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Linfedema

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Introduciamo questo difficile e delicato argomento con un accenno al sistema linfatico e alla linfa in esso contenuto.

Linfedema001Il sistema circolatorio linfatico drena i liquidi dallo spazio interstiziale dei tessuti verso la circolazione sanguigna, utilizzando una strada circolatoria a senso unico indirizzata verso il cuore.

La linfa è il liquido che circola nel sistema linfatico, si forma dalla parziale perdita di plasma dal letto circolatorio dei capillari sanguigni, si raccoglie nell’interstizio esistente tra un tessuto e un’altro e si arricchisce di altro materiale come proteine, lipidi, ormoni, antigeni e prodotti del metabolismo cellulare durante il suo viaggio verso la zona cardiaca.

La linfa è anche uno dei protagonisti della risposta immunitaria, sia come spazzino catabolico della lotta tra il sistema immunitario e i batteri / virus che ci minacciano quotidianamente e sia come trasportatore tra un tessuto ed un altro di elementi necessari per la lotta all’agente patogeno.

E’ altrettanto vero però che il sistema linfatico stesso, per la sua interazione con gli spazi interstiziali tessutali, può essere a sua volta un veicolo di diffusione della patologia, nel momento in cui l’agente patogeno scappi o sopravviva alla morsa del sistema immunitario.

La linfa scorre nei sui vasi spinta dal linfagione.

Linfedema002Il linfagione è un segmento del vaso linfatico innervato dal sistema nervoso autonomo, ha una capacità contrattile e si trova tra una valvola di chiusura e l’altra.

Le valvole di chiusura servono a far avanzare la linfa in un unico senso e a non creare rigurgito.

Il linfagione fa partire uno stimolo alla contrazione nel momento in cui le sue pareti si riempiono di liquido e subiscono una spinta pressoria interna ben definita. In condizioni di riposo il linfagione ha un ciclo minuti di circa 12 contrazioni.

Il sistema di spinta della linfa, oltre all’intervento del linfagione, subisce l’influenza anche della contrazione muscolare nelle attività quotidiane, della mobilità delle articolazioni, del ritmo cardiaco e di quello respiratorio, ovvero per merito di tutto ciò che attivandosi crea una modificazione di pressione che attui una spinta esterna al vaso circolatorio linfatico favorendone la dinamica dei flussi.

Linfedema003Il linfedema è un accumulo di linfa nell’ interstizio cellulare e tessutale causato da un’anomalia del sistema linfatico che porterà un edema di tipo linfatico localizzabile in vari distretti; si colloca con più facilità negli arti inferiori in primis, negli arti superiori, ma lo possiamo trovare in maniera ridotta un po in ogni distretto.

L’edema linfatico è diviso in due grosse categorie:

  • primario
  • secondario

Il linfedema primario è causato da un’alterazione congenita morfologica o funzionale del sistema linfatico, ovvero la sua anatomia e il suo stato di funzionamento non è sviluppato in maniera ottimale.
Un esempio tipico é la malattia di Milroy caratterizzata da un’alterazione patologica genetica della normale microarchitettura del sistema linfatico.

Linfedema004Raramente lo si riscontra in età infantile, ha dei picchi di comparsa in età adolescenziale, si manifesta in maniera evidente nel decennio tra i 30 e i 40 anni e tardivamente dopo i 70 anni.

Il linfedema secondario è causato da eventi traumatici, da effetti collaterali, da patologie secondarie che modificano la capacità circolatoria del sistema linfatico.

Vediamo nello specifico quali siano le cause secondarie:

  • adenopatie, ovvero ingrossamento dei linfonodi per aumento delle cellule costituenti o per la locazione di cellule normalmente non presenti
  • condizioni post flebitiche che creando patologie infiammatorie del circuito venoso comportano un conseguente stallo circolatorio linfatico
  • post chirurgico per eventuale danno tessutale o per la formazione di aderenze o di di grossolane cicatrizzazioni
  • effetti collaterali di terapie massive come radioterapia o chemioterapia che possono danneggiare il delicato sistema linfatico
  • linfagiti, vale a dire infezioni dei vasi linfatici per via batterica o virale

Linfedema005La manifestazione di un linfedema é divisa in 4 stadi:

  1. Vasi danneggiati ma senza gonfiori visibili
  2. Gonfiore nella giornata che si riduce parzialmente o totalmente dopo aver tenuto gli arti sollevati. Alla pressione della zona con un dito si forma una depressione che si riallinea e scompare dopo alcuni secondi e mai immediatamente
  3. Gonfiore persistente anche dopo riposo prolungato, la pelle è rigida ed è difficoltoso creare una depressione sulla cute dopo spinta pressoria del dito, così come è difficile pinzare la pelle tra le dita
  4. Il gonfiore cambia la morfologia dell’arto, compaiono delle vescicole contenente linfa e si può riscontrare quella che viene definita elefantiasi

Il linfedema comporta nelle zone interessate vari effetti patologici:

  • affaticamento
  • riduzione di mobilità articolare
  • dolore generato a seconda della pressione che esercita in maniera costante o intermittente su muscoli, nervi, legamenti, articolazioni, arterie, vene, fasce di connessione etc.
  • alterazione del tessuto coinvolto andando verso una modificazione cellulare che porterà rigidità e fibrosità
  • acidifacione dei tessuti per il ristagno dei cataboliti in loco, aumentando l’acidità del ph locale e creando le basi per un’infiammazione cronica basale

Linfedema006Per diagnosticare un linfedema si possono utilizzare varie strade:

  • raccolta di dati anamnestici
  • test e segni clinici come il segno pressorio cutaneo, la valutazione della cute, il segno di Stimmer, la misurazione e valutazione centimetrica o volumetrica rispetto la zona controlaterale, li ove sia possibile
  • esami strumentali per mezzo di somministrazione di liquido di contrasto

 

Linfedema007Le terapie mirano a migliorare e favorire il drenaggio linfatico con tecniche manuali di Linfedema008svuotamento e convogliamento verso le stazioni linfonodali primarie per poi favorirne il ritorno in zona cardiaca.

Vengono utilizzate bende compressive graduali per bendaggi che favoriscano il movimento circolatorio dalla periferia al centro.

Per ovviare ai bendaggi che devono essere fatti da uno specialista, nei casi meno severi, si possono utilizzare dei cilindri compressivi progressivi come ad esempio le calze a compressione graduata.

 

Linfedema009Un’altra metodica utilizzabile è la pressoterapia, un macchinario con dei manicotti a pressione variabile che vengono gonfiati e sgonfiati ripetutamente in maniera ritmica favorendo il flusso direzionale dei liquidi.
Vengono utilizzati anche dei farmaci come stimolatori della mobilita dei linfagioni e ad azione proteolitica.
Il movimento è fondamentale perchè sia il ritmo cardiaco, sia quello respiratorio e il meccanismo di contrazione rilasciamento muscolare, favoriscono in maniera autonoma la circolazione linfatica.
Le abitudini quotidiane sono importanti ed evitare stasi posturali protratte per parecchie ore diventa importante nella gestione quotidiana
Le pause e il riposo con posizioni favorevoli al drenaggio linfatico sono da preferire.

Linfedema10L’alimentazione che non dia un sovraccarico di proteine e di sali è fondamentale per non aumentare il circolo vizioso patologico del linfedema.
Il peso è un nemico della circolazione linfatica pertanto bisogna cercare di mantenere una linea congrua con la statura e la stazza del paziente.

Anche la temperatura a cui il paziente è sottoposto non dovrebbe mai passare le soglie limite dei 22-41 gradi, perché oltre questi limiti la circolazione linfatica subisce una diminuzione della sua funzione.
In conclusione il linfedema è una patologia invalidante a vari livelli ma che se ben gestita può mantenere una qualità di vita buona, lasciando la persona libera di svolgere una vita normale ma senza eccessi.

10 cose che (forse) non sai sul sistema immunitario

Se non fosse per il sistema immunitario nessuno sopravvivrebbe a lungo: questa linea di difesa ci protegge infatti non solo da ospiti sgraditi come virusbatteri e parassiti, ma anche dalle nostre stesse cellule, mutate a causa di malattie come il cancro.

Di ELISABETTA INTINIFocus.it

In queste settimane, complice l’ondata stagionale di influenza, il sistema immunitario è stato spesso chiamato in causa e anche un po’ ingiustamente denigrato(e proprio nel pieno della battaglia, il cui sintomo è la febbre): ecco allora alcuni fatti sorprendenti, spesso poco noti, che ve lo faranno apprezzare di più.

1. È DISTRIBUITO IN TUTTO IL CORPO. 

La fitta rete di sorveglianza del sistema immunitario comprende una serie di organi deputati alla produzione di globuli bi (milza, midollo osseo, linfonodi, tonsille, timo – una piccola struttura nella parte anteriore del torace), tessuti e cellule circolanti, messi in comunicazione tra loro dai vasi linfatici.

Le cellule immunitarie sono distribuite anche in tutti i tessuti del corpo, che raggiungono grazie alla circolazione sanguigna: con un dispiegamento di forze così massiccio, è difficile per un patogeno passare inosservato.

2. LE SUE ARMI DI PUNTA SI TROVANO NEL SANGUE.

Nell’arsenale di cellule che fanno da guardia all’organismo si distinguono soprattutto fagociti e linfociti.

I primi, che si sviluppano nel midollo osseo, costituiscono una prima linea difensiva aspecifica (non specifica) e inglobano nel loro citoplasma le molecole estranee che, lasciate libere di circolare, potrebbero creare problemi. Cellule simili con le stesse funzioni si ritrovano anche in organismi molto elementari.

I patogeni che riescono a superare questa prima barriera incontrano una difesa specializzata: i linfociti sono capaci di generare e modificare gli anticorpi che riconoscono antigeni specifici sulla superficie dei patogeni, e di neutralizzarli. Soltanto nei vertebrati si è sviluppato questo secondo livello di difesa “su misura”.

3. FU DESCRITTO PER LA PRIMA VOLTA 2.400 ANNI FA. 

Lo storico greco Tucidide, descrivendo un’epidemia di peste che aveva colpito Atene nel 430 a.C., annotò come le persone già contagiate una volta e sopravvissute non si ammalassero più: «Coloro che si erano salvati dall’epidemia […] conoscevano già quelle sofferenze e per se stessi non avevano più nulla da temere; il contagio infatti non colpiva mai due volte la stessa persona, almeno non in forma così forte da risultare mortale».

Questo principio fu sfruttato nel 1796 dal medico britannico Edward Jenner per sviluppare la prima forma di immunizzazione mediante un vaccino: quello contro il vaiolo. I contadini che entravano in contatto con forme di vaiolo bovino o equino risultavano infatti immuni alla versione umana del virus.

Il virus del vaiolo umano in un'illustrazione 3D

Il virus del vaiolo umano in un’illustrazione 3D

4. LA MILZA È UN CENTRO NEVRALGICO. 

Senza milza si può vivere, tuttavia questo organo posto tra lo stomaco e il diaframma è uno snodo importante per le cellule del sistema immunitario. Possiamo immaginarla come una sorta di linfonodo gigante in cui vengono prodotti nuovi globuli bianchi, ci si disfa di quelli vecchi e si mettono in comunicazione quelli già in circolo.

5. RECLUTA ANCHE ORGANI “INUTILI”. 

Avete forse sentito parlare dell’appendice come organo vestigiale, così chiamato perché a lungo considerato un relitto evolutivo – ossia un inutile residuo dell’evoluzione che spesso si infiamma e va asportato.

Pare tuttavia che questa piccola struttura sia importante per mantenere in equilibrio e ben assortita la flora batterica intestinale, soprattutto quando i “batteri buoni” risultano in minoranza.

Alcune cellule immunitarie scoperte di recente nell’appendice, chiamate cellule linfoidi innate, aiutano a ripopolare l’intestino di batteri buoni e a contenere eventuali infezioni senza che si propaghino tra un tessuto e l’altro.

6. PUÒ INFLUENZARE LE INTERAZIONI SOCIALI. 

La convinzione che cervello e sistema immunitario fossero isolati e non in comunicazione l’uno con l’altro è stata in parte smentita da uno studio pubblicato su Nature nel 2016.

Una molecola prodotta dalle cellule immunitarie in risposta alle infezioni, l’interferone gamma, sembra avere un ruolo determinante nei comportamenti sociali di molti animali, dagli zebrafish (il Danio rerio, un piccolo pesce d’acqua dolce) ai topi.

In laboratorio, sui topi, quando questa molecola viene bloccata gli animali divengono meno socievoli. Ripristinandola, la socialità torna a livelli normali. Le relazioni sociali sono il veicolo principale di diffusione dei patogeni: l’ipotesi è che l’interferone gamma abbia incoraggiato la socialità nel corso dell’evoluzione, aiutando i patogeni a diffondersi ma anche il nostro sistema immunitario a fortificarsi.

7. ALCUNE SUE CELLULE “KILLER” DIVENTANO “BUONE” NEL CORSO DELLA GRAVIDANZA. 

I linfociti natural killer (le cellule più aggressive del sistema immunitario) presenti nell’utero materno svolgono l’insospettabile funzione di balie nelle prime settimane di gestazione, sostenendo il feto con la produzione di specifici fattori di crescita.

Illustrazione: il virus ebola all'attacco del sistema immunitario.

Illustrazione: il virus ebola all’attacco del sistema immunitario.

8. LE CELLULE PAC-MAN NEUTRALIZZANO I TUMORI INFANTILI.

Alcuni scienziati dell’Università di Stanford hanno scoperto che una proteina espressa sulla superficie delle cellule, chiamata CD47, interagisce con i macrofagi (i fagociti che inglobano, come un pac-man, i patogeni nella prima linea di difesa) inviando loro un segnale di “non belligeranza”.

Alcune cellule tumorali ingannano il sistema immunitario producendo grandi quantità di CD47, supplicando così i macrofagi di non mangiarli. Quando si riesce a bloccare farmacologicamente questo segnale, i macrofagi possono eliminare le cellule tumorali, riducendo la necessità di terapie con elevati effetti collaterali.

9. PUÒ ESSERE INGANNATO PER COMBATTERE IL DIABETE. 

Gli scienziati del MIT hanno dimostrato che incapsulando cellule pancreatiche umane in biomateriali derivati dalle alghe, e trapiantandole su pazienti affetti da diabete di tipo 1, il sistema immunitario non le attacca, e la loro capacità di produrre insulina rimane immutata.

10. HA UNA MEMORIA DA ELEFANTE. 

Il sistema immunitario può ricordare un’infezione anche a decenni di distanza: i pazienti sopravvissuti alla prima epidemia di ebola nella Repubblica Democratica del Congo, risultano ancora immuni all’infezione dopo oltre 41 anni dal contagio. Questa “capacità di ricordare” è dovuta a un ristretto gruppo di linfociti che sopravvivono anche 10 volte più a lungo degli altri, specializzandosi nel riconoscere il patogeno alla successiva ricomparsa.