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Sindrome compartimentale

La sindrome compartimentale è un aumento della pressione nel compartimento muscolare, chiuso all’interno del suo involucro fasciale.

L’involucro fasciale di contenimento, è costituito da tessuto connettivo di tipo fibroso, caratterizzate dall’insieme di strie di collagene ravvicinate tra di loro.

Il rapporto che la fascia ha con il muscolo è di contenere il muscolo stesso, di dargli una forma, di metterlo in collegamento e relazione con le altre strutture muscolari contigue, creando quella che si chiama catena miofasciale.

Sindrome compartimentale 01Il compartimento fasciale non ospita solamente il muscolo, ma anche i vasi sanguigni arterio-venosi e linfatici segmentali, insieme alle strutture neurologiche di passaggio.

Generalmente la pressione nel compartimento fasciale, si innalza per edemi o per emorragie e dato che il tessuto fasciale di contenimento muscolare non ha una grande capacità elastica, anzi tende ad essere rigida, per garantire sostegno e protezione alle strutture che ospita, non ha una capacità di adattarsi e di dissipare gli aumenti di contenuto e quindi di pressione.

Sindrome compartimentale 02La pericolosità della sindrome compartimentale, sta nel fatto che l’innalzamento pressorio all’interno di uno spazio chiuso e poco espandibile, genera una compressione importante principalmente sui vasi, sia venosi che arteriosi, dove nel primo caso ne riduce il drenaggio del sangue arricchito di cataboliti, aumentando l’acidità del ph nel tessuto e accendendo un processo infiammatorio, nel caso invece di una compressione arteriosa si genera un principio di ipossia e anossia, dovuta alla minor irrorazione del sangue arricchito di ossigeno nei tessuti, con la complicanza di poter causare una necrosi cellulare dei tessuti coinvolti.

Infine sempre la compressione, caratteristica della sindrome compartimentale, applicata e protratta sui nervi periferici segmentali, rischia di creare una sofferenza del nervo stesso, sino ad arrivare ad una denervazione locale ed eccentrica.

La sindrome compartimentale può svilupparsi in ogni parte dl corpo, ma statisticamente le parti più colpite sono i segmenti periferici, pertanto gli arti superiori e inferiori.

La sindrome compartimentale viene divisa in due classificazioni:

  • forma acuta che insorge improvvisamente ed è molto pericolosa per lo stato di salute segmentale in primis e sistemica a seguire
  • forma cronica che insorge in maniera progressiva, è meno pericolosa ed è più facilmente gestibile.

Sindrome compartimentale 03I sintomi che si manifestano hanno degli aspetti comuni nonostante le due diverse forme.

Il dolore, il senso di intorpidimento, la tensione muscolare, la rigidità muscolare, i crampi muscolari, la riduzione di forza, il formicolio, le alterazioni di sensibilità parestetiche, sono condizioni variabili a seconda della gravità con cui si presenta la sindrome compartimentale.

La differenza tra la forma acuta e la forma cronica, è che nella forma acuta i sintomi si presentano anche a riposo, con una difficoltà riscontrata già nelle attività minime di vita quotidiana, fino a risultare addirittura impossibili in quelle attività che richiedono uno sforzo o un resistenza protratta, mentre nelle forme croniche i sintomi si esacerbano nelle attività prolungate, abbinate al massimo sforzo, alla massima resistenza o alla massima escursione di allungamento delle fibre muscolari tendinee .

Sindrome compartimentale 04Per la differente manifestazione clinica e sintomatica, va detto che la condizione acuta rappresenta un quadro di urgenza, dove il protrarsi della situazione può causare dei danni irreparabili, mentre la condizione cronica può essere gestita, anche se va monitorata con attenzione, per evitare che la sua evoluzione possa causare dei danni importanti con un’alterazione cellulare irreversibile.

Come accennavamo all’inizio dell’articolo le cause della sindrome compartimentale sono da imputarsi ad edema di importanti dimensioni o peggio ancora ad emorragia, che aumentano il volume compressivo all’interno della sacca fasciale di contenimento del segmento muscolare interessato, senza la possibilità di compensare in maniera elastica l’espansione del volume stesso.

Sindrome compartimentale 05Le cause della sindrome compartimentale acuta sono da imputarsi a:

  • lesioni muscolari importanti associate a strappo o lacerazione delle fibre stesse
  • traumi da schiacciamento del segmento
  • fratture ossee del segmento inerente
  • bendaggi compressivi eccessivamente stretti
  • applicazioni di apparecchi gessati eccessivamente stretti
  • interventi chirurgici che abbiano la complicanza di stravasi vascolari
  • ustioni gravi che portino ad un copioso stravaso edematoso
  • abuso di alcol o di farmaci che possano causare un edema importante

Nella sindrome compartimentale acuta l’evoluzione patologica evolve nel giro di poche ore e proprio per la sua irruenza nella manifestazione, richiede un intervento medico tempestivo.

Le cause della sindrome compartimentale cronica sono da imputarsi a:

  • gesti fisici ripetuti, che prevedono un massimo effetto di allungamento ed elongazione delle fibre muscolo-tendinee e capsulo-legamentose.
  • attività fisiche protratte nel tempo e dall’importante impegno dell’apparato muscolo-scheletrico

Nella sindrome compartimentale cronica è spesso il paziente stesso a riuscire a gestire la sua patologia, ottimizzando i tempi di riposo e di recupero in base allo stato di salute e all’impegno fisico programmato.

Nella diagnosi della sindrome compartimentale, l’anamnesi è il primo approccio, dove il racconto del paziente inerente agli eventi antecedenti all’insorgere della patologia e l’esposizione dei sintomi riferiti, sono da associare all’esame obiettivo, che lo specialista sanitario deve condurre per indagare lo stato di salute e di funzione, associabile alla patologia presunta.

Sindrome compartimentale 06L’esame radiografico viene utilizzato nel caso ci siano sospetti di traumi osteo-articolari, con la presenza di fratture o lussazioni.

La risonanza magnetica può risultare molto utile nel caso sia necessario indagare lo stravaso di liquido edematoso o emorragico, nel compartimento segmentale sofferente.

Con lo stesso intento si può ricorrere all’esame ecografico, che in maniera sufficientemente soddisfacente, è in grado di fornirci le stesse informazioni sulla presenza di edemi, emorragie e danni dei tessuti molli.

L’ecocolordoppler ha lo scopo di studiare il flusso ematico e la pervietà delle vie vascolari.

L’esame elettromiografico potrà rendersi necessario nel caso si sospetti un danno neurologico periferico, per effetto compressivo o anossico.

Sindrome compartimentale 07Non ultimo può essere utilizzato un misuratore di pressione compartimentale, che per mezzo di un ago, monitorizza lo stato pressorio, sia nella statica, che nella dinamica del movimento passivo e attivo.

Il tarattamento della sindrome compartimentale è diverso nel caso sia una forma acuta o conica, ma  in entrambi l’obiettivo comune è ridurre la compressione causata dall’aumento della pressione nel compartimento singolo o multiplo, eliminando, dove sia possibile, le cause che hanno condotto alla sindrome.

Sindrome compartimentale 08Nella forma acuta il trattamento è quasi sempre chirurgico e nella maggior parte dei casi, eseguito in urgenza, facendo una fasciotomia, che prevede l’incisione della fascia di contenimento, per far drenare il contenuto liquido decomprimendo la zona.

Il drenaggio può durare anche 3 giorni, per evitare che alla chiusura dell’accesso chirurgico, si possa ripresentare la patologia come in origine.

Nella forma cronica invece il trattamento è di tipo conservativo optando per associare periodi di riposo, alla gestione dello sforzo fisico in relazione agli impegni lavorativi o sportivi, in maniera da non arrivare ad episodi di overstress dell’apparato muscolo-scheletrico.

Sindrome compartimentale 09È importante riuscire a fare esercizi di allungamento e di articolarità, per ottimizzare le funzioni locomotorie ed essere pronti e predisposti allo sforzo richiesto nel gesto atletico, ludico o lavorativo.

La fisioterapia ha la sua importanza per la gestione dell’edema, della retrazione muscolo-tendinea, dell’infiammazione, del disimbrigliamento del nervo nei suoi canali di passaggio.

Può risultare molto utile anche l’utilizzo di calze o bracciali drenanti a compressione graduale, per il drenaggio dei liquidi in eccesso verso i punti circolatori di affluenza primari.

A livello farmacologico sono di grande aiuto l’utilizzo di antinfiammatori, che possono variare dai FANS ai cortisonici, nel caso ci sia la necessità di affrontare un processo infiammatorio, oppure di gestire un’infiammazione associata ad un’edema di recente manifestazione.

Anche gli antiedemigeni possono essere utili nel caso in cui sia necessario utilizzare un supporto a fronte di protocolli fisioterapici in atto.

Non ultimo sarà opportuno fare delle applicazioni di ghiaccio, più volte al giorno, che possano fungere sia da antinfiammatorio naturale e sia da vasocostrittore, per il contenimento dello stravaso edematoso o emorragico.

Alla fine della gestione della sindrome compartimentale, (acuta o cronica che sia) il riaffacciarsi alla ripresa delle attività fisiche lavorative o sportive, deve avvenire in maniera graduale, allenando la struttura sia allo sforzo, sia alla ripetitività del gesto, che alla resistenza.

La salute passa attraverso la conoscenza e con l’articolo di oggi abbiamo la possibilità di aggiungere un tassello al nostro benessere.

Le influenze adattative della postura

postura 01Ho parlato della postura già in più occasioni e in un articolo specifico precedentemente redatto, avevo descritto gli aspetti generali inerenti ( https://ambrogioperetti.it/postura/ ).

Oggi voglio riprendere l’argomento per fare un upgrade sulle influenze adattative che modificano la postura.

Come sappiamo la postura è la capacità dell’essere umano di adattarsi alla forza di gravità.

L’individuo si adatta utilizzando relazioni causa-effetto di vario genere e natura, siano esse di tipo endogeno (biomeccanici, neurofisiologici, patologici,etc.), che di tipo esogeno (adattamento agli ambienti esterni fisici, di relazione, emotivi, psicologici etc.).

postura 02Queste relazioni si sviluppano, si evolvono, si modificano, in maniera continua nell’arco della vita.

L’evoluzione della postura inizia da subito, ovvero già dalla nascita del bambino.

Nelle fasi iniziali, c’è una lotta contro la gravità, vinta con lo sviluppo di un’architettura vertebrale organizzata in due lordosi e una cifosi dorsale.

postura 03 postura 04La linea di gravità legata all’assetto vertebrale risulta stabile e posturalmente funzionale, se rispetta dei punti di passaggio ben definiti e se termina su una base di appoggio plantare neutro:

  • forame magno occipitale
  • L3
  • base di appoggio.

postura 05Lo sviluppo vertebrale deve anche tenere conto delle relazioni anatomo-funzionali, con 3 grossi contenitori e con il loro contenuto:

  • il cranio
  • il torace
  • il bacino.

postura 06

Insieme ad esse non vanno tralasciate le loro strutture di collegamento:

  • muscoli
  • tendini
  • legamenti
  • midollo spinale
  • fascia
  • visceri
  • vasi.

postura 07Ma insieme a tutto questo ci sono dei fattori condizionanti, che possono mutare la postura della persona in maniera disequilibrata, vediamo insieme quali sono.

La posizione della testa e il suo adattamento cervicale è il timone della postura.

Per avere un buon allineamento vertebrale, il mento deve essere in linea con la sinfisi pubica e le orecchie devono cadere sulle spalle.

Anche l’adattamento del piede al suolo, determina un cambiamento della postura, per una serie di compensi nei 3 piani dello spazio delle articolazioni di caviglia, ginocchio ed anca, influenzando il bacino e conseguentemente il sacro, i quali a loro volta determinano una modificazione posturale con un adattamento primario lombare.

Pertanto possiamo dire che le due estremità dell’assetto posturale, ovvero la testa e i piedi, possono ragionevolmente modificare la posizione del corpo nello spazio.

Ma tra queste due porte posturali, abbiamo un insieme di sistemi primari di enorme influenza.

postura 08La vista può determinare un cambiamento di assetto della testa per:

  • difficoltà di messa a fuoco dell’immagine tra la rifrazione del cristallino e l’impressione sulla retina (es: miopia, astigmatismo, ipermetropia)
  • alterazioni anatomo-patologiche della retina stessa (es: maculopatia)
  • danno anatomico del nervo ottico [2° n.c.] (es: glaucoma, diabete, nevriti etc.)
  • difetto di conversione degli occhi causati da un deficit muscolare o del nervo oculomotore [3° n.c.], nervo trocleare [4° n.c.], nervo abducente [6° n.c.]

postura 09Il cambiamento della qualità visiva, porta ad un compenso della posizione della testa.

Il compenso può manifestarsi nei 3 piani dello spazio, ovvero sagittale, frontale, orizzontale e può verificarsi su un piano unico o su più piani, in maniera combinata.

I condili occipitali della testa, coinvolgeranno il segmento cervicale, come curva primaria adattativa.

Altro condizionamento posturale molto rilevante è l’occlusione dentale con tutte le sue possibili disfunzioni adattative e meccaniche:

  • 2°classe
  • 3° classe
  • cross bite
  • blocco della mandibola in apertura
  • blocco della mandibola in chiusura.

La retropulsione della mandibola causa una flessione dell’occipite e quindi del capo.

L’antepulsione della mandibola causa un’estensione dell’occipite e quindi del capo.

La deviazione laterale della mandibola (cross bite), porta ad un compenso traslativo della testa.

Il blocco della mandibola in chiusura o in apertura, porta ad un compenso dell’occipite in flessione o in estensione.

Come possiamo facilmente comprendere, la bocca e l’articolazione temporo-mandibolare, influenzano enormemente la posizione della testa e con essa il timone superiore della postura.

Il sistema dell’equilibrio è un’altra componente che ha grande rilevanza nella postura; nel momento in cui dovesse andare in tilt, metterebbe il paziente in una ricerca continua della stabilità posturale, rispetto al piano di appoggio.

postura 12Le cause della disfunzione vestibolare sono da ricercare:

  • nelle cervicali con coinvolgimento dell’arteria vertebrale e del ganglio stellato ortosimpatico
  • nel nervo vestibolo-cocleare [8° n.c.], come nervo deputato alla trasmissione dei dati
  • nel vestibolo per il contenuto dell’endolinfa e degli otoliti
  • nell’encefalo cerebellare, come sistema di elaborazione dati e risposta riflessa.

postura 13Anche la corticalizzazione delle posture, ovvero la memorizzazione del posizionamento del corpo nello spazio e del feedback propriocettivo-motorio, è importante, in quanto le posture scorrette possono essere memorizzate e corticalizzate, tanto nella statica quanto nella dinamica.

Il movimento respiratorio è un’altra chiave di forte influenza posturale, perché il cattivo equilibrio tra il motore primario diaframmatico e i muscoli accessori della respirazione, possono innescare un lavoro scompensato giustificato nella migliore ricerca ventilatoria polmonare.

Non è mai da sottovalutare lo stato di salute del tessuto fasciale di giunzione, soprattutto nel caso ci siano aderenze cicatriziali interne, attorno alle quali il corpo si organizza in maniera adattativa, per limitare gli effetti di trazione e dell’ eventuale attivazione del dolore locale.

I fattori emotivi e psicologici inquadrati nella crescita adolescenziale, nello stress, nel mobbing, nell’insicurezza, nella depressione, etc., fanno esprimere al soggetto il proprio disagio attraverso il linguaggio corporeo di chiusura e di anteriorità, tipici di un malessere personale.

Abbiamo visto che la postura nasce come un conflitto evolutivo contro la forza di gravità, il quale ci permette di stimolare la formazione di curve vertebrali capaci di mantenere un buon baricentro, sviluppando delle tonicità muscolari dedicate e sviluppando un sistema di controllo sempre attivo e pronto alla risposta, ma è anche vero che i sistemi di integrazione sono molti e se mal funzionanti possono causare delle alterazioni al sistema tonico-posturale.

Prendersi cura della postura è molto complesso, pertanto la necessità di integrare le informazioni anamnestiche e le valutazioni cliniche, ci metterà nella condizione di essere performanti con i nostri pazienti.

La salute passa attraverso la conoscenza e con l’articolo di oggi abbiamo la possibilità di aggiungere un tassello al nostro benessere.

Fibromialgia

Il termine “fibromialgia” trae origine da dolore (algos) proveniente dai muscoli (myo) e dai tessuti fibrosi (fibro), come tendini e legamenti.

Cos’è la Fibromialgia e come si presenta?

Si presenta con un insieme di più sintomi indipendenti ma in relazione tra di loro:

  • Fibromialgia-1maggiore tensione muscolare di base, che aumenta in maniera esponenziale nel momento della sua attivazione contrattile
  • riduzione o perdita di forza
  • dolore cronico muscolare, tendinineo e legamentoso che si manifesta in maniera diffusa e migrante
  • crampi notturni e fascicolazioni
  • disturbi dell’articolazione temporo mandibolare (ATM)
  • acufeni
  • alterazione della sensibilità recettiva e percettiva
  • disturbi dell’equilibrio
  • parestesie con alterazioni della sensibilità cutanea, formicolio, prurito, bruciore, fitte
  • percezione alterata del caldo, freddo, umido (si può diventare sensibili al cambiamento metereologico)
  • ipersensibilità visiva, olfattiva, acustica
  • rigidità, soprattutto mattutina
  • cefalea
  • stanchezza
  • disturbi del sonno, insonnia
  • disturbi cognitivi
  • stato confusionale con difficoltà di concentrazione
  • disturbi di ansia
  • disturbi depressivi
  • attacchi di panico
  • disfunzioni gastrointestinali
  • cistite interstiziale

Fibromialgia-2aIl dolore di tipo cronico, migrante in varie zone del corpo, ha la caratteristica di esser resistente agli antinfiammatori, ovvero la sintomatologia può anche sensibilmente diminuire ma non sparire, ne al momento, ne in maniera definitiva.

Può variare da leggero indolenzimento a forte dolore acuto.

E’ localizzato nei nei tender points (una mappa di punti specifica, attivata dalla digitopressione)

La fibromialgia va individuata con grande maestria.

Le indagini diagnostiche e di laboratorio non sono sufficientemente utili perché in realtà le alterazione che possono mostrare non sono ricollegabili alla fibromialgia stessa.

La raccolta di dati anamnestici, la palpazione di punti sensibili, l’esame obiettivo e la diagnosi differenziale su una rosa di patologia associate, sono la chiave per poter stabilire la presenza della sindrome fibromialgica.

La causa della fibromialgia non è stata riconosciuta come certa ne è stata ben definita, ma sono stati evidenziati diversi fattori, di varia natura, che possono innescarla:

  • modificazione di tipo ipossico, causa diretta di un cambiamento anatomico
  • un alterato funzionamento del sistema nervoso autonomo (S.N.A.) in particolar modo della componente ortosimpatica
  • alterazione dei neurotrasmettitori (serotonina e noradrenalina sono i principali coinvolti) dove anche qui il S.N.A. gioca un ruolo dominante nel controllo della contrazione muscolare, sudorazione, vasodilatazione / vasocostrizione, deficit di irrorazione sanguigna a livello muscolare, insorgenza del dolore, rinforzo del dolore, tensione, astenia, aumento della percezione agli stimoli
  • eventi traumatici sia organici che psichici
  • presenza di neuropatie e più in generale di patologie organiche sistemiche
  • attivazione del sistema autoimmunitario dopo infezioni batteriche
  • spasmofilia (stanchezza con spasmi)
  • le neuropatie che portano ad un’alterazione della membrana assonale dei nervi periferici
  • alterazioni dei canali ionici, con il coinvolgimento disfunzionale dei canali sodio-potassio-calcio, che causano problemi di cattiva attivazione sia della parte neurologica che di quella muscolare
  •  familiarità nello sviluppo della fibromialgia

Le cause scatenanti

Fibromialgia-3Tra le cause scatenati della fibromialgia ci sono i sintomi stessi, ovvero, avendo una schiera di concause cosi vasta, potranno essere le stesse situazioni a portare l’attivazione della sindrome con il presentarsi dello stesso sintomo scatenante, correlato in aggiunta a molti degli altri indicati precedentemente.

Fibromialgia-4Individuiamo come possibili micce di innesco fibromialgico tutte quelle condizioni come: stress, alimentazione, stanchezza e affaticamento, dolore ti tipo neuropatico, contratture e spasmi associati a rigidità, perdita del normale ritmo sonno veglia, disturbi cognitivi momentanei.

La fatica peggiora sicuramente i sintomi.

In definitiva tutte quelle situazioni che fanno perdere o diminuire un delicato equilibrio multi fattoriale, possono essere lo starter della fibromialgia che trova la scusa per liberarsi nelle sue molteplici manifestazioni.

Fibromialgia-5La fibromialgia pertanto può essere facilmente associata a molte altre patologie che abbracciano diversi campi: reumatologico, immunitario, neurologico, ortopedico, dismetabolico.

Per meglio inquadrarla viene divisa in 4 macro categorie:

  1. non associata a condizioni psichiatriche
  2. associata a condizioni psichiatriche
  3. associata a depressione maggiore
  4. somatizzazione

Fibromialgia-6Ricordo che le problematiche psichiatriche o psicologiche non sono i fattori scatenati della fibromialgia ma possono essere delle condizioni che influenzano l’evoluzione della sindrome stessa e il suo perdurare.
Pertanto si fa attenzione alle manifestazioni parallele nel campo PSICONEUROENDOCRINOIMMUNOLOGICO (PNEI) e i loro effetti sul comportamento

I pazienti fibromialgici possono sviluppare disturbi d’ansia più facilmente.

Per fare diagnosi, la raccolta dei dati anamnestici è fondamentale.

Riuscire a fare un quadro informativo capace di trovare i vari punti comuni con la sindrome, vuol dire mettersi sulla strada giusta per definire il problema.

L’esame obiettivo mira alla palpazione di una mappa ben organizzata e strutturata di 18 punti chiave (TENDER POINTS), ognuno di essi considera sia l’ emilato destro che sinistro.

Fibromialgia-7

Mappa tender points fibromialgia

Di questi 18 punti almeno 11 devono risultare positivi alla dolorabilità nella palpazione e devono anche essere in rapporto con il resto delle concomitanze di comorbilità (coesistenza di più patologie diverse nello stesso individuo ma indipendenti una dall’altra, oppure riferirsi a a patologie che compaiono secondariamente all’insorgenza di una patologia di fondo).

Nella valutazione dei tender points va considerato il parametro miologico, lo stato di spasmo e di tensione provocato e il parametro dolorometrico, l’intensità del dolore provocato.

Il parametro miologico può essere considerato nella sua positività anche per una ischemia transitoria compressiva o per una iperpnea ottenuta modificando la respirazione profonda polmonare.

Nella valutazione vanno escluse la presenza di patologie di diverso ambito, con sintomi uguali o simili, che possano far confondere la fibromialgia con un’altra patologia (diagnosi differenziale).

Nella diagnosi differenziale la sintomatologia multifattoriale va distinta da una serie di patologie diverse per natura: ortopediche, neurologiche, reumatologiche, autoimmunitarie, ormonali, psichiche, psichiatriche, infettive.

Per arrivare ad una diagnosi concreta di fibromialgia l’esame obbiettivo diventa fondamentale, così come può essere di grande aiuto anche lo studio delle indagini di laboratorio che escluderanno in parte i ceppi delle patologie sopra indicate.

Le analisi di laboratorio spesso trovano un riscontro alterato di più fattori: diminuzione della serotonina, diminuzione di un amminoacido della famiglia del tripofano e diminuzione della melatonina, così come si riscontra un aumento della sostanza P.

Fibromialgia-8Nella gestione dei pazienti fibromialgici si è visto che l’attività fisica ha comunque la sua importanza, va assolutamente evitata la rigidità e i disequilibri posturali, per non sovraccaricare le articolazioni e le catene muscolari inerenti.

Allo stesso tempo va scongiurato l’affaticamento e l’attività prolungata, ovvero sono necessarie pause di recupero ad personam.

La muscolatura, le capsule articolari e i compartimenti legamentosi di sostegno devono essere sempre elastici e la postura ben corretta, per non predisporre i tessuti molli ad un eccesso di tensione al momento dell’ attacco acuto.

Fibromialgia-9Deve diventare una sana abitudine quella di dormire le giuste ore di sonno senza mai andarne in debito.

Alle volte la melatonina può essere un buon rimedio lì dove il fisico ne risulti meno provvisto e dove ci sia un alterazione del ciclo sonno veglia.

Anche le tecniche di rilassamento hanno il loro vantaggio e possono diminuire la situazione di burnout a cui il fisico va incontro.

Fibromialgia-10La gestione del lavoro quotidiano deve prevedere la possibilità di avere delle pause o di cambiare i compiti, passando da più pesanti a più leggeri, per non stressare eccessivamente le risorse della persona.

Fibromialgia-11L’alimentazione dovrebbe evitare quei cibi corresponsabili di un’infiammazione basale, fattore di stress che benché minimo potrebbe innescare la scintilla della fibromialgia.

Gli integratori alimentari possono essere un supporto ma non una cura.

A livello farmacologico gli antinfiammatori non steroidei non hanno mostrato grossa efficacia mentre sicuramente meglio vanno i miorilassanti.

Gli antidepressivi hanno il loro effetto li dove si evidenziano carenze di serotonina alle analisi di laboratorio.

L’utilizzo medico della cannabis ha portato giovamenti nella gestione della fibromialgia per merito dei molti fattori su cui agisce.

In conclusione posso dire che la fibromialgia non è una patologia degenerativa, i suoi sintomi variano per zona e per interesse di organo, il paziente può arrivare alla rigidità e al dolore cronico.

I fattori di comorbilità sono tanti e se da un lato rendono difficile fare una diagnosi certa, d all’altro permettono il vantaggio di impostare un approccio multidisciplinare.

La fibromialgia si può affrontare e gestire in maniera efficace ed efficiente per evitare che i suoi sintomi diventino deleteri per le autonomie quotidiane della persona.

Il dolore

Il dolore è sinonimo di sofferenza ed ha lo scopo di segnalare un danno del tessuto in atto o potenziale.

Cos’è il dolore?

Il dolore è un meccanismo fisiologico fondamentale per salvaguardare la persona dalla potenzialità lesiva che si sta manifestando in un momento specifico, proveniente sia dall’ambiente esterno che da quello interno, rispetto ad un evento fuori dal comune per il normale stato di salute.

Se il dolore si mantiene nel tempo, invece di essere un sistema di difesa per il corpo umano, si tramuta in una patologia definita sindrome dolorosa, che scatena delle reazioni multisistemiche di circostanza.

Gli stimoli del dolore possibili che attivano i nocicettori, possono essere di varia natura:

  • meccanici
  • chimici
  • termici.

Il sistema nocicettivo è un insieme di terminazioni neurologiche sensoriali, presenti in quasi tutti tessuti corporei:

Il dolore 01

  • cute
  • muscoli
  • articolazioni
  • mucose
  • tendini
  • legamenti
  • tessuto connettivo di giunzione
  • visceri.

I nocicettori hanno delle caratteristiche diverse tra di loro per specializzarsi nella conduzione di stimoli diversi:

  • dolore acuto ben localizzabile
  • dolore rapido (compare entro un decimo di secondo dallo stimolo dolorifico), generalmente non percepito dai tessuti profondi
  • dolore cronico mal definito e più diffuso (meno localizzabile)
  • dolore lento (compare entro e oltre un secondo dallo stimolo del dolore), perdura a lungo.

La classificazione

Il dolore viene classificato in maniera specifica, ovvero somatico, neuropatico, viscerale, idiopatico (senza causa apparente) ed ha delle caratteristiche di identificazione diverse:

  • transitorio
  • prolungato
  • recidivo
  • superficiale
  • profondo
  • crampiforme
  • pungente
  • urente
  • sordo
  • compressivo
  • pulsante
  • pruriginoso
  • tirante

il dolore 02Il dolore vede un’intreccio di componenti percettive ed esperenziali.

La componente percettiva è innescata dal sistema nocicettivo che mette in moto la componente sensoriale, per il trasporto del messaggio dolorifico verso il sistema nervoso centrale.

La componente esperenziale, è innescata dalla psiche che associa uno o più eventi, ad una sensazione spiacevole che viene legata all’esperienza del dolore e alla condizione psichica.

Pertanto possiamo affermare che il dolore è un’esperienza totalmente personale, soggettiva, difficilmente quantizzabile in maniera standard, ciò sta a dire che anche le scale di valutazione del dolore rimangono misurabili in maniera del tutto personale.

Le persone che hanno una percezione alterata del dolore tendente all’assenza, ovvero che non avvertono il dolore se non nelle soglie più alte, corrono il rischio di incappare in situazioni lesive pericolose per lo stato di salute.

L’elaborazione del cervello

Il dolore viene recepito dalla periferia ed è elaborato dal cervello; il messaggio del dolore viene quindi captato dai nocicettori, condotto nel midollo spinale e da qui trasportato fino al sistema nervoso centrale, dove verrà elaborato ed immagazzinato come esperienza vissuta nell’immediato e come ricordo nel tempo che verrà, modulandolo e controllandolo con delle reazioni locali e/o a distanza di tipo specifico o sistemico.

il dolore 03Pertanto avremo un un sistema afferente che conduce gli impulsi nocicettivi dalla periferia verso i centri superiori.

Un sistema di riconoscimento che elabora l’informazione, valutandone la dannosità, la pericolosità e mettendo in campo delle risposte motorie, neurovegetative, endocrine e psico-emotive.

Un sistema di modulazione e controllo, che invia impulsi inibitori al midollo spinale, per diminuire la forza dei segnali nocicettivi che ne transitano.

Le vie che conducono il messaggio dolorifico dal midollo spinale alla corteccia cerebrale sono due:

  1. la VIA NEOSPINOTALAMICA che arriva in maniera diretta al talamo e a seguire alla corteccia cerebrale.
    • E’ una via veloce che fa poche sinapsi.
    • E’ la strada che trasporta il messaggio del dolore acuto, dove il vissuto esperenziale e mnemonico hanno poca influenza.
    • Le informazioni nocicettive trasportate da questa via, saranno ben precise e ben individuate a livello anatomico.
  2. la VIA PALEOSPINOTALAMICA che arriva alla corteccia cerebrale e alla struttura limbica, facendo numerose sinapsi nella sostanza reticolata.

il dolore 04L’impulso viene notevolmente rimodulato, maturando una percezione più diffusa e mal definita.

I centri di elaborazione del dolore come abbiamo accennato sono vari:

  • talamo
  • sostanza reticolare
  • sistema libico
  • corteccia cerebrale
  • ipofisi/ipotalamo
  • midollo allungato.

Tutte queste strutture lavorano in armonia tra di loro per distribuire i segnali nocicettivi alle aree cerebrali, percepire lo stimolo come doloroso, influenzarne la coscienza, stimolare  delle risposte neurovegetative (cardiache, vascolari, respiratorie, viscerali, endocrine ed ormonali), coscientizzare l’esperienza dolorifica, regolarne le reazioni emotive e la soglia del dolore stesso.

Le reazioni che il corpo umano mette in atto in risposta al dolore, creano inevitabilmente uno stato di alterazione locale o diffuso, dello stato di tensione muscolare, portando ad un’alterazione della postura segmentare e/o distrettuale e/o globale.

La valutazione del dolore

Per valutare il dolore bisogna tener conto della tipologia nocicettiva, dov’è localizzato, la sua durata, come si manifesta nel tempo, l’intensità, le interazioni nelle attività di vita quotidiane all’interno del contesto personale sociale e le eventuali terapie che riescono a modularne le caratteristiche.

Quando il paziente viene visitato, bisogna investigare il dolore cercando di capire il tipo di sintomo, per tradurlo in una maniera descrivibile e misurabile.

E’ pertanto necessario l’utilizzo di scale e di strumenti di valutazione.

Le scale di valutazione più frequentemente utilizzate e validate sono:

  • la VAS (Visual Analogue Scale)
  • la VRS (Verbal Rating Scale)
  • la NRS (Numerical Rating Scale).

Può essere affrontato in modi differenti, coprendo vari aspetti della percezione e della gestione dell’evento.

il dolore 05

I farmaci e la chirurgia

farmaciLa farmacologia ha un ruolo primario, utilizzando varie componenti quali:

  • antinfiammatori non steroidei
  • cortisonici
  • miorilassanti
  • antispastici
  • antidolorifici
  • terapie sostitutive ormonali.

A seconda del tipo di dolore, si può ricorrere alla fisioterapia per curare le cause delle affezioni che attivano il sistema nocicettivo.

Anche la chirurgia ha la sua importanza per ridurre la causa scatenante.

Le cure alternative

In alcune situazioni si utilizzano cure alternative, come lo yoga e l’agopuntura, con buoni risultati.

Nei casi in cui non sia possibile rimuovere la causa scatenante del dolore, si può ricorrere al supporto della psicoterapia, per gestirlo al meglio, sia nella percezione, sia nella attività individuali, che nel contesto sociale.

Il dolore é una condizione che modifica la nostra vita sotto ogni punto di vista.

Abbiamo la possibilità di individuarlo e di contestualizzarlo in maniera efficace.

Non facciamoci sopraffare, alle volte dobbiamo avere pazienza ed essere coscienti che ci sono sufficienti strategie per affrontarlo, gestirlo e in molti casi eliminarlo.

La salute passa attraverso la conoscenza e con l’articolo di oggi, abbiamo la possibilità di aggiungere un tassello al nostro benessere.