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Pneumotorace

Con il termine di pneumotorace si definisce una patologia toracica dov’è coinvolto il polmone, la pleura e la parete toracica.

Nel pneumotorace si viene a creare una spazio anomalo gassoso, o meglio di aria, nello zona tra il polmone e la parete toracica, ovvero nel cavo pleurico.

Pneumotorace 01Anatomia nel pneumotorace

Il cavo pleurico è lo spazio esistente tra la pleura viscerale e la pleura parietale.

La pleura è una membrana di tipo sierosa che si ripiega su se stessa, formando per l’appunto lo spazio del cavo pleurico, contenente del liquido, necessario per favorire lo scorrimento delle due membrane, senza generare attriti.

Pneumotorace 02La pleura viscerale è interna ed è adesa al polmone e ai suoi annessi; non ha innervazione sensitiva nocicettiva.

La pleura parietale è esterna ed è adesa alla parete toracica; è ben innervata dalle fibre nocicettive e pertanto è molto sensibile agli stimoli dolorosi.

L’aria che si forma in maniera anomala nella cavità pleurica, comprime il polmone e ne impedisce la corretta espansione, con una conseguente riduzione della funzionalità polmonare.

Sintomatologia

I sintomi che si associano al pneumotorace possono variare a seconda dell’entità con cui si presenta la patologia.

Nelle forme lievi, i sintomi possono essere sfumati o a dir poco vaghi, mentre ne casi più gravi le manifestazioni cliniche possono avere varie sfaccettature:

  • dispnea (respirazione faticosa)
  • ipossia (riduzione dell’ossigenazione)
  • parestesie e manifestazioni cianotiche periferiche
  • affaticamento
  • tachicardia
  • spossatezza
  • dolore e/o oppressione toracica
  • dolore interscapolare
  • dolore all’inspirazione e nell’espirazione profonda
  • sensazione di crepitio nell’atto inspiratorio.

CauseCom’è comprensibile, molte di queste manifestazioni possono richiedere il ricovero del paziente per assistenza primaria ospedaliera, scongiurandone il precipitare delle condizioni cliniche e stabilizzandolo nelle funzioni primarie.

Come precedentemente detto, il pneumotorace si manifesta quando si crea una bolla di aria tra la pleura viscerale e quella parietale, ovvero nel cavo pleurico, generando una pressione anomala, non più negativa, che fa collassare il polmone su se stesso, pertanto proprio l’aria penetrata nella cavità pleurica, ostacola l’adesione del polmone alle pareti interne del torace riducendone la capacità di espansione.

Classificazione del pneumotorace

Il pneumotorace viene catalogato in 3 forme principali:

  • spontaneo

Compare improvvisamente in forma primaria, vale a dire senza problematiche polmonari di base, o secondaria, per la presenza di patologie polmonari persistenti, che minano la salute del polmone e dei suoi tessuti contigui.

Tra le patologie secondarie sono di grande incidenza l’asma acuta, l’enfisema polmonare, la broncopneumopatia cronico ostruttiva, la pertosse, le infezioni polmonari, la fibrosi polmonare, la fibrosi cistica, il tabagismo.

  • traumatici

Causato da lesioni toraciche esterne, che ledono l’integrità sia della gabba toracica sia del polmone stesso, oppure da fratture costali, che se scomposte, possono danneggiare l’integrità del cavo pleurico per via dello steso moncone di frattura.

Nel pneumotorace di tipo traumatico, è molto alta la probabilità che si possa associare un emo-pneumotorce, per la presenza di sangue associato alla bolla gassosa.

  • iatrogeno

Secondario in maniera diretta o indiretta ad intervento preventivo, diagnostico o terapeutico, come ad esempio nelle biopsie pleuriche, durante l’esecuzione di ago aspirato trans toracico e similari.

Diagnosi del pneumotorace

Nella diagnosi del pneumotorace purtroppo l’insieme dei segni e dei sintomi possono non essere sufficienti, perché rientrano in un quadro diagnostico differenziale con altre numerose patologie polmonari e bronchiali.

Pneumotorace 04Vero è che soprattutto nel pneumotorace spontaneo e in quelle secondario, l’anamnesi può indirizzare ad un’ipotesi diagnostica, ma sarà comunque sempre necessario supportare il sospetto di pneumotorace, tramite le indagini diagnostiche quali TC ed RX, capaci di evidenziare la presenza dell’eventuale collasso polmonare.

Più facile è ipotizzare la diagnosi di pneumotorace nelle categorie traumatiche, ma anche in questo caso la conferma può essere data solamente per mezzo delle indagini diagnostiche sopra citate.

Trattamento

Il trattamento del pneumotorace prevede la riduzione della pressione gassosa che comprime il polmone, potendo in tal modo favorirne la riespansione.

Se il pneumotorace si manifesta in maniera asintomatica, senza danni di funzione associati e lesioni al polmone, generalmente tende a risolversi in maniera autonoma nell’arco di 10-15 giorni, favorendo la strategia di una scelta conservativa, senza ovvero intervenire, ma monitorando il paziente sia nelle condizioni cliniche, che in quelle anatomopatologiche.

Pneumotorace 05Nelle situazioni in cui il pneumotorace dia sintomatologia associata ad un collasso importante, che lede la funzione di organo stesso, si procede al drenaggio toracico, dove viene aspirata la bolla gassosa nello spazio pleurico, creando un vuoto pleurico mantenuto costante, da alcune ore fino ad alcuni giorni, a seconda della gravità del collasso polmonare.

Se il drenaggio toracico non dovesse dare effetto, si può optare per l’intervento chirurgico, dove si hanno due strategie:

  • la pleurodesi, per favorire l’adesione del polmone alla parete toracica
  • la pleurectomia, dove viene eliminata per asportazione, una porzione della pleura parietale.

Pneumotorace 06L’intervento chirurgico può diventare anche una strategia di cura nel momento in cui il paziente dovesse subire recidive ricorrenti.

E’ importante che il paziente, una volta stabilizzato il pneumotorace e riportato ad una condizione di optimum clinico, intraprenda un percorso di terapia riabilitativa, per ottimizzare il recupero delle funzioni polmonari e toraciche, con l’intento di migliorare al massimo le performance respiratorie e di ridurre drasticamente il rischio di recidive.

 

La salute passa attraverso la conoscenza e con l’articolo di oggi abbiamo la possibilità di aggiungere un tassello al nostro benessere.

Apnee notturne o sindromi da apnea del sonno

Apnee notturne o sindromi da apnea del sonno 01Viene definita sindrome da apnea notturna, o più precisamente sindrome da apnea del sonno (OSAS // Obstructive Sleep Apnea Syndrome), un’interruzione della respirazione, in episodi singoli o ripetuti, per periodi che variano da 10 a 180 secondi (3 minuti), catalogata come una vera e propria disfunzione respiratoria, nel periodo di minima coscienza, ovvero durante le ore di sonno.

Va subito fatta una distinzione tra apnea e ipopnea, le quali si differenziano in maniera netta, tra una sospensione della respirazione (apnea) e una riduzione del respiro (ipopnea).

Questa distinzione è importante da sottolineare, oltre che per una cultura sull’argomento, anche per la definizione della sindrome secondo i canoni ufficiali della medicina internazionale.

In entrambi i casi il paziente va incontro ad una riduzione variabile di ossigeno nel sangue e con essa un calo della saturazione di emoglobina, inducendo nel soggetto un’eccessiva sonnolenza durante le ore diurne.

Apnee notturne o sindromi da apnea del sonno 02I pazienti affetti dalla sindrome da apnea del sonno, manifestano una serie di disturbi, oltre all’eccessiva sonnolenza nelle ore diurne, quali: colpi di sonno, cefalee mattutine, risvegli improvvisi con sensazione di soffocamento, sudorazione notturna, affaticamento fisico e mentale con cali di concentrazione, difficoltà a mantenere la concentrazione in maniera continuativa  per un lungo periodo, riduzione della capacità mnemonica, affaticabilità fisica prematura rispetto allo sforzo richiesto, riduzione della resistenza fisica, aumento abnorme del ritmo cardiaco durante le attività fisiche intense, disturbi fisici nella sessualità.

Va precisato che i soggetti maggiormente interessi dalle apnee notturne sono gli uomini, in una fascia di età che si registra dai 40 anni in su, per una percentuale che addirittura può sfiorare il 50%.

Le donne che ne sono interessate, vedono l’insorgere della sindrome maggiormente dopo la menopausa.

Apnee notturne o sindromi da apnea del sonno 03E’ importante dire che le percentuali epidemiologiche non variano solamente in base all’età, ma sono relazionabili a fattori sociali e sanitari quali: disturbi metabolici, il sovrappeso, l’ipotiroidismo, l’ipertensione arteriosa, disturbi ostruttivi della respirazione soprattutto a carico delle vie aeree superiori, l’uso di psicofarmaci, l’alcolismo, l’uso di droghe con effetto depressivo sul sistema nervoso centrale.

La sindrome da apnea del sonno, viene definita tale, se si manifestano almeno 5 episodi di apnea e/o di ipoapnea per ora di sonno in un soggetto adulto, mentre nel bambino ne sono sufficienti 1 episodio per ora di sonno.

Nella diagnosi è fondamentale la storia anamnestica del paziente ed eventualmente del partner che condivide le ore notturne di riposo, associandola ai sintomi riferiti.

Apnee notturne o sindromi da apnea del sonno 04Per accertare la presenza della sindrome può essere fatta richiesta di esami strumentali quali la polissonnografia, la poligrafia respiratoria, l’elettromiografia e l’elettroencefalogramma.

La polisonnografia misura il flusso aereo, la frequenza cardiaca, la saturimetria e l’attività cerebrale nelle ore di sonno notturne.

La poligrafia respiratoria monitora i principali segnali cardiaci e respiratori, durante le ore di sonno.

L’elettroencefalogramma serve a misurare l’attività elettrica del cervello.

L’elettromiografia ha il compito di valutare la funzione muscolare rispetto all’innervazione della placca motrice.

Le apnee notturne sono catalogate in 2 canali: di tipo centrale e di tipo ostruttivo.

Apnee notturne o sindromi da apnea del sonno 05Le apnee di tipo centrale vengono innescate da una perdita momentanea dello stimolo neurologico indirizzato alla muscolatura respiratoria durante le ore del sonno.

Le apnee di tipo ostruttive sono dovute alla riduzione del lume delle vie aeree superiori (naso, bocca, gola).

Il paziente che rientra nella categoria delle apnee ostruttive, russa in maniera evidente da quando si addormenta, aumentando il proprio russare in maniera progressiva, fino a quando interrompe il proprio respiro per qualche secondo, per poi ricominciare a respirare in maniera improvvisa.

E’ stata coniata la sigla RERA (Respiratory Effort Related Arousal) quando è presente una limitazione della respirazione, che comporta un aumento dello sforzo respiratorio, seguito da un repentino sblocco.

Ci sono anche situazioni dove la distinzione tra le categorie di appartenenza si associano tra di loro, con un mix di causa effetto.

Il trattamento è per alcuni versi un parallelismo della prevenzione, come il perdere peso in caso il paziente tenda all’obesità, evitare l’assunzione serale e ovviamente l’abuso di bevande alcoliche, prendere l’abitudine di dormire sul fianco piuttosto che in posizione supina, tenere libere le vie aeree superiori.

Nei casi di apnee notturne maggiormente strutturate e invalidanti, si può far ricorso all’uso di farmaci che tengano a bada le problematiche delle vie aree superiori e di quelle a carico del sistema nervoso centrale.

Apnee notturne o sindromi da apnea del sonno 06E’ diffuso anche l’utilizzo della Cpap (Continuous positive air way pressure,) una maschera naso buccale che forza il passaggio di aria aumentando la funzione respirazione non controllata.

La chirurgia è un campo applicativo che trova riscontro qualora ci sia la necessità di correggere ostruzioni delle vie aeree superiori, come ad esempio la deviazione del setto nasale, l’ipertrofia dei turbinati, o l’ipertrofia delle tonsille.

Concludendo…….la sindrome da apnea del sonno è una disfunzione all’apparenza non grave ma che può avere ripercussioni, alle volte anche molto importanti, sopratutto se pensate nelle relazioni sociali, lavorative e familiari, pertanto non sottovalutiamola e cerchiamo di corre ai ripari cosi come abbiamo viso sia possibile fare.

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Il diaframma: veramente serve solamente per respirare?

Diaframma_01Il diaframma è un muscolo complesso che interagisce con quasi ogni aspetto delle funzioni primarie ed accessorie.

È un muscolo definito impari ma in realtà lo possiamo tranquillamente dividere in un diaframma destro e sinistro, innervato dai nervi frenici dedicati, che si dipartono dalle porzioni laterali cervicali.

Sicuramente la funzione primaria è quella di attivare la meccanica respiratoria, aumentando il volume della gabbia toracica, innalzando direttamente le coste medio basse e stimolando il proseguo della respirazione.

Diaframma_02L’aumento del volume toracico associato all’estensione delle vertebre dorsali e all’elevazione dello sterno, fa si che si crei una pressione negativa che convoglia l’aria nei polmoni, aiutandosi con l’attvazione dei muscoli accessori della respirazione, quali i muscoli intercostali e i muscoli scaleni.

Il diaframma tanto è un muscolo primario inspiratorio così come lo è anche nell’espirazione forzata, coadiuvato dai muscoli intercostali.

E quindi possiamo dire che il diaframma sia un muscolo esclusivamente progettato per la respirazione?

Assolutamente no!

Il diaframma è un divisorio tra la porzione toracica e quella addominale, fornendo un appoggio agli organi toracici e un punto di ancoraggio per una parte di quelli addominali.

Diaframma_03Questo divisorio però non è cosi netto, anzi ha delle zone di passaggio per far comunicare le due porzioni consentendo il proseguo di arterie, vene, visceri, nervi, canali linfatici, inoltre è un punto fondamentale per il continuo delle catene muscolari posturali, che vedono nel diaframma un centro nevralgico delle forze in gioco, nonché può essere considerato un moderatore delle meccaniche vertebrali tra le curve di cifosi e lordosi e un equilibratore nei confronti del diaframma pelvico e toracico superiore.

Cerchiamo di entrare nello specifico.

A livello arterioso c’è il passaggio dell’aorta che vede la giunzione di due porzioni: aorta toracica e aorta addominale.

Sicuramente l’ aorta ha un calibro così importante e una potenza pressoria talmente forte, che il diaframma non può perturbare in maniera eclatante la sua meccanica fluidica, però tra i pilastri del diaframma abbiamo una serie di arterie minori che possono subire un’influenza nel caso questi punti di ristrettezza riducano il loro lume.

Lo stesso avviene a livello venoso ma in maniera più sensibile, perché ritroviamo una porta per il passaggio dalla cavità addominale a quella toracica della vena cava, vaso di deflusso importantissimo per la sua relazione diretta con molti degli organi dell’addome.

A differenza dell’aorta prima nominata, la vena cava risente maggiormente delle influenze anatomiche che possono perturbare la sua struttura e quindi il deflusso del suo contenuto fluidico venoso.

Diaframma_04Nel diaframma abbiamo anche una serie di vasi minori, di cui mi piace ricordare il passaggio delle vene lombari, le quali si continuano nel torace come vene azigos ed emiazigos, che con il loro calibro minore risentono in maniera profonda delle zone di rigidità diaframmatica e non solo.

Possiamo affermare che le strutture drenati linfatiche, delicatissime e molto influenzabili dall’aumento stabile delle pressioni, riscontrano un rapporto diretto di afisiologia, di cattivo drenaggio e deflusso rispetto alle zone di passaggio diaframmatico, tra l’altro contigue alla colonna vertebrale, tanto da ritenere il diaframma un punto cardine per il passaggio di linfa degli arti inferiori e dell’addome nel ritorno in zona cardiaca.

Il diaframma è anche un crocevia delle strutture neurologiche del sistema nervoso autonomo sia ortosimpatico che parasimpatico, di questo secondo parliamo del n. Vago, osservandone sia la relazione diretta con i rami nervosi che con le stazioni gangliari di scambio e derivazione di messaggi neurologici.

Il sistema nervoso autonomo é quel sistema che regola le attività spontanee del nostro corpo a livello viscerale, vascolare, muscolare, metabolico e molto altro ancora.

Diaframma_05Non é per nulla da sottovalutare il diaframma per il rapporto di passaggio, divisione e sostegno degli organi viscerali.

Una di queste relazioni molto conosciute è tra l’esofago e lo stomaco, noto per le problematiche di reflusso gastroesofageo ed ernia iatale.

Altra relazione importante e anche essa nota è il rapporto di divisone tra cuore diaframma e stomaco che in condizioni di aumento di pressione possono dare delle alterazioni del ritmo cardiaco, spesso messe in diagnosi differenziale con problemi cardiaci stessi.

Possiamo mettere in relazione il movimento diaframmatico con il movimento viscerale o con la spinta che si applica nel parto o nelle funzioni fisiologiche della defecazione, della tosse e molto altro ancora.

Diaframma_06Ricordiamo che il diaframma gioca un ruolo fondamentale nella postura, sia per il rapporto diretto che ha con parte delle vertebre dorsali e lombari di relazione, influenzandone sia il movimento che le curve posturali, sia per il rapporto con le catene muscolari anteriori e posteriori, che vedono nel diaframma un punto di snodo nevralgico e in continuo adattamento.

Importante è ricordare che il diaframma ha un rapporto

indiretto con altri due diaframmi, quello urogenitale ovvero del pavimento pelvico e quello apicale polmonare, ovvero dello stretto toracico superiore.

Questo rapporto influenza sia le strutture fasciali e legamentose di giunzione e raccordo con i sistemi organici citati, sia il loro stesso movimento per via indiretta.

Il diaframma è importante per la fonazione, il canto e la capacità di modulare la voce dando potenza e mantenendo o alternando i toni, in base all’esigenza di chi usa la voce in maniera spontanea, ma soprattutto per i professionisti che devono essere capaci di utilizzarla adattandola all’esigenza del momento, ma controllandola per non rovinare l’apparato fonatorio.

Diaframma_07Non va dimenticato ne sottovalutato il diaframma come punto nevralgico che raccoglie e bilancia l’ emotività, la sensibilità, il sentimento della persona, adattando il motore respiratorio in base anche allo stato psicologico che l’individuo vive al momento.

Come abbiamo letto fin qui possiamo giungere alla conclusione che si, il diaframma è il più grande motore della respirazione, ma è anche il mediatore, il coordinatore, l’esecutore, del bilanciamento anatomico, fisiologico, psicologico, emotivo che ogni uno di noi si trova a fronteggiare giorno per giorno.

Il diaframma può essere valutato e in caso ci fosse bisogno, curato o semplicemente migliorato nelle sue funzioni?

Il diaframma può andare in contro a dei cambiamenti che lo portano a lavorare in maniera asincrona e meno funzionale di quello che potrebbe fare.

Il centro frenico può cambiare stato di tensione e causare molte delle situazioni di cui abbiamo precedentemente parlato.

Diaframma_08Il diaframma va valutato nella forma che mantiene l’ innalzamento o la depressione del costato, al tipo di respiro se corto, lungo, potente o interrotto, in base alla resistenza che offre nella palpazione della porzione toracica di competenza.

Si valutano anche i rapporti che i visceri contigui sviluppano con il diaframma, influenzandolo.

In base alla valutazione si fa un lavoro manuale specific0 diretto sul diaframma e di ricondizionamento rispetto a quella che dovrebbe essere la sua naturale capacità funzionale di equilibrio in rapporto alle strutture vertebrali, lombari e dorsali in maniera diretta, ma anche rispetto alle cervicali per il rapporto con i muscoli accessori della respirazione.

Diaframma_09Si lavorano le catene muscolari che fanno fulcro sul diaframma, in modo da riequilibrarne lo stato di tensione e rilasciamento.
Si riducono le tensioni di pressione e di trazione che i visceri possono creare sul diaframma per rapporto di contiguità.

Il diaframma è uno dei nostri motori, non si ferma mai, lavora sia se sta bene, sia se sta male, cerchiamo di dedicargli le nostre attenzioni e saremo noi stessi a beneficiarne.