o dall’avanzamento della patologia e dallo stato di salute del midollo spinale.

Generalmente a livello farmacologico si utilizzano antinfiammatori, associati ad analgesici, per ridurre lo stato infiammatorio legato alla compressioni intramidollare.

La fisioterapia e l’osteopatia diventano fondamentali nel recuperare e nel mantenere la maggior mobilità vertebrale sul segmento o sui segmenti evidenziati dall’insorgenza della patologia, riducendo le zone di pressione toraco-addominali, migliorando la circolazione del liquido cerebrospinale e aumentando la mobilità di scorrimento del midollo insieme alle sue radici all’interno dell’astuccio vertebrale.

Se la patologia è sviluppata dalla presenza di alterazioni dei tessuti molli o dicali si può ridurre il loro ipertrofismo e il volume.

Stenosi_canale_vertebrale_08Quando la stenosi è di tipo duro ovvero da ernie discali calcificate, osteofiti, esostosi o ipertrofia artrosica delle faccette articolari, sarà necessario il consulto neurchirurgico per capire il margine eventuale di migliorabilità o la necessità di intervenire chirurgicamente andando ad aprire lo spazio canalare midollare.

Nel caso di spondilolistesi la strategia di approccio varie in base al grado in essere delle scivolamento vertebrale.

Nei casi gravi sarà necessario intervenire chirurgicamente stabilizzando la vertebra slittata, ancorandola con mezzi di sintesi.

La stenosi midollare è una patologia importante e delicata, non dobbiamo spaventarci, abbiamo tutte le carte per poterla prevenire e curare, bisogna essere però attenti ai sintomi e rivolgersi tempestivamente allo specialista di vostra fiducia.