Osteoporosi

L’osteoporosi è una perdita di massa ossea e una rarefazione della struttura architettonica interna dell’osso stesso.

Rientra in una condizione fisiologica che si predispone e si evolve in natura con l’invecchiamento della persona, è vero però che la perdita di massa ossea, oltre certi limiti, diventa pericolosamente patologica perché riduce di molto la resistenza e l’elasticità dell’osso, a vantaggio del rischio di fratture (nei casa più gravi fratture spontanee per collasso dell’osso stesso).

Lo stato di salute della struttura ossea dipende dell’equilibrio tra osteoblasti (cellule che producono e rigenerano il tessuto osseo) e osteoclasti (cellule deputate al riassorbimento di tessuto osseo).

Alle volte questo equilibrio viene meno per l’ invecchiamento stesso della persona e in altri casi, alterazioni ormonali, assunzioni farmacologiche o patologie di varia natura, alterano la convivenza dei 2 fattori prima citati.

Si manifesta con una netta prevalenza femminile a rapporto di 4-1 rispetto all’uomo e con una incidenza maggiore tra i 50 e i 75 anni, valori che subiscono variazioni in base alle concause di innesco.

L’osteoporosi viene catalogata in due grossi capitoli: osteoporosi primaria e osteoporosi secondaria.

L’ inquadramento cambia a seconda di quale sia la causa della perdita di massa ossea fuori dai canoni di tolleranza.

Nelle osteoporosi primarie (95%), sottocatalogate in IDIOPATICHE, di TIPO 1, di TIPO 2, l’eziologia si ha nella riduzione dei fattori ormonali principali, nella cattiva alimentazione con una carenza sia dei macro che dei micro nutrimenti, nella riduzione dell’attività fisica e della massa muscolare, nella diminuzione all’esposizione dei raggi solari.

Nelle osteoporosi secondarie (5%), la causa si ricerca in una iperproduzione di alcuni fattori ormonali (ipertiroidismo, ipersurrenalismo), patologie che portano ad un cattivo assorbimento intestinale, celiachia, alcuni farmaci molto comuni come ad esempio cortisone, eparina, anticoagulanti, alcune categorie di diuretici, antiepilettici, per poi proseguire con alcune patologie polmonari come la BPCO, alcune malattie autoimmunitarie, immobilità protratta per un lungo periodo, perdita di peso importante (circa oltre l’80%), patologie tumorali.

L’osteoporosi non da sintomi ed è per questo che può diventare molto pericolosa; i sintomi sono un campanello di allarme che ci permettono di correre ai ripari ma in questo caso bisogna giocare di anticipo prevenendo, usando metodiche diagnostiche come MOC, RM, RX,TC, analisi di laboratorio e ovviamente un buon esame obiettivo associato ad una attenta anamnesi.

L’osteoporosi diventa sintomatica nel momento in cui la sua fragilità porta ad una frattura che può essere spontanea (l’osso si rompe da solo), o traumatica (basta un incidente di minima entità).

Le fratture spontanee si manifestano maggiormente nelle vertebre, in particolar modo nella zona dorso lombare, nella zona alta del femore, in prossimità dell’articolazione dell’anca e nei quadranti costolari medio inferiori.

In ottica preventiva e di supporto alle cure farmacologiche eventualmente somministrate, diventa fondamentale associare una correzione della postura e un riequilibrio articolare per evitare una o più zone di sovraccarico delle strutture ossee stesse, creare ed alimentare una buon tonotrofismo muscolare che possa dare supporto e resistenza alla struttura scheletrica e che stimoli la rigenerazione ossea, la quale in molti casi è stata monitorata con un incremento fino all’1% annuo.

Non ultimo è raccomandata una buona ma attenta esposizione al sole, in grado di favorire, insieme ad una corretta alimentazione, una buon approvvigionamento di vitamina D, necessaria per fissare il calcio nelle ossa.

 

Artrite reattiva

Artrite reattiva 01L’artrite reattiva, in passato conosciuta anche come sindrome di Reiter, è una patologia autoimmunitaria, che coinvolge molteplici tessuti e apparati, quali quelli:

  • osteo-articolari
  • urologico
  • ginecologico
  • dermatologico

causando artriti, uretriti e congiuntiviti in maniera maggiore, ma non sono pochi i casi dove i pazienti riferiscono la comparsa di ulcere buccali, rash e piaghe cutanee, coliti, perdita di peso, malessere generale e febbre.

Per questo l’approccio alla patologia può divenire multifattoriale, coinvolgendo vari specialisti.

Come accennavo poc’anzi l’artrite reattiva genera un’infiammazione che può manifestarsi su un singolo tessuto o coinvolgere più apparati contemporaneamente.

Generalmente i sintomi si manifestano in un periodo che varia dai 15 ai 30, giorni dopo l’innesco dei fattori scatenanti la patologia, mantenendo poi l’acuzia per diversi mesi, oltre i quali il paziente cronicizza la sua situazione con un’andamento intermittente, durante il quale alterna stati di sintomatologia manifesta, a periodi di silenzio sintomatologico.

Ma vediamo quali sono le caratteristiche delle diverse manifestazioni divise per apparati.

Nel campo osteo-articolare, le articolazioni maggiormente interessate sono:

  • la sacro-iliaca
  • spalla
  • gomito
  • anca
  • ginocchio
  • le articolazioni medio distali di mani e piedi.

L’artrite reattiva può portare anche allo sviluppo di entesiti.

Una delle caratteristiche di questa patologia è che l’infiammazione osteo-articolare ha carattere asimmetrico, ovvero le articolazioni coinvolte sono differenti tra di loro da un’emilato all’altro, presentandosi però con le stesse caratteristiche, ovvero gonfiore, dolore, rigidità articolare e contratture antalgiche associate, sia al segmento che al distretto coinvolto.

Nel momento in cui l’attacco acuto artritico si risolve, il paziente non riporta danno alcuno, ma in alcuni soggetti, soprattutto quelli che soffrono in maniera cronica di artrite articolare e con una ripetitività delle stesse articolazioni, potranno lamentarsi di quelli che sono i danni provocati dall’evento infiammatorio, ovvero sviluppo di fibrosità, sviluppo di cavità geodiche, lesioni cartilaginee, deviazioni dell’asse articolare.

Artrite reattiva 02Nel campo urologico l’infiammazione colpisce maggiormente l’uretra, provocando bruciore nella minzione, pollachiuria (stimolo frequente alla minzione), perdita di secrezioni e in rari casi tracce di sangue nelle urine.

Nelle donne l’infiammazione può coinvolgere oltre che l’uretra, anche la vescica provocando delle cistiti.

Va ricordato che sia nell’uomo che nelle donne, le infezioni delle vie urinarie possono estendersi agli organi genitali, causando nell’uomo delle prostatiti, mentre nella donna si possono presentare vaginiti (vagina), salpingiti (tube di falloppio), cerviciti (collo dell’utero).

Nel campo oculistico si hanno delle manifestazioni di congiuntivite, con arrossamento oculare, gonfiore palpebrale, eccesso di lacrimazione, aumento della fotosensibilità (fotofobia), dolore oculare.

Artrite reattiva 03Generalmente i pazienti non riportano danni permanenti all’occhio, ma in rari casi si sono sviluppate delle uveiti, interessando l’iride, il corpo ciliare e la coroide, causando dei danni importati che comportano una riduzione temporanea della vista, fino a dei danni irreversibili se non tempestivamente curata.

Le cause dell’artrite reattive ad oggi non sono ancora ben definite, ma si è visto che la predisposizione genetica e l’aggressione di alcuni agenti patogeni infettivi, possano essere uno starter nell’accensione della malattia.

Pertanto nell’eziologia dell’artrite reattiva, si parlerà di fattori genetici e di fattori ambientali.

Tra i fattori genetici, si è riscontrato che il 75% dei pazienti presentano il gene HLA-B27 nel cromosoma 6.

La ricerca ha dimostrato che i pazienti che presentano questo tipo di gene sono maggiormente predisposti alla comparsa dell’artrite reattiva.

Artrite reattiva 04Sembra che all’attacco di un agente patogeno batterico, la presenza del gene HLA-B27, sviluppi una risposta anomala del sistema immunitario, che porta alla comparsa dell’artrite reattiva.

Tra i fattori ambientali che possono dare il via alla manifestazione artritica, si è visto che alcuni particolari agenti patogeni, siano stati associati allo sviluppo della malattia autoimmunitaria.

I batteri che sono stati associati, appartengono sia al sistema gastro- intestinale, sia al sistema genitale nelle forme stabili e nelle forme sessualmente trasmissibili, sia al sistema urinario.

Anche alcuni batteri contenuti nei cibi ed altri derivanti dalla trasmissibilità per via oro-fecale, possono essere riscontrati nella comparsa dell’artrite reattiva.

Se qualcuno di voi si stesse ponendo la domanda: “ma visto che alcuni batteri sono trasmissibili per via oro-fecale e per via sessuale, allora l’artrite reattiva è anch’essa trasmissibile?”

La risposta è assolutamente no, perché come detto in precedenza, ci deve essere la combinazione di fattori genetici e di fattori ambientali.

Artrite reattiva 05Diagnosticare l’artrite reattiva non è facile, perché bisogna riuscire ad associare i diversi segni clinici e i sintomi riportati dal paziente, con quelli che possono essere i cambiamenti di stato del sistema immunitario, secondo la presenza di infezioni batteriche, in concomitanza con alterazioni genetiche tipiche del soggetto.

Pertanto sarà necessario fare una buona anamnesi per la raccolta dei dati riferiti dal paziente, associando un esame obiettivo capace di portare in evidenza i segni della patologia tipici dell’artrite reattiva, spesso associando esami di laboratorio, quali analisi del sangue, analisi del liquido sinoviale, test ematici per la ricerca di marker genetici specifici perl ’HLA-B27 e una specifica diagnostica per immagini, che può variare da esami ecografici, ad esami di risonanza magnetica e lastre, in maniera da individuare con minuziosità le caratteristiche dell’attacco reumatologico e le complicanze che ha causato.

farmaciLa terapia si basa sulla gestione dei sintomi bloccando l’infiammazione, dapprima con farmaci antinfiammatori non steroidei (FANS), o con cortisonici nel caso in cui i primi non dovessero sortire un sufficiente effetto.

Se la sintomatologia dovesse perdurare a lungo e l’artrite assumesse una forma cronicizzante, con pause di silenzio troppo brevi, si può intervenire mediante l’utilizzo attento e oculato, di immunosoppressori.

Sarà molto importante studiare l’eventuale necessità nella somministrazione di antibiotici, con l’intento di ridurre la vitalità batterica infettiva, eliminando il fattore ambientale scatenante la patologia artritica, così com’è molto importante, nella forma preventiva, cercare di ridurre il rischio di contrarre infezioni batteriche per via oro-fecale, da rapporti sessuali non protettiti e attraverso l’assunzione di cibi mal conservati o non sufficientemente lavati,

La fisioterapia sarà necessaria per supportare il paziente nella gestione delle problematiche osteo-articolari e muscolari riscontrate, cercando dapprima di limitare gli effetti nefasti della malattia, per poi recuperare la miglior condizione fisiologica e funzionale.

L’artrite reattiva è una patologia variabile da paziente a paziente, nella sua forma, nella sua durata, nella sua periodicità e nelle sue conseguenze, pertanto è di fondamentale importanza una diagnosi tempestiva, alla base della quale stabilire un piano terapeutico efficace nella gestione e nella regressione dell’attacco acuto.

La salute passa attraverso la conoscenza e con l’articolo di oggi abbiamo la possibilità di aggiungere un tassello al nostro benessere.

Dismenorrea

Dismenorrea 01Con il termine dismenorrea si definisce un dolore nella zona pelvica-uterina, che compare in un periodo variabile da 2-3 giorni prima del ciclo mestruale, fino a 2-3 giorni dopo la fine dello stesso.

Il periodo temporaneo della dolorabilità, è chiaramente variabile da soggetto a soggetto, può comparire nel corso di una parte del ciclo mestruale o per tutta la sua durata, così com’è variabile l’intensità del dolore.

Statisticamente la dismenorrea raggiunge il suo picco massimo all’incirca 24 ore dopo la comparsa delle mestruazioni.

Le pazienti che manifestano il problema, sono generalmente associate a condizioni comuni, tra cui:

  • familiarità
  • donne nullipare (che non hanno mai partorito)
  • la giovane età
  • la comparsa del primo ciclo in un’età al di sotto degli 11 anni
  • irregolarità del flusso mestruale
  • ciclo mestruale dalle caratteristiche emorragiche.

La dismenorrea viene catalogata come primaria o secondaria, a seconda dell’eziologia che la rende manifesta.

Nel caso della forma primaria, la dismenorrea può ridursi con l’avanzare degli anni e può scomparire dopo la prima gravidanza.

Nel caso della forma secondaria, la dismenorrea rimarrà presente fino al ricondizionamento, o all’eliminazione del fattore scatenante.

Il tipo di sintomo che viene descritto è variabile ed è condizionato sia dall’indice di soglia del dolore, totalmente personale, che dalle cause che provocano la dismenorrea.

Dismenorrea 02I sintomi sono descritti in varie forme:

  • sordo
  • acuto
  • pulsante
  • costante
  • crampiforme

Dismenorrea 03La topografia del malessere può irradiarsi dalla zona pelvica, fino al segmento lombare inferiore, potendosi estendere fino alle gambe.

Non è raro riscontrare come sintomi associati:

  • mal di testa
  • pollachiuria (aumento della frequenza urinaria diurna)
  • dolori cervicali
  • nausee
  • disturbi gastro-intestinali.

Come accennato precedentemente, la dismenorrea può essere in forma primaria o secondaria.

La dismenorrea primaria non è causata da patologie ginecologiche, ma è dovuta alle contrazioni uterine, alle ischemie transitorie, che portano ad una riduzione momentanea del flusso sanguigno nella parete dell’endometrio e del miometrio, arrecando uno stato di ipossia transitoria.

Sono da associare dei fattori predisponenti alla dismenorrea quali:

  • utero mal posizionato come ad esempio l’utero retroverso
  • collo dell’utero stretto
  • utero bicorne
  • livelli superiore la norma di prostaglandine F2-alfa
  • fattori ansiogeni
  • tabagismo
  • riduzione dell’attività fisica
  • un periodo mestruale lungo e dalle abbondanti perdite ematiche.

Come detto precedentemente la predisposizione familiare e la comparsa del menarca in età precoce, ovvero prima degli 11 anni, possono essere delle concause della dismenorrea.

Generalmente i sintomi descritti tendono ad alleviarsi con l’età e con il compimento a termine della prima gravidanza.

Dismenorrea 04La dismenorrea secondaria è dovuta a patologie legate alla zona pelvica, generalmente associate ad alterazioni anatomiche dell’apparato ginecologico quali:

  • fibromi
  • endometriosi
  • adenomiosi uterina (ovvero la presenza di ghiandole endometriali nella muscolatura e nello stroma uterino
  • cisti ovariche
  • aderenze intrauterine
  • dispositivi intrauterini anticoncezionali
  • infiammazione, infezione, congestione della pelvi.

La diagnosi di dismenorrea deve avvalersi di un’attenta anamnesi, che sia in grado di raccogliere i dati sui sintomi, sulla manifestazione, sulla durata e sul tipo di dolore, sulla comparsa della maturità degli organi riproduttivi, sulla sfera sessuale, sulla storia di traumi recenti o passati, sullo stato e sull’equilibrio psicosomatico, sulle attività fisiche/lavorative e sulla quantità e qualità del sonno, sull’ipotesi di una gravidanza e su tutti quei fattori che possano portare ad un ragionamento clinico di distinzione, tra una dismenorrea primaria ed una secondaria.

Dismenorrea 05A seguire sarà necessaria una visita ginecologica, che potrà avvalersi del supporto di esami specifici, variabili tra di loro per tipologia e precisione diagnostica:

  • ecografia pelvica
  • ecografia transvaginale
  • esami di laboratorio
  • RM pelvica con o senza mezzo di contrasto
  • laparoscopia dello scavo pelvico
  • isteroscopia
  • esami di laboratorio

Nel caso della dismenorrea primaria, vengono utilizzati farmaci antinfiammatori non steroidi, alle volte associati ad analgesici.

Un’altra strada percorribile è quella di utilizzare anticoncezzionali ormonali, con l’intento di gestire l’ovulazione e quindi di ridurre gli spasmi uterini.

Il magnesio può aiutare, se assunto nel periodo pre-mestruale, con l’intento di ridurre gli spasmi muscolari.

Dismenorrea 06È sempre suggerito fare attenzione a migliorare l’alimentazione, ad introdurre l’abitudine di una costante moderata attività fisica e ad ottimizzare le ore di sonno, sia in rapporto alla stanchezza fisica che al fabbisogno minimo indispensabile.

Dove sarà possibile ed indicato, si potrà intervenire con trattamenti fisioterapici ed osteopatici, mirati a ridurre i sintomi locali e a distanza, come la lombalgia, la cervicalgia, le sindromi vertiginose e la pesantezza delle gambe.

Nella dismenorrea secondaria il trattamento si baserà sull’eliminare, o nel gestire, le cause patologiche che comportano dolori e disturbi associati alla comparsa del ciclo mestruale.

A seconda delle patologie a carico dell’utero, delle ovaie, della vagina e dello scavo pelvico, si potrà intervenire seguendo una strada farmacologica o chirurgica, ma sempre con l’intento di migliorarne sia la funzione che la condizione anatomopatoligica.

La dismenorrea è una condizione associata molto fastidiosa, che può diventare addirittura invalidante, se eccessiva nella sua manifestazione per sintomi e durata.

Bisogna essere molto attenti nello stabilirne la forma, se primaria o secondaria, mirare la cura nella gestione dei sintomi e li ove sia possibile, nel rimuoverne le cause.

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