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Artrocentesi

Artrocentesi 01L’artrocentesi è una procedura medica che adopera il prelievo del liquido contenuto all’interno dell’articolazione.

Il liquido intrarticolare è il liquido sinoviale, il quale viene contenuto tra i capi articolari, racchiuso all’interno della capsula articolare stessa.

Questo liquido può andare incontro ad un aumento di volume e subire delle contaminazioni che ne alterano le qualità biologiche.

L’artrocentesi si utilizza sia a scopo terapeutico che diagnostico.

Generalmente viene applicata nelle grandi articolazioni periferiche come spalla, gomito, anca, ginocchio e caviglia, ma può essere eseguita anche nelle articolazioni più piccole, come le articolazioni delle mani, del piede e addirittura nella cavità temporo mandibolare; in molti casi viene supportata da un’ecografia che studia dapprima lo stato in essere articolare per valutarne la presenza di gonfiore e allo stesso tempo può aiutare l’operatore guidandolo nell’attuazione della tecnica, nel penetrare all’interno dell’articolazione con l’ago per l’aspirazione.

Artrocentesi 02Nella diagnosi, il liquido intrarticolare prelevato, viene studiato attraverso gli esami di laboratorio, per valutare la presenza o meno di agenti patogeni infettivi di tipo batterico o virale, di fattori infiammatori autoimmunitari o metabolici, l’eventuale presenza di componenti ematiche quali globuli rossi e/o bianchi, di cristalli di calcio, di urato e di materiale organico appartenete all’articolazione.

Gli esami di laboratorio raggruppati in questo maniera, sviluppano la diagnosi su classi differenti:

  • traumatiche
  • degenerative
  • autoimmunitarie
  • metaboliche
  • infettive.

Artrocentesi 03Nel contesto terapeutico, l’artrocentesi ha il vantaggio di ridurre le pressioni intrarticolari, le quali sono causa di dolore articolare, di riduzione della mobilità, dell’instaurasi di contratture antalgiche riflesse e di conseguenza del manifestarsi di una condizione di impotenza funzionale.

Nel caso in cui il liquido sinoviale sia contaminato da agenti patogeni, e/o da microcristalli e/o da sangue e/o da materiale organico, l’artrocentesi può limitare i danni che tali fattori infliggerebbero all’articolazione in quanto tale.

Durante l’esecuzione dell’artrocentesi, l’operatore può associare l’infiltrazione di una terapia farmacologica di vario genere e natura, come la somministrazione di antinfiammatori non steroidei, oppure di cortisone, di acido ialuronico, l’utilizzo di antibiotici, oppure di un semplice lavaggio articolare.

L’artrocentesi è una metodica sicura ma non priva di rischi.

ferri chirurgiciIl rischio più grande è quello di veicolare infezioni all’interno dell’articolazione stessa, pertanto sarà assolutamente necessario procedere all’esame in un ambiente sterile (quadrato sterile), utilizzando tutte le norme di sicurezza nell’adoperare gli strumenti dedicati, nella maniera congrua.

Prima di procedere con l’artrocentesi l’area di accesso del paziente va pulita e disinfettata, abbattendo le cariche batteriche naturalmente presenti sulla cute.

Alla fine dell’intervento ed estratto l’ago, il paziente andrà medicato con disinfettanti ed il punto di accesso dell’ago coperto con garze sterili.

L’artrocentesi è una procedura medica molto utile e dagli effetti diagnostici e terapeutici estremamente validi, non è sicuramente un esame di routine, ma si può dimostrare estremamente efficace qualora se ne presenti la necessità.

La salute passa attraverso la conoscenza e con l’articolo di oggi abbiamo la possibilità di aggiungere un tassello al nostro benessere.

Liquido sinoviale

Liquido sinoviale 01Il liquido sinoviale ha la funzione di lubrificare e proteggere le articolazioni dallo sfregamento dei capi osteo-cartilaginei che le compongono.

In maniera molto semplice potremmo dire che il liquido sinoviale ha il compito di lubrificare e di nutrire le cartilagini articolari.

Non è assolutamente da omettere però che tale liquido è anche presente nelle borse mucose di scorrimento, interposte nelle zone di maggior attrito periarticolari, facendo da cuscinetto a quei tessuti molli, prevalentemente muscolo-tendinei, che sono particolarmente stressati nel movimento, nelle trazioni e nelle compressioni.

Il liquido sinoviale è l’insieme di diversi componenti:

  • acido ialuronico
  • lubricina
  • immunoglobuline
  • proteine ematiche
  • glucosio
  • elettroliti.

Liquido sinoviale 02Una parte consistente è prodotta dalla membrana sinoviale, tessuto di rivestimento interno della capsula articolare, formato da connettivo lasso, che vede la presenza di vasi vascolo-linfatici nella sua matrice tessutale, necessari sia per la produzione di liquido sinoviale e sia per il riassorbimento di versamenti (edemi) intrarticolari.

La restante parte è prodotta dai sinoviciti, cellule specializzate presenti nella membrana sinoviale, di tipo B per la sintesi di alcune componenti del liquido, mentre quelle di tipo A, hanno il compito di fagocitare elementi estranei alla naturale composizione del liquido sinoviale.

Il liquido sinoviale è contenuto in uno spazio virtuale che si interpone tra i capi osteo-articolari e la capsula articolare, in un quantitativo di pochi ml; si valuta che nel ginocchio, l’articolazione diartroica più grande che abbia il corpo umano, ce ne sia presente un quantitativo di 3-4 ml.

Liquido sinoviale 03Può subire delle variazioni nella propria caratteristica biochimica e nel quantitativo prodotto; le variazioni sono influenzate sia dall’interazione immunitaria, sia da eventi traumatici, sia dal metabolismo del pannicolo sinoviale e sia dallo stato di salute dell’articolazione.

  • interazione immunitaria:

L’articolazione può andare incontro ad un’infiammazione di tipo autoimmunitaria, per la presenza di patologie come l’artrite reumatoide, l’artrite psoriasica e simili, che causano un gonfiore dell’articolazione con un’iperproduzione di liquido sinoviale su base reattiva infiammatoria, come anche per un’attacco di agenti patogeni batterici o virali, che si affacciano per via ematica, fino al comparto interno dell’articolazione.

  • alterazioni metaboliche del pannicolo sinoviale:

Ci sono delle condizioni di dismetabolismo, che possono portare alla presenza di precipitati organici captati dalle zone articolari; uno dei dismetabolismi più noti è la gotta, la quale si caratterizza per l’accumulo di acidi urici nelle articolazioni (come ad esempio l’articolazione dell’alluce), causando una reazione infiammatoria e un’iperproduzione di liquido intrarticolare

  • eventi traumatici:

Traumi articolari come ad esempio le distorsioni, portano ad un’elongazione oltre limite dei tessuti capsulo-legamentosi, causando un’infiammazione di tipo lesiva e un’iperproduzione di liquido come reazione del normale processo infiammatorio.

  • stato di salute articolare:

La rigidità articolare, la riduzione del rom articolare, la fibrotizzazione delle capsule articolari, l’invecchiamento dei tessuti molli sinoviali, l’artrosi, diminuiscono lo stimolo alla produzione di liquido sinoviale, sia per una riduzione funzionale vascolare, sia per quello cellulare metabolico dei sinoviciti.

In questo caso avremo meno produzione di liquido sinoviale intrarticolare.

Nei casi ci sia un’alterazione di iperproduzione come nelle prime 3 categorie sopra citate, bisognerà trovarne la causa (batterica, virale, autoimmunitaria, dismetabolica o traumatica) e disinnescarla, per mezzo di rimedi naturali quali ghiaccio e riposo, oppure attraverso l’uso di farmaci antinfiammatori steroidei o FANS, fino a poter arrivare all’artrocentesi e all’analisi del liquido sinoviale.

Nel caso invece di un’alterazione da ipoproduzione, sarà necessario ottimizzare la funzione articolare dei tessuti molli associati, recuperandola ove sia possibile in maniera stabile; nelle situazioni dove questo non sia possibile o insufficiente, si può ricorrere alle infiltrazioni inarticolati di acido ialuronico, recuperando il rapporto di fabbisogno di uno dei fattori primari del liquido sinoviale stesso.

Come abbiamo capito in questo articolo il liquido sinoviale ha l’importantissimo compito di nutrire, di lubrificare le articolazioni e le borse sierose periarticolari; il suo rapporto di produzione/riassorbimento deve essere in equilibrio per garantite uno stato di salute articolare.

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Sindrome di Osgood Schlatter

La sindrome di Osgood Schlatter è una patologia che riguarda i giovani in età pre-adolescenziale e adolescenziale.

Osgood_Schlatter_01Manifestazione della sindrome di Osgood Schlatter

Si manifesta con una degenerazione a livello della tuberosità tibiale, nel punto di aggancio del tendine rotuleo, manifestando dolore e riduzione della capacità funzionale e motoria.

Vediamo di spiegarla in maniera più semplice.

Nell’età dell’accrescimento le strutture ossee sono soggette a modificazioni per permettere lo sviluppo dello scheletro che deve andare di pari passo con quello del resto del corpo.

Osgood_Schlatter_02Le cartilagini di accrescimento guidano la crescita dello scheletro, queste sono dei segmenti specifici dove l’astuccio osseo (periostio) è interrotto e infarcito di cartilagine, per dare la possibilità programmata dalla genetica e dai fattori ambientali, di seguire delle linee precise di sviluppo.

Molte di queste cartilagini di accrescimento ospitano punti di aggancio tendinei, legamentosi o entrambi, subendo forze di trazione o compressione.

Può succedere che le tensioni sviluppate nella zona delle cartilagini di accrescimento siano eccessive, tanto da creare delle perturbazioni nella vitalità del tessuto cellulare generando infiammazione e degenerazione.

Nel morbo di Osgood Schlatter succede esattamente questo, ovvero la tensione sviluppata dal tendine rotuleo, trazionato dal muscolo quadricipite, sull’aggancio della tuberosità tibiale, diventa eccessiva se sottoposta a carichi ripetuti ed e sovradosati, tanto da non essere sopportati dalla resistenza delle cellule periostali e cartilaginee che le devono subire.

Osgood_Schlatter_03Da qui si sviluppa una degenerazione locale associata spesso ad un’infiammazione della giunzione osteo-tendinea.

La struttura ossea prende un aspetto sfrangiato e disomogeneo causando la perdita di compattezza del tessuto stesso.

La tuberosità tibiale pertanto tenterà di reagire modificando la propria consistenza e creando uno spuntone osseo sovra dimensionato, come se volesse avvicinarsi alla zona di origine dei carichi per diminuirne la tensione compensandola.

Soggetti interessati dalla sindrome di Osgood Schlatter

L’epidemiologia vede maggiormente colpiti gli adolescenti in fase di accrescimento con un’età critica tra i 10 e i 15 anni.

La popolazione maschile è maggiormente interessata alla patologia rispetto a quella femminile.

Spesso la patologia si manifesta in maniera bilaterale, quasi mai contemporaneamente.

L’insorgenza del morbo di Osgood Schlatter è favorito sicuramente da una predisposizione genetica, ma anche e soprattutto da attività fisiche che vedono un impegno importante delle masse muscolari quadricipitali, dove le accelerazioni e le decelerazioni facciano parte del corredo di gioco e i saltelli siano li a completare le caratteristiche di allenamento.

Osgood_Schlatter_04La diagnosi

La diagnosi vede l’uso di varie metodiche:

  • rx
  • esame ecografico
  • rm

L’RX ci da la possibilità di valutare le alterazioni della tuberosità tibiale nel momento in cui la patologia ha già fatto il suo effetto sulle cellule ossee modificandone il profilo e la consistenza.

L’esame ecografico ci permette di valutare l’insorgenza della malattia nel momento in cui viene intaccata la cartilagine di accrescimento e quindi di accorgersi dell’insorgenza dello stadio primario dell’alterazione patologica tessutale.

La RM valuta lo stato in essere del tendine rotuleo nel momento in cui ci sia un’infiammazione ed eventualmente un edema associato, nella zona di inserzione ossea.

La diagnostica per immagini ovviamente deve essere di supporto all’ esame clinico e raccolta dati, rispetto alla situazione che ci si propone al momento della visita.

Osgood_Schlatter_05Evoluzione e trattamento della sindrome di Osgood Schlatter

La patologia tende a risolversi spontaneamente con la fine del picco di accrescimento osseo, che orientativamente avviene intorno ai 16 anni nei ragazzi e ai 14 anni nelle ragazze, è vero però che nel frattempo vengono utilizzati approcci mirati a ridurre al minimo la presenza della patologia.

Verrà rispettato un periodo di riposo dall’attività sportiva evitando di mettere in stress il ginocchio tramite la contrazione muscolare esponenziale del quadricipite.

Nei casi maggiormente acuti viene utilizzato lo scarico dell’arto tramite l’ausilio delle stampelle.

L’utilizzo del ghiaccio è proposto come antinfiammatorio naturale ripetendolo più volte al giorno, con l’intento di freddare la parte senza mai arrivare al congelamento, per evitare l’ effetto vascolare opposto.

Il piano terapeutico fisioterapico prevede l’allungamento delle masse muscolari anteriori e il loro riequilibrio rispetto ai gruppi posteriori per migliorare la sinergia contrattile dell’arto inferiore.

Osgood_Schlatter_06Verranno fatti anche esercizi minimi di rinforzo muscolare in isometrica, ovvero senza attivare l’articolarità del ginocchio, per mantenere un tono basale del quadricipite e un trofismo adeguato , in modo tale che nel momento in cui verrà autorizzato la ripresa al pieno carico, il peso e la cinetica deambulatoria non gravi completamente sull’articolazione e sulla tuberosità tibiale.

Il piano terapeutico osteopatico invece verterà sul ricercare il miglior assetto dei fulcri articolari che possano compensare il lavoro del ginocchio, verrà pertanto riequilibrato il bacino, le anche e l’appoggio in scarico dei piedi per garantire un appoggio confortevole richiedendo il minimo sforzo.

Verrà messa in campo una terapia che migliori il metabolismo dei tessuti ed elimini le tossine infiammatorie che infarciscono il tessuto osseo e quello tendineo nel loro punto di giunzione.

Verrà cercato il miglior bilanciamento legamentoso e del tessuto connettivo fasciale, in maniera da ridurre al minimo le forze di tensione che possano condizionare lo stato di tensione muscolare.

Nelle terapie farmacologiche è previsto l’utilizzo di farmaci antinfiammatori e antidolorifici pensando ad una posologia che sia sostenibile da un bambino-adolescente.

Osgood_Schlatter_07Non è da sottovalutare l’utilizzo di un tutore che preservi il tendine rotuleo dai carichi statici e dinamici nel rapporto osseo di inserzione sulla tuberosità tibiale.

Nei casi più gravi e resistenti si può arrivare al trattamento chirurgico, dove la tuberosità tibiale verrà rimodellata e pulita dalle alterazioni ossee sviluppate dall’evoluzione patologica.

Nel momento in cui la patologia venisse sottovalutata e non arginata si potrebbe arrivare alla frattura del terzo superiore della tibia per indebolimento dell’osso stesso.

Il morbo di Osgood Schlatter è sicuramente difficile da vivere in un’età giovanile, perché limita le attività ricreative e mette il soggetto in una condizione di dolore quasi costante, ma se fatta una buona diagnosi precoce e accertato lo stadio evolutivo patologico, può guarire senza lasciare alcuna conseguenza futura.

Lasciamo che i nostri figli vivano questa patologia come una pausa di riposo, dove forzare i tempi di rientro non produce nessun effetto benevolo, anzi rischia di cronicizzare i sintomi già esistenti.

Una pausa imposta può esser sfruttata facendo aumentare il desiderio di rientrare nel proprio mondo di fisicità e sport.

Rotula bipartita

Rotula bipartita 01La rotula bipartita è una patologia a carico del ginocchio, che si caratterizza per una mancata fusione di uno (o più di uno) dei nuclei di ossificazione, rispetto all’unità primaria della rotula stessa.

La rotula è un osso definito sesamoide, il più grande nel contesto del corpo umano, che si posiziona anteriormente all’articolazione femoro-tibiale del ginocchio, contenuto in un sistema crociato formato dal tendine del muscolo quadricipite, dal tendine rotuleo e dai reticoli laterali e mediali della rotula.

Ha il compito di ottimizzare la funzione del muscolo quadricipite, rispetto ad un asse apparentemente svantaggioso, che si sviluppa tra la diafisi femorale e quella tibiale.

La rotula bipartita non è una patologia molto frequente, si stima che possa arrivare ad un massimo del 6% della popolazione e nella maggior parte dei casi il suo riscontro è totalmente fortuito, in virtù del fatto che è pressoché asintomatica; solamente il 2% di chi ne è affetto, riferisce una sintomatologia che conduce il paziente a visita dallo specialista.

Conseguentemente a quanto detto, la diagnosi di rotula bipartita viene elaborata nella stragrande maggioranza dei casi, in concomitanza di esami casuali inerenti al ginocchio, per indagare patologie indipendenti a carico dell’articolazione stessa.

Rotula bipartita 02La rotula bipartita ha una classificazione specifica, che viene catalogata in base al posizionamento del frammento rotuleo non ossificato:

  • bipartitismo di tipo 1

mancata ossificazione del polo inferiore (5%)

  • -bipartitismo di tipo 2

mancata ossificazione del polo laterale (20%)

  • bipartitismo di tipo 3

mancata ossificazione del polo supero-laterale (75%)

Va aggiunto che in una sottoclassificazione, lo stato in essere della patologia, può differenziarsi tra una bipartizione della rotula o in una tripartizione, a seconda di quanti sono i nuclei di ossificazione che non portano a termine il loro sviluppo all’interno del contesto osseo sesamoideo.

Rotula bipartita 03Generalmente la rotula bipartita è asintomatica, ma nei casi in cui dovesse venire a manifestare dei segni patologici, il paziente riferirebbe:

  • dolore nella zona anteriore del ginocchio
  • limitazione nella flessione e nell’estensione articolare in prossimità dei gradi estremi
  • presenza di gonfiore associato a dolenzia, nella zona perirotulea
  • riduzione della forza e della resistenza dei muscoli della coscia.

Questa serie di sintomi comporta una riduzione di funzione dell’articolazione del ginocchio, con una perdita delle capacità ordinarie e ludiche, non totalmente invalidanti, ma sufficientemente fastidiose al punto tale da dover ricorrere allo specialista.

La patogenesi della rotula bipartita è da imputare alla mancata ossificazione dei nuclei di accrescimento cartilaginei in relazione con l’unità primaria rotulea, come avevamo accennato all’inizio dell’articolo.

Le cause della mancata ossificazione possono riscontrarsi in:

  • eventi traumatici
  • infarto vascolare della zona
  • trazioni muscolo-tendinee e legamentose eccessive
  • alterazioni del metabolismo
  • la combinazione dei fattori sopra citati.

Se il paziente è asintomatico, il riscontro della bipartizione rotulea è del tutto fortuito ed avviene in concomitanza di esami articolari, richiesti per delle patologie associate al ginocchio del tutto indipendenti.

Rotula bipartita 04Nel caso in cui invece il paziente manifesti un disagio patologico, è bene procedere ad una visita specialistica, dove in appoggio all’esame obiettivo, verranno richieste delle indagini diagnostiche per valutare la presenza del distacco parcellare rotuleo e lo stato in essere dell’osso sesamoide, rispetto alle strutture muscolo-tendinee e legametose.

dolore-ginocchioGli esami di supporto sono l’RX e la TC, che ci permettono di valutare con attenzione lo stato anatomico osseo, mentre l’esame RM, ci permetterà di valutare la presenza del bipartitismo rotuleo, in relazione ai tessuti molli ad esso annessi.

La rotula bipartita viene messa in trattamento solamente nei casi in cui sia sintomatica e invalidante nelle attività di vita quotidiana.

Il primo approccio e di natura farmacologica e fisioterapica.

A livello farmacologico vengono utilizzati farmaci antinfiammatori della categoria FANS, con l’intento di ridurre l’infiammazione e l’edema concomitante.

Possono essere associati farmaci antidolorifici e molecole antiedemigene per limitare la soglia di dolorabilità e interrompere l’arco riflesso che induce alla contrattura antalgica riferita.

L’antiedemigeno ha il compito di ridurre l’edema e con esso diminuire l’effetto compressivo sui compartimenti periarticolari rotulei, migliorando l’escursione articolare e lo scorrimento delle catene miofasciali.

Rotula bipartita 06La fisioterapia ha il ruolo di recuperare le capacità motorie e funzionali dell’articolazione del ginocchio e di recuperare le capacità tonico-trofiche della muscolatura associata, che otterranno il massimo del beneficio, se associate ad un allenamento propriocettivo, mirato ad aumentare le risposte integrate dei meccanocettori articolari.

Sempre nell’ambito fisioterapico, la sintomatologia associata alla rotula bipartita, può essere affrontata grazie  all’utilizzo di terapie antinfiammatorie e biostimolanti, mediante l’utilizzo di apparecchiature dedicate.

Nel caso in cui i protocolli sopra indicati, non sortiscano l’effetto sperato, sarà necessario ricorrere alla chirurgia per via artroscopia o per accesso a cielo aperto.

chirurgiaIn entrambi i casi l’intento sarà indirizzato in 3 possibili direzioni:

  • escissione del frammento rotuleo
  • lisi del retinacolo rotuleo
  • distacco dell’area inserzionale del vasto laterale.

Ovviamente il tipo di intervento chirurgico sarà indirizzato in base alla categoria di appartenenza della bipartizione rotulea.

Per quanto riguarda la scelta del tipo di intervento, se in artroscopia o a cielo aperto, si protende a scegliere la via artroscopica, per ridurre gli effetti del danno chirurgico, ma non sempre sarà una scelta possibile, perché la complessità dell’intervento può far protendere il chirurgo ad una accesso a cielo aperto, operando con maggior sicurezza e con un campo di azione maggiore.

L’intervento chirurgico, di qualsivoglia natura, avrà la necessità di sottoporre il paziente ad un periodo di riabilitazione, in grado di ottimizzare il recupero articolare, muscolare, propriocettivo e di eliminare gli effetti dell’atto chirurgico stesso.

La rotula bipartita è una patologia generalmente silente, che difficilmente pone il paziente in una condizione di crisi, ma nel caso in cui dovesse manifestare una sintomatologia, ha la possibilità di risoluzione, intervenendo su vari fronti e con una percentuale di successo molto alta.

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Il menisco discoide

Il menisco discoide 01Il menisco discoide è una malformazione del menisco che presenta una forma ispessita e più chiusa del normale, in maniera parziale o subtotale, fino a poter assumere una forma a disco (motivo per il quale viene chiamato per l’appunto menisco “discoide”).

I menischi sono delle fibrocartilagini, hanno una forma di C e sono disposti sulle superfici dei due emipiatti tibiali, per aumentare la congruenza articolare e di contatto con i condili femorali, distribuendo in maniera ottimale i carichi dinamici e compressivi, ottimizzando gli accomodamenti e gli adattamenti biomeccanici del ginocchio.

Il menisco discoide 02Il menisco interno ha una forma di C aperta

Il menisco esterno ha una forma di C chiusa.

Il menisco discoide si presenta dalla nascita o meglio, dal momento in cui i menischi si sviluppano come fibrocartilagini, coinvolgendo maggiormente il menisco esterno.

La sintomatologia ha delle manifestazioni variabili, alcuni soggetti rimangono asintomatici, mentre in quelli che presentano il disagio, i segni patologici possono comparire già nell’età fanciullesca e in casi minori nell’età adulta.

Il menisco discoide 03Il paziente può accusare impaccio nella deambulazione e nell’attività fisica, associato spesso a crepitii, sensazione di scatto articolare, compressione nei movimenti massimi di flessione del ginocchio in fuoricarico e peggio ancora in carico, come ad esempio nella posizione accovacciata.

Si avverte spesso una condizione di simil blocco nel passaggio veloce dall’estensione alla flessione e dalla flessione all’estensione, associata ad un’incapacità di raddrizzamento completo della gamba rispetto alla coscia.

A tutte queste situazione generalmente si associa dolore e gonfiore articolare.

Nel tempo il menisco discoide va incontro a dano strutturale, con la formazione di una lesione parziale o di una rottura, inoltre non sono da sottovalutare le discinesie articolari che possono causare un sovraccarico sull’emirima articolare opposta, con la predisposizione alla comparsa di un’artrosi precoce.

La causa del menisco discoide ad oggi non è conosciuta, ma questa malformazione è di tipo congenita e per tanto presente dalla nascita, come precedentemente anticipato.

Il menisco discoide 04La diagnosi si esegue tramite un esame obiettivo, che tiene in considerazione l’anamnesi con la raccolta dei segni e dei sintomi riportati dal paziente.

La visita è supportata da un esame obiettivo, dove i test specifici articolari e meniscali, mostrano una sofferenza del compartimento interessato, che spingerà lo specialista a richiedere una RM.

Il menisco discoide 05L’RM è in grado di fotografare lo stato anatomico del segmento, mostrando la conformazione e l’integrità dei menischi, sia nello specifico che nei rapporti con le strutture capsulo-legamentose.

La terapia per il menisco discoide non è necessaria nei soggetti asintomatici, mentre necessita d un approccio multidisciplinare su quei pazienti che riportano una parte, o la maggior parte dei sintomi precedentemente descritti.

Il menisco discoide 06E’ necessario mettere in campo tutte quelle terapie atte a ridurre il dolore e il gonfiore articolare, focalizzando a seguire l’attenzione nel migliorare il più possibile la corretta mobilità articolare, ottimizzandone la capacità propriocettiva e migliorando il tono trofismo muscolare con l’intento di stabilizzare l’articolazione stessa.

E’ opportuno creare dei compensi articolari soprattutto a carico dell’anca, per scaricare il più possibile il lavoro dell’arto inferiore sul ginocchio.

chirurgiaNei casi in cui la fisioterapia non sia più sufficiente, si potrà perseguire la strada chirurgica, con un intervento di rimodellamento meniscale per via artroscopica, verso un ricondizionamento il più possibile congruo alla sua funzione articolare, tenendo conto dello spazio e della conformazione che si deve sposare tra il piatto tibiale e il condilo femorale.

Il periodo post operatorio prevede un tempo dovuto di riduzione del carico, tramite l’utilizzo di bastoni canadesi o delle stampelle, per un massimo di 3 settimane, associato ad un lavoro mirato di riduzione dell’edema infiammatorio, ad un recupero ed un’elasticizzazione articolare, ad un ricondizionamento della muscolatura agonista-antagonista dell’arto inferiore e ad un incremento propriocettivo dell’articolazione, per arrivare alla miglior cinestetica dell’arto inferiore rispetto al rapporto dinamico e di carico.

Abbiamo appreso che il menisco discoide è una patologia congenita che può rimanere silente per un periodo, fino al punto che non si adatti più alla richiesta di movimento specifico del paziente.

Nel momento in cui si dovesse manifestare, abbiamo vari approcci terapeutici che sono in grado di  ottenere un recupero completo del compartimento articolare, ottimizzando lo stato di salute del paziente.

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Condropatia Femoro Rotulea

La condropatia femoro rotulea è una patologia a carico della cartilagine di rivestimento della rotula.

Condropatia Femoro Rotulea 01Anatomia

La cartilagine rotulea si riduce per eventi degenerativi o traumatici, spesso le due condizioni si associano come conseguenza nel tempo, di un rapporto causa effetto tra un trauma e una degenerazione o viceversa.

La patologia si manifesta con dolore nella zona rotula, associata a crepitio o scroscio durante il movimento del ginocchio, che il paziente stesso riferisce come una sensazione di sfregamento rumoroso durante la flessione e l’estensione.

Il ginocchio è un’articolazione formata da 3 parti ossee di cui la rotula è la porzione che ha il compito di gestire l’asse di funzionamento del quadricipite, prima che si inserisca sulla zona di aggancio tibiale denominata tuberosità tibiale.

Condropatia Femoro Rotulea 02Il femore e la tibia non sono perfettamente allineate tra di loro e per tanto non lo è neanche il quadricipite; se lo considerassimo nelle sue porzioni di giunzione osteotendinee, questo creerebbe un disassiamento e una sublussazione ogni qualvolta si facesse un movimento, facendo perdere forza ed efficacia.

Quindi possiamo affermare che la rotula crea un aggiustamento dinamico correttivo durante l’articolarità tra femore e tibia.

I carichi compressivi e di trazione sulla rotula sono eccessivi per sperare che da sola possa mantenere una corretta posizione nel movimento di scivolamento e traslazione, pertanto viene guidata e trattenuta dal bordo condiloideo femorale esterno, che è maggiormente sviluppato e dai legamenti alari che trattengono la rotula rispetto ai due condili femorali, assicurandone il corretto movimento ma anche il mantenimento della giusta posizione all’aumentare della forza di trazione del quadricipite.

Come guida al movimento della rotula rispetto al femore, troviamo una cresta sulla faccia interna della stessa, che si alloggia in uno spazio tra i condili femorali (gola intercondiloidea), direzionando il movimento della rotula quando è trazionata dal quadricipite durante la flessione del ginocchio.

La faccia interna della rotula, cosi come ogni porzione articolata, è rivestita di cartilagine, con il compito di proteggere la porzione ossea, di favorirne lo scivolamento e di ridurne gli attriti.

Condropatia Femoro Rotulea 03La condropatia femoro rotulea si sviluppa nel momento in cui si crea ripetutamente una disarmonia durante il movimento articolare di piegamento del ginocchio e del suo ritorno all’estensione, associato ai movimenti minori di accomodamento in rotazione interna ed esterna.

La cartilagine per effetto compressivo sui condili femori e sui bordi della gola intrecondiloidea, subirà una modificazione da sfregamento e da compressione che danneggerà l’integrità della cartilagine stessa, andandola a fissurare lungo la sua superficie, rovinandone l’integrità.

Da qui la comparsa del rumore durante il movimento e il dolore sulla zona rotulea.

Condropatia Femoro Rotulea 04Il dolore da cosa è dato?

Il dolore è dato dai nocicettori intrarticolari che vengono attivati dall’aumento della sensibilità ossea non più correttamente ricoperta e protetta dalla cartilagine, dal gonfiore e dall’infiammazione che si manifesta nella zona periarticolare per irritazione dei tessuti molli capsulari e sinoviali.

Anche i menischi stentano a mantenere la stessa funzionalità, perché nel momento in cui la rotula perde la sua normale funzione, i condili femorali creeranno un movimento di adattamento sulla tibia e i menischi cercheranno di compensare come possono, andando a determinare un risentimento sulla porzione della capsula articolare interna a e sul legamento collaterale interno.

La diagnosi clinica vede un test primario della rotula e del suo stato di salute, a cui sarà necessariamente associato una valutazione clinica dei menischi, della capsula articola e del legamento collaterale interno.

Condropatia Femoro Rotulea 05Diagnosi della condropatia femoro rotulea

Nella diagnostica per immagini sarà possibile valutare la situazione con una risonanza magnetica che ci mostrerà lo stato in essere della rotula nella sua posizione, nel rapporto di vicinanza rispetto alla gola intercondiloidea, lo stato in essere della cartilagine e dei tessuti periarticolari di cui abbiamo parlato prima, evidenziando o meno uno stato infiammatorio ed edematoso.

La cura prevede a livello farmacologico l’utilizzo di antinfiammatori non steroidei, eventualmente associati ad infiltrazioni di acido ialuronico, per ridurre l’infiammazione e aumentare la viscosità articolare.

Si può applicare del ghiaccio quando il gonfiore del ginocchio risulta evidente o per scopo preventivo dopo un’attività fisica prolungata.

Condropatia Femoro Rotulea 06La fisioterapia e l’osteopatia possono migliorare in maniera importante lo stato in essere del ginocchio nella condizione di condropatia, perché riescono a recuperare l’equilibrio muscolare del quadricipite rispetto alla catena posteriore dei muscoli ischiocrurali, possono far ritrovare una sinergia dell’anca rispetto al bacino e all’aspetto posturale vertebrale, in maniera da scaricare il ginocchio e la rotula da atteggiamenti di flessione accentuata.

Riescono ad equilibrare il lavoro della rotula rispetto ai legamenti interessati, rispetto alla capsula articolare e ai menischi, in maniera tale da recupera una qualità di movimento esaustivo nelle attività di vita quotidiana.

Possono ridurre il gonfiore dell’articolazione drenando la parte linfatica o vascolare venosa, che ha congestionato l’articolazione.

La condropatia femoro rotulea è un danno anatomico degenerativo che non regredisce, ma possiamo gestirla nel migliore dei modi per far sì che si stabilizzi e che non continui la sua corsa patologica oltre modo rispetto allo stato naturale di invecchiamento della persona.

La sindrome di Hoffa

La sindrome di Hoffa è un’infiammazione del cuscinetto adiposo posto dietro la rotula, occupando lo spazio tra la porzione postero-inferiore della rotula stessa, i condili femorali e la zona anteriore del piatto tibiale.

Anatomia

sindrome di hoffa 01Il cuscinetto adiposo di Hoffa è una struttura intracapsulare ma extrasinoviale, dove la sinovia articolare risale sulla parte posteriore del corpo di Hoffa ricoprendolo, prendendo rapporti con la plica infrapatellare che si estende fino alla gola intercondiloidea.

Il corpo di Hoffa è ben vascolarizzato e innervato da fibre nocicettive; queste due caratteristiche mettono il tessuto nella condizione di poter sviluppare un processo infiammatorio in piena regola.

La struttura di Hoffa può cambiare posizione, forma e volume assumendo un ruolo biomeccanico nel movimento articolare del ginocchio, mitigando la flessione, l’estensione, la traslazione e le forze compressive.

Durante i gradi di flessione dell’articolazione, arretra nella sua posizione , mentre nei gradi di estensione trasla anteriormente.

Da molti ricercatori viene anche identificato come riserva naturale di cellule staminali, per questo motivo può essere utilizzato per i trattamenti conservativi della cartilagine.

Il dolore nella sindrome di Hoffa

La sindrome di Hoffa si presenta con un dolore nella zona anteriore del ginocchio, specificatamente localizzato nella porzione retro e peri-rotulea, che si esaspera durante gli sforzi articolari di flessione ed estensione del ginocchio, ove sia richiesto un carico muscolare di rilievo, come salire e scendere le scale, fare attività sportiva che preveda corsa, salti e resistenza attiva allo sforzo.

Spesso al dolore si associano degli scrosci articolari o crepitii che possono sommarsi ad una riduzione della capacità articolare per compiere i movimenti negli ultimi gradi di flessione e un’incapacità di completare l’estensione massima.

Le cause

sindrome di hoffa 02Tra le cause, l’ipertrofia e la fibrosi del corpo adiposo, dovute all’eccesso di utilizzo e ai microtraumi ripetuti, creano un’alterazione della mobilità del tendine rotuleo, con una conseguente resistenza nella traslazione della rotula ed un cambiamento nella meccanica di movimento della tibia rispetto all’appoggio dei condili femorali, ponendo le basi per un’infiammazione del cuscinetto adiposo di Hoffa da irritazioni, compressioni eccessive e ripetute.

La diagnosi della sindrome di Hoffa

esame obiettivoNella diagnosi la raccolta dei dati anamnestici è importante, consente di capire quali siano i sintomi riferiti dal paziente, quali siano gli eventi associabili e avere un primo canale di classificazione della patologia in essere.

Nel proseguo della denominazione della patologia, l’esame obiettivo si rende assolutamente necessario per valutare la localizzazione del dolore, la funzionalità e la completezza dell’escursione articolare, soprattutto negli ultimi 10° di estensione, associandola alla comparsa del dolore e la presenza di rigidità della rotula nei movimenti di ballottamento, in presenza o meno a scrosci o crepitii.

Importante sarà anche percepire un aumento della temperatura locale del ginocchio, associato a segni di gonfiore, così come va tenuto conto delle presenza di contratture muscolari antalgiche riflesse e l’instaurarsi di atteggiamenti compensatori funzionali o posturali.

esame obiettivoDi grande aiuto sarà supportare la diagnosi clinica, tramite l’utilizzo della RM, capace sia di individuare lo stato in essere del corpo adiposo di Hoffa, sia dei sui rapporti con la capsula articolare, con le pliche sinoviali, con il tendine rotuleo e con la rotula stessa.

Il trattamento

E’ fondamentale ridurre l’infiammazione, utilizzando farmaci antinfiammatori non steroidei, associandoci l’utilizzo di ghiaccio più volte al giorno.

Nei casi in cui sia presente un edema importante, potrà essere utilizzato il cortisone come farmaco di attacco.

Di grande aiuto sarà la fisioterapia che gestirà il paziente nel ridurre i carichi di lavoro, decomprimendo il compartimento articolare anteriore del ginocchio e migliorando il tonotrofismo muscolare soprattutto del gruppo estensorio.

esercizi propiocettiviSarà molto utile utilizzare gli esercizi propriocettivi per aumentare il controllo e quindi la stabilità del ginocchio rispetto allo scarico a terra e all’appoggio de bacino sulle anche.

La chirurgia offre il suo contributo, soprattutto nei casi ove l’infiammazione abbia cronicizzato, rimanendo costantemente presente.

Gli approcci chirurgici seguono varie strade:

  • resezione totale o parziale del corpo d Hoffa
  • sinoviectomia
  • resezione di disimbrigliamento della plica infrapatellare.

Ognuna di queste tecniche porta a risultati soddisfacenti, che necessitano di un periodo di riabilitazione per recuperare l’equilibrio articolare.

La sindrome di Hoffa non è una patologia grave ma se mal curata può arrecare danni all’intera struttura del ginocchio e alla catena cinetica dell’arto inferiore.

La salute passa attraverso la conoscenza e con l’articolo di oggi, abbiamo la possibilità di aggiungere un tassello al nostro benessere.

Lussazione della rotula (o patella)

Nell’articolo odierno, vorrei approcciare un argomento di sicuro interesse per molti:la lussazione della rotula (o patella).

Cos’è la lussazione della rotula?

Lussazione della rotula 01La lussazione della rotula è una patologia che può avere origine traumatica o meno e vede la sua dislocazione verso la porzione esterna del ginocchio, posizionandosi nella parte laterale del condilo femorale, invece di rimanere centrato rispetto all’asse della gola intercondiloidea.

La rotula (chiamata anche patella) è un osso alloggiato nella parte anteriore del ginocchio, più precisamente nella gola intercondiloidea, mantenuta in sede da una serie di legamenti, dalla conformazione dei condili femorali stessi, dalle relazioni di aggancio anatomiche rispetto al muscolo quadricipite e all’inserzione tibiale del tendine rotuleo.

Lussazione della rotula 02La patella aiuta la biomeccanica articolare nell’estensione del ginocchio e aumenta notevolmente l’efficienza del muscolo quadricipite.

Come accennavo all’inizio dell’articolo, la lussazione può avvenire per trauma o senza trauma, ovvero con movimenti naturalmente sostenibili in un ginocchio sano o anatomicamente congruo.

Vediamo insieme le differenze.

Lussazione della rotula per trauma:

  • frattura del condilo femorale esterno
  • frattura e distacco della tuberosità tibiale
  • frattura del piatto tibiale con valgizzazione dell’asse femoro-tibiale
  • traumi distorsivi articolari
  • lesione del legamento mediale femoro-rotuleo
  • lesione del retinacolo rotuleo mediale
  • lesione del tendine rotuleo.

Lussazione della rotula 03E’ evidente che in tutti queste condizioni, il trauma e il danno anatomico, la fanno da padrone nel cambiamento anatomico di strutture che vanno ad inificiare la posizione e la fisiologia della rotula.

Lussazione in assenza di trauma:

  • ipoplasia del condilo femorale esterno
  • displasia della rotula
  • ipotonia e/o ipotrofismo della muscolatura quadricipitale
  • disassiamento dell’apparato estensorio
  • lassità legamentosa
  • fattori dismetabolici nella fase di crescita cellulare delle strutture muscolo-tendinee, legamentose, ossee
  • valgismo del ginocchio.

Lussazione della rotula 04Le cause che si presentano nelle forme di lussazione della rotula non traumatiche, generalmente incominciano ad evidenziare i loro effetti patologici nel periodo dell’adolescenza, quando lo sviluppo fisico subisce un’impennata sfavorevole rispetto all’impegno fisico richiesto nelle attività ludico-sportive, con un sovraccarico di stress articolari e muscolari.

Quali sintomi si manifestano nella lussazione di rotula?

Ovviamente saranno diversi se associati o meno a una nozione di trauma.

Nell’evento traumatico, la sintomatologia sarà proporzionata al danno anatomico riportato; fratture, distorsioni, lesioni muscolari, tendinee, legamentose.

Queste causeranno un dolore direttamente proporzionale, con un’infiammazione della zona interessata e delle porzioni limitrofe, associandosi un gonfiore, con o senza edema ed una grave impotenza funzionale articolare/muscolare.

Lussazione della rotula 05Nelle lussazioni congenite di rotule non traumatiche la rotula appare visivamente fuori sede, la conformazione del ginocchio cambia, associandosi un gonfiore locale più o meno abbondante, con possibili versamenti ematici associati.

La rotula risulta dolente anche in condizione di riposo e il dolore viene esacerbato alla palpazione e alla mobilizzazione.

Si riscontra un’impotenza funzionale articolare quasi totale, con una difficoltà evidente nel cercare un’estensione del ginocchio sia in maniera attiva che passiva.

Il paziente ha difficoltà nello stare in piedi mantenendo un appoggio bipodalico equamente distribuito, mentre risulterà quasi del tutto impossibile mantenere la posizione eretta in appoggio monopodalico dal lato della rotula dislocata.

La muscolatura, principalmente quadricipitale, perderà forza e nei giorni a seguire anche tonicità.

Nel caso il paziente non abbia avuto una lussazione ma una sublussazione (ovvero una dislocazione parziale), la rotula potrà tornare spontaneamente al proprio posto e la sintomatologia sopra descritta sarà solo parzialmente presente.

La diagnosi

Lussazione della rotula 06La diagnosi risulta essere abbastanza semplice già all’esame obiettivo, ovvero alla vista dello specialista, che sovrapporrà segni e sintomi riscontrati nel paziente.

Sarà utilissimo raccogliere informazioni sull’evento scatenante la dislocazione patellare, per capire se ci possano essere altri danni associati e in quale compartimento.

  • Necessario sarà il sostegno degli esami diagnostici per immagini:
  • rx
  • rm
  • tc

per valutare la dislocazione rotulea, l’entità del danno, la presenza di lesioni associate ai tessuti molli, l’eventuale concomitanza di fratture e lo stato di conformazione del condilo femorale esterno.

Il trattamento della lussazione della rotula

Il trattamento della lussazione di rotula prevede, ove possibile, un manovra di riposizionamento manuale, per riportare la patella nella posizione corretta, procedendo a seguire, con un’immobilizzazione dell’articolazione tramite bendaggio o tutore e l’utilizzo di ausili quali stampelle, per evitare di poggiare il piede a terra dando un carico eccessivo nel periodo di recupero dei danni tessutali, che si sono verificati nella dislocazione ossea.

Si può riscontrare nel paziente un’instabilità della rotula anche nel periodo post traumatico, che non garantisce nel tempo un’articolazione sicura nei movimenti estremi se non addirittura nelle attività di vita quotidiane, come salire o scendere le scale, fare torsioni su se stessi, oppure nello sforzo muscolare richiesto per i movimenti di accomodamento dell’arto inferiore.

Lussazione della rotula 07In questi casi può rendersi necessario ricorrere alla chirurgia tramite varie metodiche di approccio, con teorie a supporto dell’intervento stesso, che variano a seconda delle strutture che vogliano essere riparate o modificate.

Sia nel caso della correzione manuale della lussazione di rotula, sia nel post intervento chirurgico, sarà necessario ricorrere a trattamenti riabilitativi fisioterapici, che prevedono la riduzione di edemi e del gonfiore, il recupero articolare, il ripristino del tono muscolare, il miglioramento della propriocettività articolare finalizzata alla ricerca dell’ottimale sinergia del ginocchio, sia nella fase statica che dinamica, in relazione all’intero arto inferiore, al compenso adattativo del bacino e della colonna vertebrale.

La lussazione della rotula è un infortunio grave che può compromettere la funzionalità dell’intero arto inferiore, limitando fortemente le autonomie fisiche minime e le attività sportive.

Ci sono vari metodi per risolvere la situazione patologica, stabilizzandone i benefici ottenuti.

E’ importante non perdere tempo ed affidarsi a dei professionisti sanitari, capaci di chiarire il danno articolare, le alterazioni anatomiche che si presentano e stabilire il miglior piano di cura perseguibile per un recupero ottimale.

La salute passa attraverso la conoscenza e con l’articolo di oggi, abbiamo la possibilità di aggiungere un tassello al nostro benessere.

Protesi di ginocchio

Vediamo oggi la protesi di ginocchio. Come sempre cerchiamo di capire insieme dove e come può trovare applicazione e come può aiutare a migliorare sensibilmente la qualità della vita.

Cos’è la protesi di ginocchio?

Protesi di ginocchio 01La protesizzazione di ginocchio è un approccio terapeutico sostitutivo applicato all’articolazione del ginocchio affetto da artrosi, che non risponde più a nessun tipo di terapia farmacologica, ne tantomeno alle cure fisioterapiche.

L’articolazione che necessita di protesizzazione ha perso funzionalità articolare specifica e funzionalità di mobilità sinergica poliarticolare, manifesta rigidità nel movimento, ha perso un aspetto anatomico congruo

Inoltre ha danni cartilaginei importanti, manifesta dolori al movimento e nei casi più gravi anche a riposo, sviluppa infiammazioni e gonfiori sia articolari che periarticolari.

Si perde dunque la possibilità di assecondare le necessità minime della vita quotidiana come camminare, sedersi, salire e scendere le scale, piegarsi sulle gambe.

Quando viene proposta la protesi di ginocchio?

Pertanto la protesi al ginocchio viene proposta al paziente quando l’articolazione specifica,  è danneggiata in maniera irrimediabile.

La sostituzione chirurgica dell’articolazione ha lo scopo di ripristinare un’articolarità appropriata, capace di migliorare la funzionalità del ginocchio, di ridurre il dolore e di aumentare la qualità della vita del paziente.

La scelta della strada protesica, viene affrontata o ritardata il più possibile a seconda dell’età del paziente, perché le protesi di ginocchio hanno una durata temporale di circa 15-20 anni per le protesi totali e di 10-15 anni per le protesi parziali.

Pertanto nei soggetti giovani sarebbe prevedibile almeno una sostituzione (revisione di protesi) nell’arco dell’aspettativa di vita del soggetto e c’è da dire che la rimozione e il reimpianto protesico, non ha la stessa semplicità chirurgica di esercizio, ne la stessa facilità di recupero da parte del paziente.

E’ chiaro che la durata della protesi sarà legata, oltre che al suo naturale deperimento materiale, anche alla riuscita dell’intervento, all’efficacia riabilitativa e al tipo di utilizzo che ne farà il paziente.

Altri motivi per cui l’utilizzo delle protesi di ginocchio possono essere accantonate sono le condizioni cliniche internistiche sfavorevoli del paziente e il sovrappeso eccessivo (grave obesità).

L’articolazione

Protesi di ginocchio 02L’articolazione del ginocchio è complessa per forma architettonica e per funzione delle varie parti anatomiche che la compongono.

Migliora la sua stabilità grazie alle strutture meniscali e ai legamenti.

Utilizza la rotula per ottimizzare le linee di carico del muscolo quadricipite.

Necessità delle cartilagini per ottimizzare lo scorrimento articolare limitandone gli attriti.

Ha bisogno di essere protetta dalla membrana sinoviale e di essere imbibita dal liquido da essa prodotto.

Deve essere guidata e stabilizzata dai vari gruppi muscolari che abbiano interazione sia mono che poliarticolare.

I motivi della scelta

Protesi di ginocchio 03I motivi per cui si può arrivare ad una protesizzazione di ginocchio sono molti e multifattoriali:

  • artrosi
  • artrite
  • conseguenze di traumi fratturativi (fratture del piatto tibiale, fratture dei condili femorali, fratture di rotula)
  • conseguenze di traumi ripetuti al comparto capsulo-legamentoso
  • conseguenze di disassiamenti articolari in valgismo o varismo protratti nel tempo
  • patologie vascolari
  • alterazioni metaboliche di tipo infiammatorie

Tutti questi quadri patologici causano dei danni progressivi alle cartilagini, tanto da comprometterne lo scorrimento e la fluidità articolare durante il movimento.

Le cartilagini danneggiate possono includere uno o più quadranti articolari:

  • un’emipiatto tibiale e il suo corrispettivo condilo femorale
  • l’intero piatto tibiale ed entrambi i condili femorali
  • l’intero piatto tibiale, entrambi i condili femorali, la rotula e la gola intercondiloidea.

Come si può intuire, il danneggiamento articolare è progressivo e si estende all’articolazione con maggior effetto, nelle condizioni di mancata prevenzione e di incuria nella gestione della patologia.

Le protesi di ginocchio parziali o totali

Protesi di ginocchio 04Le protesi di ginocchio sono progettate per far fronte alla sostituzione di una parte dell’articolazione (PROTESI PARZIALI O MONOCOMPARTIMENTALI), oppure per sostituire l’intera articolazione (PROTESI TOTALI).

Le protesi parziali sostituiscono un emipiatto tibiale e il suo corrispettivo condilo femorale.

Le protesi totali sostituiscono l’intero piatto tibiale ed entrambi i condili femorali.

Nel caso delle protesi totali, si ha anche la maniera di poter sopperire al deficit artrosico della rotula, la dove ci sia un’usura che ne coinvolga la faccia cartilaginea.

Pertanto la scelta del tipo di protesi da impiantare sarà dettata dal danno anatomico e dal residuo di funzione articolare del paziente, dall’età del soggetto e dal tipo di attività quotidiana a cui si deve far fronte.

La riabilitazione

Protesi di ginocchio 05E’ importante che alla protesizzazione del paziente, segua dal giorno successivo, un periodo di riabilitazione che elimini gli effetti negativi del post operatorio, vale a dire edema, infiammazione, aderenze cicatriziali.

Per poter procedere al recupero dell’articolarità massima consentita, al ripristino del tono muscolare, alla riacquisizione della propriocettività dell’intero arto inferiore, al recupero dello schema del passo e a ritrovare il miglior assetto posturale sia statico che dinamico.

Nel periodo post operatorio è fondamentale scongiurare in ogni modo le infezioni della ferita chirurgica, le manifestazioni flebitiche di uno o di entrambi gli arti inferiori, gli edemi locali, le aderenze cicatriziali e articolari, le infiammazioni dei tessuti molli.

Protesi di ginocchio 06Tutte le precauzioni sopra citate, saranno necessarie per ottenere il miglior risultato dall’intervento di impianto della neo-articolazione.

I tempi di recupero

Il periodo che intercorre dall’intervento chirurgico alla completa guarigione del paziente è variabile da soggetto a soggetto e multi fattoriale.

Possiamo dire che mediamente occorrono tre mesi per tornare alla ripresa delle normali attività e circa 1 anno o poco più per una guarigione e integrazione completa dei tessuti biologici.

La protesi di ginocchio ci permette di recuperare un’articolazione compromessa oltre modo, di eliminare i dolori cronici articolari, di recuperare un assetto posturale congruo e di riacquistare una funzione ottimale nella flessione e nell’estensione per ottimizzarle a seguire nelle attività quotidiane più banali come il camminare o il fare le scale.

La salute passa attraverso la conoscenza e con l’articolo di oggi, abbiamo la possibilità di aggiungere un tassello al nostro benessere.

Cisti di Baker

Cisti di Baker 01Cos’è la Cisti di Baker?

La cisti di Baker, assolutamente di natura benigna, è un rigonfiamento di una delle borse sierose esistenti nel cavo popliteo, ovvero nella zona posteriore del ginocchio, le quali borse mantengono durante lo sviluppo, un anomalo collegamento con la capsula articolare, sviluppando un punto di comunicazione.

Generalmente la più interessata è la borsa sierosa del muscolo semimebranoso o quella del muscolo gastrocnemio mediale.


Cosa sono le borse sierose e a cosa servono?

Le possiamo immaginare come dei cuscinetti rivestiti nell’interno da membrana sinoviale e riempiti di liquido sieroso, che hanno il compito di attutire gli attriti muscolo-tendinei nei passaggi potenzialmente irritativi, in prossimità di sporgenze ossee o di articolazioni.

Cisti di Baker 02La cisti di Baker può anche svilupparsi attraverso un’erniazione della capsula articolare e della sua membrana sinoviale, che trova spazio tra le linee di passaggio muscolari e tendine della zona posteriore del ginocchio.

Le cisti di Baker variano per dimensioni da pochi millimetri a qualche centimetro e possono presentarsi in diverse fasce di età, nei bambini tra i 4 e i 7 anni circa, oppure in età adulta tra i 35 e i 70 anni.

La classificazione viene differenziata in primaria e secondaria.

La forma primaria è detta idiopatica, ovvero non se ne conosce la causa, perché il ginocchio appare sano nel suo complesso ed è la forma che generalmente colpisce i bambini.

La forma secondaria è conseguente ad una patologia del ginocchio, artrosi, artrite, lesioni meniscali, distorsioni, traumi diretti, fratture, per cui si forma liquido sinoviale in eccesso che sfoga verso il perimetro posteriore, dando vita alla cisti in questione.

La cisti secondaria è maggiormente presente nell’età adulata, proprio perché è più facile che si presentino disturbi ortopedici correlati a carico del ginocchio.


I Sintomi

I sintomi sono legati alla grandezza volumetrica e all’effetto compressivo del rigonfiamento nei confronti dei tessuti limitrofi e spesso si sovrappongono alle conseguenze delle patologie pre esistenti del ginocchio.

É ben palpabile, il volume può esserne apprezzato con più facilità all’aumentare delle sue dimensioni.

Cisti di Baker 03Nel quadro sintomatico il paziente può riferire un gonfiore articolare, una limitazione del movimento, un dolore alla pressione nella zona posteriore del ginocchio, alle volte un’alterazione della sensibilità (parestesia) nel caso in cui la cisti vada ad irritare il passaggio del nervo sciatico in zona poplitea.

Raramente la cisti va incontro a rottura e quindi a dispersione del liquido nei tessuti circostanti, con la possibilità di creare un’infiammazione o peggio un infezione.

Altrettanto rari sono i casi in cui la cisti possa calcificarsi indurendosi e causando una compressione di maggior impatto sui tessuti limitrofi.


La diagnosi

La diagnosi vede come primo approccio la palpazione e l’identificazione di una massa molle e comprimibile nella zona posteriore dl ginocchio.

Alla palpazione farà seguito un’esame clinico per valutare la presenza di liquido nei vari compartimenti articolari del ginocchio, inoltre vanno ricercate le possibili patologie  presenti, che mettano l’articolazione nelle condizioni di lavorare male, infiammandosi e diminuendo la propria funzionalità.

Cisti di Baker 04

L’esame ecografico permette di evidenziare la presenza della cisti di Baker e di valutarne il contenuto liquido.

La risonanza magnetica è un esame più minuzioso nello studiare le caratteristiche anatomiche della cisti, la sua posizione, il rapporto con i tessuti adiacenti e con la capsula articolare.


La terapia

La terapia è necessaria nel momento in cui la cisti crei un dolore, una limitazione articolare o un sintomo compressivo dei tessuti adiacenti muscolari, vascolari o neurologici.

La cisti di Baker idiopatica, ovvero primaria, migliora nel giro di 15-20 giorni semplicemente con il riposo, con lo scarico articolare e l’utilizzo di stampelle, alle volte sparisce quasi del tutto.

La cisti di Baker secondaria invece vede la necessità di porre rimedio alle patologie concomitanti che interessano l’articolazione, che siano di natura disfunzionale, anatomica o di entrambe, utilizzando antinfiammatori, calze drenanti, ghiaccio, riposo, scarico del peso corporeo, fisioterapia per il recupero funzionale, per drenare il liquido sinoviale, per migliorare l’assetto posturale e scaricare meglio il peso corporeo.

La strada delle infiltrazioni, per aspirare il liquido contenuto nella cisti, è venuta a perdere attenzione nel tempo, perché si è visto che in alcuni casi non solo il liquido si riformava nel giro di breve, ma ne era stimolata la maggior produzione.

La chirurgia entra in scena nel momento in cui la cisti sia eccessivamente grande e compromettente per la salute dei tessuti adiacenti, oppure quando si rende necessario riparare il danno anatomico del ginocchio che causa instabilità, infiammazione e degenerazione tessutale.

Sicuramente per prevenire l’evoluzione delle patologie legate alla cisti di Baker è importante mantenere un buon tono muscolare, ottimizzare la propriocettività articolare, curare l’assetto posturale e ottimizzare il drenaggio venoso e linfatico degli arti inferiori.

La cisti di Baker è complessa, ma oggi abbiamo imparato che è approcciabile su vari fronti e quindi facilmente gestibile e curabile.