Articoli

Discopatia

Con il termine discopatia si indica in maniera aspecifica, un’alterazione degenerativa del disco intervertebrale.

Anatomia

Il disco intervertebrale è un’ammortizzatore naturale a forma di cuscinetto discoide, posto tra una vertebra e l’altra, che ha il compito di accompagnare il movimento della colonna vertebrale e allo stesso tempo di mitigare i carichi generati dalla forza di gravità, da una parte del peso corporeo, dai sovraccarichi esterni (come ad esempio borse, zaini etc.), dal modificarsi delle leve e dal cambiamento delle curve vertebrali.

Il disco intervertebrale è costituito da tessuto fibrocartilagineo ed è diviso in due macro strutture:

  • il nucleo polposo che ha una forma sferica ed ha un contenuto gelatinoso composto per circa l’80% di acqua e mucopolissacaridi.

Il nucleo polposo ha il compito di ammortizzare e dissipare i carichi vertebrali adattandosi alle forze compressive nei movimenti dinamici vertebrali e nell’adattamento posturale statico

  • l’anulus fibroso che è costituito da fibre proteiche con alta percentuale di collagene 1/2 e di condrociti.

È composto da anelli concentrici che si dispongono attorno al nucleo polposo con una disposizione crociata del tessuto.

L’anulus fibroso ha il compito di assecondare le traslazioni del nucleo, di assorbire e assecondare lo scarico vertebrale sul nucleo polposo e di contenere il movimento vertebrale insieme al compartimento capsulo-legamentoso.

Discopatia 02I dischi intervertebrali sviluppano un’altezza media pari a circa il 25% dell’altezza complessiva della colonna vertebrale, ma questo dato è variabile il base alla disidratazione, ovvero alla perdita di liquidi nel complesso discale durante l’arco della giornata e alla capacità di reidratazione degli stessi per effetto osmotico nel momento in cui la colonna è in posizione di scarico.

Va assolutamente detto che i dischi intervertebrali nel tempo perdono qualità viscoelastiche e la capacità di reidratarsi, sia per un processo di naturale invecchiamento, sia per la ripetizione di microtraumi, sovraccarichi e disfunzioni vertebrali.

Pertanto la discopatia è una condizione il più delle volte inevitabile nel proseguo dell’invecchiamento della persona, ma non è assolutamente detto che debba causare sintomatologia dolorose, mentre può essere una condizione predisponente a patologie vertebrali di varia natura.

Discopatia e…

Come dicevamo il termine discopatia è generico nella sua definizione ma con esso si può preannunciare una serie di problemi del disco ben identificabili……vediamoli insieme.

Discopatia 03Con il termine discopatia si può associare:

  • disidratazione discale con perdita di altezza del muro verticale
  • bulging discale
  • fissurazione discale
  • protusione discale
  • ernia discale
  • discite

Ognuna di queste condizioni può creare un’affezione patologica che difficilmente sarà isolata, ma si assocerà ad alterazione di tipo osteo-articolare, radicolare, neurologica, vascolare, muscolare, dando vita a quadri anatomopatologici ben più complessi.

Quindi che sintomi si possono associare ad una discopatia?

Un problema isolato discale può darmi una sintomatologia?

Il disco intervertebrale ha un’ innervazione sensitiva nelle porzioni più esterne dell’anulus fibroso, con una particolare attività nella zona postero laterale.

Discopatia 04Questa innervazione consente di recepire il dolore nel momento in cui la porzione anatomica sopra indicata dell’anulus fibroso, sia messa sotto stress meccanico-compressivo in maniera costante, o subisca un processo flogistico-infettivo come nella discite.

La discopatia può inoltre generare dolore in varie situazioni:

  • riduzione del lume di passaggio del forame di coniugazione, con impegno dell’uscita del nervo, nell’intersegmento tra una vertebra e l’altra e del suo pacchetto vascolare arterio-venoso
  • sovraccarico dei corpi vertebrali con possibilità di incorrere in un processo algodistrofico vertebrale di tipo MODIC
  • nevrite di passaggio tipo lombosciatalgia o cervicobrachialgia, per irritazione compressiva da erniazione del nucleo polposo
  • stenosi del canale vertebrale per erniazione del nucleo polposo con riduzione del lume del canale vertebrale
  • irritazione del compartimento articolare, per perdita della sinergia tra la biomeccanica vertebrale e l’accomodamento discale
  • contrattura muscolare come risultato di un riflesso antalgico nelle situazioni sopra annoverate.

Discopatia 05I dolori che si possono presentare in tutte queste situazioni, sono dolori che possono variare da una topografia localizzata, puntiforme o a fascia, fino ad irradiarsi sul dermatomero rispondente alla radice nervosa eventualmente coinvolta.

Nel caso il paziente soffra di sintomi legati alla stenotizzazione, potranno manifestarsi crampi muscolari associati a riduzione della forza e della resistenza durante le attività fisiche.

Come precedentemente scritto, le cause della discopatia sono da imputare al fatto che i dischi intervertebrali nel tempo, possano perdere qualità viscoelastiche e la capacità di reidratarsi, sia per un processo di invecchiamento, sia per la ripetizione di microtraumi, sovraccarichi e disfunzioni vertebrali.

Discopatia 06I dischi intervertebrali, hanno un ruolo importante nella biomeccanica vertebrale, perché non solo ammortizzano i carichi naturali e i sovraccarichi esterni, ma diventano dei veri e propri fulcri di movimento sia nei gesti singoli ,che in quelli combinati nei 3 piani dello spazio.

La cattiva sinergia vertebrale con un’alterazione delle curve di cifosi e lordosi, associata ad un’alterato rapporto di congruità tra il corpo vertebrale e le faccette articolari, è una delle cause primarie di degenerazione discale precoce e quindi di discopatia.

Come si fa una diagnosi di discopatia?

L’esame obiettivo è fondamentale per indagare sia la corretta mobilità vertebrale, che il giusto accomodamento delle curve vertebrali.

Sono molto importanti anche i test clinici che servono a far emergere segni d’impotenza funzionale e dolorabilità, a seconda delle condizioni patologiche che si associano alla dicopatia.

Fondamentali sono le indagini diagnostiche strumentali quali RX ed RM, in grado di dare un chiaro quadro dello stato anatomico in essere.

L’RX permettere di monitorare lo spazio interdiscale e le alterazioni sia delle curve vertebrali, che delle porzioni articolari, mentre l’RM consentirà di indagare nello specifico lo stato in essere del disco intervertebrale, sia nella sua forma, sia nella sua idratazione, sia nello stato di integrità dell’anulus fibroso, sia nella dislocazione del nucleo polposo, sia nel rapporto discale in merito al forame di coniugazione, alla radice nervosa e al canale vertebrale.

Come si approccia una discopatia a livello terapeutico?

Va subito detto che il disco intervertebrale è una struttura anatomica che non può rigenerarsi, pertanto la discopatia va gestita, sia per evitare che possa essere la concausa di patologie associate, sia per evitare che possa peggiorare con il passare del tempo e creare un’instabilità vertebrale.

L’utilizzo di farmaci hanno l’intento di diminuire lo stato infiammatorio e le contratture antalgiche associate, rompendo il circolo vizioso dell’impotenza funzionale.

Valido può risultare anche l’utilizzo ad intermittenza, poche ore nell’arco della giornata, di busti, collari cervicali e correggi postura, in maniera da scaricare le forze compressive, mettendo a riposo i dischi intervertebrali stessi.

La fisioterapia, l’osteopatia e la stessa attività fisica, hanno il compito di migliora l’assetto vertebrale, sia nell’unità vertebrale (vertebra-disco-vertebra), che tra le curve di cifosi e lordosi, così come hanno il compito di ottimizzare il movimento vertebrale nei 3 piani dello spazio e ridurre le fibrosità capsulo-legamentose; non va dimenticato che è di grande importanza ricercare un equilibrio muscolare tra catene agoniste e antagoniste, migliorandone anche i rapporti neurologici di feedback tra i meccanocettori associati.

Abbiamo quindi capito che la discopatia è una condizione di invecchiamento e degenerazione imprescindibile, legata all’invecchiamento biologico della persona, ma che può subire un’accelerazione gravemente patologica, per tutta una quella serie di concause di cui abbiamo parlato, pertanto non dobbiamo assolutamente trascurare la condizione di equilibrio dell’intera colonna vertebrale e ottimizzarne sempre la sua funzionalità, limitando, ove fosse possibile, l’aumento di peso corporeo e di carichi esterni elevati.

La salute passa attraverso la conoscenza e con l’articolo di oggi abbiamo la possibilità di aggiungere un tassello al nostro benessere.

Ernia intraspongiosa di Schmorl

L’ernia intraspongiosa di SCHMORL è una particolare ernia discale che si sviluppa verticalmente, andando ad intaccare i piatti discali vertebrali, tra i quali si interpone, rovinandoli.

Anatomia

La porzione del nucleo discale erniato, può coinvolgere entrambi i piatti discali o solamente uno dei due.

Questa particolare ernia del disco, non sviluppandosi sul piano orizzontale e non migrando posteriormente, non può creare conflitti con le radici nervose o con il canale midollare, pertanto non causa una sintomatologia neurologica periferica.

L’ernia di SCHMORL può presentarsi su qualsiasi segmento vertebrale, ma generalmente compare con più frequenza negli ultimi metameri vertebrali dorsali e su quelli lombari, ovvero, dove i carichi compresivi patologici sono maggiori.

Ernia intraspongiosa di Schmorl anatomia

I sintomi dell’ ernia intraspongiosa di Schmorl

Ernia intraspongiosa di Schmorl 01I sintomi legati all’ernia intraspongiosa sono generalmente di poca rilevanza o totalmente assenti.

Solamente nel caso in cui sia particolarmente voluminosa e si estenda nella parte profonda del corpo vertebrale, può attivare una sintomatologia algica con contrattura riflessa locale, dovuta all’attivazione del ramo meningeo del nervo di riferimento segmentale.

In questo caso il dolore può essere profondo, intenso e di lunga durata, con una limitazione associata della mobilità articolare vertebrale del segmento stesso e di riflesso, dei fulcri vertebrali associati nel meccanismo di adattammo posturale e dinamico.

Nei casi dove l’ernia di SCHMORL sia particolarmente voluminosa, la casistica di frattura del corpo vertebrale può aumentare in una percentuale del 10% circa.

Le cause

Ernia intraspongiosa di Schmorl causeLe cause possono essere molteplici e di varia natura:

  • traumi compressivi (accidentali o da attività sportive che prevedano salti e cadute)
  • microtraumi ripetuti a linee verticali
  • il sollevamento protratto nello sforzo e nel tempo di carichi pesanti (attività lavorative o sport con sollevamento pesi)
  • alterazione delle posture (ipercifosi e/o verticalizzazione del segmento lombare)
  • osteoporosi
  • invecchiamento senile
  • patologie vertebrali degenerative (idiopatiche, metaboliche, infiammatorie, infettive, autoimmunitarie)
  •  patologie vascolari localizzate o sistemiche, che attivino un decadimento degenerativo, infiammatorio o addirittura necrotico della vertebra
  • fibrosità dei legamenti longitudinali vertebrali anteriori e posteriori.

Come possiamo valutare, le cause possono essere molteplici, di varia natura e possono essere predisponenti in maniera specifica o sommarsi tra di loro.

La diagnosi dell’ ernia intraspongiosa di Schmorl

rm erniaNella diagnosi la raccolta dei dati anamnestici è importante, consente di capire quali siano i sintomi riferiti dal paziente, quali siano gli eventi associabili e avere un primo canale di classificazione della patologia in essere.

Nel proseguo della denominazione della patologia, l’esame obiettivo è importante per valutare la postura del paziente, per accertarsi della presenza del dolore, della sua localizzazione, della corretta mobilità vertebrale e della presenza di contratture antalgiche riflesse.

Di fondamentale importanza è l’utilizzo di immagini diagnostiche vertebrali, fornite in varie modalità:

  • RX
  • RM
  • TC

L’immagine di ernia di SCHMORL, con la migrazione del nucleo polposo e l’avvallamento delle limitanti somatiche vertebrali, non lascia dubbii sulla denominazione della patologia.

Il trattamento

fisioterapia erniaGeneralmente l’ernia intraspongiosa è asintomatica e pertanto non necessita di cure specifiche.

Nel caso in cui sia sintomatica, allora sarà necessario procedere alla riduzione del dolore, della rigidità vertebrale, delle contratture antalgiche riflesse e al recupero delle naturali e corrette posture.

Nella fase acuta sarà utile assumere antinfiammatori, generalmente fans, antidolorifici e miorilassanti.

La fisioterapia è fondamentale per ridurre lo stato sintomatico del paziente e per correggere le posture, migliorando i carichi delle linee di forza gravitarie e dinamiche.

Sempre per merito della fisioterapia sarà possibile recuperare il corretto movimento articolare segmentale e ricondizionare la biomeccanica rispetto al coordinamento dei fulcri vertebrali e dei cingoli scapolo/pelvici.

Di grande importanza sarà il rinforzo muscolare mirato ad irrobustire la muscolatura della colonna, ottimizzandone la sinergia tra le componenti agoniste e antagoniste.

Anche la chirurgia può essere chiamata in causa, nel momento in cui si renda necessario agire con una vertebroplastica, per irrobustire e modellare il metamero eroso dall’ernia intraspongiosa.

Rari sono i casi in cui la fragilità segmentale vertebrale, richieda la stabilizzazione chirurgica mediante mezzi di sintesi.

L’ernia di SCHMORL anche se perlopiù asintomatica, non va trascurata perché è il sentore di una condizione morbosa associata che va indagata e risolta, per evitare l’instaurarsi di gravi patologie nel proseguo del tempo.

La salute passa attraverso la conoscenza e con l’articolo di oggi, abbiamo la possibilità di aggiungere un tassello al nostro benessere.

Protrusioni ed ernie discali…quali sono le differenze e cosa comportano

La protrusione e l’ernia discale sono entrambe delle patologie che colpiscono la struttura del disco intervertebrale, alterandone la forma, le caratteristiche biologiche e le funzioni.

ernia_discale_01La protusione è l’anticamera dell’ernia discale ed entrambe sono l’evoluzione patologica di un disco intervertebrale che subisce forze di compressione, di trazione, di torsione e di sovraccarico, tanto da rovinarne la struttura, portandola oltre la normale degenerazione e quindi ad un danno patologico.

È vero che possono insorgere anche per eventi traumatici, ma la percentuale di danno da cattivo utilizzo rispetto ad eventi violenti, gioca nettamente in favore del primo.

Entriamo adesso nello specifico.

ernia_discale_02Il disco intervertebrale è una struttura fibrocartilaginea con una porzione centrale chiamata nucleo polposo e una porzione di contenimento chiamata anulus fibroso.

Il nucleo polposo trattiene una altissima concentrazione di liquido acquoso, più dell’80%, ed è una massa di tipo gelatinosa costituita da mucopolissacaridi.

L’ anulus fibroso deve contenere il nucleo polposo, fungere da punto di unione tra la vertebra soprastante e quella sottostante, mitigare le forze di trazione e torsione nei tre piani dello spazio ed è costituita da fibre proteiche con alta percentuale di collagene 1 / 2 e di condrociti.

Il disco intervertebrale, oltre ad avere il compito di ammortizzare i carichi della colonna vertebrale, assolve anche alla funzione di movimento, formando degli assi attorno ai quali potersi muovere in sinergia con la biomeccanica delle articolazioni vertebrali.

Ma il danno al disco intervertebrale come avviene al di fuori di un violento evento traumatico?

ernia_discale_03Il cambiamento delle normali curve vertebrali di cifosi e lordosi, l’aumento dell’effetto compressivo, l’aumento esagerato di peso corporeo e il sovraccarico di movimenti che si spostano per percentuale dalle strutture articolari al disco intervertebrale, porta questa struttura a fissurarsi, ovvero a rompere le fibre dell’ anulus fibroso, favorendo una strada di migrazione del nucleo dal centro verso la periferia.

La protusione è la condizione in cui il nucleo migra dalla porzione centrale del disco intervertebrale, verso l’ esterno, utilizzando la strada aperta dalla fissurazione delle fibre dell’ anulus stesso, ma rimane ancora frenata dalla periferia estrema del disco intervertebrale.

L’ernia discale è l’ evoluzione della protusione del disco e si affaccia fuori dalla linea di limitazione discale.

L’ernia del disco è catalogata in molti modi a seconda del suo stato e della sua posizione, pertanto può essere:

  • mediana
  • paramediana
  • laterale (intraforaminale)
  • contenuta
  • migrata
  • idratata
  • disidratata
  • sovra radicolare
  • sotto radicolare.

Tutte queste differenze di forma, di posizione e di consistenza vanno prese in considerazione per poter applicare la cura al meglio.

I dischi intersomatici protrusi o erniati hanno la stessa sintomatologia?

Assolutamente no.

Le protusioni discali generalmente sono asintomatiche perché per la loro condizione di alterazione anatomica, non sono in grado di attivare il sistema nocicettivo, né sul piano radicolare né strutturale, ma le condizioni che portano il disco a protrudere, possono essere esse stesse la causa di dolore con impingement e compressione delle faccette articolari, sfaldamento delle cartilagini articolari, formazione di stravaso di liquidi nel piatto vertebrale di appoggio, riduzione del lume di passaggio dei forami di coniugazione e delle loro radici nervose di competenza.

ernia_discale_04

L’ernia discale invece è tutta un’altra storia.

La fuoriuscita del nucleo dal limite periferico massimo discale, fa sì che essa si possa andare a posizionare nell’aria interna del canale midollare o nel forame di coniugazione, appoggiandosi e comprimendo la radice nervosa.

Nei casi più fortunati l’ernia è mediana, ovvero centrale rispetto a canale midollare e non tocca nessuna delle due radici, ma può creare un danno da stiramento del legamento longitudinale posteriore che passa tra le vertebre e i dischi, nella porzione posteriore dei corpi vertebrali.

La sintomatologia

ernia_discale_05La sintomatologia più comune è quella della radicolite compressiva irritativa, che siamo comunemente portati a conoscere nella sua forma di lombo-sciatalgia, lombo-cruralgia e cervicobrachialgia.

L’ernia discale è particolarmente acuta nella sintomatologia radicolare se si posiziona nel forame di coniugazione (intraforaminale), perché la sua posizione riduce di molto la possibilità di movimento della radice nervosa, arrecandone un’ irritazione importante.

ernia_discale_06Da una problematica radicolare ci si può spostare ad una stenosi molle del canale, nel momento in cui un’ernia voluminosa riduca il lume del canale midollare stesso creando una patologia compressiva sul midollo o sulla cauda equina, a seconda del livello vertebrale di cui stiamo parlando. In quel caso spesso la ritroviamo migrata rispetto all’ area discale di appartenenza.

Ultima classificazione che può dare valore alla sintomatologia è l’idratazione o la disidratazione della porzione del nucleo erniato, perché questo determina la rigidità dell’ernia stessa e la possibilità di spostarsi ulteriormente aumentando il suo volume.

La diagnosi

Importante sarà fare una diagnosi clinica scrupolosa, utilizzando testi clinici per lo studio delle articolazioni e dei dischi intervertebrali, in parallelo con la valutazione neurologica dei segmenti coinvolti nelle ernie e nelle problematiche associate delle protusioni discali.

ernia_discale_07Fondamentale è l’esame di risonanza magnetica che fotografa lo stato dei tessuti discali nei confronti dei piatti vertebrali, del canale midollare, dei forami di coniugazione e ovviamente delle radici nervose.

La radiografia può solo dare un’idea dello spazio tra una vertebra e l’altra facendo immaginare la condizione discale di intermezzo, ma non è un esame diagnostico specifico per il disco intervertebrale.

La tc può essere richiesta al posto della risonanza magnetica nel caso in cui il paziente abbia delle controindicazioni ad eseguirla (pacemaker, mezzi di sintesi incompatibili, schegge metalliche, etc.), o nel caso si voglia vedere con minuziosità il rapporto del disco rispetto alle strutture osteo/articolari, piuttosto che rispetto alle strutture neurologiche perimetriche.

La cura

ernia_discale_08L’approccio terapeutico per la protusione si basa sulla fisioterapia, sull’osteopatia e sulla ginnastica, per mantenere un buon equilibrio delle curve posturali tra lordosi e cifosi con un tono muscolare capace di sostenere le articolazioni tanto nella statica quanto nella dinamica.

Bisogna ripristinare e mantenere gli equilibri tra le catene muscolari anteriori, posteriori e rotatorie.

E’ importante mantenere elastici i legamenti che stabilizzano le vertebre tra di loro e in generale le articolazioni cardine dei cingoli pelvici e scapolari.

Nell’ernia discale la terapia sì basa sulla gravità dell’ernia nei rapporti con le radici nervose o con il midollo / cauda equina.

Si passa dalle terapie mirate a ricreare spazio tra le articolazioni e i forami di coniugazione vertebrali, a quelle di mobilizzazione del nervo interessato nel suo percorso, al drenaggio dei tessuti peri locali, al cambiamento di assetto vertebrale per scaricare la zona colpita, all’utilizzo di busti di scarico per la zona lombare o collari morbidi o semi rigidi cervicali.

ernia_discale_09Nei casi più gravi si può arrivare all’intervento chirurgico per asportare il nucleo erniato non più gestibile nella fisiologia del paziente.

In ogni situazione diventa fondamentale stare attenti allo stile di vita e alle norme di buon utilizzo della propria colonna nei movimenti quotidiani e durante il riposo.

La terapia farmacologica è sempre di supporto a stati acuti e vede l’utilizzo di antinfiammatori, miorilassanti e o antidolorifici.

Può essere molto efficace, se utilizzata insieme alle altre terapia precedentemente descritte, l’ozonoterapia per migliorare il trofismo biologico e ridurre lo stato infiammatorio basale locale.

ernia_discale_10Adesso che abbiamo capito le differenze tra protusione ed ernia discale, dobbiamo solamente stare attenti a prevenirle e nel caso siano comparse, a gestirle al meglio per mantenere uno stato di efficienza nella vita di tutti i giorni.

Lombosciatalgia

La lombosciatalgia è un’ affezione dolorosa che prende il nervo sciatico causando una nevrite che si irradia sul territorio specifico dell’arto inferiore.

Lombosciatalgia_01Il nervo sciatico è un nervo formato da varie radici nervose del midollo spinale, più precisamente dalla cauda equina e fuoriescono dalla colonna vertebrale tramite i forami di coniugazione.

I forami di coniugazione si creano dall’unione di due vertebre creando uno spazio dove il nervo può passare per poi dislocarsi lungo il corpo umano.

Lo sciatico è formato da ben 5 radici nervose L4-5-S1-2-3, dove L ed S stanno ad indicare i segmenti lombari e sacrali, pertanto 2 radici escono dalla zona lombare e 3 dalla zona sacrale.

Ogni radice ha un territorio specifico dove porterà sensibilità e motricità, partendo dalla zona lombare o sacrale, passando per la zona glutea, scendendo sulla coscia e sulla gamba, fino ad arrivare al piede.

Un attacco acuto sciatalgico può essere molto doloroso manifestandosi con alterazioni della sensibilità, riduzione della forza specifica e alterazione dei riflessi osteo-tendinei, inoltre può causare una difesa antalgica portando la colonna e l’arto inferiore a creare degli schemi di compensi totalmente alterati, che assoceranno uno stato di contrattura resistente alla risoluzione autonoma.

Lombosciatalgia_01Come ho già accennato prima, il territorio di sviluppo patologico è esteso e ben distinto, ma spesso viene confuso nella diagnosi, con patologie di tipo vertebrale che danno una manifestazione similare ma che si estendono con un irradiazione molto più breve, colpendo ad esempio solamente il gluteo o la coscia spesso nella porzione posteriore.

In questo caso diventa sbagliato parlare di sciatalgia e le cure che verranno applicate nel piano terapeutico sciatalgico potranno risultare inefficaci.

Diventa fondamentale essere precisi nel diagnosticare la sciatalgia vera e ancora più importante capire quale sia la radice coinvolta e la causa che la innesca.

Vediamo di capire quali siano le possibili cause della lombosciatalgia.

Lombosciatalgia_03Comunemente si associa questa patologia ad un’ernia discale, nel momento in cui il nucleo erniato va a comprimere la radice nervosa inducendone un’irritazione e un’ infiammazione.

Sarebbe però riduttivo accusare l’ernia del disco come unico evento scatenante e allora vediamo di fare chiarezza su ogni possibile causa:

  • schiacciamento vertebrale con riduzione di altezza dei forami di coniugazione
  • chiusura dei forami di coniugazione dato da un’inclinazione atipica del segmento vertebrale
  • edema con aumento della pressione all’interno del forame di coniugazione
  • Lombosciatalgia_04ipossia o anossia per riduzione della portata arteriosa inerente alla radice nervosa
  • osteofita canalare, ovvero un’escrescenza ossea a livello articolare che si espande verso la radice nervosa irritandola
  • batterico o virale

Omettiamo tutte le cause traumatiche fratturative o tumorali perché meriterebbero un articolo a se spiegandone la complessità.

Le cause sopra elencate possono essere cumulabili in discali, meccaniche, vascolari e infettivobatteriche; sono tutte diverse tra di loro ma danno come risultato finale la stessa sintomatologia dolorosa e di impotenza funzionale.

Lombosciatalgia_05È chiaro che a seconda della categoria della causa scatenante, sarà diverso il piano terapeutico e il tempo di recupero per tornare ad uno stato di salute effettivo ed efficiente.

Capite da voi quanto sia importante essere precisi nella diagnosi.

Sbagliare diagnosi potrebbe mettere in ulteriore difficoltà il paziente che vive l’affezione patologica.

E allora come si fa ad essere precisi nel dare il giusto nome e cognome al fattore scatenante la lombosciatalgia?

Si inizia come sempre con una raccolta dati e quindi un’anamnesi, che vada a centrare i sintomi del paziente rispetto a quello che potrebbero causarli, si indaga ogni possibile perturbazione presente e passata che possano aver influenzato lo stato di salute del soggetto e non per ultimo si cercano di escludere le possibili diagnosi differenziali che per similitudine sintomatologica ci potrebbero portare fuori strada.

Lombosciatalgia_06Nell’utilizzo della diagnostica per immagini o di quella strumentale, è fondamentale l’utilizzo di RM lombo-sacrale, per studiare lo stato anatomico delle strutture discali e radicolari, sia nel passaggio del canale midollare e sia in quello del forame di coniugazione.

Nel caso di alterazioni osteoarticolari, che possano essere di tipo osteofitico, da alterazione morfologica della vertebra, oppure da stenosi dura, l’esame più appropriato risulta essere la TC che ha la capacità di studiare in maniera eccellente il tessuto osseo e calcifico nei sui più intimi particolari.

In caso di infezioni come fonte della sciatalgia, può essere necessario ricorrere ad esami di laboratorio per studiarne la presenza nel sangue.

In circostanze sciatalgiche tanto acute quanto croniche, con importanti manifestazioni motorie, può essere necessario lo studio della conduzione nervosa rispetto alla placca motrice e quindi lo stato di salute del nervo stesso e la sua efficienza, utilizzando l’esame elettromiografico; non è raro riscontrarne una sofferenza o addirittura una denervazione.

La sciatalgia può regredire in maniera totale e le strade da percorrere sono molteplici:

La farmacologia vede l’impegno di antinfiammatori non steroidei o cortisonici, sia in maniera singola e sia associati a miorilassanti, in maniera da ottenere tanto la riduzione dell’infiammazione quanto del tono muscolare e delle contratture antalgiche.

Si possono utilizzare anche farmaci antidolorifici nel caso il dolore sia talmente acuto da non riuscire a rompere il ciclo di rinforzo dell’ipertono locale muscolare.

L’ozono terapia applicata localmente, può ridurre la componete infiammatoria in maniera naturale, andando a riequilibrare il PH perturbato dal processo infiammatorio e attenuando la sintomatologia.

La fisioterapia gioca un ruolo fondamentale nella riduzione del dolore e nella mobilizzazione del nervo nei suoi punti critici di passaggio, mobilizzandolo e ricercando lo spazio di scorrimento adeguato per alleviarne l’ irritazione .

Ha la capacità di drenare il tessuto vascolare venoso, nel caso sia lui il responsabile dell’aumento della pressione nella zona del passaggio del forame di coniugazione.

Riduce lo stato di tensione muscolare e risolve le contratture muscolari.

Riequilibra le catene muscolari cercando la migliore sinergia tra gruppi anteriori e posteriori riportandole ad un rapporto di sinergia.

Lombosciatalgia_08L’osteopatia mette in libertà le strutture articolari bloccate, liberando i forami di coniugazione da restrizioni che, se mantenute, avrebbero solamente rinforzato lo stato patologico.

Toglie trazione alla radice nervosa agendo sulla mobilizzazione del tubo neurale.

Diminuisce le zone di tensione addominale agendo sulle pressioni e sulle aree muscolari inerenti.

Influenza il tessuto connettivo di sostegno del nervo sciatico lungo tutto il suo percorso, disimbrigliandolo e dandogli modo di poter lavorare senza resistenze.

Migliora il drenaggio dei cataboliti infiammatori, agendo sul sistema viscerale, in particolar modo sugli organi emuntori per espellerne le tossine.

Lombosciatalgia_09Nel caso la sciatalgia di natura discale erniaria, resistente ad ogni tipo di trattamento per grandezza o posizione, si può intervenire con la chirurgia eliminando il tessuto che comprime la radice nervosa, ripulendo la zona da eventuali aderenze create dal nucleo discale espulso, decongestionando la radice nervosa.

Va ricordato che un intervento chirurgico di ernia del disco, elimina la causa ma non modifica lo stato degenerativo in essere del segmento vertebrale, pertanto sarà necessario prendersi cura della propria colonna in maniera costante con esercizi mirati, fisioterapia e osteopatia preventiva.

Vogliamoci bene, prendiamoci cura della nostra schiena!

Meniscopatie

Con il termine di meniscopatia si indicano le lesioni nel loro insieme, che interessano i menischi all’interno dell’articolazione del ginocchio.

Meniscopatie_01Ne sono coinvolti sia soggetti maschili che femminili, sia sportivi che sedentari.

I menischi sono delle fibrocartilagini del ginocchio poste tra la tibia e i condili femorali, sono a forma di C nella porzione mediale e a forma di O nella porzione laterale.

Meniscopatie_02Sono ancorati in maniera strutturale al piatto tibiale e poi hanno collegamenti dinamici con la capsula articolare, i legamenti, la rotula, il muscolo semimembranoso e il muscolo popliteo.

Hanno il compito di stabilizzare l’articolazione del ginocchio e di distribuire i carichi assorbendone gli urti e ammortizzando il peso del corpo, favoriscono i micromovimenti di traslazione e di rotazione durante il macromovimento di flesso estensione.

Le meniscopatie si dividono in due grandi capitoli:

  • meniscopatie di origine traumatica
  • meniscopatie di origine degenerativa.

Le meniscopatie traumatiche sono causate da traumi e ovviamente i soggetti sportivi sono maggiormente coinvolti.

Sono dovute a eccessive sollecitazioni articolari per le quali i menischi subiscono un tilt coordinativo della funzione rotatoria – traslatoria nella flesso estensione e un tilt coordinativo dei richiami capsulari, legamentosi e muscolari.

Meniscopatie_03Questo mancato coordinamento delle funzioni biomeccaniche integrate meniscali, porta le fibrocartilagini a subire una sollecitazione estrema che ne supera la naturale resistenza.

Le meniscopatie di origine degenerative sono dovute a una degenerazione del tessuto meniscale che perde le caratteristiche biologiche naturali diventando fragile.

I menischi non sono più in grado di rispondere ai requisiti programmati e vanno incontro a fissurazioni e deformazioni anche con movimenti banali e apparentemente innocui.

Non riescono più a dissipare i carichi di forza femoro-tibiali e non rispondono in maniera efficace alle dinamiche di trazione e di richiamo delle componenti muscolari, capsulari e legamentose.

Meniscopatie_04Classificando i vari tipi di lesioni meniscali abbiamo un quadro completo e dettagliato:

  • lesioni longitudinali
  • lesioni a manico di secchio
  • lesioni radiali
  • lesioni a becco di pappagallo
  • lesioni orizzontali
  • lesioni tipo flap
  • lesioni di tipo complesse relative alla rottura delle strutture di aggancio del menisco rispetto ai corni di ancoraggio, rispetto alla capsula articolare, rispetto alle strutture legamentose (solitamente sono conseguenti ad eventi traumatici distorsivi o fratturativi).

La classificazione delle lesioni meniscali si basa secondariamente alla localizzazione della lesione in essere:

  • corno posteriore
  • corpo meniscale
  • corno anteriore.

In entrambe le situazioni traumatiche o degenerative, il menisco più colpito generalmente è il mediale, perché maggiormente sottoposto ai delicati movimenti di traslazione.

Meniscopatie_05Per diagnosticare una meniscopatia i sintomi e i testi clinici sono sufficientemente capaci di individuare il problema specifico, ma l’esame di risonanza magnetica ci mostrerà con efficacia e chiarezza il tipo di danno e l’estensione anatomica della porzione meniscale coinvolta.

Utilizzata a scopo diagnostico è anche l’artroscopia stessa che permette di indagare in maniera diretta lo stato anatomico intrarticolare.

I sintomi di una meniscopatia sono vari e si manifestano in condizioni diverse:

  • gonfiore del ginocchio
  • perdita di forza muscolare 
  • instabilità del ginocchio
  • scrosci articolari
  • sensazione di blocco articolare all’escursione massima
  • blocco articolare in alcune di gradi di flesso-estensione del ginocchio
  • cedimento articolare nel salire o scendere le scale.

Meniscopatie_06La terapia verrà suddivisa in due grandi capitoli:

  • conservativa
  • chirurgica

Nella terapia conservativa si cercherà di:

  • ridurre l’infiammazione utilizzando antinfiammatori non steroidei e applicazioni di ghiaccio
  • aumento della viscosità per mezzo di infiltrazioni di acido ialuronico
  • recuperare il tono muscolare che inevitabilmente a causa del dolore tenderà a diminuire
  • lavoro propriocettivo per recuperare la stabilità dinamica articolare
  • drenaggio vascolo-linfatico
  • riequilibrio delle catene muscolari
  • riequilibrio dell trofismo capsulo-legamentoso
  • riequilibrio delle strutture biomeccaniche e della loro funzione rispetto alla superficie articolare e ai movimenti coordinati muscolari, legamentosi e capsulari.

Meniscopatie_07Nella terapia chirurgica si procederà a:

  • una meniscectomia parziale ovvero all’asportazione della sola porzione lesionata del menisco (non si eseguono più gli interventi di asportazione totale per evitare la formazione di un’artrosi articolare precoce),
  • sutura del menisco lì dove si sia creato una lacerazione,
  • pulizia chirurgica articolare che comprenderà i menischi.

A seconda del tipo di intervento chirurgico eseguito, si procederà alla riabilitazione per il recupero articolare, per il recupero del tono e del trofismo muscolare, per il recupero della deambulazione e della propriocezione articolare.

I menischi sono un vanto dell’architettura umana, purtroppo vanno facilmente incontro ad usura, degenerazione e traumi, ma con delle nozioni chiare e semplici siamo in grado di prevenire e curare al meglio le patologie che li riguardano.

Ozonoterapia

L’ozonoterapia è una miscela di ossigeno e ozono utilizzata per scopi terapeutici.

L’obiettivo è quella di introdurre maggiore quantità di ossigeno nel corpo tramite l’ozono.

È una terapia che può essere utilizzata per molte patologie ma al momento l’evidenza scientifica ne certifica efficacia reale solo per l’ernia del disco.

Il concetto è quello di utilizzare la molecola reattiva di ozono.

ozonoterapia_1La molecola di ozono è formata da tre atomi di ossigeno, di cui due atomi creano la molecola base e il terzo atomo di ossigeno può staccarsi per interagire con le molecole di altre sostanze.

Nel corpo umano l’ozono viene prodotto direttamente dei globuli bianchi ed è utilizzato per attaccare i corpi estranei neutralizzando l’agente invasore, per interagire con i processi infiammatori diminuendone gli effetti e come disinfettante naturale.

Ricapitolando i potenziali benefici dell’ozonoterapia possiamo così elencarli:

  • azione antinfiammatoria
  • azione analgesica
  • rilascio e utilizzo dell’ossigeno corporeo
  • rilascio dei fattori di crescita con particolare beneficio del compartimento osteoarticolare
  • inattivazione virale
  • azione funghicida
  • azione sbiancante

ozonoterapia_2Di tutte queste interazioni benefiche scientificamente si è arrivati alla sola conclusione che l’applicazione di ozonoterapia manifesta benefici per l’ernia discale.

Viene iniettata una miscela gassosa di ossigeno e azoto direttamente nel’ernia del disco e nella zona vertebrale circostante, dopo alcune sedute e con il passare dei giorni, il tessuto del disco erniato tenderà a ridurre il proprio volume diminuendo la compressione sulle radici nervose e facendone regredire i sintomi periferici sensitivi e motori.

Ritornando ad argomentare l’ozonoterapia nel nei suoi molteplici aspetti, dobbiamo dire che l’applicazione vede varie modalità:

  • intra arterioso
  • intra venoso
  • intra articolare
  • sottocutaneo
  • applicazioni locali con creme ed oli
  • autoemotrasfusione, ovvero viene prelevato del sangue venoso, sottoposto a ozono e reimmesso nella circolazione sanguigna
  • insufflazione intestinale

L’ ozono non può essere somministrato per via inalatoria perché è dannoso per le membrane polmonari rovinandone il tessuto biologico.

ozonoterapia_3L’ ozono infuso nella circolazione sanguigna può decomporsi formando radicali liberi reattivi, che possono portare ad uno stress ossidativo, danneggiando strutture organiche e favorendo l’ insorgenza di malattie degenerative come l’aterosclerosi.

Pertanto le dosi di ozono somministrate non devono eccedere rispetto alle capacità degli enzimi antiossidanti di tenere a bada i radicali liberi formati dal processo ossidativo.

In conclusione l’ozonoterapia può essere un valido aiuto nel campo delle patologie vertebrali, supportando il percorso terapeutico, senza però perdere di vista la globalità del terreno di sviluppo patologico e le interazioni multifattoriali che riportano ad uno stato di buona salute.