Sindrome di Griesel

La sindrome di GRIESEL è una patologia caratterizzata da una mal posizione rotatoria non traumatica, delle vertebre cervicali alte C1-C2, conseguente ad alterazioni delle strutture oro-ringo-faringee, colpite da processi infiammatori di varia origine e natura.


Conosciamo meglio la sindrome di Griesel

Sindrome di Griesel 02La disfunzione posizionale delle vertebre sopra citate, è dovuta ad una lassità patologica dei legamenti alari e crociati, che dovrebbero mantenere l’assetto tra il dente dell’epistrofeo (C2) e l’arco vertebrale di C1.

L’età interessata da questa patologia è riscontrata mediamente tra i 6 e i 14 anni.

Non si escludono manifestazioni della sindrome di Griesel in età adulta, traslando la disfunzione vertebrale anche sulle vertebre cervicali inferiori C2-C3.

La sindrome di cui oggi parliamo venne descritta per la prima volta nel 1930, ed è stata fonte di studio clinico-radiologoico.


Le cause

Sindrome di GrieselMa quali sono le condizioni patologiche che possono scatenare la sindrome di Griesel?

Otiti medie, faringiti, ascessi retrofaringei, laringiti, dovute a infezioni da origine batterica o virale, esiti di interventi chirurgici nel segmento cranio-cervicale, possono provocare un’iperemia dei legamenti alari e crociati ed una loro conseguente lassità, associata ad una instabilità.

Il meccanismo patologico illustrato è dovuto all’esistenza di un sistema di drenaggio venoso di collegamento tra la regione faringea postero-superiore, i plessi venosi epidurali cervicali e il plesso venoso periodontoideo.

Questa via di collegamento venoso, può causare una trasmissibilità di infezioni tra strutture differenti, creando infiammazione ed essudato settico.

Risulta chiaro da quanto letto, che nei bambini maggiormente, ma anche negli adulti, quando ci troviamo di fronte ad una condizione di torcicollo doloroso, che fa seguito ad una patologia infettiva delle vie respiratorie superiori o ad un intervento chirurgico nella zona, va sempre considerata la sindrome di Griesel, come fattore di possibile diagnosi differenziale.

La connessione tra un’infezione delle vie aere superiori e una cervicalgia, ci da l’idea della stretta relazione tra la colonna cervicale, l’apparato cranio-mandinolare e il pacchetto viscerale del collo, integrando i sistemi tra di loro, in maniera polivalente.

Sindrome di Griesel 04In base alla considerazione della catena anatomo-funzionale cranio/mandibolo/cervico/viscerale, una disfunzione trascurata o mal curata può causare nel tempo patologie secondarie di varia natura:

  • disfunzioni dell’articolazione tempero mandibolare
  • alterazioni della meccanica articolare cervicale
  • cervicalgie
  • mal di testa
  • squilibri posturali
  • disfunzioni fonatorie
  • alterazione della funzione respiratoria
  • alterazioni della deglutizione.

Come si manifesta la sindrome di Griesel

La patologia si manifesta con 3 segni principali:

  1. Deviazione dell’apofisi spinosa della seconda vertebra cervicale, la quale risulterà deviata dalla stessa parte della rotazione della testa. Normalmente l’apofisi spinosa dovrebbe essere spostata in maniera opposta alla rotazione della testa.
  2. Contrazione e contrattura del muscolo S.C.O.M. omolaterale, come conseguenza del riflesso antalgico.
  3. Difficoltà a ruotare la testa controlateralmente al lato della disfunzione, con una limitazione articolare che spesso non va oltre la linea mediana.

La sindrome di Griesel ha una distinzione formulata in 4 punti.

Tale classificazione viene nominata come classificazione di Fielding:

TIPO 1) Blocco rotatorio evidenziato nel normale range articolare tra C1 e C2, senza la presenza di una reale sublussazione articolare.

TIPO 2) Dislocazione delle masse laterali di C1 e spostamento anteriore associato, che varia tra i 3 e i 5 mm, con annessa alterazione del legamento trasverso.

TIPO 3) Dislocazione delle masse laterali di C1 e spostamento anteriore associato, che va oltre i 5 mm (altamente instabile).

TIPO 4) Sublussazione posteriore di C1 (altamente instablile).


La diagnosi

Sindrome di Griesel 05La diagnostica per immagini è di fondamentale importanza per evidenziare la patologia e stabilirne la tipologia di appartenenza.

Le radiografie (Rx) e la tomografia computerizzata (TC) svelano le alterazioni nell’allineamento dei segmenti cervicali ormai a noi noti, mentre la risonanza magnetica (RM) è più indicata per documentare alterazioni nei rapporti articolari con il sistema neurologico midollare e radicolare, come anche per fornire un’ immagine più accurata delle anomalie legamentose.


Le cure

Sindrome di Griesel 06Le cure a cui il paziente verrà sottoposto, saranno diverse a seconda del caso:

TIPO 1) Verranno utilizzati antibiotici, miorilassanti, immobilizzazione del segmento cervicale con collare semirigido o morbido e fisioterapia.

TIPO 2) Riduzione della sublussazione cervicale C1-C2 e mantenimento in asse per mezzo di un collare cervicale rigido.

TIPO 3) // TIPO 4) trazione cervicale di Halo, per la riduzione della sublussazione se il paziente è in assenza di sintomi neurologici, oppure ricorso alla chirurgia vertebrale decompressiva o di stabilizzazione (artrodesi) dei segmenti cervicali interessati.

La sindrome di Griesel è di difficile individuazione, ma un’ attenta anamnesi e una corretta ricerca di sintomi integrati alla diagnostica per immagini, ci permetterà di fare bene il nostro lavoro.

La salute passa attraverso la conoscenza e con l’articolo di oggi, abbiamo la possibilità di aggiungere un tassello al nostro benessere.

Nevrite

La nevrite è un infiammazione dei nervi che causa un alterazione della sensibilità e/o della capacità motoria.

nevrite_01I nervi possono avere dei compiti specifici per una singola funzione oppure avere delle funzioni promiscue, ad esempio i nervi del sistema nervoso periferico possono essere solo sensitivi, solo motori o misti, ovvero che sono capaci in maniera bivalente, di portare informazioni sensoriali dalla periferia al cervello e di trasmettere informazioni motorie dal cervello alla periferia.

A livello sintomatologico si può manifestare dolore che varia per intensità, frequenza e costanza, passando da un’algia continua a una intermittente, da una acuta a una profonda.

Si può avere un’ alterazione della sensibilità tipo scossa elettrica, formicolii, bruciori, sensazioni vibratorie.

Nevrite_02Nel caso il nervo abbia anche un compito motorio oltre che sensitivo, si può manifestare una perdita di forza e di resistenza della muscolatura da esso innervata.

Le cause

Abbiamo compreso che le nevriti (infiammazioni dei nervi) possono scatenare delle nevralgie (dolore dei nervi) ma su un quadro simile nel suo modo di manifestarsi, si nascondono varie cause che le possono innescare e favorire.

Cerchiamo di capirle insieme.

Un nervo può subire un’ irritazione, un attacco e un’ alterazione della sua anatomia e funzione per i motivi più diversi tra di loro:

  • Nevrite_03irritazione da contatto o da compressione per riduzione dello spazio dove il nervo alloggia e scorre. Ad esempio una discopatia vertebrale che porta ad una diminuzione di altezza tra un corpo vertebrale e l’altro, può ridurre il lume del forame di coniugazione da dove esce il nervo. La fibrotizzazione del tunnel carpale può irritare il nervo mediamo facendo perdere forza e sensibilità. La formazione di tessuto fibroso attorno ad un nervo come nel neuroma di Morton ecc. ecc.
  • traumi diretti sul nervo solitamente nei passaggi meno protetti dalle masse corporee
  • fratture, dove i monconi ossei possono danneggiare per compressione, stiramento o lacerazione il nervo con rapporto anatomico diretto
  • alterazioni vascolari arterio-venose, per diminuzione del nutrimento del nervo e per l’ intossicazione che si potrebbe verificare in un caso di cattivo drenaggio e permanenza delle sostanze di scarto
  • Nevrite_05diabete, dove l’eccesso di glicemia porta ad un danno del rivestimento del nervo, ovvero alla guaina mielinica, che protegge e favorisce la conduzione di segnale del nervo stesso
  • infezioni per lo più virali (herpes zoster), che rimangono annidiate nel corpo umano e si ripresentano nel momento di forte stanchezza-stress e di calo delle difese immunitarie
  • carenze alimentari ed in particolar modo carenze vitaminiche del gruppo B, (es. sindrome di BERI BERI)
  • aumento delle tossine, per via esterna (nel caso siano ingerite o inalate) o interna nel caso di catabolismi ad impatto sistemico
  • intossicazioni dai farmaci stessi se utilizzati in maniera impropria per quantità, nelle dosi e nel tempo di somministrazione
  • alterazioni epatiche, che comportano sia la riduzione di metabolizzazione di alcuni alimenti innescando una carenza di tipo alimentare e sia per l’aumento delle tossine circolanti
  • alcolismo
  • malattie autoimmunitarie (es. sindrome di GUILLAN BARRE’)
  • alcune condizioni specifiche oncologiche.

Tutte queste cause scatenanti ci dimostrano che le nevriti possono essere si una condizione di sofferenza ma anche una condizione di allarme per indagare sulle eziologie di partenza più disparate.

La diagnosi

Per diagnosticare la causa precisa della nevrite si ricorre ad una buona raccolta di dati anamnestici che ci aiuteranno ad avvicinarci alla diagnosi esatta.

Gli esami clinici saranno opportuni per escludere le varie possibili concause inerenti la patologia effettiva.
Nevrite_06Le indagini strumentali associate sono di vario tipo:

  • elettromiografia ed elettroneurografia che studiano la funzionalità della conduzione nervosa, ovvero la qualità con la quale il nervo trasmette il suo segnale elettrico, sia rispetto al muscolo innervato e sia rispetto al nervo stesso
  • rx, radiografie per vedere lo stato anatomico della struttura interessata e valutare se sia libera da calcificazioni, processi di riparazione, escrescenze ossee (esostosi), ovvero tutte quelle alterazioni di forma che potrebbero perturbare il passaggio e lo scorrimento del nervo infiammato
  • rm, risonanza magnetica e tc, tomografia computerizzata per poter analizzare il segmento di interesse rispetto anche ai tessuti molli, muscoli, legamenti capsule articolari, ossa, calcificazioni e neoformazioni di interesse per lo studio e la focalizzazione della causa scatenate la nevrite
  • ecografia nel qual caso si sia sufficientemente e ragionevolmente certi che la causa sia scatenata da un’alterazione dei tessuti molli negli spazi di presenza e di scorrimento del nervo coinvolto nella patologia
  • analisi del sangue che attestino lo stato di intossicazione o la carenza di alcuni elementi necessari al corretto mantenimento vitale delle strutture nervose

La cura

La terapia varia in base alla ricerca riscontrata sulla causa di attivazione della nevrite in atto.

Nevrite_07La cura per essere efficace deve eliminare o minimizzare il fattore di innesco della patologia, pertanto si potrà agire in maniera meccanica li dove la causa sia dovuta a un mal posizionamento di strutture osteoarticolari, oppure dove i tessuti molli (muscoli, tendini, legamenti, capsule articolari) per un loro mutamento morfologico, siano restringenti e costringenti il passaggio e la sede del nervo interessato.

Nevrite_08Dove invece l’alterazione anatomica non sia manipolabile con terapie conservative, si può intervenire con la chirurgia ricreando un ambiente favorevole all’alloggiamento del nervo stesso.

Possono essere usate cure farmacologiche che mirano a ridurre l’infiammazione e a regolare la soglia del dolore per via di antinfiammatori e antidolorifici.
Nelle patologie ad innesco virale, nello stadio precoce, possono essere utilizzati farmaci antivirali con buoni risultati, consentendo il decorso decrescente della sintomatologia in maniera più efficace.

Quando la nevrite è data da un tilt del sistema immunitario, il cortisone e in alcuni casi eclatanti, gli immunosoppressori, possono essere considerati efficaci per tenere a bada la patologia.

Nel caso di alcolismo e di intossicazione sistemico dell’organismo, la causa va rimossa in maniera diretta eliminando i fattori di intossicazione, liberando il fisico dalle tossine dannose per caratteristiche e quantità.

Nevrite_09Per carenze alimentari con sottolivellamento vitaminico del gruppo B è buona norma controllare lo stato di attività epatica e integrare con l’alimentazione i fattori mancanti, dove ne sia necessario si può intervenire con integratori ad assunzione diretta.

Nel caso in cui le varie cure siano inefficaci, si può ricorrere all’uso della terapia del dolore utilizzando cocktail farmacologici sotto stretto controllo medico, in grado da minimizzare la sintomatologia di cui il paziente soffre, ma tenendo conto che in questo modo il corpo umano riduce la capacità di allerta attivata proprio dal messaggio nocicettivo.

In conclusione la nevrite è una patologia delicata e invalidante ma che fortunatamente ha talmente tante variabili di causa-effetto, che vede varie soluzioni nella cassetta degli attrezzi dello specialista, tanto da poter permettere, con buona percentuale, una cura efficace e stabile.

Cinque miti (sfatati) su covid e mascherine

Condivido con piacere un articolo di Focus che riassume in modo chiaro il rapporto tra covid e mascherine.

Le mascherine tolgono ossigeno? Chi non è infetto non le deve indossare? Contro le falsità dei complottisti del web, cinque dubbi chiariti una volta per tutte.

Mascherina sì o mascherina no?

La questione infiamma soprattutto l’arena dei social network (e molte piazze statunitensi), diventando uno dei cavalli di battaglia dei complottisti che sostengono, tra le altre cose, che indossare la mascherina possa essere addirittura dannoso.

Se è vero che l’Italia, secondo un sondaggio dello scorso aprile, si piazzava al terzo posto per numero di persone che indossavano la mascherina (dietro a Vietnam e Cina), è comunque importante rinfrescare la memoria e sfatare alcuni tra i miti più comuni ancora diffusi su uno degli strumenti al momento ancora più efficaci per proteggerci dalla covid e dal suo coronavirus, il SARS-CoV-2.

Covid e mascherine 01

Secondo un sondaggio Ipsos, nell’aprile 2020, nel pieno della pandemia anche nel nostro Paese, l’81% degli italiani indossava la mascherina per proteggersi dal coronavirus SARS-CoV-2. | STATISTA

NON È VERO CHE FA MANCARE L’OSSIGENO.

Indossare una mascherina chirurgica non produce un’intossicazione da CO2, né causa deficit di ossigeno.

Basti pensare al personale medico, che da decenni indossa mascherine per diverse ore al giorno, senza soffrirne.

Un dottore irlandese, Maitiu O Tuathail, ha pubblicato su Twitter un video in cui dimostra che i livelli di saturazione di ossigeno nel sangue rimangono al 99% indossando non una, bensì sei mascherine contemporaneamente.

Quello che la OMS consiglia di non fare è indossare la mascherina mentre si fa sport: il sudore può inumidirla più velocemente, riducendo così la capacità di chi la indossa di respirare con normalità e favorendo la prolificazione di microrganismi.


Covid e mascherine 02

È fondamentale indossare correttamente la mascherina: ecco alcune semplici regole da seguire per utilizzare correttamente le mascherine chirurgiche e quelle in tessuto (clic sull’immagine per ingrandirla).

NON È VERO CHE SE NON SEI INFETTO, NON SERVE.

Uno studio condotto sul focolaio di Vo’ Euganeo (Padova) ha rilevato che il 40% degli infetti era asintomatico.

Un’altra ricerca suggerisce che oltre la metà dei casi di covid sarebbero causati da soggetti asintomatici e presintomatici.

Tutto questo significa che, anche se ci sentiamo bene, possiamo essere contagiati e contagiosi: da qui l’importanza di indossare tutti la mascherina, non solo gli infetti, proprio perché chiunque potrebbe essere inconsapevolmente infetto.

COVID E MASCHERINE: EGOISTI E ALTRUISTI.

Le mascherine chirurgiche, in particolare, non proteggono tanto chi le indossa ma gli altri, perché impediscono o riducono sensibilmente la dispersione delle goccioline della respirazione e perciò bloccano il virus che, se presente, da quelle goccioline è trasportato.

Il concetto è semplice: io indosso la mascherina per proteggere te, tu la indossi per proteggere me – e questo vale specialmente nei luoghi dove non è possibile garantire il corretto distanziamento.


CON PATOLOGIE CRONICHE SI FA PIÙ FATICA.

È vero, chi soffre di patologie respiratorie come asma e broncopatia con la mascherina fa più fatica a respirare, ma non è vero che indossarla peggiori la malattia!

Invece, indossarla e pretendere che le persone attorno la indossino è una garanzia: chi è affetto da malattie respiratorie dovrebbe essere il primo a volere che questa semplice misura protettiva sia sempre rispettata.

«Non immaginiamo cose che non esistono», afferma la dottoressa Jennifer Ashton dai microfoni del notiziario statunitense Good Morning America: «stiamo parlando di proteggere la vita delle persone.»


NON È VERO CHE LA MASCHERINA RENDE INVINCIBILI.

Questo è un piccolo paradosso: tra chi indossa la mascherina ci sono anche persone che, proprio per il fatto di averla, violano altre norme di sicurezza.

Indossare la mascherina non basta: l’OMS lo ripete dall’inizio della pandemia, quando sottolineava che utilizzare la mascherina avrebbe potuto “creare un falso senso di sicurezza e spingere a tralasciare altre misure essenziali”.

Il distanziamento sociale e l’igiene personale sono altrettanto fondamentali e la mascherina non deve darci l’illusione di essere protetti sempre e comunque.

Fonte: Focus.it

Cefalea tensiva

La cefalea tensiva è una forma di mal di testa che ad oggi non viene più associata ad una tensione muscolare abnorme.

Infatti nella letteratura passata veniva chiamata cefalea muscolo-tensiva, ma allo stato attuale è prevalentemente associata ad un disturbo psicologico e/o psicosomatico.


Le cause della cefalea tensiva

Nella realtà molti addetti ai lavori, a torto o a ragione, continuano ad inserire nelle concause anche i disturbi di origine posturale, la verticalizzazione del tratto cervicale associata alla rigidità e alla perdita di mobilità, all’irritazione dei neri periferici delle vertebre cervicali superiori, ad una tensione eccessiva dei muscoli delle spalle e del collo, ad una cattiva occlusione dentaria.

Oltre alle cause psicologiche legate allo stress, alla depressione, all’ansia, alla stanchezza psico-fisica, all’alterazione del ciclo sonno-veglia, agli squilibri ormonali e alla diminuzione delle endorfine che abbassano la soglia di percezione del dolore.


I sintomi

cefalea tensiva 02La cefalea tensiva generalmente si manifesta nella regione nucale-occipitale, ma può presentarsi anche nella zona delle tempie o della regione frontale fino alla linea sopra orbitale.

Il mal di testa può localizzarsi in maniera specifica, seguire un andamento a fascia monolaterale o bilaterale, oppure può manifestarsi con un’irradiazione a cerchio.

La durata degli attacchi può variare da alcuni minuti, circa 30 a pochi giorni, fino a 7.

Si possono manifestare con una frequenza differente che darà la denominazione di cefalea episodica o cronica.

cefalea tensiva 03Il dolore viene descritto come lieve o moderato, persistente e alle volte costrittivo, quasi mai forte e ne di tipo pulsante.

Fortunatamente questa cefalea non comporta nausee se non in maniera sporadica, ne disturbi visivi e inabilità alle attività di vita quotidiana, però il paziente lamenta un dolore fastidioso e mal sopportato.


La diagnosi della cefalea tensiva

Per diagnosticare la cefalea tensiva, serve fare una buona raccolta dati di tutti i sintomi riportati dal paziente.

Generalmente la diagnosi è abbastanza facile da denominare, ma alle volte può essere associata a delle sfumature sintomatiche tali da richiedere delle indagini diagnostiche da affiancare.

Può essere utile richiedere una rx di colonna in toto, per esaminare la postura dell’individuo rispetto allo stato di salute dei vari segmenti vertebrali.

cefalea tensiva 04Una rx cervicale può essere valida nel caso si voglia ricercare una verticalizzazione del tratto cervicale, valutare i compensi di recupero sottoccipitali e visualizzare un’ eventuale stato degenerativo in essere.

La rm cervicale è utile se si deve fare diagnosi differenziale con problemi discali o delle radici nervose dei segmenti cervicali.

Lo studio dell’ATM è importante nel caso si riscontri un disturbo occlusivo e/o delle sublussazioni/lussazioni dell’articolazione tempero mandibolare.


La terapia

La terapia è mirata in base alle cause che scatenano la patologia.

Sono sicuramente utili gli antinfiammatori non steroidi, così come gli antidolorifici che agiscono sul sistema nervoso centrale.

Dove ne sia riscontrato il caso, viene fatto uso di farmaci stabilizzatori dell’umore

che siano in grado di favorire la stabilità della soglia del dolore, in maniera da evitare l’exploit sintomalogico.

cefalea tensiva 05Ove siano presenti concause ortopediche dell’apparato muscolo-scheletrico, sarà molto utile correggere la postura vertebrale, riequilibrare il movimento del segmento cervicale, ridurre lo spasmo muscolare  e le eventuali contratture, disimbrigliare le radici nervose periferiche nel loro punto di origine e/o lungo il loro percorso periferico, il tutto tramite l’aiuto di un fisioterapista o di un osteopata.

Per gestire al meglio le cefalee tensive è di fondamentale importanza adottare uno stile di vita sano.

Uno stile di vita che punti ad una buona alimentazione, corretta ed equilibrata, ad un’attività fisica costante e ad un corretto ciclo sonno-veglia, che permetta di recuperare le necessarie energie per mezzo del riposo.


La salute passa attraverso la conoscenza e anche grazie a questo articolo, abbiamo la possibilità di aggiungere un tassello al nostro benessere.

Sindrome delle gambe senza riposo (RLS)

Che cos’è la Sindrome delle gambe senza riposo (RLS)?

Gambe senza riposo 01La sindrome delle gambe senza riposo o RLS (Restless Legs Syndrome) è un disturbo neurologico con sintomi sensoriali e motori, che colpisce uno o entrambi gli arti inferiori.


La sintomatologia della RLS

Il paziente non riesce a descrivere con precisione i sintomi.

Generalmente racconta di compiere movimenti involontari delle gambe (alle volte anche delle braccia), di avere la necessità improvvisa di muovere gli arti inferiori, di camminare o di massaggiarsi le gambe.

Spesso riscontra delle parestesie degli arti inferiori, con un’alterazione fastidiosa della sensibilità.

NotteQuesti sintomi vengono riscontrati maggiormente la notte ma nei casi più gravi si possono manifestare anche durante le ore diurne.

La sindrome delle gambe senza riposo viene inquadrata come patologia neurologica, ma anche catalogata come disturbo del sonno, perché riduce la qualità del riposo notturno.

L’insorgenza dell’ RLS colpisce una percentuale tra il 3 e il 9% della persone, a maggior svantaggio della popolazione femminile.

GravidanzaAlcune donne manifestano i sintomi durante la gravidanza e di queste una parte, saranno maggiormente predisposte a ripresentare la patologia più avanti negli anni.

Generalmente si manifesta dopo i 40 anni, con sintomi che peggiorano con l’aumentare dell’età.

In percentuale ancora minore, le manifestazioni iniziano già a 20 anni, ma generalmente fanno parte della categoria ad insorgenza idiopatica.

Gambe senza riposo 04


La sindrome delle gambe senza riposo si divide in due forme:

  • forma primitiva (idiopatica)
  • forma secondaria

La forma primitiva

La forma primitiva viene cosi definita perché è senza causa apparente, si può attivare già in giovane età, dai 20 anni in poi, ha un inizio subdolo e lento, che peggiora con il passare del tempo.

Ci possono essere delle correlazioni genetiche dominanti, trasmissibili tra parenti diretti.

La forma secondaria

La forma secondaria si manifesta dopo i 40 anni,  con un esordio sintomatico improvviso.

Si attiva maggiormente nelle ore notturne e nei casi più marcati, anche nelle ore diurne.

Può essere legata a condizioni cliniche particolari e ad alcune terapie farmacologiche.

Gambe senza riposo geneticaIn entrambe le forme il 60% è geneticamente predisposto allo sviluppo della sindrome.


Le cause

Le cause che possono incidere nella forma secondaria dell’RLS, sono da riferire in gran parte a disturbi neurologici di tipo centrale o periferico.

Gambe senza riposo 06Molti fattori scatenanti sono direttamente o indirettamente collegati allo stato anatomico e di salute dei due sistemi neurologici prima nominati.

Vediamoli insieme:

  • morbo di Parkinson
  • radicolopatie e nevriti
  • carenza di ferro, che disturba la corretta sintesi di L-dopa (la dopamina è una sostanza importante per la trasmissione dei messaggi cerebrali e quindi anche per la qualità del controllo della coordinazione e del movimento)
  • mancanza di folati (vitamina B9) e della vitamina B12, fondamentali per la funzionalità dei globuli rossi e del sistema nervoso
  • carenza di magnesio, che nella patologia specifica di cui parliamo oggi, interagisce con il buon funzionamento dei muscoli e delle strutture nervose
  • diabete mellito, celiachia, intolleranze alimentari e tutti i disturbi della digestione, della metabolizzazione del cibo e dell’assorbimento gastro-intestinale, ovvero tutte quelle patologie alimentari che hanno un risvolto sullo stato di salute del sistema nervoso per nutrimento ed eventuale intossicazione del tessuto
  • insufficienza venosa con ristagno di sangue e aumento dei cataboliti locali, che possono intossicare il nervo nel distretto interessato
  • patologie renali e uremia, per il deficit che si instaura nell’eliminare sostanze inutili o dannose come urea, acidi urici, eccesso di ioni H+, diminuendo anche la capacità di regolare la concentrazione di acqua e soluti nel sangue
  • patologie autoimmunitarie

AlimentazioneNello sviluppo della sindrome delle gambe senza riposo, possiamo trovare come concause anche l’utilizzo prolungato e costante di alcuni tipi di farmaci ad azione sul sistema nevoso centrale, antipertensivi, antistaminici.

L’abuso di caffeina e di alcolici, possono aumentare le possibilità di innesco dei disturbi patologici prima descritti.


La diagnosi

Gambe senza riposo diagnosiEssendo una patologia di difficile descrizione da parte del paziente, è importantissimo che l’operatore sanitario, conduca un’anamnesi mirata e minuziosa.

Gli esami di laboratorio o strumentali devono essere richiesti in base alle concause che vengono individuate nello sviluppo sintomatico dell’RLS.


La cura della Sindrome delle gambe senza riposo (RLS)

Gambe senza riposo 09Sempre per lo stesso concetto, la cura verrà mirata in base all’eziologia individuata, fermo restando che delle buone abitudini di vita, soprattutto alimentari e fisiche, possono aiutare a gestire i disturbi che si scatenano sul paziente.

La sindrome delle gambe senza riposo è fastidiosa e riduce la qualità del sonno e del riposo.

Sono molte le patologie associate che possono aumentarne i disagi ma, con le informazioni acquisite oggi, possiamo migliorare il quadro di salute generale e quello specifico, diminuendone gli effetti sintomatici.

La salute passa attraverso la conoscenza e anche grazie a questo articolo, abbiamo la possibilità di aggiungere un tassello al nostro benessere.