Artrite psoriasica

Artrite psoriasica 01L’artrite psoriasica è una patologia di tipo infiammatoria con caratteristiche di cronicità, che colpisce le articolazioni.

Si manifesta nei pazienti che hanno già conclamato la presenza della psoriasi, con una percentuale di rischio del 30%.

La psoriasi è una malattia che altera lo stato in essere della pelle, causando un’anomala cheratinizzazione e sviluppando circoscritte chiazze arrossate in rilievo, sulle quali si evidenziano delle desquamazioni a placche.

Si stima che ne soffra circa il 2% della popolazione mondiale.

La psoriasi è anch’essa una malattia infiammatoria cronica sistemica, caratterizzata da complesse basi fisiopatologiche autoimmunitarie, assolutamente non contagiosa, che coinvolge varie aree della cute, con delle zone peculiari a seconda del tipo di psoriasi.

Artrite psoriasica 02Psoriasi volgare:

  • tronco
  • regione sacrale
  • gomiti,
  • ginocchia
  • cuoio capelluto.

Psoriasi inversa o flessurale:

  • pieghe cutanee (ad esempio le pieghe inguinali)
  • ascelle.

Artrite psoriasica 03Psoriasi guttata che colpisce maggiormente bambini ed adolescenti, manifestandosi con piccole papule eritematose, diffuse principalmente al tronco.

Psoriasi pustolosa che evidenzia pustole sterili multiple, localizzate o generalizzate.

Psoriasi eritrodermica, forma rara, dove l’area corporea risulta eritematosa ed infiammata, per un’estensione che può risultare pari al 90% della superficie corporea; l’interessamento cutaneo è associato a sintomi sistemici.

Vari studi clinico-scientifici hanno associato alla psoriasi e all’artrite psoriasica, la possibilità di vedere coinvolti altri organi nello sviluppo di comorbilità (occhi, cuore, polmoni e reni).

Sono rari i casi in cui l’artrite psoriasica si manifesta antecedentemente alla comparsa della psoriasi.

L’artrite psoriasica si sviluppa in egual misura tra maschi e femmine, con un’età di insorgenza più frequente tra  30 e i 50 anni.

La sua attività patologica non è sempre costante, ma si alternano periodi ON a periodi OFF, con una remissione massiva dei sintomi.

Come per la psoriasi, anche l’artrite psoriasica viene catalogata tra le patologie di tipo autoimmunitario.

I sintomi dell’artrite psoriasica sono maggiormente a carico delle articolazioni vertebrali e distali, interessando in maniera maggiore le mani nelle porzioni metacarpo-falangee / interfalangee e in maniera minore i piedi, ma può inoltre colpire ginocchia, anche, gomiti e spalle.

La sintomatologia e il quadro clinico, sono simili per molti aspetti a quelli dell’artrite reumatoide, con una caratteristica simmetria di segni patologici, se colpiti gli arti.

Artrite psoriasica 04A livello vertebrale le porzioni più interessate sono quelle del segmento lombare e delle giunzioni sacro-iliache.

Le articolazioni si presenteranno gonfie, rigide e dolenti, con una limitazione funzionale che ne riduce sia il movimento, che la capacità di forza e resistenza muscolare, per un rapporto di causa effetto articolare / muscolo-tendineo.

Nei punti articolari con connessioni legamentose e tendinee, l’infiammazione reattiva artritica, può coinvolgere anche i tessuti molli, provocando delle entesiti.

La sintomatologia legata all’artrite psoriasica non è costante, ma ha dei momenti di attività patologica, alternati a momenti di silenzio e di remissione della malattia.

C’è da dire che essendo una patologia infiammatoria autoimmunitaria a carico delle articolazioni, la permanenza dello stato flogistico, causa un’alterazione dei capi articolari e delle loro capsule, avanzando uno stato di dismorfismo direttamente proporzionale al tempo di durata dell’evento acuto e al ripetersi degli eventi.

Artrite psoriasica 05Pertanto se l’infiammazione acuta non viene bloccata tempestivamente e non si previene il ripetersi delle aggressioni, le articolazioni interessate andranno via via a rovinarsi, al punto tale che si verificherà un cambiamento anatomico dei capi articolari e delle loro cartilagini, andando a favorire una deviazione dell’asse articolare, una deformità permanente e un’artrosi precoce.

Bisogna aggiungere che l’artrite psoriasica, come effetto secondario, può essere concausa di una perdita di massa ossea.

La causa dell’artrite psoriasica è di natura autoimmunitaria, ovvero il sistema immunitario, attacca le cellule normali dell’organismo, causando un’infiammazione reattiva delle articolazioni.

Può svilupparsi in maniera primaria o essere condizionata da una familiarità.

Artrite psoriasica 06La predisposizione genetica al mutamento anomalo della risposta immunitaria, si associa con frequenza ad eventi stressanti per l’orgasmo che spaziano su vari fronti:

  • infezioni
  • traumi
  • stress
  • eccessiva stanchezza fisica protratta per lunghi periodi
  • cattiva alimentazione
  • alterazione del ciclo sonno-veglia
  • interventi chirurgici.

Nella diagnosi di artrite psoriasica, l’anamnesi è il punto di partenza per raccogliere i dati clinici sulla presenza e lo sviluppo dei segni e dei sintomi associati alla conformazione e alla funzione articolare.

Artrite psoriasica 07L’esame obiettivo dello specialista mira ad effettuare una serie di test e valutazioni, che mettono alla prova la funzione dell’articolazione, sia nei movimenti attivi che passivi, in rispondenza all’esacerbazione del dolore e alla resistenza articolare nell’attivazione muscolare.

Gli esami di laboratorio sono strettamente necessari per valutare la presenza di fattori infiammatori, la modificazione dei valori riferibili all’attività immunitaria e per escludere patologie associabili nella diagnosi differenziale.

Non sono da escludere esami genetici per la ricerca del gene HLA-B27, associato nel 50% dei casi di artrite psoriasica, con interessamento della colonna vertebrale.

Se le articolazioni interessate sono grandi, come ad esempio il ginocchio, si può procedere con un’artrocentesi, per poter analizzare lo stato biologico del liquido sinoviale estratto.

Le indagini diagnostiche sono essenziali per poter valutare lo stato in essere delle strutture articolari, capsulo-legamentose e tendinee, valutandone sia la conformazione, che la presenza o meno di processi flogistici.

Per tale scopo potranno essere usate radiografie, esami ecografici e risonanze magnetiche.

Ricordando che l’artrite psoriasica può essere una concausa di perdita della massa ossea, viene spesso consigliato un controllo tramite MOC, valutandone la presenza o meno di osteoporosi.

Il trattamento per l’artrite psoriasica, ha a disposizione diverse varianti farmacologiche, tutte quante intente a ridurre l’infiammazione, a ridurre il dolore, a contenere l’azione patologica autoimmunitaria e a limitare i danni biologici tissutali/articolari.

In prima battuta verranno utilizzati i FANS come antinfiammatori non steroidei, per passare alla somministrazione di corticosteroidi, nel momento in cui i FANS non dovessero aver ottenuto gli effetti desiderati nel contrastare l’infiammazione.

farmaci
I farmaci antireumatici modificanti la malattia (DMARD), vengono utilizzati nel momento in cui gli antinfiammatori non dovessero aver successo, contribuendo a rallentare la progressione dell’artrite psoriasica, limitando il danneggiamento del tessuto osseo, legamentoso, tendineo e cartilagineo.

I farmaci antireumatici DMARD, hanno un’azione lenta, riscontrando un buon risultato nell’arco di 4-6 mesi.

Questi farmaci devono essere utilizzati nelle fasi iniziali di sviluppo dell’artrite reumatoide, in modo tale da poter prevenire la distruzione della rima articolare e l’inabilità funzionale annessa.

I modificatori della risposta biologica, sono un’altra categoria di farmaci che utilizzano la tecnologia del DNA  ricombinante.

I modificatori della risposta biologica prescritti per l’artrite psoriasica, agiscono su bersagli specifici e possono essere inibitori del TNF-α -, antagonisti di IL-12 e IL-23 e inibitori di IL-17.

La chirurgia viene presa in considerazione nel momento in cui le strutture articolari abbiano subito un rimaneggiamento tale, da rendere inefficiente la funzione nelle attività minime di vita quotidiana.

Non tutte le articolazione possono essere ricondizionate dalla chirurgia, ma in quelle ove se ne presenti l’opportunità, si può pensare di proporre la protesizzazione, mediante la quale si impianta una neo articolazione, libera dal rischio di recidive della patologia artritica.

Artrite psoriasica 08La fisioterapia diventa fondamentale per mantenere e/o recuperare la funzionalità articolare, riducendo il rischio di anchilosi e mantenendo un buono stato di elasticità delle strutture capsulo-legamentose e tendinee.

Concludendo abbiamo capito che i pazienti affetti da psoriasi, che abbiano sviluppato o meno l’artrite di relazione, devono affidarsi ai controlli e alla gestione specialistica sanitaria, per evitare l’evoluzione di una patologia invalidante nel sistema osteo-articolare.

Le attuali terapie possono controllare i sintomi e prevenire danni permanenti alle articolazioni…….non nascondiamo la testa sotto la sabbia, ma affrontiamo la malattia con determinazione e fiducia.

La salute passa attraverso la conoscenza e con l’articolo di oggi abbiamo la possibilità di aggiungere un tassello al nostro benessere.

 

 

 

 

 

 

Prostatite

Prostatite 01Per prostatite si intende un’infiammazione a carico della ghiandola prostatica.

E’ una patologia che si manifesta generalmente negli uomini già al di sotto dei 50 anni, interessando una ragguardevole fetta della popolazione, in una percentuale che può variare dal 30% al 50%.

La prostatite si divide principalmente in 4 categorie:

  • prostatite acuta batterica
  • prostatite cronica batterica
  • prostatite cronica abatterica (o sindrome dolorosa pelvica cronica)
  • prostatite asintomatica.

La prostata è una ghiandola costituita da lobi di tessuto fibroso e muscolare, appartenente all’apparato genitale maschile, la cui funzione primaria è quella di secernere liquido prostatico, costituendo circa un quarto del totale dello sperma.

È posizionata sotto la vescica, davanti al retto e avvolge la prima parte dell’uretra.

Prostatite 02Il liquido prostatico ha varie funzioni:

  • aumento  della motilità degli spermatozoi
  • riduzione dell’acidità delle urine
  • riduzione dell’acidità delle secrezioni vaginali, nell’intento di favorire una sopravvivenza maggiore degli spermatozoi
  • ottimizzazione dei processi di coagulazione e fluidificazione dello sperma extracorporeo

Il liquido prostatico utilizza l’uretra come canale esterno di uscita.

Prostatite 03I sintomi caratteristici della prostatite sono molteplici e abbracciano numerosi parametri:

  • disuria (difficoltà, bruciore e dolore durante la minzione)
  • pollachiuria (aumento della frequenza nella minzione)
  • alle volte incontinenza parziale
  • infertilità
  • impotenza
  • febbre alta
  • dolore pelvico
  • dolore nella zona perigenitale
  • dolore lombare
  • dolori muscolari.

La prostatite può comportare la comparsa della sindrome dolorosa del pavimento pelvico, a causa della permanenza di uno spasmo muscolare perineale, in particolare dei muscoli elevatori dell’ano, con la possibile associazione di una nevrite dei nevi pudendi ti tipo irritativo/infiammatoria.

Come accennato in precedenza la prostatite può essere divisa in una forma batterica (acuta, cronica, asintomatica) o abatterica.

La carica batterica nella forma acuta si deposita nella ghiandola prostatica, mentre nella forma cronica si assiste ad una proliferazione della carica batterica che precedentemente ha attecchito.

Prostatite 04Nella forma acuta i batteri responsabili dell’infiammazione, sono derivanti da più specie quali:

  • batteri fecali (escherichia coli, proteus, klebsiella, serratia, pseudomonas)
  • batteri a trasmissione sessuale (neisseria gonorrhoeae, clamidia trachomatis, l’ureaplasma urealyticum)
  • altri batteri (enterococco, stafilococco, salmonella, micobatterio).

Le infezioni batteriche sono maggiormente aggressive se il paziente tende ad avere un’indebolimento del sistema immunitario, se ha delle patologie sistemiche concomitanti, o se ha delle abitudini di vita scorrette inerenti la gestione dello stress, l’abuso di alcol, di droghe, o alla scarsa igiene personale.

Nella prostatite cronica, generalmente si ha una recidiva per la proliferazione di batteri che si sono annidati in aree difficilmente raggiungibili dalla terapia antibiotica, o per la presenza di infezioni ricorrenti delle vie urinarie.

Prostatite 05La prostatite cronica abatterica, è caratterizzata dall’assenza di segni infettivi e nonostante ancora non si è certi delle cause che la determinano, si pensa che l’insorgenza sia legata ad eventi adattativi e/o traumatici in ambito lavorativo, sportivo e similari, o chirurgici del tratto urinario inferiore.

Proprio per l’assenza di fattori infettivi, la possibile eziologia di tipo disfunzionale su base anatomopatologica, può innescare la presenza della sindrome dolorosa pelvica cronica, di cui sopra abbiamo accennato.

La prostatite asintomatica è invece una vera e propria prostatite, caratterizzata dalla presenza di agenti infettivi che ne scatenano la patogenesi, pur rimanendo silente al paziente.

La diagnosi parte da un’attenta anamnesi, concentrata sul raccogliere i segni e i sintomi riportati dal paziente, per poter indirizzare la ricerca di esami approfonditi, supportando la tesi clinica della prostatite.

Prostatite 06Sarà necessario sottoporre il paziente ad un’esame obiettivo che analizzi lo stato di salute generale e ad una palpazione per via digito-retta della prostata, supportata da un’ecografia vescico prostatica, o nei casi più incerti da un’ecografia trans-rettale.

Gli esami di laboratorio sono fondamentali nella ricerca del ceppo batterico che ha dato via alla prostatite e potranno essere effettuati tramite l’analisi delle urine, del liquido seminale e del secreto prostatico.

Il trattamento si differenzia se la prostatite e di natura batterica o abatterica.

Nella categoria batterica si procederà per via farmacologica, alla somministrazione di antibiotici specifici, associando degli integratori che possano favorire il recupero biologico e funzionale della ghiandola prostatica.

E’ consigliabile apportare delle modifiche alimentari che possano ridurre i fattori del metabolismo infiammatorio.

Nelle prostatiti abatteriche verranno utilizzati antinfiammatori, associando un aumento di assunzione di liquidi, un miglioramento del drenaggio prostatico e un equilibrio neutro tonico/trofico del pavimento pelvico.

Nel caso della sindrome dolorosa del pavimento pelvico, sarà importante agire con farmaci antinfiammatori e miorilassanti, associando il supporto della fisioterapia, per ottimizzare le funzioni del pavimento pelvico, riducendone lo stato di tensione muscolare.

Nel momento in cui non si riuscisse ad ottenere un miglioramento stabile della sindrome dolorosa del pavimento pelvico, si può pensare di intervenire con delle infiltrazioni di cortisonici e/o di anestetici, dirette sul nervo pudendo.

Qualunque sia la causa della prostatite è sempre consigliabile evitare tutto quelle attività fisiche che possano aumentare il rischio di traumi del perineo.

La prostatite è una patologia molto fastidiosa e limitante, che può modificare la vita del paziente sia nella funzione urologica che in quella sessuale.

Bisogna capirne la causa e agire in fretta per evitare la cronicizzazione del problema, recuperando uno stato di salute ottimale.

La salute passa attraverso la conoscenza e con l’articolo di oggi abbiamo la possibilità di aggiungere un tassello al nostro benessere.

Conflitto femoro-acetabolare o FAI (Femoro Acetabular Impingement)

Conflitto femoro-acetabolare o FAI 01Il conflitto femoro-acetabolare, denominato FAI, ovvero impingment femoro-acetabolare, è una condizione anatomica alterata tra la testa del femore e l’acetabolo, che per un cambiamento di morfologia si sfregano, provocando a lungo andare una condizione dolorosa, una disfunzione articolare e una predisposizione ad un’artrosi segmentale precoce, danneggiando sia le cartilagini che il labbro acetabolare.

L’articolazione dell’anca, costituita dalla testa del femore e dall’acetabolo, in condizioni normali godono di uno spazio articolare che tramite la regolarità delle cartilagini, permettono il normale scorrimento del movimento nei 3 piani dello spazio.

Se l’alterazione anatomica è a carico della testa e/o del collo del femore, assumendo una conformazione maggiormente ovalare e/o maggiormente voluminosa, avremo un FAI di tipo CAM, mentre se l’alterazione anatomica è a carico dell’acetabolo, assumendo una conformazione più ampia del normale, entrando in precoce contatto con il collo del femore, avremo un FAI di tipo PINCER.

Nel caso le due condizioni siano entrambe presenti, si parlerà di FAI COMBINATO o MISTO.

Conflitto femoro-acetabolare o FAI 02Come accennato in precedenza, il sintomo primario del FAI è il dolore evocato nei movimenti dell’anca richiesti attivamente o passivamente nei range articolari estremizzanti i gradi normalmente usati nelle attività minime funzionali, ovvero nella flessione oltre i 100°, nelle intra ed extra rotazioni che si avvicinano già ai 30-35° e nell’abduzione e adduzione che si avvicinano già ai 30°.

Va precisato che il dolore si innesca per un’interessamento della porzione ossea periostale, struttura riccamente innervata e non per un’interessamento cartilagineo, il quale è privo di terminazioni nervose sensitive.

Ovviamente la comparsa del dolore comparirà con anticipo nell’esecuzione del movimento, maggiormente sarà evidente ed importante la malformazione dei capi articolari.

La topografia del dolore è generalmente indicata nella zona inguinale, ma può presentarsi, anche nella zona glutea e nell’area peri-trocanterica.

Conflitto femoro-acetabolare o FAI 03Contestualmente il paziente lamenta anche rigidità articolare, tensione muscolare associata a contratture riflesse e una sensazione di inefficienza nelle attività che richiedono un impegno articolare e uno sforzo fisico maggiore.

Va detto che il FAI non è da subito sintomatico, ma la sua evoluzione è progressiva con il passar del tempo, passando da uno stato di semplice rigidità, ad una sintomatologia dolorosa e ad un’inefficienza articolare maggiormente progressiva, il tutto rapportato allo stato di importanza del conflitto femoro-acetabolare.

Le cause dll’impingmet femore-acetabolare, sono riportate ad uno sviluppo anomalo del segmento in questione durante il periodo di accrescimento, per cause congenite.

In percentuale ridotta il FAI può essere la conseguenza di un danno anatomico traumatico, che ha portato come conseguenza una deformazione delle porzioni articolari, della testa del femore, del labbro acetabolare, dell’acetabolo nella sua porzione intima, associando una o più di una di queste strutture.

Conflitto femoro-acetabolare o FAI 04Nella diagnosi di FAI, l’anamnesi è il punto di partenza per raccogliere i dati sulla presenza e lo sviluppo dei segni e dei sintomi associati alla funzione articolare, sia nell’ottica del puro segmento anatomico, che in relazione alle altre strutture di relazione.

L’esame obiettivo dello specialista mira ad effettuare una serie di test e valutazioni, che mettono alla prova la funzione dell’articolazione, sia nei movimenti attivi che passivi, in rispondenza all’esacerbazione del dolore e alla resistenza articolare nell’attivazione muscolare.

È importante supportare l’ipotesi di diagnosi con esami strumentali di RX, RM, TC, per poter valutare lo stato anatomico delle strutture osteo-articolari, capsulo-legamentose e muscolo tendinee, sia nella loro conformazione, sia nel loro stato di salute.

Il trattamento nel conflitto femoro-acetabolare è in prima battuta di tipo conservativo, dove l’intento è quella di ridurre la sintomatologia e l’infiammazione, utilizzando dei FANS, oppure dei cortisonici se ci fosse associato uno stato edematoso periarticolare.

Conflitto femoro-acetabolare o FAI 05La fisioterapia è fondamentale per cercare di ridurre la pressione endoarticolare, elasticizzando sia le strutture capsulo-legamentose e sia migliorando l’equilibrio tonico delle componenti muscolari agoniste-antagoniste, che creano una relazione di attivazione coordinata dell’articolazione stessa.

Anche la componente fisioterapica strumentale è di grande rilevanza per ridurre il dolore caratteristico del FAI.

Nel caso in cui il trattamento conservativo dovesse fallire, si può intervenire mediante la chirurga, che predilige l’approccio artroscopico, nell’intento di ridurre il dimorfismo articolare soprattutto se a carico del labbro acetabolare.

Qualora il danno sia diventato eccessivo e il paziente si presentasse in condizioni critiche, si può optare per la protesizzazione dell’anca, sostituendo l’articolazione irreparabilmente danneggiata.

Conflitto femoro-acetabolare o FAI 06Va detto che l’approccio di rimaneggiamento articolare artroscopico, ha un buon risultato nel breve termine, ma non mostra una conservazione articolare protratta nel tempo, pertanto una buona percentuale di pazienti, si ritrova ad affrontare una nuova affezione articolare in seconda battuta.

In entrambi gli approcci chirurgici, artroscopico o protesico, è importante che il periodo post operatorio, sia accompagnato da un recupero riabilitativo-fisioterapico, in grado di ricondizionare lo stato di funzione articolare e di ottimizzare le congruenze fisiologiche dei tessuti muscolo-tendinei e legamentosi.

L’impingment femoro-acetabolare può causare una disabilità importante al paziente, ma fortunatamente, conoscendone i segni e i sintomi, ci si può adoperare per limitare i danni nel tempo e per mantenere il soggetto efficacemente attivo dal punto di vista articolare e funzionale.

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Sacroileite

Sacroileite 01La sacro liete è un’infiammazione localizzata all’articolazione sacro-iliaca.

Negli anni precedenti tale segmento, non veniva considerato come una vera e propria articolazione, perché considerata semplicemente un punto di giunzione tra l’osso impari del sacro e le due porzioni iliache.

Sacroileite 02Ad oggi invece studi accurati, supportati anche da esami strumentali quali rx con un angolo di 30°, rm e tc, hanno constatato il reale apporto biomeccanico, che tale giunzione articolare crea, per un adattamento sia statico che dinamico nel trasferimento di carichi nelle linee discendenti tra la colonna vertebrale e il bacino e nelle linee ascendenti tra l’arto inferiore ed il bacino.

Si può pertanto definire l’articolazione sacro-iliaca, un vero e proprio punto di passaggio tra la colonna e l’arto inferiore, dove il bacino diventa un punto di snodo fondamentale per il corretto funzionamento del cingolo pelvico.

Nella sacro-ileite il paziente riferisce dolore nella zona sacro-ilica, indicandola in maniera puntiforme o irradiata, monolateralmente o bilateralmente.

Sacroileite 03Vediamo insieme qual’è la topografia del dolore:

  • zona di giunzione tra sacro e iliaco e quindi nell’area postero superiore del bacino, ad un palmo di mano dalla linea mediana
  • regione lombare inferiore, puntiforme nella porzione postero laterale
  • regione glutea
  • regione posteriore della coscia.

La sacro-ileite, può avere un andamento sintomatico ad intermittenza, oppure costante, con dei picchi di dolore che rendono la persona inabile ad effettuare i movimenti minimi nelle attività di vita quotidiana.

Le cause che portano alla manifestazione infiammatoria articolare sono molte:

  • traumi
  • artrite (tra le principali troviamo la pelvi-spondilite anchilosante, l’artrite reumatoide, l’artrite psoriasica, l’artrite reattiva, il lupus eritematoso, la gotta)
  • infezioni di tipo batterico sia locali, che a distanza, per interessamento di organi o strutture terze
  • elongazioni e stiramento dei legamenti sacro-iliaci sia nella porzione anteriore che posteriore
  • gravidanza.

Negli eventi traumatici, nei disturbi legamentosi o di tipo infettivo, il dolore si manifesta in maniera monolaterale, mentre in tutte le altre situazioni, il sintomo doloroso tende ad essere bilaterale, indipendentemente dal fatto che possa essere simmetrico o meno.

Va assolutamente ricordato che nello sviluppo della patologia, ci possono essere delle concause capaci di accelerare l’instaurarsi della sacro-ileite, come lo stare molto tempo fermo in piedi, correre, saltare, camminare con una falcata eccessivamente lunga, avere delle posture scorrette, che influenzano il bacino nelle sue interrelazioni con la colonna vertebrale e con le anche.

La diagnosi di sacro-ileite, necessita di un’anamnesi in grado di raccogliere i segni e i sintomi del paziente, riferiti sia nello sviluppo della patologia, sia nella sua evoluzione e valutare se vi è associata una storia di infezione batterica o di familiarità nello sviluppo di patologie autoimmunitarie e artritiche.

A seguire sarà necessario un attento esame obiettivo, per valutare la topografia del dolore, l’esacerbazione del dolore alla palpazione e nella richiesta di movimenti attivi e indotti, in concomitanza alla valutazione delle funzioni residue in ambito biomeccanico e muscolare.

Sacroileite 04Nella diagnosi sarà quasi sempre necessario associare lo studio tramite indagini diagnostiche, valide sia nell’utilizzo di rx che in quello di rm e tc.

L’rx e ancor meglio la tc, saranno in grado di valutare l’alterazione anatomica della zona articolare con un cambiamento di morfologia, mentre la rm potrà valutare in maniera dettagliata, il quadro anatomo-patologico dei tessuti molli periarticolari.

Anche gli esami di laboratorio hanno un peso rilevante, nel momento in cui è necessario studiare la presenza di alterazioni infettive, metaboliche, o di tipo autoimmunitario.

Il trattamento della sacro-ileite ha sempre una partenza conservativa, mirata alla riduzione del dolore e alla ripresa della funzionalità dell’apparato locomotore locale e di relazione.

La terapia farmacologica sarà modulata sul paziente a seconda delle cause che hanno innescato la patologia.

Pertanto si potrà procedere con la somministrazione di:

  • antinfiammatori FANS
  • cortisonici
  • farmaci inibitori del TNF alfa
  • miorilassanti.

Sacroileite 05Il riposo e l’applicazioni del ghiaccio, sono sempre utili nella gestione del dolore della sacro-ileite, anche se in maniera aspecifica.

La fisioterapia è fondamentale per poter recuperare la funzione muscolo articolare e propriocettiva persa, in una condizione tanto acuta quanto cronica, così com’è importante nella gestione del dolore stesso.

Sacroileite 06Nel caso in cui la sacro-ileite non risponda a nessuna terapia sopra indicata, si può pensare all’utilizzo di una strada chirurgica, dove vengono presi in considerazioni vari percorsi, tra cui l’artrodesi dell’articolazione stessa, ovvero la fusione delle due giunzioni articolari, così come può essere valutata la denervazione, tramite radiofrequenza, dei rami neurologici periferici che raccolgono le informazioni nocicettive della zona articolare, così come si può optare per l’innesto di stimolatori elettrici per modulare l’afferenza sensoriale articolare e periarticolare.

Come sempre l’attività chirurgica può essere una strada praticabile, ma va attentamente valutato il bilancio tra rischi e benefici di un’intervento che modifica in maniera definitiva, lo stato in essere delle strutture anatomo-funzionali in discussione.

In conclusione la sacro-ileite è una patologia invalidante, sia nella situazione acuta quanto in quella cronica, ma le conoscenze scientifiche e quelle anatomopatologiche, ci mettono nella condizione di poterla gestire in maniera efficace, senza dover ricorrere in prima battuta, ad interventi invasivi.

È ovvio che in una situazione del genere, anche una volta spenta la patologia, si dovrà istruire il paziente ad adoperare quelle accortezze, che possano evitare il ripresentarsi della sacro-ileite, delimitando i fattori di commorbilità nella loro attivazione.

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