Glaucoma

Il glaucoma è una patologia che colpisce l’occhio, caratterizzata dall’aumento della pressione endoculare.

L’aumento della pressione interna dell’occhio, è dovuta da un inadeguato deflusso dell’umor acqueo, alterando il rapporto di produzione/dissipazione.

L’umor acqueo è un liquido trasparente secreto dal corpo ciliare, composto prevalentemente da acqua, sali e sostanze proteiche, presente nella porzione anteriore dell’occhio (camera oculare anteriore).

L’umor acqueo ha una funzione ottica (funge da mezzo refrattivo), nutritiva (per la cornea e il cristallino), statica (per l’equilibrio pressorio intraoculare).

Questo liquido deve avere la possibilità di drenare, secondo delle vie di deflusso presenti maggiormente nella camera anteriore, in corrispondenza del margine dell’iride.

Glaucoma 02La pressione intraoculare stessa sollecita l’umore acqueo, che si incanala nella rete trabecolare, tra sclera e cornea, immettendosi nel seno venoso della sclera (canale di Schlemm), il quale a sua volta è una via di deflusso verso le vene episclerali e quindi verso il circolo venoso maggiore dell’occhio.

La pressione oculare normalmente si aggira tra i 12 e i 21 mm Hg, mentre la pressione delle vene episclerali si aggira tra i 9 e i 13 mm Hg.

Se le vie naturali di deflusso si ostruiscono, aumenta il rapporto tra umor acqueo prodotto e quello eliminato, creando un aumento della pressione intraoculare.

Glaucoma 03L’aumento di pressione protratto nel tempo, può danneggiare il nervo ottico, creando un danno visivo progressivo e permanente.

Generalmente il glaucoma se presente si manifesta dai 40 anni in poi, con un’incidenza esponenzialmente crescente all’aumentare dell’età.

Glaucoma 04Il glaucoma è di vari tipi, generando una differenziazione di classificazione:

  • glaucoma ad angolo aperto

si manifesta quando i canali di deflusso oculari diventano meno permeabili nel tempo.

L’insorgenza della malattia è lenta e progressiva

  •  glaucoma ad angolo chiuso

associato all’ostruzione fisica dell’angolo camerulare anteriore, che può essere cronica o acuta.

La malattia si manifesta all’improvviso, l’ostruzione al deflusso è più brusca e severa.

  • glaucoma congenito

è causato da un anomalo sviluppo del sistema di drenaggio dell’umore acqueo.

  • glaucoma pigmentato

può essere una complicanza della sindrome della dispersione pigmentaria, caratterizzata da accumulo di granuli senza innalzamento della pressione intraoculare.

Il glaucoma nella maggior parte dei casi è asintomatico e il paziente si accorge della presenza della malattia per caso, se sottoposto a visita oculistica con il controllo della passione oculare, con l’esame del nervo ottico e con il controllo della funzionalità del campo visivo.

Glaucoma 05Nel tempo l’evolversi della malattia, se non curata o se refrattaria alle cure, causa la compromissione della vista, con un restringimento del campo visivo, interessando da prima la visione laterale, superiore ed inferiore.

In questa fase il paziente perde il senso dello spazio, andando ad urtare involontariamente contro oggetti non percepiti e accorgendosi di avere difficoltà nella guida.

Con la progressione della malattia si arriva a perdere anche la visione centrale, giungendo a percepire solamente le ombre fino a perdere completamente la vista.

C’è da dire che a seconda del tipo di glaucoma, il paziente può riferire dei sintomi secondari quali:

  • dolore oculare
  • cefalea
  • nausea
  • visione sfocata
  • presenza di aloni attorno alle luci
  • ingrossamento del globo (buftalmo)
  • edema corneale

Se delle cause primarie ne abbiamo parlato precedentemete, sviluppando il discorso tra la produzione e il drenaggio dell’umore acqueo e quindi del rapporto della pressione intraoculare, va aggiunto che la familiarità del glaucoma è un indice di pericolosità da non sottovalutare assolutamente e che alcune patologie associate, possono essere una concausa nello sviluppo del glaucoma:

  • miopia medio-alta
  • diabete
  • traumi oculari
  • terapie farmacologiche cortisoniche prolungate e ripetute

Glaucoma 06La diagnosi del glaucoma è suddivisa in vari aspetti, dalla rilevazione della pressione intraoculare, alla valutazione dello stato di salute del nervo ottico, allo studio funzionale del campo visivo e molto altro ancora.

Per accertarsi della presenza del glaucoma, il paziente potrà essere sottoposto a vari esami:

  • tonometria per misurare la pressione intraoculare
  • pachimetria per misurare lo spessore della cornea
  • gonioscopia (tecnica diagnostica utilizzata per studiare lo spazio compreso tra l’iride e la cornea) per distinguere i vati tipi di glaucoma
  • campo visivo per lo stato di salute della retina
  • tomografia ottica a luce coerente (OCT) per verificare lo spessore delle fibre nervose intorno al nervo ottico
  • perimetria computerizzata FDT (frequency doubling technology) per valutare eventuali alterazioni o deficit del campo visivo.

Vien da se capire che maggiormente sarà precoce la diagnosi della malattia di glaucoma, tanto più il paziente potrà essere curato per gestire al meglio la patologia e limitare o bloccare l’instaurarsi di danni permanenti.

Il trattamento primario è assolutamente di tipo farmacologico, utilizzando principalmente dei colliri, le cui categorie principali sono le prostaglandine e i betabloccanti.

Se questi farmaci hanno un’ottima riuscita nell’abbassare la pressione intraoculare di circa il 20-25% del proprio valore, non vanno omessi gli effetti collaterali che possono incidere sulle patologie bronco-polmonari asmatiche e sulle malattie cardiache di tipo aritmico e atrio-ventricolari.

Nel caso in cui la farmacologia non sia sufficiente a gestire il glaucoma e a contenere la pressione intraoculare entro i limiti di sicurezza, si può ricorrere alla terapia chirurgica, che vede numerosi approcci in relazione al tipo di glaucoma e alle caratteristiche del paziente.

Glaucoma 08La chirurgia può avvalersi di tecniche laser o di metodiche chirurgiche tradizioni:

  • trabeculectomia (intervento di tipo filtrante che crea un “by pass” tra la parte interna e la parte esterna dell’occhio, per far defluire negli spazi sottocongiuntivali l’umore acqueo in eccesso) a cui generalmente segue argonlisi precoce delle suture del tassello sclerale, per ottimizzare i risultati
  • impianto drenante a cui generalmente segue argonlisi precoce delle suture del tassello sclerale, per ottimizzare i risultati
  • intervento di cataratta
  • sclerectomia profonda (asportazione di una lamella di tessuto corneo-sclerale, per rimuovere la parte più interna del canale di Schlemm) a cui generalmente segue la goniopuntura laser, per ottimizzare i risultati
  • ciclofotocoagulazione  (procedimento ciliodistruttivo per diminuire la produzione di amor acqueo)
  • iridotomia YAG laser
  • trabeculoplastica laser selettiva (SLT).

Come tutti gli interventi chirurgici, la chirurgia per il glaucoma non è priva di complicanze, pertanto viene proposto in quelle situazioni dove non ci sia la possibilità di utilizzare adeguate cure farmacologiche con efficacia stabile e conclamata.

I casi di glaucoma acuto possono essere maggiormente proposti alla chirurgia interventistica, per evitare l’instaurarsi di danni gravi, in un lasso di tempo eccessivamente breve.

Il glaucoma è una patologia subdola e pericolosissima, non va assolutamente sottovalutata, per questo è importantissimo eseguire dei controlli oculistici preventivi in maniera ciclica, consigliabili almeno una volta l’anno.

Il glaucoma possiamo contrastarlo con efficacia se preso in tempo.

Non facciamoci spaventare, ma prendiamo coscienza che una prevenzione anche minima, ci può mettere a riparo da brutte sorprese.

La salute passa attraverso la conoscenza e con l’articolo di oggi abbiamo la possibilità di aggiungere un tassello al nostro benessere.

 

 

 

 

Il piede cavo

piede cavo 01Il piede cavo è una conformazione alterata dell’arco plantare, che mostra un eccesso di curva della volta interna, aumentandone l’altezza oltre misura, con uno spostamento dell’equilibrio di appoggio sulla porzione laterale del calcagno e del mesopiede.

Il piede cavo è la conformazione diametralmente opposta al piede piatto (argomento di cui ho parlato in uno dei miei precedenti articoli https://www.ambrogioperetti.it/piede-piatto/).

piede cavo 02Al piede cavo, si associa un’alterazione della biomeccanica statica e dinamica, che comporta una traslazione del calcagno in atteggiamento di varismo, dovuto allo spostamento di carichi nella porzione più laterale e un atteggiamento a griff delle dita dei piedi, che cercano di recuperare un meccanismo di adattamento e di ammortizzazione di competenza della volta plantare interna, oltre che di quella trasversale.

Queste alterazioni di forma e di funzione comportano con il passare del tempo anche un accorciamento o una deviazione di asse dei tendini.

Il tendine d’Achille tende a lavorare non più in asse ma traslato esternamente.

I tendini dei muscoli flessori plantari lunghi delle dita tendono ad accorciarsi, così come i tendini degli estensori dorsali metacarpo-falangei.

piede cavo 03La stessa fascia plantare con il passare del tempo, subisce una fibrotizzazione ed una retrazione, riducendo ancor più il ruolo ammortizzante della volta plantare interna.

Il piede cavo, strutturandosi sempre di più nel tempo, comporta un retrazione della catena muscolare del polpaccio, con uno squilibrio che si trasmetterà alle sinergie muscolari tra catene agoniste e antagoniste dell’intero arto inferiore, per arrivare ad un accomodamento che potrà essere ricercato addirittura nel sistema scheletrico del bacino e della colonna vertebrale.

Il piede cavo generalmente ha una partenza asintomatica, ovvero nella fase di sviluppo del dimorfismo plantare, i tessuti molli muscolo-tendinei e capsulo-legamentosi, sono ancora sufficientemente elastici da adattarsi con facilità alla deviazione dei carichi e alla perdita parziale del sistema di ammortizzamento della volta plantare interna.

piede cavo 04Il paziente diventa sintomatico nel momento in cui la cronicità del piede cavo, si associa ad una degenerazione e/o ad un invecchiamento dei tessuti molli, che fibrotizzando, perdono le loro capacità di compenso, attivando altresì segnali nocicettivi e feedback propriocettivi alterati, instaurando delle contratture antalgiche riflesse.

I sintomi più comuni che il paziente riporta sono:

  • rigidità del piede, delle dita e della caviglia
  • dolore nella zona della fascia plantare
  • fascite planare
  • dolore nella zona calcaneare infero-esterna
  • tallonite
  • dolore nella zona legamentosa del malleolo peroneale
  • sviluppo di dita ad artiglio o a martello, con la presenza di callosità nella zona dorsale interfalangea
  • instabilità della caviglia con tendenza a fare distorsioni esterne
  • aumento della faticabilità nel mantenere a lungo la posizione eretta
  • aumento della faticabilità fino alla comparsa del dolore nelle attività di deambulazione o di corsa, specie se in pendenza
  • tendiniti su uno o più tendini dei compatimenti direttamente coinvolti nella biomeccanica del piede.

causeIl piede cavo ha principalmente 3 categorie eziologiche:

  • congenito
  • adattativo
  • idiopatico

La forma congenita vede insita una familiarità, che trasmette per ereditarietà la conformazione anatomica caratteristica del piede cavo.

La forma idiopatica, è definita tale perché non c’è una causa apparente o riconducibile allo sviluppo di tale dimorfismo.

La forma adattativa è la conseguenza di eventi traumatici o patologici che obbligano il piede a cercare un compenso, anche se in una forma sbagliata.

La forma adattativa può insorgere a seguito di:

  • traumi soprattutto di tipo fratturativi, con deformazioni non recuperabili e/o anchilosi
  • forme artritiche deformanti
  • patologie neurologiche che comportano spasticità muscolare periferica
  • l’utilizzo eccessivo e prolungato di calzature strette e dal tacco alto.

piede cavo 06La diagnosi del piede cavo è ben oggettivatile al semplice esame obiettivo, ma è comunque molto importante fare una più che attenta anamnesi, per capire le condizioni che possono aver portato al cavismo del piede, quando ha iniziato a manifestarsi, quando si è instaurato e quanto va ad inefficiare nella vita del paziente, se valutato all’interno delle attività di vita quotidiana e nelle attività ludico-sportive.

La ricerca di segni e sintomi, è importante per studiare lo stato di gravità della patologia e la facilità di iperattivazione del dolore.

E’ importantissimo osservare anche la stabilità articolare sia nelle zone di passaggio tra retropiede, mesopiede e avampiede, sia la rigidità articolare associata a quella dei tessuti molli di competenza diretta e indiretta.

piede cavo 07Risulta molto utile richiedere un esame baropodometrico, sia statico che dinamico, per analizzare la postura del piede e l’impronta dell’appoggio al suolo, nelle attività congrue alla vita quotidiana.

L’esame radiografico e/o quello di RM, verranno richiesti nel momento in cui è ritenuto importante valutare lo stato di salute del piede, sia dal punto di vista odsteo-articolare, che dei tessuti molli muscolo-tendinei e capsulo-legamentosi.

Esami neurologici specifici potranno essere richiesti, in supporto ad una diagnosi primaria di patologia neurologica, con effetti di spasticità muscolare periferica.

ecografiaAnche l’ecografia può entrare in campo, dal momento in cui sia richiesto un’esame che focalizzi l’attenzione sui tessuti periarticolari e sulla muscolatura nella sua integrità e nello stato di salute.

Il trattamento prevede una serie di approcci, che abbracciano molteplici strategie.

E’ importante ridurre le rigidità articolari del piede, che si instaurano sempre più prepotentemente con il passare degli anni, in maniera tale da mantenere funzionali le articolazioni e la capacità di trasmettere i carichi biomeccanici dal retropiede, al mesopiede, fino all’avampiede.

Allo stesso modo è necessario elasticizzare le strutture tendinee ottimizzando le tensioni muscolari, per equilibrare le catene muscolari agoniste-antagoniste, sia del polpaccio che dell’intero arto inferiore.

Vanno scaricate le zone di tensione legamentose e capsulari-articolari, che per deformazione della posizione anatomica, subiscono dei carichi in elongazioni, rendendo instabile l’articolazione stessa.

E’ di grande aiuto utilizzare un plantare di scarico, per mettere a riposo la muscolatura cavizzante del piede e permettere alla fascia plantare di diminuire la tensione.

Gli esercizi propriocettivi statici e dinamici, permettono di allenare la risposta posturale adattativa, nel meccanismo di reazione muscolare ai carichi dissipati in appoggio.

Nei casi in cui il piede cavo sia dovuto a una o più cause di quelle precedentemente illustrate, è importante cercare di ridurre gli effetti patologici che costringono il piede al dimorfismo in cavismo.

I pazienti che non non trovano nessun giovamento dalle terapie convenzionali, possono essere sottoposti a terapia chirurgica.

Gli interventi di chirurgia hanno strade diverse a seconda dei tessuti o delle strutture che vogliono essere ricondizionate.

  • tessuti molli

Si può intervenire sui tessuti molli, cercando di modificare gli assi tendinei, legamentosi, o stabilizzando le capsule articolari.

Sono della stessa famiglia di intervento, anche gli allungamenti tendinei come quello del tendine d’Achille, o della fascia plantare.

  • osteotomia

L’osteotomia è un intervento che mira alla riduzione di porzioni di tessuto osseo, per creare delle nuove angolazioni anatomiche, capaci di recuperare un forma più congrua rispetto alla normalità.

  • artrodesi

È un’operazione di stabilizzazione articolare, con l’obiettivo di fondere una più articolazioni, per eliminare la possibilità di fare movimento su quei fulcri specifici e trasferire i carichi sulle articolazioni contigue.

La scelta del tipo d’intervento chirurgico sarà valutata dal chirurgo competente, che studierà la deformità, la natura che ne ha caratterizzato l’evoluzione, la cronicizzazione e le disabilità che affligge il paziente.

Ovviamente l’intervento chirurgico di qualunque tipo esso sia, prevede un periodo di recupero riabilitativo, per diminuire i postumi operatori ed ottimizzare i risultati, rispetto ad un quadro di sintomatologia e di recupero delle funzioni articolari, muscolo-tendinee e capsulo-legamentose, inquadrate in un contesto di ottimizzazione dei feedback propriocettivi e nocicettivi.

In questo articolo abbiamo imparato che il piede cavo è una deformazione dell’arco plantare dall’eziologia variabile, che porta sia ad un’alterazione anatomica, che ad un cattivo funzionamento del piede stesso.

La sua conformazione nella maggior parte delle situazioni non è reversibile, pertanto va mantenuto elastico e funzionale sia nella sua struttura, che in rapporto all’intero arto inferiore e all’adattamento della colonna vertebrale, bacino incluso.

La salute passa attraverso la conoscenza e con l’articolo di oggi abbiamo la possibilità di aggiungere un tassello al nostro benessere.

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

Discinesia della spalla

La discinesia della spalla è un’alterazione del movimento che si manifesta tra l’omero, la scapola, la clavicola e la gabbia toracica.

Anatomia nella discinesia della spalla

I rapporti che intercorrono tra queste strutture osteoarticolari, vanno immaginate in relazione al coordinamento del movimento muscolare e delle contenzioni capsulo-legamentose.

Discinesia della spalla 02La spalla biomeccanicamente è costituita da 5 articolazioni, di cui 3 articolazioni vere e 2 articolazioni di scorrimento.

Le 3 articolazioni vere sono:

art.gleno-omerale

art.acromion-claveare

art.sterno-claveare

Le 2 articolazioni false sono:

art.sotto-deltoidea

art.scapolo-toracica

La scapola è un punto di equilibrio tra il braccio e il torace, con la funzione di ottimizzare ed equilibrare il movimento, orientando l’arto superiore nei vari piani dello spazio, mantenendo un rapporto di optimum nei confronti del torace.

Questi movimenti vengono gestiti dal sistema neurologico periferico a seconda delle afferenze sensitive, delle afferenze propriocettive e dei comandi motori sia volontari che riflessi.

Discinesia della spalla 03Ma non basta, il movimento stesso viene memorizzato o meglio corticalizzato nelle aree motorie cerebrali, per automatizzare il gesto in maniera semplice ed efficace.

Pertanto possiamo dire che la discinesia della spalla, può manifestarsi sia per problemi patologici, come artrosi, sindrome da impingment della testa omerale, lesione della cuffia dei rotatori, boriste, instabilità gleno-omerale, lesione del cercine glenoideo, ma anche per un’alterazione di memorizzazione e corticalizzazione del gesto biomeccanico stesso.

Generalmente l’alterazione di memorizzazione del gesto biomeccanico, avviene dopo un ripetuto e continuato cattivo utilizzo dell’articolazione, per impedimento del normale gesto articolare.

Il funzionamento corretto della spalla si basa su un equilibrio che varia tra stabilità e mobilità delle articolazioni che la compongono, delle componenti muscolari che ne attivano il movimento e delle strutture capsulo-legamentose che ne garantiscono la congruità.

Discinesia della spalla 04Classificazione

Le discinesie vengono distinte in volontarie e involontarie.

Le discinesie volontarie sono causate da una iper attivazione delle componenti muscolari, per far fronte ad un movimento voluto, mentre le discinesie involontarie sono causate da compensi della muscolatura della spalla per far fronte a delle patologie, congenite o acquisite, dell’articolazione della spalla stessa.

Sintomatologia nella discinesia della spalla

I sintomi non sono necessariamente legati al dolore, ma spesso si manifestano come una limitazione articolare, un affaticamento nell’esecuzione di movimenti ripetuti, una riduzione della forza.

Discinesia della spalla 05Tra queste si associa anche uno stato di contrattura muscolare che si instaura per lo più tra il musco angolare della scapola, il sottoscapolare, il muscolo pettorale e il bicipite omerale, con una traslazione della testa omerale in una anteroposizione innaturale rispetto al corretto centraggio dell’articolazione gleno-omerale, insieme ad una traslazione latero-rotatoria della scapola.

Nelle condizioni di una cattivo rapporto articolare dei segmenti ossei, il dolore si può manifestare per una tensione eccessiva delle strutture capsulo-legamentose, che vengono elongate in maniera anomala, alla richiesta di movimento in quel momento non così naturale.

Le cause

Le cause, come già in parte accennate, sono perlopiù legate a patologie da danno anatomico che alterano il corretto funzionamento dell’articolazione nel suo insieme:

  • artrosi
  • artrite
  • sindrome da impingment della testa omerale
  • lesione parziale o totale di uno o più componenti della cuffia dei rotatori
  • boriste
  • instabilità gleno-omerale
  • lesione del cercine glenoideo
  • frattura di una componente ossea articolare o periarticolare
  • deficit neurologici periferici di una o più radici del plesso brachiale
  • deficit neurologici centrali di tipo spastico

Queste situazioni portano ad un danno di funzione più o meno grave, che costringono il paziente ad utilizzare delle strategie di compenso, per cercare di compiere un gesto articolare, utilizzando delle sinergie muscolari non congrue e spesso non soddisfacenti.

Il meccanismo di attivazione del movimento, ripetuto più volte nell’arco della giornata e per un periodo di tempo spesso protratto, creano una memorizzazione e corticalizzazione del gesto biomeccanico stesso, rinforzando la discinesia di spalla e sostituendola alla normale attivazione del gesto.

Discinesia della spalla 06La discinesia della spalla si può instaurare anche per la ripetizione di gesti obbligati, come in alcune attività lavorative ripetitive, o in alcune attività sportive; in entrambi i casi sia il gesto, sia la postura che l’accompagna nell’accomodamento articolare, portano ad una corticalizzazione di uno schema motorio sbagliato.

Diagnosi della discinesia della spalla

La diagnosi necessità di un esame clinico attento alla valutazione dell’eventuale presenza di patologie associate alla spalla.

È importante ricercare movimenti disfunzionali e zone di dolore, così come studiare la presenza di alterazioni delle catene muscolari, legate sia al movimento specifico, che ad un gesto corale di rapporto con le strutture osteo-articolari di supporto.

Le indagini diagnostiche di tipo radiografiche, ecografiche o di RM, saranno necessarie per escludere o evidenziare la presenza di alterazioni anatomiche patologiche, che possano rendere inefficace la meccanica articolare della spalla.

Discinesia della spalla 07Il trattamento

Il trattamento si basa sul recupero funzionale della spalla, valutandolo in concomitanza alla presenza di una patologia che ne vada ad inefficiare il suo funzionamento, oppure se è il refuso cerebrale motorio, di schemi compensatori che non hanno più motivo di esistere, ma che perdurano in uno processo di attivazione e riproduzione del movimento.

La fisioterapia e la riabilitazione giocano un ruolo di primo piano, per destrutturare gli schemi sbagliati di movimento del complesso articolare dl la spalla, ottimizzando nuovamente le catene muscolari congrue ad eseguire il movimento scomposto nei 3 piano dello spazio, per poi ricreare un’armonia nel loro insieme.

Va detto che il ripristino della funzione della spalla va integrato con la risoluzione o la gestione delle patologie che possono associarsi al quadro anamnestico, pertanto sarà importante fare un lavoro di equipe con le varie figure professionali sanitarie di riferimento, per ottimizzare il ricondizionamento del miglior stato di salute.

In questo articolo abbiamo imparato che la discinesia della spalla porta il paziente non solo ad utilizzare male il complesso articolare, ma anche a memorizzare uno schema motorio sbagliato; conoscendone però le cause e il meccanismo patologico, si può correre ai ripari, riportando il paziente a trovare un nuovo stato di salute e di funzionamento.

La salute passa attraverso la conoscenza e con l’articolo di oggi abbiamo la possibilità di aggiungere un tassello al nostro benessere.