Artrocentesi

Artrocentesi 01L’artrocentesi è una procedura medica che adopera il prelievo del liquido contenuto all’interno dell’articolazione.

Il liquido intrarticolare è il liquido sinoviale, il quale viene contenuto tra i capi articolari, racchiuso all’interno della capsula articolare stessa.

Questo liquido può andare incontro ad un aumento di volume e subire delle contaminazioni che ne alterano le qualità biologiche.

L’artrocentesi si utilizza sia a scopo terapeutico che diagnostico.

Generalmente viene applicata nelle grandi articolazioni periferiche come spalla, gomito, anca, ginocchio e caviglia, ma può essere eseguita anche nelle articolazioni più piccole, come le articolazioni delle mani, del piede e addirittura nella cavità temporo mandibolare; in molti casi viene supportata da un’ecografia che studia dapprima lo stato in essere articolare per valutarne la presenza di gonfiore e allo stesso tempo può aiutare l’operatore guidandolo nell’attuazione della tecnica, nel penetrare all’interno dell’articolazione con l’ago per l’aspirazione.

Artrocentesi 02Nella diagnosi, il liquido intrarticolare prelevato, viene studiato attraverso gli esami di laboratorio, per valutare la presenza o meno di agenti patogeni infettivi di tipo batterico o virale, di fattori infiammatori autoimmunitari o metabolici, l’eventuale presenza di componenti ematiche quali globuli rossi e/o bianchi, di cristalli di calcio, di urato e di materiale organico appartenete all’articolazione.

Gli esami di laboratorio raggruppati in questo maniera, sviluppano la diagnosi su classi differenti:

  • traumatiche
  • degenerative
  • autoimmunitarie
  • metaboliche
  • infettive.

Artrocentesi 03Nel contesto terapeutico, l’artrocentesi ha il vantaggio di ridurre le pressioni intrarticolari, le quali sono causa di dolore articolare, di riduzione della mobilità, dell’instaurasi di contratture antalgiche riflesse e di conseguenza del manifestarsi di una condizione di impotenza funzionale.

Nel caso in cui il liquido sinoviale sia contaminato da agenti patogeni, e/o da microcristalli e/o da sangue e/o da materiale organico, l’artrocentesi può limitare i danni che tali fattori infliggerebbero all’articolazione in quanto tale.

Durante l’esecuzione dell’artrocentesi, l’operatore può associare l’infiltrazione di una terapia farmacologica di vario genere e natura, come la somministrazione di antinfiammatori non steroidei, oppure di cortisone, di acido ialuronico, l’utilizzo di antibiotici, oppure di un semplice lavaggio articolare.

L’artrocentesi è una metodica sicura ma non priva di rischi.

ferri chirurgiciIl rischio più grande è quello di veicolare infezioni all’interno dell’articolazione stessa, pertanto sarà assolutamente necessario procedere all’esame in un ambiente sterile (quadrato sterile), utilizzando tutte le norme di sicurezza nell’adoperare gli strumenti dedicati, nella maniera congrua.

Prima di procedere con l’artrocentesi l’area di accesso del paziente va pulita e disinfettata, abbattendo le cariche batteriche naturalmente presenti sulla cute.

Alla fine dell’intervento ed estratto l’ago, il paziente andrà medicato con disinfettanti ed il punto di accesso dell’ago coperto con garze sterili.

L’artrocentesi è una procedura medica molto utile e dagli effetti diagnostici e terapeutici estremamente validi, non è sicuramente un esame di routine, ma si può dimostrare estremamente efficace qualora se ne presenti la necessità.

La salute passa attraverso la conoscenza e con l’articolo di oggi abbiamo la possibilità di aggiungere un tassello al nostro benessere.

Liquido sinoviale

Liquido sinoviale 01Il liquido sinoviale ha la funzione di lubrificare e proteggere le articolazioni dallo sfregamento dei capi osteo-cartilaginei che le compongono.

In maniera molto semplice potremmo dire che il liquido sinoviale ha il compito di lubrificare e di nutrire le cartilagini articolari.

Non è assolutamente da omettere però che tale liquido è anche presente nelle borse mucose di scorrimento, interposte nelle zone di maggior attrito periarticolari, facendo da cuscinetto a quei tessuti molli, prevalentemente muscolo-tendinei, che sono particolarmente stressati nel movimento, nelle trazioni e nelle compressioni.

Il liquido sinoviale è l’insieme di diversi componenti:

  • acido ialuronico
  • lubricina
  • immunoglobuline
  • proteine ematiche
  • glucosio
  • elettroliti.

Liquido sinoviale 02Una parte consistente è prodotta dalla membrana sinoviale, tessuto di rivestimento interno della capsula articolare, formato da connettivo lasso, che vede la presenza di vasi vascolo-linfatici nella sua matrice tessutale, necessari sia per la produzione di liquido sinoviale e sia per il riassorbimento di versamenti (edemi) intrarticolari.

La restante parte è prodotta dai sinoviciti, cellule specializzate presenti nella membrana sinoviale, di tipo B per la sintesi di alcune componenti del liquido, mentre quelle di tipo A, hanno il compito di fagocitare elementi estranei alla naturale composizione del liquido sinoviale.

Il liquido sinoviale è contenuto in uno spazio virtuale che si interpone tra i capi osteo-articolari e la capsula articolare, in un quantitativo di pochi ml; si valuta che nel ginocchio, l’articolazione diartroica più grande che abbia il corpo umano, ce ne sia presente un quantitativo di 3-4 ml.

Liquido sinoviale 03Può subire delle variazioni nella propria caratteristica biochimica e nel quantitativo prodotto; le variazioni sono influenzate sia dall’interazione immunitaria, sia da eventi traumatici, sia dal metabolismo del pannicolo sinoviale e sia dallo stato di salute dell’articolazione.

  • interazione immunitaria:

L’articolazione può andare incontro ad un’infiammazione di tipo autoimmunitaria, per la presenza di patologie come l’artrite reumatoide, l’artrite psoriasica e simili, che causano un gonfiore dell’articolazione con un’iperproduzione di liquido sinoviale su base reattiva infiammatoria, come anche per un’attacco di agenti patogeni batterici o virali, che si affacciano per via ematica, fino al comparto interno dell’articolazione.

  • alterazioni metaboliche del pannicolo sinoviale:

Ci sono delle condizioni di dismetabolismo, che possono portare alla presenza di precipitati organici captati dalle zone articolari; uno dei dismetabolismi più noti è la gotta, la quale si caratterizza per l’accumulo di acidi urici nelle articolazioni (come ad esempio l’articolazione dell’alluce), causando una reazione infiammatoria e un’iperproduzione di liquido intrarticolare

  • eventi traumatici:

Traumi articolari come ad esempio le distorsioni, portano ad un’elongazione oltre limite dei tessuti capsulo-legamentosi, causando un’infiammazione di tipo lesiva e un’iperproduzione di liquido come reazione del normale processo infiammatorio.

  • stato di salute articolare:

La rigidità articolare, la riduzione del rom articolare, la fibrotizzazione delle capsule articolari, l’invecchiamento dei tessuti molli sinoviali, l’artrosi, diminuiscono lo stimolo alla produzione di liquido sinoviale, sia per una riduzione funzionale vascolare, sia per quello cellulare metabolico dei sinoviciti.

In questo caso avremo meno produzione di liquido sinoviale intrarticolare.

Nei casi ci sia un’alterazione di iperproduzione come nelle prime 3 categorie sopra citate, bisognerà trovarne la causa (batterica, virale, autoimmunitaria, dismetabolica o traumatica) e disinnescarla, per mezzo di rimedi naturali quali ghiaccio e riposo, oppure attraverso l’uso di farmaci antinfiammatori steroidei o FANS, fino a poter arrivare all’artrocentesi e all’analisi del liquido sinoviale.

Nel caso invece di un’alterazione da ipoproduzione, sarà necessario ottimizzare la funzione articolare dei tessuti molli associati, recuperandola ove sia possibile in maniera stabile; nelle situazioni dove questo non sia possibile o insufficiente, si può ricorrere alle infiltrazioni inarticolati di acido ialuronico, recuperando il rapporto di fabbisogno di uno dei fattori primari del liquido sinoviale stesso.

Come abbiamo capito in questo articolo il liquido sinoviale ha l’importantissimo compito di nutrire, di lubrificare le articolazioni e le borse sierose periarticolari; il suo rapporto di produzione/riassorbimento deve essere in equilibrio per garantite uno stato di salute articolare.

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Carbossiterapia nel contesto della salute

La  carbossiterapia è una tecnica utilizzata nel campo medico sin dal 1932, che sfrutta la somministrazione di anidride carbonica a livello gassoso per via sottocutanea, con l’intento primario di far fronte alle arteriopatie in un  percorso di recupero funzionale.

Carbossiterapia 01 Carbossiterapia e flusso ematico

La carbossiterapia per effetto dell’inoculazione dell’anidride carbonica, riesce ad incrementare il flusso ematico locale, aumentando la contrattilità e di conseguenza il rilascio, della tonaca muscolare delle pareti arteriose in quanto tali e delle porzioni arteriose precapillari (metarteriole), incrementando la spinta ematica della circolazione e della microcircolazione locale, il tutto ottimizzato anche dall’effetto dell’anidride carbonica sul rilassamento delle cellule muscolari lisce negli sfinteri precapillari.

La carbossiterapia viene somministrata con infiltrazioni sottocutanee, tramite aghi molto sottili, collegati con dei tubicini, ad un apparecchio dotato di un  serbatoio che eroga gas di anidride carbonica, regolandone la somministrazione nella quantità e nella velocità, per mezzo di un flussometro.

Carbossiterapia 02Altro effetto importante dell’inoculazione di anidride carbonica è la risposta dell’emoglobina nel rilascio di molecole di ossigeno, come reazione ad un aumento dell’acidità del ph, conseguente all’incremento della concentrazione di anidride carbonica nel tessuto perilocale.

Gli effetti a cascata portano come ulteriore riflesso fisiologico, la stimolazione della lipasi intradipocitaria e quindi della lipolisi.

Nel contesto degli effetti fisiologici fin qui illustrati la carbossiterapia riesce ad affrontare differenti situazioni.

Campi di applicazione della carbossiterapia

Lasciando da parte il capitolo della medicina estetica, argomento non contemplato nel contesto dei miei articoli sanitari, i suoi effetti trovano importanti benefici nelle:


Carbossiterapia 03

  • patologie vascolari arterio-venose con specificità maggiore nell’affrontare i problemi del microcircolo
  • nella sindrome di Raynaud
  • nelle patologie dermatologiche che necessitano di riparazione e rigenerazione cellulare come ad esempio nelle ulcere cutanee, piaghe e simili
  • nel trattamento dei cheloidi e delle aderenze pericicatriziali.

La carbossiterapia deve essere effettuata con dei cicli che possono variare nel numero delle somministrazioni, in relazione all’importanza della patologia e alla cronicità che la caratterizza, con una media che si aggira da un numero di 3 a un numero di 20 sedute circa.

Sempre nel contesto della gestione della cronicità patologica, i cicli terapeutici devono essere ripetuti a distanza di tempo, con una indicazione stabilita nel contesto dello stato di salute del paziente.

La carbossiterapia è da sempre considerata una terapia sicura, dai pochi e minimi effetti collaterali nel periodo annesso alla somministrazione (edemi della zona trattata, perturbazione della sensibilità locale).

Controindicazioni

anamnesiMa parlando di controindicazioni, ci sono delle situazioni limite dove la carbossiterapia non è consigliata?

Dato che l’anidride carbonica iniettata viene eliminata dall’organismo attraverso gli organi emuntori e gli organi metabolizzanti, va salvaguardato il paziente che soffre di alcune patologie primarie quali:

  • insufficienza renale
  • insufficienza epatica
  • insufficienza respiratoria
  • insufficienza cardiaca
  • anemia
  • diabete.

Altro aspetto da tener presente è la gravidanza, dove la somministrazione di anidride carbonica è sconsigliata nell’ottica di tutelare un equilibrio biologico fetale.

Abbiamo imparato che la carbossiterapia può essere un valido aiuto nella gestione della salute su aspetti mirati alla vascolarizzazione del microcircolo e alla lipolisi.

Abbiamo imparato anche che è una terapia sufficientemente sicura, ma che può nascondere delle insidie se ci sono delle patologie primarie associate, motivo per cui bisogna essere accorti e farsi indirizzare da un professionista sanitario dedicato.

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Osteomalacia

Con il termine di osteomalacia si definisce un processo di demineralizzazione ossea, causato da un dismetabolismo, che le rende suscettibili a malformazioni, fratture e dolori.

L’osteomalacia colpisce in età adulta, pertanto non può essere confusa con il rachitismo che invece si può manifestare nel periodo dell’accrescimento.

Nell’osteomalacia la matrice ossea conserva una struttura del tutto normale, ma non sufficientemente mineralizzata; questa peculiarità la rende del tutto differente dall’osteoporosi, la quale invece si caratterizza per una riduzione della matrice ossea normalmente mineralizzata.

I  sintomi dell’osteomalacia non si manifestano mai precocemente, ovvero l’esordio della malattia non viaggia in parallelo con la manifestazione sintomatica.

I pazienti lamentano in maniera più frequente dolori ossei di tipo sordo, che si possono esacerbare se vengono sottoposte a pressioni spontanee o indotte e all’aumento dei carichi muscolari durante la contrazione e il movimento.

Le strutture ossee generalmente più colpite sono:

  • la colonna vertebrale dorsale medio-bassa
  • le coste medio inferiori
  • la colonna vertebrale lombare
  • il bacino
  • le ossa lunga di coscia e gamba.

Non è assolutamente raro riscontrare delle aree di microfratture spontanee nelle zone ossee maggiormente algiche.

A livello muscolare si può andare incontro ad un’ipotonicità, una riduzione della forza e della resistenza muscolare, con una compromissione della stabilità posturale e dell’attività deambulatoria.

L’osteomalacia ha molteplici cause di innesco, ma dandone un ordine di importanza, dobbiamo annoverare come primo processo eziologico, il dismetabolismo della vitamina D, del calcio e del fosforo.

Al di la di eventuali disordini alimentari, dove l’assunzione di calcio, fosforo e vitamina D, possono risultare insufficienti, diventa più complesso riuscire a scovare e gestire le alterazioni metaboliche dei fattori sopra indicati.

La vitamina D , di cui abbiamo già ampiamente perlato in un articolo antecedente ( https://ambrogioperetti.it/vitamina-d/ ), può risultare insufficiente per una scarsa esposizione al sole, o per problemi inerenti a patologie croniche renali ed epatiche, oltre che ad un’insufficienza pancreatica.

Anche un mal’assorbimento intestinale può essere annoverato tra le cause della carenza nell’assorbimento della vitamina D, come nei soggetti affetti da celiachia, diverticoli e morbo di Chron.

Non sono mai da sottovalutare eventuali postumi di resezioni chirurgiche del tratto intestinale, per patologie primarie specifiche.

Anche il metabolismo del calcio e del fosforo hanno una stretta relazione con la salute di organi quali:

  • reni
  • intestino
  • ghiandole parotidi
  • cute
  • vitamina D, la quale aumenta la capacità di assorbimento di questi minerali.

In ultimo bisogna tener presente che l’assunzione costante e a lungo termine  di alcuni farmaci, può causare un dismetabolismo dei fattori di assorbimento alimentare.

La diagnosi dell’oteomalacia ha una prevalenza strumentale tramite l’uso di radiografie ed indagini di laboratorio, anche se inizialmente la visita dello specialista, può riscontrare ad un esame obiettivo, la comparsa di alterazioni di forma delle componenti ossee, che potranno mettere in evidenza delle deformazioni.

Alle palpazione profonda e decisa delle componenti ossee osteomalaciche, si può esacerbare dolore ed un’associata contrattura antalgica riflessa, con un’alterazione funzionale al carico e alle attività deambulatorie, nelle situazioni ove la patologia sia a carico della colonna vertebrale, del bacino o delle ossa lunghe dell’arto inferiore.

La diagnostica per immagini trova un valido aiuto nell’esame radiografico, che mostra sia le alterazioni della struttura ossea nelle sue caratteristiche di deformazione, sia nel rilevare la presenza di fratture parziali o complete del segmento scheletrico esaminato.

Le indagini di laboratorio, anch’esse di assoluta rilevanza, permettono di studiare le alterazioni metaboliche e le carenze di vitamina D, calcio e fosforo.

Hanno anche il compito di analizzare le funzioni d’organo sia del tubo digerente, sia delle ghiandole associate alla digestione, così come del complesso ormonale associato al metabolismo alimentare.

Verranno pertanto prescritte analisi del sangue, analisi delle urine e analisi delle feci.

Il trattamento dell’osteomalacia vede la necessità di integrare i fattori alimentari carenti e precedentemente individuati, andando ad ottimizzare sia la loro assunzione nei valori di riferimento, sia la loro metabolizzazione a livello intestinale, epatico, pancreatico e renale.