Quanto potrebbe vivere l’essere umano?

Una delle domande ricorrenti in ambito clinico è “Quanto potrebbe vivere l’essere umano?”

Un pò di amarcord…

Mi rimase impressa una lezione all’università nel mio percorso di studi, dove il prof. di clinica medica dell’epoca, parlò delle aspettative di vita nell’essere umano se avesse avuto una atteggiamento sano, se non ci fossero state alterazioni genetiche che predisponessero a malattie gravi e se il soggetto non avesse subito traumi che avessero alterato il suo stato di benessere fisico.

L’ipotesi che faceva e che ricordo come se fosse oggi, è che il soggetto avrebbe potuto avere un’aspettativa di vita di 120-130 anni circa.

All’epoca stavo frequentando il secondo anno di università, era il lontano 1996 e neanche mi ero posto la domanda da quale fonte scientifica avesse attinto le informazioni per fare un proclamo simile……..ero solamente affascinato da questa ipotesi, che spostava nettamente l’asticella della resistenza umana nel confine tra la vita e la morte.

…e delle interessanti letture

In questa settimana, facendo zapping tra le mie letture, un interessante articolo di FOCUS, di cui vi allego il link (https://www.focus.it/scienza/salute/quanto-puo-vivere-al-massimo-un-essere-umano) ha catturato la mia attenzione riportandomi piacevolmente indietro nel tempo.

Viene riportato un lavoro scientifico pubblicato il 25 maggio del 2021 su Nature Communications (https://www.nature.com/articles/s41467-021-23014-1), dove parlano di un limite biologico umano possibile, compreso tra i 120 e i 150 anni.

I valori presi in considerazione sono delle analisi del sangue, dove vengono monitorati i globuli bianchi e i globuli rossi su 500.000 mila casi circa, di soggetti che hanno avuto una longevità di vita diversa, valutandone la loro risposta rispetto alle malattie vissute e alla loro capacità di far fronte al processo di guarigione.

Con il passare degli anni diventa percentualmente sempre più arduo trovare un equilibrio funzionale tra l’evento patologico e il recupero dello stato di salute, arrivando ad un punto di non ritorno che processa la fine dell’esistenza biologica del soggetto.

In questo articolo si arriva alla conclusione che il corpo umano abbia quasi una data di scadenza inevitabile, ma la riflessione che ci porta a fare è che la persona ha una grande capacità di resistenza agli eventi che fanno da contorno alla nostra quotidianità.

Cosa dice la statistica?

Pertanto se pensiamo che la speranza di vita alla nascita per le donne è di 85,3 anni, mentre è di 81 anni per gli uomini, dato questo rivelato dall’Istat nel report sugli indicatori demografici del 2019, possiamo presupporre che il nostro corpo potrebbe fare ancora di meglio e che la possibilità di vivere più a lungo è anche in relazione a come noi lo sfruttiamo, lo curiamo e lo manteniamo.

QUANTO POTREBBE VIVERE L’ESSERE UMANO 03E’ assolutamente vero che non sempre la predisposizione genetica ci sorride, com’è altrettanto vero che gli eventi traumatici possono cambiare irreparabilmente il corso della nostra salute, ma se escludiamo queste due condizioni, ci rimane da pensare che dobbiamo prestare più attenzione allo stile di vita che conduciamo, migliorando la nostra alimentazione, le ore di sonno, l’attività fisica, la resistenza cardio respiratoria, la modalità con cui svolgiamo il nostro lavoro.

Poche semplici regole per cominciare

Inoltre vanno assolutamente ridotti i fattori di stress psico-fisici che intaccano la risposta delle nostre difese immunitarie e dobbiamo ragionare sull’importanza della prevenzione per ridurre al massimo lo sviluppo delle malattie oltre il limite di cure ad oggi conosciute e fruibili.

L’essere umano ha delle enormi capacità di resistenza e quindi di vita, cerchiamo di sfruttarle al massimo, volendo bene a noi stessi per amare al meglio il dono dell’esistenza.

La salute passa attraverso la conoscenza e con l’articolo di oggi, abbiamo la possibilità di aggiungere un tassello al nostro benessere.

Sclerodermia

La sclerodermia è una patologia autoimmunitaria che si manifesta in modi diversi.

Può assumere varie forme e colpire aree diverse dell’organismo, aumentandone la difficoltà diagnostica.

Può interessare la cute, creandone un ispessimento su zone più o meno ampie, oppure può coinvolgere organi interni, alterandone le caratteristiche anatomo-biologiche e quindi il loro funzionamento.

Le forme di sclerodermia

Per definire la differenza di queste diverse forme, parleremo di:

  • sclerodermia localizzata se riguarda solo la pelle
  • sclerodermia sistemica se vengono coinvolti organi interni e/o il sistema circolatorio.

In entrambi i casi e su ogni tipo di struttura colpita, si presenta un aumento di collagene (una proteina specifica), deputata ala formazione del tessuto connettivo, causando un ispessimento e quindi un irrigidimento del complesso interessato.

La malattia assume dei contorni più o meno gravi a seconda se sia di tipo localizzata o sistemica.

Quella localizzata è certamente fastidiosa, apportando delle alterazioni di forma nell’aspetto estetico e nei casi più violenti, provocando delle inefficienze alle strutture articolari, muscolari, legamentose e tendine.

sclerodermia 02La sclerodermia sistemica invece ha delle complicanze maggiori, che causano delle disfunzioni all’organo o al sistema colpito, arrecando danni diretti e patologie secondarie indirette, anche molto gravi.

In entrambi i casi le donne sono maggiormente colpite, ma nelle forme localizzate vengono coinvolti anche i bambini, mentre nelle sistemiche, gli adulti tra i 30 e i 50 anni sono quelli più fortemente interessati.

Nel parlare dei sintomi dobbiamo inevitabilmente fare un distinguo delle due famiglie di sclerodermia.

Sclerodermia localizzata.

Viene colpita solo la pelle, la quale diverrà dura ed ispessita ed avrà aspetto diverso per tipo di macchie ed aree cutanee coinvolte, assumendo una sottoclassificazione conosciuta come morfea e lineare, diverse tra di loro per la forma che assumono.

La morfema ha una forma ovalare, con colore rossastro che nel tempo diventa bianco perlaceo, causando prurito ma non dolore.

Può presentarsi su qualunque punto del corpo e causare problemi articolari di limitazione del movimento, per l’eccessivo indurimento della pelle nelle aree articolari e periarticolari.

La lineare ha un aspetto a bande e si presenta sugli arti, sul tronco, sul bacino, sulla testa e sul viso.

Anche questo tipo di sclerodermia può causare problemi articolari, ma sono maggiormente colpiti i tessuti molli quali tendini, legamenti, muscoli.

polmoniSclerodermia sistemica.

Viene interessata sia la cute che gli organi interni:

  • polmoni
  • apparato digerente
  • reni
  • sistema vascolare.

Prima dello sviluppo della sclerodermia sistemica, può manifestarsi la sindrome di Raynaud, causando una diminuzione del flusso di sangue alle mani e più raramente ai piedi, con intorpidimento, dolore e variazioni di colore delle dita, fino alla comparsa di lesioni cutanee di tipo ulcerativo.

A livello polmonare si può presentare un’ipertensione, con una conseguente riduzione della capacità respiratoria e un’ affaticamento precoce del paziente, sia a livello cardiaco che muscolo scheletrico.

Il sistema gastro-intestinale andrà incontro ad un rallentamento della mobilità intrinseca, con una riduzione della capacità digestiva.

I reni avranno difficoltà a prefiltrare i liquidi circolanti, riducendo la capacità di ottenere il rapporto corretto di urine/liquidi assunti nella giornata.

Le cause

Le cause della manifestazione e dello sviluppo della patologia sono da ricercare in un’iperattività del sistema immunitario, che reagisce in maniera avversa contro il proprio organismo, andando ad attaccare le cellule proprie.

Le cellule del tessuto connettivo, ovvero i  fibroblasti, producono una quantità maggiore di collagene, che si depositerà sulle strutture cutanee e/o degli organi interni, creandone un ispessimento e una fbrotizzazione.

sclerodermia 03Si è visto che la sclerodermia può avere delle predisposizioni genetiche che vengono attivate da fonti di stress esterne come disturbi alimentari, traumi importanti, sostanze chimiche, shock emotivi, stress, etc.

La sclerodermia localizzata viene diagnosticata tramite un esame obiettivo della cute e supportata da biopsie di piccole quantità di tessuto, che stabilisce la natura della patologia in essere.

Nella sclerodermia sistemica si possono avere dei sentori già prima della manifestazione della patologia stessa, a causa della comparsa della sindrome di Raynaud come precursore dello sviluppo della malattia stessa.

La diagnosi

La diagnosi può essere supportata da indagini di laboratorio che sono utili ad individuare gli indici di infiammazione e la presenza di autoanticorpi specifici, prodotti dal sistema immunitario.

Anche in questo caso può rendersi necessario l’utilizzo della biopsia, per studiare in laboratorio la natura delle cellule colpite nella manifestazione patologica.

Spesso viene anche utilizzata un’indagine diagnostica non invasiva dal nome di capillaroscopia periungueale, capace di riconoscere la presenza di alterazioni della microcircolazione, tipica della sclerodermia.

Nella forma sistemica sarà necessario anche accertarsi dello stato di funzionamento degli organi interni bersaglio della malattia, pertanto sarà molto utile valutare la funzionalità polmonare per mezzo di una spirometria, un ecocardiodoppler, per verificare la presenza di alterazioni del circolo vascolare cardio-polmonare, una gastroscopia per evidenziare la presenza di reflusso gastro-esofageo e/o alterazioni della motilità esofagea.

tacL’ausilio della diagnostica per immagini vede in prima linea l’utilizzo della TC, come esame valutativo della conformazione anatomica degli organi coinvolti nella patologia.

Il trattamento farmacologico

La terapia prevede un approccio farmacologico di prima linea che si sviluppava in maniera diversa a seconda che si tratti di sclerodermia localizzata oppure sistemica.

Per la sclerodermia localizzata l’approccio farmacologico più usato è locale e sintomatico, utilizzando creme specifiche, per limitare gli effetti dermatologici della malattia.

Non sempre vengono fatti trattamenti immunosoppressori per limitare l’attacco autoimmune che causa la malattia.

La chirurgia

Sono pochi i casi in cui si ricorre alla chirurgia e generalmente si segue questa strada per correggere eventuali deformità causate dall’evoluzione incontrollata del deposito di collagene, deformando i tratti somatici, oppure per asportare le calcinosi sottocutanee.

La chirurgia verrà utilizzata anche nel caso in cui si dovessero associare danni tessutali ulcerativi da vasculiti correlate.

Nella sclerosi sistemica, il piano terapeutico prevede di limitare l’attacco autoimmunitario utilizzando degli immunosoppressori, ma allo stesso tempo sarà necessario ridurre la sintomatologia, somministrando antinfiammatori per lo più steroidi, associandoli a una terapia di supporto per la funzione degli organi colpiti, a seconda della funzione da recuperare e dell’organo interessato.

sclerodermia fisioterapiaLa fisioterapia

Anche la fisioterapia ha un ruolo nella gestione della sclerodermia, ovvero quello di evitare retrazioni muscolari, tendinee, legamentose, fasciali, capuslari e articolari, ovvero ha il compito di combattere i danni che l’aumento del tessuto connettivo provoca sia alle articolazioni che ai tessuti molli, rilanciando il movimento e l’elasticità ed evitando lo spettro delle anchilosi e delle fibrotizzazioni.

La chirurgia verrà chiamata in causa nei momenti in cui si dovessero presentare dei danni anatomici tali da compromettere la funzione in maniera grave, procedendo con interventi di ricondizionamento dell’organo fino ad arrivare al trapianto sostitutivo.

Abbiamo imparato che la sclerodermia è una patologia importante, che può avere risvolti diversi se di tipo localizzata o sistemica, pertanto non va assolutamente sottovalutata nei suoi molteplici aspetti.

La salute passa attraverso la conoscenza e con l’articolo di oggi, abbiamo la possibilità di aggiungere un tassello al nostro benessere.

Fibromialgia

Il termine “fibromialgia” trae origine da dolore (algos) proveniente dai muscoli (myo) e dai tessuti fibrosi (fibro), come tendini e legamenti.

Cos’è la Fibromialgia e come si presenta?

Si presenta con un insieme di più sintomi indipendenti ma in relazione tra di loro:

  • Fibromialgia-1maggiore tensione muscolare di base, che aumenta in maniera esponenziale nel momento della sua attivazione contrattile
  • riduzione o perdita di forza
  • dolore cronico muscolare, tendinineo e legamentoso che si manifesta in maniera diffusa e migrante
  • crampi notturni e fascicolazioni
  • disturbi dell’articolazione temporo mandibolare (ATM)
  • acufeni
  • alterazione della sensibilità recettiva e percettiva
  • disturbi dell’equilibrio
  • parestesie con alterazioni della sensibilità cutanea, formicolio, prurito, bruciore, fitte
  • percezione alterata del caldo, freddo, umido (si può diventare sensibili al cambiamento metereologico)
  • ipersensibilità visiva, olfattiva, acustica
  • rigidità, soprattutto mattutina
  • cefalea
  • stanchezza
  • disturbi del sonno, insonnia
  • disturbi cognitivi
  • stato confusionale con difficoltà di concentrazione
  • disturbi di ansia
  • disturbi depressivi
  • attacchi di panico
  • disfunzioni gastrointestinali
  • cistite interstiziale

Fibromialgia-2aIl dolore di tipo cronico, migrante in varie zone del corpo, ha la caratteristica di esser resistente agli antinfiammatori, ovvero la sintomatologia può anche sensibilmente diminuire ma non sparire, ne al momento, ne in maniera definitiva.

Può variare da leggero indolenzimento a forte dolore acuto.

E’ localizzato nei nei tender points (una mappa di punti specifica, attivata dalla digitopressione)

La fibromialgia va individuata con grande maestria.

Le indagini diagnostiche e di laboratorio non sono sufficientemente utili perché in realtà le alterazione che possono mostrare non sono ricollegabili alla fibromialgia stessa.

La raccolta di dati anamnestici, la palpazione di punti sensibili, l’esame obiettivo e la diagnosi differenziale su una rosa di patologia associate, sono la chiave per poter stabilire la presenza della sindrome fibromialgica.

La causa della fibromialgia non è stata riconosciuta come certa ne è stata ben definita, ma sono stati evidenziati diversi fattori, di varia natura, che possono innescarla:

  • modificazione di tipo ipossico, causa diretta di un cambiamento anatomico
  • un alterato funzionamento del sistema nervoso autonomo (S.N.A.) in particolar modo della componente ortosimpatica
  • alterazione dei neurotrasmettitori (serotonina e noradrenalina sono i principali coinvolti) dove anche qui il S.N.A. gioca un ruolo dominante nel controllo della contrazione muscolare, sudorazione, vasodilatazione / vasocostrizione, deficit di irrorazione sanguigna a livello muscolare, insorgenza del dolore, rinforzo del dolore, tensione, astenia, aumento della percezione agli stimoli
  • eventi traumatici sia organici che psichici
  • presenza di neuropatie e più in generale di patologie organiche sistemiche
  • attivazione del sistema autoimmunitario dopo infezioni batteriche
  • spasmofilia (stanchezza con spasmi)
  • le neuropatie che portano ad un’alterazione della membrana assonale dei nervi periferici
  • alterazioni dei canali ionici, con il coinvolgimento disfunzionale dei canali sodio-potassio-calcio, che causano problemi di cattiva attivazione sia della parte neurologica che di quella muscolare
  •  familiarità nello sviluppo della fibromialgia

Le cause scatenanti

Fibromialgia-3Tra le cause scatenati della fibromialgia ci sono i sintomi stessi, ovvero, avendo una schiera di concause cosi vasta, potranno essere le stesse situazioni a portare l’attivazione della sindrome con il presentarsi dello stesso sintomo scatenante, correlato in aggiunta a molti degli altri indicati precedentemente.

Fibromialgia-4Individuiamo come possibili micce di innesco fibromialgico tutte quelle condizioni come: stress, alimentazione, stanchezza e affaticamento, dolore ti tipo neuropatico, contratture e spasmi associati a rigidità, perdita del normale ritmo sonno veglia, disturbi cognitivi momentanei.

La fatica peggiora sicuramente i sintomi.

In definitiva tutte quelle situazioni che fanno perdere o diminuire un delicato equilibrio multi fattoriale, possono essere lo starter della fibromialgia che trova la scusa per liberarsi nelle sue molteplici manifestazioni.

Fibromialgia-5La fibromialgia pertanto può essere facilmente associata a molte altre patologie che abbracciano diversi campi: reumatologico, immunitario, neurologico, ortopedico, dismetabolico.

Per meglio inquadrarla viene divisa in 4 macro categorie:

  1. non associata a condizioni psichiatriche
  2. associata a condizioni psichiatriche
  3. associata a depressione maggiore
  4. somatizzazione

Fibromialgia-6Ricordo che le problematiche psichiatriche o psicologiche non sono i fattori scatenati della fibromialgia ma possono essere delle condizioni che influenzano l’evoluzione della sindrome stessa e il suo perdurare.
Pertanto si fa attenzione alle manifestazioni parallele nel campo PSICONEUROENDOCRINOIMMUNOLOGICO (PNEI) e i loro effetti sul comportamento

I pazienti fibromialgici possono sviluppare disturbi d’ansia più facilmente.

Per fare diagnosi, la raccolta dei dati anamnestici è fondamentale.

Riuscire a fare un quadro informativo capace di trovare i vari punti comuni con la sindrome, vuol dire mettersi sulla strada giusta per definire il problema.

L’esame obiettivo mira alla palpazione di una mappa ben organizzata e strutturata di 18 punti chiave (TENDER POINTS), ognuno di essi considera sia l’ emilato destro che sinistro.

Fibromialgia-7

Mappa tender points fibromialgia

Di questi 18 punti almeno 11 devono risultare positivi alla dolorabilità nella palpazione e devono anche essere in rapporto con il resto delle concomitanze di comorbilità (coesistenza di più patologie diverse nello stesso individuo ma indipendenti una dall’altra, oppure riferirsi a a patologie che compaiono secondariamente all’insorgenza di una patologia di fondo).

Nella valutazione dei tender points va considerato il parametro miologico, lo stato di spasmo e di tensione provocato e il parametro dolorometrico, l’intensità del dolore provocato.

Il parametro miologico può essere considerato nella sua positività anche per una ischemia transitoria compressiva o per una iperpnea ottenuta modificando la respirazione profonda polmonare.

Nella valutazione vanno escluse la presenza di patologie di diverso ambito, con sintomi uguali o simili, che possano far confondere la fibromialgia con un’altra patologia (diagnosi differenziale).

Nella diagnosi differenziale la sintomatologia multifattoriale va distinta da una serie di patologie diverse per natura: ortopediche, neurologiche, reumatologiche, autoimmunitarie, ormonali, psichiche, psichiatriche, infettive.

Per arrivare ad una diagnosi concreta di fibromialgia l’esame obbiettivo diventa fondamentale, così come può essere di grande aiuto anche lo studio delle indagini di laboratorio che escluderanno in parte i ceppi delle patologie sopra indicate.

Le analisi di laboratorio spesso trovano un riscontro alterato di più fattori: diminuzione della serotonina, diminuzione di un amminoacido della famiglia del tripofano e diminuzione della melatonina, così come si riscontra un aumento della sostanza P.

Fibromialgia-8Nella gestione dei pazienti fibromialgici si è visto che l’attività fisica ha comunque la sua importanza, va assolutamente evitata la rigidità e i disequilibri posturali, per non sovraccaricare le articolazioni e le catene muscolari inerenti.

Allo stesso tempo va scongiurato l’affaticamento e l’attività prolungata, ovvero sono necessarie pause di recupero ad personam.

La muscolatura, le capsule articolari e i compartimenti legamentosi di sostegno devono essere sempre elastici e la postura ben corretta, per non predisporre i tessuti molli ad un eccesso di tensione al momento dell’ attacco acuto.

Fibromialgia-9Deve diventare una sana abitudine quella di dormire le giuste ore di sonno senza mai andarne in debito.

Alle volte la melatonina può essere un buon rimedio lì dove il fisico ne risulti meno provvisto e dove ci sia un alterazione del ciclo sonno veglia.

Anche le tecniche di rilassamento hanno il loro vantaggio e possono diminuire la situazione di burnout a cui il fisico va incontro.

Fibromialgia-10La gestione del lavoro quotidiano deve prevedere la possibilità di avere delle pause o di cambiare i compiti, passando da più pesanti a più leggeri, per non stressare eccessivamente le risorse della persona.

Fibromialgia-11L’alimentazione dovrebbe evitare quei cibi corresponsabili di un’infiammazione basale, fattore di stress che benché minimo potrebbe innescare la scintilla della fibromialgia.

Gli integratori alimentari possono essere un supporto ma non una cura.

A livello farmacologico gli antinfiammatori non steroidei non hanno mostrato grossa efficacia mentre sicuramente meglio vanno i miorilassanti.

Gli antidepressivi hanno il loro effetto li dove si evidenziano carenze di serotonina alle analisi di laboratorio.

L’utilizzo medico della cannabis ha portato giovamenti nella gestione della fibromialgia per merito dei molti fattori su cui agisce.

In conclusione posso dire che la fibromialgia non è una patologia degenerativa, i suoi sintomi variano per zona e per interesse di organo, il paziente può arrivare alla rigidità e al dolore cronico.

I fattori di comorbilità sono tanti e se da un lato rendono difficile fare una diagnosi certa, d all’altro permettono il vantaggio di impostare un approccio multidisciplinare.

La fibromialgia si può affrontare e gestire in maniera efficace ed efficiente per evitare che i suoi sintomi diventino deleteri per le autonomie quotidiane della persona.

Aderenze

Oggi parleremo di aderenze che, pur non essendo delle patologie propriamente dette, possono comunque rappresentare una alterazione dello stato di benessere e di equilibrio.

Cosa sono le aderenze?

Le aderenze cicatriziali sono dei processi di rimaneggiamento del tessuto biologico cellulare, a seguito di eventi lesivi.

Sono formate da un complesso fibroso cicatriziale, come conseguenza di processi riparativi, per danni subiti da eventi esterni (traumi lesivi, interventi chirurgici, cure radianti) o interni (infiammazioni, infezioni).

Si formano nella stessa modalità delle cicatrici e con un’ organizzazione cellulare del tutto simile.

Le aderenze uniscono una struttura lesionata ad altri tessuti e/o ad organi ben distinti, ma strettamente contigui tra di loro.

Possono svilupparsi in ogni parte del corpo, ma alcune zone sono maggiormente predisposte, come ad esempio: il mediastino, l’addome, la pelvi e le capsule articolari, alterando tessuti come il peritoneo, i legamenti, gli epiplon, le guaine e la fascia, ovvero le strutture connettive di rivestimento e giunzione.

La sintomatologia

I sintomi che le aderenze possono innescare sono di vario genere, a seconda degli apparati coinvolti.

Il paziente può avvertire dolore, spasmi e senso di compressione in maniera frequente o persistente.

Il dolore può causare una contrattura antalgica riflessa, rispetto al dermatomero che viene coinvolto nel fare da ponte all’afferenza del messaggio nocicettivo.

Se l’aderenza interferisce con un organo, il paziente può andare incontro a delle disfunzioni, con manifestazioni di vere e proprie patologie collaterali.

Le conseguenze delle aderenze

aderenze 02Vediamo quali potrebbero essere le conseguenze nei distretti più importanti.

Nelle aderenze addominali:

  • difficoltà nella digestione
  • crampi addominali
  • gonfiori addominali
  • colite
  • stitichezza
  • occlusione intestinale.

Nelle aderenze pelviche:

  • ciclo doloroso
  • dispareunia
  • aumento delle probabilità di infertilità
  • aumento delle probabilità di gravidanza extrauterina.

Nelle aderenze mediastiniche (torace):

  • alterazione del ritmo cardiaco
  • alterazione della contrattilità cardiaca
  • alterazione del funzionamento delle valvole cardiache
  • dolore retrosternale
  • senso di affaticabilità precoce
  • debolezza.

Nei tessuti dell’apparato locomotore:

  • contratture
  • riduzione della funzionalità contrattile muscolare
  • riduzione della resistenza allo sforzo
  • parestesie
  • rigidità articolare
  • perdita di mobilità
  • alterazione delle catene muscolari sinergiche
  • alterazione delle posture
  • gonfiori ed edemi vascolo/linfatici.

Dal quadro sintomatologico che si rispecchia nei sistemi maggiori toraco-adomino-pelvici e dell’apparato locomotore, si evince che le aderenze possono coinvolgere aspetti anatomici di relazione, la capacità funzionale, l’innervazione di competenza, il sistema fluidico e il sistema muscolo scheletrico tanto nella dinamica, quanto nel suo adattamento posturale.

Quali sono le cause?

causeLe cause come abbiamo precedentemente detto sono attivate da esiti di insulti lesivi di varia origine:

  • traumi lesivi
  • traumi contusivi
  • interventi chirurgici
  • infiammazioni
  • patologie autoimmunitarie
  • ischemie tessutali
  • infezioni
  • terapie radianti.

Queste situazioni creano un danno al tessuto colpito, attivandone un processo di riparazione.

L’aderenza si genera non tanto per il processo di riparazione in se, ma per un’indiscriminata rigenerazione cellulare sostitutiva, che non si adopera in maniera specifica solamente sulla struttura danneggiata, ma si estende anche ai tessuti e agli organi contigui.

La diagnosi

Nella diagnosi la raccolta dei dati anamnestici è importante, consente di capire quali siano i sintomi riferiti dal paziente, quali siano gli eventi associabili e avere un primo canale di classificazione.

L’esame obiettivo si rende assolutamente necessario per valutare la comparsa di sintomi, le relazioni dirette e indirette con la zona dove si presenta l’aderenza e la comparsa di adattamenti posturali nei tre piani dello spazio.

ecografiaGli esami che danno la certezza della presenza e della consistenza dell’aderenza nella regione addomino-pelvica è la laparoscopia esplorativa, mentre nel segmento toracico, risulterà utile avere un supporto di diagnostica per immagini tramite esame TC o RM.

Nell’apparato locomotore, a livello delle articolazioni, sarà possibile fare ricorso ad un’artroscopia esplorativa, mentre per i tessuti molli, muscolari, legamentosi, fasciali, sarà utile avvalersi di un’esame ecografico o di una RM, consentendo di acquisire un quadro anatomico sufficientemente chiaro.

Il trattamento delle aderenze

Il trattamento delle aderenze viene indicato nei casi in cui siano sintomatiche e dove siano la causa dello sviluppo di patologie correlate, come precedente abbiamo visto.

L’approccio terapeutico prevede, ove sia possibile, la rimozione chirurgica (adesiolisi), cercando di limitare il più possibile l’area lesiva chirurgica, per evitare il ripetersi dell’iperfibrotizzazione riparativa, che riproporrebbe la formazione di nuove aderenze.

Per questo motivo nelle cavità addobbino-pelviche si farà un accesso in via laparoscopica e nella cavità toracica per via toracoscopica.

artroscopia ginocchioLe aderenze dell’apparato locomotore, avranno un approccio diverso; le articolazioni saranno trattate in atroscopia, mentre i tessuti molli periarticolari, tendinei, fasciali di giunzione, saranno affrontati per mezzo di fisioterapia, che mirerà l’intervento ad elasticizzare il più possibile sia le aderenza stesse, che i tessuti influenzati in maniera diretta dalle aderenza.

La terapia farmacologica ha effetto solamente per tamponare il dolore del momento, o per distendere le pareti dei visceri nella situazione di spasmo, ma è chiaro che la condizione ottimale per il recupero dello stato di salute è la rimozione dell’aderenza e la liberazione delle strutture.

Le aderenze non sono delle patologie in quanto tali, ma delle alterazioni del processo di riparazione che possono complicare lo stato di benessere e di equilibrio tra tessuti e tessuti, tra tessuti ed organi e tra organi ed organi, pertanto vanno individuate ed affrontate per evitare che creino la base di patologie secondarie.

La salute passa attraverso la conoscenza e con l’articolo di oggi, abbiamo la possibilità di aggiungere un tassello al nostro benessere.